AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 28 ottobre 2012

GLI INDIANI D'AMERICA


Ricordo che, fin da bambina, guardando un film di "cowboy e indiani" oppure della guerra contro gli stessi, io parteggiavo per questi ultimi. Non conoscevo ancora la Storia della conquista d'America, ma il mio senso della giustizia era già molto vivo: se i pellerossa, gli abitanti autoctoni di quella terra esplorata da parecchi navigatori, non ultimo Cristoforo Colombo, erano presenti in quel luogo, per quale motivo dovevano essere cacciati via, uccisi, depredati della loro essenza e tradizione. Gli invasori erano gli europei: spagnoli, portoghesi, olandesi, francesi, inglesi, italiani...erano loro i nemici, non il contrario.
Mi sono informata, ho letto molti libri che parlano della loro storia, in particolare mi ha colpito "Seppellite il mio cuore a Wounded Knee". E la preghiera di Tatanka Mani, splendida e piena di spiritualità. Cos'è la spiritualità, se non quel pensiero profondo che va oltre le cose terrene? Quel sentire che la natura è un dono che viene dall'Altrove, e non ci appartiene, poiché è di tutti e di nessuno.  E' per tutti e va rispettata! Questo gli Indiani d'America lo hanno sempre saputo, per cui se uccidevano un bisonte, era per la sopravvivenza, ma non ne facevano una carneficina, come noi occidentali, che andiamo a caccia per il gusto di sparare! E se tagliavano una pianta, era per il loro fabbisogno: legna per il fuoco, o per costruire i loro tepee. Noi disboschiamo per cementificare, e togliamo gran parte dell'ossigeno che serve per respirare.
Non vado oltre, dò la parola a Tatanka Mani (Bisonte che cammina) e a Orso in piedi.
Non so come chiedere perdono per tutte le atrocità compiute dai "bianchi", che hanno relegato quel che resta delle tribù indiane, in riserve troppo piccole per loro, abituati ad immense praterie.


Tatanka Mani  ”Bisonte Che Cammina,1871-1967″
originario della Tribù Stoney del Canada. 
Da bambino adottato da un missionario bianco
ebbe una buona educazione scolastica.
In età adulta divenne capo della sua tribù, proprio
in un periodo storico nel quale agli indiani
venne tolto il proprio spazio vitale e si tentò
persino di sradicarli dalla loro memoria genetica,
obbligandoli a confrontarsi con la civiltà dei bianchi.

Non ho frequentato le scuole superiori, ma il Grande Spirito mi ha donato qualcosa che in nessuna scuola avrei mai potuto imparare:il cuore e la volontà di raggiungere la conoscenza. Spero che i nostri giovani continuino a ricercare la verità: la verità che la natura regala a tutti quelli che, con sincerità, vi aspirano. Molti uomini colti comprendono assai poco dell’opera del Grande Spirito e dei suoi miracoli, eppure questa conoscenza è posseduta da tanti uomini che non sono andati a scuola. Io non ho frequentato le vostre scuole superiori. Ho frequentato la migliore università che ci sia, quella che è ovunque là fuori: la natura. Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento, il cui respiro da vita a tutte le cose. Ascoltami… io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza, lasciami camminare nella bellezza, e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto. Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce. Fa che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo. Aiutami a rimanere calmo e forte di fronte a tutti quelli che verranno contro di me. Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia. Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri. Aiutami a trovare la compassione senza la opprimente contemplazione di me stesso. Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello, ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso. Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto. Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto, il mio spirito possa venire a te senza vergogna.

Quanto ancora sarà lungo il cammino prima che l’umanità si senta un gruppo unito dalle sue diversità e consideri la Terra patrimonio comune da vivere e conservare?
Eppure questo è lo scopo della nostra presenza qui.
Continuiamo a crederci e a ribadirlo.
Qui sotto, il link dove approfondire l'argomento, ringrazio Rebecca per quanto ha pubblicato, di estrema e rigorosa verità. L'introduzione mi appartiene, ma condividendo il pensiero di Rebecca, ho preso dal suo blog quanto poteva servire per affrontare l'argomento.


Kerang Alam

Una cosa che stupì i primi bianchi giunti dall’Europa, fu la mancanza di uno Stato simile a quello che c’era nel vecchio continente. Malgrado la vastità del territorio, le tante tribù, la zona estremamente ricca di risorse naturali, non esisteva un’organizzazione statale centrale che comandava sugli altri. Le popolazioni indiane vivevano la loro particolar “democrazia” alla base della quale c’era la famiglia, e quasi sempre la famiglia era quella della donna. Le tribù eleggevano un capo (a volte due: uno civile e uno per la guerra) scelto per il suo valore e il coraggio dimostrati in guerra. Ma il potere decisionale era in mano al Consiglio degli Anziani, eletto democraticamente da tutti gli adulti della comunità, che si riuniva per discutere sulle questioni più importanti, e ogni decisione doveva ottenere la piena unanimità.  Tra le virtù più importanti di un essere umano, una delle più rispettate era senza dubbio la saggezza e gli anziani della comunità venivano considerati saggi e come tali erano i custodi di tutte le tradizioni, dei canti, delle storie, dei miti, e per questo erano ascoltati e venerati. Dato che tutto era tramandato oralmente, un anziano era, forzando un po’ il paragone, come una nostra biblioteca: il ricettacolo del sapere della società. E il suo compito era trasmettere ai giovani tutta la sua conoscenza, affinché la tradizione, e quindi la tribù stessa, potesse sopravvivere. Un capo doveva essere gentile, buono, generoso e altruista, ma contemporaneamente gli si richiedeva fermezza , autorità e autocontrollo. Era visto come un “padre” e in questa veste interveniva come un mediatore nei conflitti personali tra i membri della tribù. Le infrazioni alle leggi tribali erano piuttosto rare; questo perché la paura di perdere prestigio agli occhi della comunità e sopratutto l’emarginazione e la cacciata da essa, significava la morte, sia morale che fisica, per le enormi difficoltà che un individuo doveva affrontare per poter sopravvivere da solo.

“Tra genitori e figli c’era un solido rapporto, che aveva le sue basi nei sistemi educativi, con cui i ragazzi venivano cresciuti. Infatti anche da adulti noi Sioux avevamo un profondo rispetto nei confronti dei nostri padri e delle nostre madri. Non li abbiamo mai abbandonati, anzi era una gioia occuparsi di loro quando erano vecchi, ricambiando così tutto l’amore che ci avevano dato quando eravamo bambini. Provvedere agli anziani perciò era per noi una gioia, non certo un dovere.”
Orso in piedi

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