AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 28 febbraio 2015

Esposizione personale della pittrice Carla Colombo

Sono lieta di annunciare la prima esposizione personale del 2015 dal titolo "ATTIMI". In   prevalenza saranno esposte opere informali presso il caratteristico e moderno locale Moon on the River in Brivio, splendido paese rivierasco sul fiume Adda. 
La mostra sarà aperta con gli orari del locale (martedì escluso)  dal  4 marzo al 30 aprile.
Grazie per l'attenzione
Carla Colombo



lunedì 23 febbraio 2015

P. Girolamo Graciàn nel IV centenario della morte


Lettera circolare dei Superiori Generali
Fr. Fernando Millán Romeral, O.Carm., e Fr. Saverio Cannistrà, O.C.D.,
in occasione della chiusura del IV centenario della morte
del P. Girolamo Gracián della Madre di Dio (1614-2014)


«IL SIGNORE GUARDA I PASSI DEI SUOI AMICI» (1 Sam 2,9)


Girolamo Gracián, un uomo in cammino...
Cari fratelli e sorelle,
1. in questi ultimi anni stiamo celebrando alcuni centenari importanti per la vita della nostra famiglia carmelitana. Ricorrenze che ci fanno sentire parte di una “storia viva che ci accoglie e ci spinge oltre”. In realtà, la nostra tradizione appartiene alla storia della salvezza che Dio iniziò a scrivere con il suo popolo ed continua ancora oggi nella sua Chiesa. Il credente è fondamentalmente “uno che fa memoria”, ricordava il Papa Francesco. Non  vogliamo dimenticare la nostra storia, ma invece mantenerla sveglia, grati a “una vera nube di testimoni” (Eb 12,1) che lo Spirito Santo ha suscitato nella famiglia del Carmelo. Tutti loro sono per noi un segno eloquente di come vivere il Vangelo. Spiccano tra loro “alcune persone che in maniera speciale incisero per far germogliare la nostra gioia credente”. Li stiamo ricordando in occasione dei loro anniversari: sant’Alberto di Gerusalemme e Gracián, rispettivamente nell’VIII e nel IV centenario della morte, e santa Teresa di Gesù, nel V centenario della nascita.

2. In questa lettera circolare desideriamo condividere con l’intera famiglia carmelitana alcune riflessioni sul P. Girolamo Gracián. Il punto di partenza sarà la sua stessa biografia, non sempre abbastanza conosciuta. È certo che in questi ultimi anni, grazie alla pubblicazione di alcuni repertori bibliografici, studi ed edizioni di parte della sua opera, Gracián ha iniziato ad aprirsi uno spazio nella bibliografia carmelitana. È anche noto che in questo processo ha avuto un ruolo importante il recupero della sua opera La peregrinación de Anastasio. La maggior parte degli esperti afferma che se il genere letterario dell’“autobiografia” può essere considerato fonte indiscutibile di verità storica, probabilmente però non rende giustizia alla natura di questo scritto. In realtà, gli episodi biografici scelti da Gracián, che li presenta a volte in forma di memoriale e cronaca apologetica pro vita sua, si mescolano con la sua dottrina spirituale, formando in tal modo uno scritto assai singolare e al tempo stesso molto appassionante.

3. Girolamo Gracián fu un nomade cercatore di Dio, un pellegrino infaticabile. In questa lettera riprenderemo la metafora del “cammino”, che egli stesso utilizzò nella sua opera già ricordata, La peregrinación de Anastasio [ossia Il pellegrinaggio di Anastasio, da ora citato PA], per esporre il proprio itinerario storico e spirituale. Girolamo Gracián professò la Regola dell’Ordine Carmelitano e, prima della sua morte, il 21 settembre 1614, trascorse metà della vita nel Carmelo teresiano e l’altra metà nel Carmelo primitivo. La fecondità della sua testimonianza e del suo ministero sgorgò dalla stessa fonte e dalla medesima Regola. Non è senza significato che il suo anniversario si inserisca tra quello del “legislatore del Carmelo” e quello della sua grande “riformatrice”. Il fatto di aver vissuto in ambedue i rami del Carmelo è per tutta la famiglia carmelitana e per la Chiesa un grande segno di comunione.

1. UN UOMO DEL SUO TEMPO
Girolamo Gracián Dantisco (1545-1572)
La tua Parola è lampada per i miei passi…

4. Girolamo Gracián nacque nella città castigliana di Valladolid, il 6 giugno 1545. Lì ricevette l’impronta sviluppatasi in seguito lungo la sua vita. Nelle sue vene scorreva sangue spagnolo e polacco. Il padre, Diego Gracián de Alderete, un autentico umanista, fu “segretario di latino di sua Maestà” il re Filippo II. Si distinse come eccellente calligrafo, poliglotta e ottimo conoscitore della cultura classica. Fu segretario di vescovi e traduttore di libri, specialmente greci e latini. In gioventù ebbe una stretta amicizia con quello che in seguito sarebbe divenuto suo suocero, Juan Dantisco, ambasciatore polacco alla corte di Carlo I di Spagna e V dell’Impero Romano-Germanico. Con il passare degli anni arrivò a diventare vescovo, il primo di Culm, e in seguito fu promosso alla Chiesa di Warmia (Polonia). Girolamo Gracián avrebbe ereditato tanto dal padre come dal nonno materno la passione per le lettere e la cultura classica.

5. Gracián era il terzo di venti fratelli. Teresa di Gesù cantò le lodi della madre, Juana Dantisco, per la profonda religiosità che seppe trasmettere ai figli. Sette di loro abbracciarono la vita religiosa. Presero l’abito carmelitano Maria di San Giuseppe, Isabella di Gesù, Giuliana di Santa Teresa e Lorenzo Gracián. Ancor molto giovane, Girolamo ebbe come direttore spirituale un sacerdote della Compagnia di Gesù. Studiò nella celebre Università Complutense di Alcalá de Henares. A soli 19 anni era già Maestro nelle Arti, il che ne dimostra l’intelligenza e la capacità di studio. Frequentò poi la teologia fino ad ottenere il grado di Dottore. Fu ordinato sacerdote a 24 anni di età. È ben nota la feconda attività letteraria svolta dal P. Girolamo Gracián (cf. PA, c. XI): “La lettura e lo studio di buoni libri, principalmente da quando iniziai la teologia come mia professione, sono un’abitudine, ormai da dieci anni da che iniziai a studiare fino ad ora” (PA, c. XV). La lampada della Parola, pietra angolare della sua formazione accademica e teologica, avviò la sua ragione e la luce dell’intelletto verso il mistero di Dio (cf. Sal 108,105). “Nostro Signore” gli fece intendere “molte volte che ai letterati ai quali Egli dà la luce per la via ordinaria dello studio, non è necessario che si dia attraverso rivelazioni e visioni private…” (PA, c. XV). Quindi afferma: “mi decisi a scrivere” e a “non nascondere il talento letterario che il Signore mi aveva dato” (PA, c. XII).

6. Le radici della famiglia di Girolamo, il vincolo con la corona spagnola, la sua formazione classica e gesuitica, l’incontro successivo con santa Teresa di Gesù e con i movimenti riformisti dell’epoca forgiarono in lui un uomo intellettuale, fedele rappresentante del Siglo de Oro spagnolo. Fu appassionato per la teologia e, da grande umanista, scoprì nella scienza teologica la migliore medicina contro la dittatura delle “opinioni” e l’“idolatria del relativo”. La formazione ricevuta gli offrì gli strumenti necessari per intavolare un dialogo con la cultura di una società in piena effervescenza. Lesse di tutto e scrisse instancabilmente, come testimonia egli stesso, sulla “teologia mistica” (cf. PA, c. XII). Senza “teologia” e senza “mistica” qualsiasi attività ecclesiale mancherebbe il profitto per le anime, e tutto si ridurrebbe a pura speculazione o alla lettura semplicistica di quattro foglietti e di un paio di omelie prefabbricate da altri. Prima di “pensare” bisogna “sedersi” e intrattenersi “con il Signore”, evitando così la superficialità, le contingenze e la fretta. Gracián non visse di parole prestate da altri. Fu un uomo del suo tempo, un testimone intelligente del Vangelo. Anche la sua parola e il suo messaggio furono pellegrini. La sua prospettiva internazionale gli permise di avere uno sguardo ampio, di aprirsi agli impulsi missionari e agli insegnamenti spirituali del proprio tempo. Subì, come c’era da aspettarsi, forti opposizioni e lotte di potere. Eppure, nelle contraddizioni della storia, lì dove il Vangelo si incarna, seppe restare fedele a Dio e ai propri principi. Di fatto, la sequela di Cristo e la proclamazione della Buona Notizia secondo la logica dell’Incarnazione avvengono in mezzo alle circostanze e alla persone del proprio tempo. Questa logica ci libera dalla “tentazione di una spiritualità occulta e individualista” e ci fa sentire in comunione con tutti gli uomini.


2. L’INCONTRO CON SANTA TERESA DI GESÙ
Fra’ Girolamo della Madre di Dio, carmelitano scalzo (1572-1592)
La scelta del Carmelo: “questa via è santa e buona” (R. XX)

7. Una volta ordinato sacerdote e terminati i corsi di dottorato cominciò a pensare alla possibilità di entrare nella Compagnia di Gesù. In questo processo di ricerca conobbe le monache carmelitane di Pastrana e la loro priora Isabella di San Domenico. La vita e lo spirito di queste donne lo affascinò: “Presi l’abito a Pastrana, nel 1572, dopo aver lottato per quasi un anno e mezzo con la vocazione, il che non è un piccolo tormento. Perché tutte le ragioni naturali erano contrarie per me a questo stato: mancanza di salute, debolezza di costituzione, la fatica di studiare, gli obblighi verso i miei genitori e fratelli […] Tutto questo si scontrava, da una parte, contro l’acceso desiderio che avevo di servire Nostra Signora e, dall’altra, siccome iniziava allora la riforma di questo suo Ordine, mi sembrava che la mia Signora mi chiamasse ad essa” (PA, c. I). La Vergine del Carmelo sarebbe stata sin dal principio la compagna di viaggio del frate carmelitano. Teresa di Gesù attribuiva la scelta del Carmelo alla sua grande devozione a Maria e al suo grande desiderio di servirla. Dice, infatti, che, quando era bambino, pregava di continuo davanti a un’immagine di Maria della quale era molto devoto e che egli chiamava la “sua innamorata”: “l’amore di una tal Signora mi acceca… perderò la vita, poiché la do molto volentieri alla mia Signora, la Vergine Maria” (PA, c. I). Per Teresa di Gesù fu l’intervento della Vergine a portarlo a prendere il suo stesso abito (cf. F 23, 4-8).

8. Iniziò così la sua avventura nel Carmelo e, benché fosse solo un novizio, ebbe molti incarichi. Ce lo racconta egli stesso: “Presi l’abito e poi cominciarono occupazioni e fatiche pesantissime di predicare e confessare nel convento e nel villaggio di Pastrana e in tutti i paesi intorno dove ci facevano elemosina […] Formai trenta novizi che poi furono il fiore di tutto l’Ordine; ed eravamo così soli, che era necessario proteggerli dalle imprudenze di alcuni professi che li avrebbero potuti dominare, perché non lasciassero l’abito, e questo non costò poca fatica” (PA, c. I). Continua poi col mostrare i rigori e le penitenze inflitte dai professi ai novizi. I primi erano giovani senza formazione intellettuale, senza esperienza e prudenza… Tale fatto produsse una forte crisi in fra’ Girolamo: “… che ero sul punto di abbandonare l’abito e di non fare la professione”. Il P. Girolamo Gracián perseverò nel Carmelo seguendo i saggi consigli della Madre Isabella di San Domenico (c. PA, c. I).

Impegno per la Riforma
9. In Girolamo Gracián si uniscono l’amore per la Regola del Carmelo e la riforma iniziata da santa Teresa, gli ideali del principio e la capacità di viverli in maniera rinnovata. Questa convergenza era espressione della primavera che la Chiesa stava vivendo dopo il Concilio di Trento. In certo modo, la stessa che reclama anche il nostro tempo. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che la Chiesa vive la fedeltà alla propria vocazione per mezzo di una riforma costante, ed il Papa Francesco ha commentato: “Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare il dinamismo evangelizzatore; allo stesso modo le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza «fedeltà della Chiesa alla propria vocazione», qualsiasi struttura nuova si corrompe in poco tempo”. Girolamo ebbe la grande capacità di liberare gli inizi della riforma tra i frati da quelle strutture che stavano facendo venir meno in senso rigoroso e penitenziale la freschezza dell’opera di santa Teresa di Gesù.

10. Teresa fu una donna che visse con intensità il dono dell’amicizia. Nel primo incontro con il P. Girolamo Gracián della Madre di Dio, a Beas de Segura, nel 1575, si nota questa empatia, apertura e confidenza tra i due: “È stato qui più di venti giorni il P. Maestro Gracián… è onesto ai miei occhi, e per noi migliore di quanto saremmo stati capaci di chiedere a Dio… Con ciò posso riposare del governo di queste case, una tale perfezione con tanta dolcezza, io non l’ho mai vista” (MC 81, alla M. Isabella di S. Domenico, 12 maggio 1575). Una volta fatta la professione il P. Girolamo Gracián cominciò ad assumere incarichi rilevanti nella nascente Riforma del Carmelo. Così, alcuni mesi dopo la professione, fu nominato Visitatore Apostolico dei carmelitani andalusi: “Ed eccomi qui, a 28 anni di età, e mezzo di professione, fatto Prelato dei carmelitani andalusi, contro il volere del Generale e Protettore di tutto l’Ordine dei calzati” (PA, c. I). Nel 1575 sarà Visitatore Apostolico di tutti i carmelitani andalusi, anche del ramo scalzo. In quest’epoca, il Nostro eccelse come capo della Riforma e paladino di santa Teresa di Gesù per portare a buon fine la creazione della Provincia Scalza. Il P. Girolamo Gracián avrebbe finito con l’essere incarcerato. Alla fine, e grazie all’appoggio di Filippo II, un Breve di Roma confermò la creazione della nuova Provincia Scalza all’interno dell’Ordine carmelitano. Il P. Girolamo della Madre di Dio, a marzo 1581, nel Capitolo celebrato ad Alcalá de Henares, fu eletto primo Provinciale della Provincia Riformata. Lo racconta così: “Si riunirono i Padri nel Capitolo ad Alcalá; si fece la Provincia; furono ordinate le leggi; mi elessero loro primo Provinciale, governai per quattro anni la Provincia fondando conventi di frati e di monache in compagnia della madre Teresa di Gesù, con la fatica e l’impegno ordinari di viaggi, affari, lettere, confessioni, sermoni e studio, ecc.” (PA, c. III).

11. Il 4 ottobre 1582 moriva ad Alba de Tormes la sua grande confidente: “Benedetto sia Dio che mi diede una così buona amica, il cui amore, mentre è in cielo, non si intiepidirà e posso aver fiducia che mi sarà di grande aiuto” (PA, c. XVI). La riformatrice incontrò provvidenzialmente in lui l’uomo che consolidò e diresse l’opera che aveva intrapreso. Scrivendo di lui disse che era “uomo assai colto, intelligente e modesto, che per tutta la vita fu accompagnato da grandi virtù, tanto che pareva che la Madonna lo avesse scelto per il bene di questo Ordine primitivo”. Ella, parlando del suo stile di governo, sottolineava la mescolanza di bontà e fermezza: “il suo tratto è così piacevole che la maggior parte di coloro che hanno a che fare con lui lo ama, è una grazia donata da nostro Signore, ed è così estremamente amato da tutti i suoi sudditi e suddite perché anche se non perdona alcuna mancanza – che in ciò ha come ultimo obiettivo l’aumento della religione –, lo fa con dolcezza così gradevole da sembrare che non ci sia nessuno che si possa lamentare di lui”. Santa Teresa ebbe fiducia in lui, e gli promise obbedienza (CC 30, 3) e, grazie a questo voto, il P. Girolamo Gracián della Madre di Dio poté chiederle non solo l’apertura di nuovi monasteri, ma anche di completare il libro delle Fondazioni e di scrivere sulla sua vita spirituale, come fece nelle Mansioni. Ancora per obbedienza a lui Teresa posò per fr. Juan de la Miseria, offrendoci così il notissimo ritratto giunto fino a noi (cf. PA, c. XIII).

12. Girolamo Gracián da parte sua si aprì al magistero di Teresa di Gesù, la quale impresse in lui l’impronta del suo carisma nascente, diventando in tal modo per lui un importante punto fermo, un sostegno spirituale e umano nella sua attività apostolica. Lo stato d’animo di Teresa di Gesù verso Girolamo Gracián ha molti registri, che oscillano dall’atteggiamento materno fino a quello della figlia grata. È assai nota l’ampiezza dell’epistolario che i due si scambiarono (CC 29, 1; 30, 3) e quanto fosse “riposante” per Teresa il “valvola di sicurezza” della sua amicizia: “Sono contenta che non ci sia con vostra paternità il padre fra’ Antonio, perché, da quel che mi dicono, nel vedere tante mie lettere non per lui, ne ha molta pena. Oh Gesù, che cosa significa che un’anima s’intenda con un’altra, perché non manca cosa dire né ci si stanca!" (MC 170, al P. Girolamo Gracián, verso il dicembre 1576). Lo ricorda lo stesso P. Girolamo: “Ella mi comunicò il suo spirito senza nascondere nulla, ed io alla stessa maniera manifestai tutto il mio intimo, e lì decidemmo d’accordo di essere sempre conformi in tutte le questioni, ed ella oltre al voto di religione fece il voto particolare di obbedirmi per tutta la vita per una particolare rivelazione avuta” (PA, c. XIII). Amicizia e riconoscimento reciproci. Anche il P. Gracián, infatti, restò conquistato dal suo magistero. Fece suoi i sogni di Teresa e addirittura molto di più il suo ideale e la sua iniziativa carismatica; perciò, più che amica e confidente, fu per lui anche la “madre”. Non solo questo. In lei trovò la maestra che lo guidò per i sentieri della vita interiore, ispirando il suo ministero a favore dei frati e delle monache della riforma. Questo vincolo è espressione della relazione, essenziale e arricchente, tra il maschile e il femminile al momento di vivere la vocazione e la missione del Carmelo oggi.

Il rifiuto dei fratelli
13. Nel 1585 a Lisbona, fu eletto Provinciale il P. Nicolò Doria. Il P. Gracián restò come Vicario Provinciale. Sempre lui fu eletto Vicario della nuova Provincia del Messico nel Capitolo intermedio celebrato a Valladolid, nel 1587. Non poté imbarcarsi nella flotta diretta alle cosiddette Indie occidentali, perché né nel 1587 né nel 1588 partì alcuna spedizione. P. Girolamo Gracián trascorse così più di due anni in Portogallo, dove era stato chiamato dal viceré, il Cardinale Alberto. Fu Visitatore apostolico dei carmelitani portoghesi. Nel 1590 venne chiamato a Madrid ed iniziò il suo calvario personale. Alla fine, il 17 febbraio 1592, fu espulso dagli Scalzi, dei quali era stato il primo Provinciale. Paradossi del destino. Era accusato di essere rilassato e di dedicarsi più alla vita apostolica che a quella regolare e di mantenere una relazione disonesta con Maria de San José, già priora di Siviglia e in quel momento di Lisbona.

14. Il P. Girolamo della Madre di Dio fu spogliato dell’abito scalzo che aveva indossato per vent’anni, e lo rivestirono con un abito talare. “Alla fine, dopo una lunga prigionia, mi tolgono l’abito. E mi dispiacque molto che mi dessero un mantello e una sottana di panno molto buono, che erano di un novizio appena entrato” (PA, c. IV). Terminava confessando il dolore provato: “Solo chi lo patisce può dire ciò che provò un tale avvenimento, chi era entrato nell’Ordine degli Scalzi con la vocazione, come era accaduto a me, e aveva tanto sofferto per costituire la Provincia e aveva dato l’abito agli stessi che me lo tolsero” (PA, c. IV). A partire da quel momento tornò ad essere il sacerdote Don Girolamo Gracián.


3. LA FEDELTÀ PROVATA
Don Girolamo Gracián (1592-1596)
Andare all’essenziale: “in obsequio Iesu Christi vivere debeat” (R. II)

15. La nuova tappa di vita del sacerdote Don Girolamo Gracián si svolse attraverso un continuo pellegrinaggio da un luogo all’altro, da un’esperienza all’altra, passando per la richiesta di giustizia, la ricerca di un luogo dove essere accolto e l’amara prigionia in terra straniera. Però, possiamo dire con le parole di S. Paolo, che “tutto è per il bene di chi ama Dio e fu chiamato secondo il suo disegno” (cf. Rm 8,28). Fu un tempo di purificazione provvidenziale che lo aiutò a centrarsi nel nucleo del Vangelo e della vita religiosa, confermando la sua scelta per il Carmelo. È certo che “il Signore custodisce i passi dei suoi amici” (1 Sam 2, 9) e li dirige per il cammino della pace (cf. Lc 1,79). Nelle circostanze più avverse, nel fallimento, il P. Girolamo Gracián seppe sempre guardare avanti, vivendo in ossequio di Gesù Cristo (cf. R. II) e annunciando il Vangelo. Magari è una testimonianza più che significativa per la nostra vita religiosa attuale, in tempo di crisi e di apparente scoraggiamento.
16. L’“amore per la croce” (cf. PA, Prologo) e l’“amore per i nemici” fu un balsamo in mezzo alla tribolazione (cf. PA, c. VIII.XI). Lo constata quando giustifica coloro che lo perseguitavano, affermando che agirono correttamente, poiché stavano soltanto incarnando “le delicatezze delle tracce di Dio” (PA, c. IV), così come lo avevano fatto Giobbe, sant’Agostino e addirittura lo stesso Gesù. In seguito avrebbe confermato di aver chiesto al Signore “il desiderio di patire” e di avere la “nuda e oltraggiosa croce” perché “gli si presentò di nuovo come il cammino più diretto e sicuro per il cielo” (PA, c. VIII). E Dio lo ascoltò. In seguito, con serenità, affermò che il Signore non tardò a concedergli ciò che, con tanta insistenza, aveva supplicato: “poco dopo de questa richiesta cominciai a sperimentare che Dio mi faceva la grazia che gli avevo chiesto e che me la concedeva” (PA, c. VIII). In realtà, non gli mancarono persecuzioni, peregrinazioni, timori, pericoli, oltraggi ed altre fatiche, che gli insegnarono una scienza molto saporosa: “che tutte le virtù nascono dall’amore di Dio e del prossimo ed hanno per fine lo stesso amore” (PA, c. XV). Di nuovo lo studio e la lettura dei padri della Chiesa aiutarono Girolamo Gracián a discernere la propria situazione: “buono” non è solo colui che fa “bene”, “buono” è soprattutto colui che, amando, sopporta il male (cf. 1 Pe, 3,9-11; Rm 12,17). Girolamo Gracián scoprì che non possiamo togliere forza al “Vangelo”, e “chi non ama chi lo odia non è cristiano”, poiché “l’amore per i nemici è la legge fondamentale” e “suprema quintessenza della virtù”. Nella sua Peregrinación lo illustra con un esempio: “Consideravo i miei avversari come immagine di Cristo… Se un tabernacolo o una custodia di pietra lavorato male, racchiude dentro di sé il Santissimo Sacramento, non manco di adorarlo o onorarlo, anche se mi piacerebbe vederlo d’oro e fabbricato in modo prezioso. So che in colui che mi perseguita c’è Dio per essenza, presenza e potenza; mi piacerebbe davvero molto che il tabernacolo fosse più gradevole, ma chiudo gli occhi all’esterno e non a ciò che contiene” (PA, c. XI).

17. Ubi rigor, ibi virtus? Il P. Girolamo Gracián non condivise l’atteggiamento di quelli che consideravano una virtù il “rigore” nell’osservanza, una bandiera della riforma e un fine in sé stesso. Il conflitto che portò all’espulsione di Gracián potrebbe essere riassunto dal paragrafo scritto da lui stesso: “Poiché ci sono spiriti ai quali sembra che tutta la perfezione carmelitana consista nel non uscire dalla cella, né sbagliare una nota in coro, anche se il mondo intero stesse bruciando, e che il bene dell’Ordine consisterebbe nel moltiplicare i conventi in piccoli villaggi di Spagna dimenticandosi degli altri, e definiscono chiunque altro spirito inquieto e rilassato. Dio non mi condusse per questa via, ma per quella della salvezza delle anime; e dei soggetti che devono impiegarsi in luoghi piccoli, con loro fondare conventi nelle città più importanti dei diversi Regni per la vera dilatazione e il profitto dell’Ordine. E poiché comunicai per tanto tempo e tanto personalmente con la Madre Teresa de Gesù, il cui spirito era pieno di zelo per la conversione di tutto il mondo, questo modo [di pensare] mi colpiva ancor di più” (PA, c. III). Una domanda ronzava sempre nella testa di Girolamo: “Dov’è Dio?” La sua risposta è chiara: là dove “trionfi l’amore” (PA, c. X). Gracián fu fedele alla premessa che la “flessibilità” è buona compagna di viaggio, che l’amore è “creativo” e che chi fa il bene non perde mai.

18. Dall’albero della croce vengono numerosi frutti e misericordie (cf. PA, Prologo). La mansuetudine con cui accettò queste afflizioni, gli oltraggi, i pericoli e le persecuzioni resero più grande il suo spirito (cf. Lc 1,46). Il Signore gli concesse due grandi beni: da un lato, un grande spirito di “contemplazione” per essere molto più di “profitto per le anime” (PA, c. XV) e cercare l’essenziale: Dio solo... La contemplazione è “pensiero trattenuto, quando l’anima si concentra con attenzione e quiete su un concetto, a differenza della meditazione che si sposta da un pensiero all’altro. Come chi entra nel laboratorio di un pittore dove ci sono molti quadri, e vedendo una pittura che gli piace, sofferma lì lo sguardo e la osserva a lungo con attenzione, senza volgere gli occhi ad altre pitture. Ciò mi accadde con una sola parola: Dio…”. (cf. PA, c. XV). Dall’altro lato, “misericordia” (PA, c. XV), il più bel nome di Dio, e “misericordie”, per non giudicare nessuno prima del tempo, sapendo aspettare che venga il Signore (cf. 1 Cor 4,5), sarà lui a mettere allo scoperto le intenzioni di ogni cuore. “Signore, non chiamare il tuo servo in giudizio, poiché nessun uomo vivo di fronte a te è innocente” (Sal 142,2; Gv 8,7). La ricerca di Dio ci spinge come Girolamo Gracián a collocare la “misericordia” del Signore sul candelabro (cf. Mt, 5,15), in un luogo visibile, perché illumini tutti quelli della casa. La misericordia rompe frontiere, sana ferite, è artigiana di fraternità, ricostruisce la famiglia.

La perseveranza nella prova: l’“abito di Adamo”
19. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, l’angoscia, la nudità… (cf. Rm 8,35…). Il pellegrinaggio di Girolamo proseguì col viaggio a Roma per cercare la protezione del Papa. Riuscì a parlare con Clemente VIII. Il Sommo Pontefice, per mezzo dei suoi segretari, decretò che entrasse in un altro Ordine religioso. Gracián ciese di entrare nei “cappuccini, certosini, francescani scalzi e in tutte le altre religioni per chiedere il loro abito: nessuno volle darmelo, e mi vidi scacciato da tutti gli Ordini come il più infame religioso che ci fosse al mondo” (PA, c. V). Andò a Napoli e di lì in Sicilia; nell’isola si fermò otto mesi, aiutando e confessando in un ospedale. Il 27 gennaio 1593, il Papa emise il Breve Uberes fructus con cui confermava l’espulsione del P. Gracián da parte dei Carmelitani scalzi, obbligandolo ad entrare negli Agostiniani o in qualche altro Ordine osservante. A Gaeta si imbarcò per poter raggiungere Roma: “mentre stavo terminando di dire messa, durante la quale mi decisi, invaso dalla pressione interiore per la Vergine Maria e la santa madre Teresa di Gesù di non lasciare il loro Ordine, a prendere l’abito degli Agostiniani scalzi, e non appena il vento si calmò un po’, i marinai per approfittarne iniziarono a prendere il mare. Da lontano vidi un vascello, quelli vedendo il fumo sulle torri (il segnale dei corsari), cominciarono a piangere…” (PA, c. V). Ancora una volta prigioniero! Girolamo Gracián scrisse, con un certo senso di umorismo, che l’unico abito che Dio gli chiedeva ora di indossare era “la nudità”. Così indossò l’“abito di Adamo”, contento che “nessuno poteva togliermelo ormai, se non scorticandomi” (PA, c. VI). Lo descrive così: “mi vidi a pelle nuda in potere dei turchi con la maggior gioia mai avuta – come dirò in seguito – nel vedere chiaramente la volontà di Dio nel mio nuovo abito di Adamo, e che non si stava compiendo la mia volontà, che era perseverare nell’abito del Carmelo, né quella dei miei emuli che era di togliermelo” (PA, c. VI).

L’annuncio del Vangelo in catene
20. Perché la misericordia e l’amore non siano una “grazia a buon mercato”, che rifiuta la croce, o un perdono malamente negoziato, devono essere ben provati nel crogiolo della prova e dell’autentica sequela: “come il fuoco stesso, che raffina e fa risplendere l’oro, oscura con il fumo e distrugge la paglia, così sono fuoco le tribolazioni che in altri, destinati a diventare oro di virtù, causeranno perfezione e vita esemplare” (PA, Prologo). Dio si impegnò a fondo con Girolamo Gracián... Questi chiese “umiltà” e la vita gliene offrì occasioni abbondanti di “umiliazione” per dimostrare la rettitudine della sua richiesta. Ancora un episodio si aggiunse a quel punto alla sua convulsa biografia: la prigionia ad Algeri. Nella sua Peregrinación, Girolamo narra le proprie peripezie, l’ansia evangelizzatrice e alla fine la sua libertà. Più volte durante il lungo periodo di prigionia pensò di stare per essere giustiziato: “Passò il mezzodì; mi fecero mangiare, anche se non ne avevo voglia, poiché una cosa è fare atti di martirio a freddo altra è vedere la morte in faccia. Passarono alcuni giorni e ogni mattina aspettavo l’esecuzione della sentenza, senza aver né luce né chiarezza della cosa” (PA, c. VI). Gracián, pieno di zelo per la salvezza delle anime, non perse tempo. Racconta le conversioni che favorì, come predicava, confessava, aiutava a cercare riscatti per i prigionieri. In mezzo ai tormenti e alle angustie della propria prigionia ci racconta: “Confessavo i miei prigionieri cristiani… li consolavo quando li bastonavano, componevo le loro risse, li visitavo quando erano malati. E se volevano tagliare le orecchie o il naso a qualcuno, cercavo di ottenere il perdono con il denaro, che gli stessi cristiani mi davano con grande obbedienza” (PA, c. VI).

21. In molti modi, nell’arco della sua vita, Girolamo si dedicò alla missione evangelizzatrice. Durante i quattro anni da Provinciale diede una tinta missionaria e di espansione alla Provincia che governava: così, fece fondare a Genova (1584), in Congo (1584) e in Messico (1585). Anche da prigioniero non trascurò di annunciare il Vangelo ai compagni e a coloro che lo avevano catturato. Tornato nell’Ordine, si mise a disposizione del Papa per intraprendere qualche spedizione missionaria e dedicò a questa realtà alcuni dei suoi scritti. Questo zelo missionario nasceva dal suo ardente desiderio di “salvare anime” e di portare il Vangelo fino ai confini della terra. Disse Teresa che “a volte gli sembrava che [un’immagine della Madonna] avesse gli occhi gonfi di pianto per le molte offese che si facevano a suo Figlio. Da qui nasceva in lui un grande impeto e il desiderio di confortare le anime e la commozione quando vedeva offendere Dio in modo assai grave. Ha una grande inclinazione per questo desiderio del bene delle anime, che qualsiasi fatica gli appare poca cosa se pensa di ottenere con essa qualche frutto. Io stessa l’ho visto per esperienza nelle molte prove che ha passato”. Teresa, evidentemente, non immaginava quali altre prove lo avrebbero aspettato e la grandezza d’animo che avrebbe manifestato in esse.


4. CON L’ABITO DI MARIA
Fra’ Girolamo Gracián, carmelitano (1596-1614)
Perché mi hai dato un abito di gala e di trionfo…

22. “Dio ci ha dato la libertà perché fossimo liberi”. L’11 aprile 1595 il Pascià di Tunisi firmò la lettera con cui veniva liberato. Giunse a Genova. Da lì comincia la nuova, ultima tappa, che abbraccia gli ultimi 18 anni della sua vita da carmelitano (O.Carm.). Lo stesso Gracián ci racconta che una volta giunto a Roma si gettò ai piedi del Papa dal quale ottenne il beneplacito per tornare a indossare l’abito carmelitano. Lo stesso Gracián ce lo racconta così, riassumendo in poche righe la sua vita fino a quando giunse nelle Fiandre: “Mi comandò di prendere l’abito di carmelitano calzato nonostante la sentenza della Consulta dicesse che non avrei potuto recarmi né dai calzati né dagli scalzi. Restai per un po’ di tempo a San Martino in Montibus [sic] dei calzati. Di là il Protettore dell’Ordine mi comandò di trasferirmi in casa del cardinal Deza, protettore di Spagna. Lo servii cinque anni nell’ufficio di teologo, scrivendo e stampando libri. Dai memoriali che avevo scritto al Papa risultò che alla Congregazione dei Cardinali di Propaganda Fide e al Papa sembrò bene che mi recassi in Africa: mi affidarono la missione di andare a annunciare il Giubileo dell’Anno Santo ai cristiani di quelle parti. Mi recai dal Re per ottenere lettere per i capitani delle frontiere che mi servissero da salvacondotto. Fui presente alla morte di mia madre. Mi recai a Ceuta, di lì a Tetuàn; compii la mia missione; tornai con l’ordine di far pace tra il nostro Re e lo Sceriffo; non se ne fece nulla. Andai al convento di Madrid; di là mi spostai a Valencia e Alicante da dove tornare a Roma per riferire al papa Clemente VIII: lo fece Dio [per me]; io mi fermai a predicare e stampare i miei libri a Valencia. Mi inviarono a Pamplona a predicar la Quaresima. Di lì andai in Fiandra” (PA, c. VIII).

23. Gracián nella sua citata Peregrinación non tralascia di esprimere la propria gioia e contentezza per il trattamento ricevuto nell’Ordine del Carmelo: “E così, mostrarono molto piacere vedendomi con il loro abito; il Generale mi fece poi Maestro dell’Ordine e mi diedero l’anzianità che avrei avuto se avessi professato tra loro dal tempo in cui professai tra gli Scalzi, e me l’hanno sempre conservata, cosa non da poco per cui ringraziare” (PA, c. XIV). Mentre il periodo vissuto nella Riforma fu fruttuoso in modo particolare per il suo impegno come uomo di governo, il periodo nell’Antica Osservanza si distinse per le sue doti di predicatore e scrittore prolifico. Girolamo scriveva ora in nome di prelati e del Priore Generale dell’Ordine, e le sue opere vanno dall’attività missionaria alla storia e alla spiritualità del Carmelo. Per ordine del P. Enrico Silvio, allora Priore Generale dell’Ordine, eletto a Roma nel 1598, scrisse il suo famoso commentario della Regola dell’Ordine, Della disciplina regolare, per stimolarne i membri all’osservanza. In quel momento lavorò anche particolarmente per stampare gli scritti di santa Teresa in altre lingue e promuovere la sua beatificazione. La Fiandra fu l’ultima tappa del suo itinerario. Lì terminò di scrivere la Peregrinación de Anastasio. Diálogos de las persecuciones, trabajos, tribulaciones y cruces que ha padecido el P. Fray Girolamo Gracián della Madre di Dio.

24. P. Gracián giunse a Bruxelles a luglio 1607. Avrebbe trascorso quegli anni alternando la vita “eremitica”, in un eremo nel giardino del convento, con la predicazione, la confessione e l’assistenza alle Carmelitane Scalze che stavano fondando in quelle terre. Era ancora vivo quando ebbe la gioia di ricevere la notizia della beatificazione della Madre Teresa di Gesù, il 24 aprile 1614, da parte di Paolo V. Alle sei di sera della domenica 21 settembre 1614, moriva il P. Girolamo Gracián, carmelitano. Bisogna tener conto anche tra le sue attività missionarie della pubblicazione delle opere teresiane in ambienti protestanti nonché delle sue proprie opere: Diez lamentaciones del miserable estado de los ateístas, Leviatán engañoso, suma de algunos engañosCome Teresa, volle rispondere, in un certo senso, allo scisma creatosi nella Chiesa con la separazione luterana, fondando monasteri nei quali si desse una testimonianza fedele e gioiosa del Vangelo. Girolamo, diffondendo il suo insegnamento, aveva l’intenzione di offrire un modello di vita trasfigurata dal Vangelo nella e al servizio della Chiesa. In tal maniera, il Carmelo avrebbe contribuito al fervore apostolico della Chiesa post-tridentina e ancora oggi sotto l’esempio di questi maestri, si coinvolge e prende nuove iniziative per realizzare il sogno di una Chiesa comunità missionaria di discepoli, “in uscita… che prendono l’iniziativa (‘primerean’), che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”.

CONCLUSIONE
Victoria amoris (PA, c. X)

25. Caritas abundat in omnia... “Vestire chi è nudo” (cf. Mt 25,36) è la prima opera di misericordia, secondo la tradizione ebrea. È la prima cosa che fece Dio quando scoprì la nudità di Adamo ed Eva. Dio, secondo alcuni mistici ebrei, fece per loro un “vestito di luce” (cf. Gn 3,21). Un bel gioco di parole fece loro sospettare che Adamo ed Eva non indossassero solo un vestito di “pelle”, come sarebbe stato logico, ma di “luce”, perché la prima notte che dovettero trascorrere fuori del paradiso non fossero privi di tutto. Gracián passò l’intera vita cercando “un abito da indossare”: “presi l’abito scalzo”; “mi vestirono con un abito talare”; “mi posero un mantello e la sottana di panno molto buono”; “mi diedero un abito da infame”; “mi vidi denudato, a pelle nuda e indossai il mio nuovo abito di Adamo”; “mi diedero di nuovo l’abito dei calzati”, ecc. Alla fine della vita, con sapienza e discernimento, affermerà: “Dio può ben far sì che ci sia tanto frutto con un abito come con un altro, come ho visto per esperienza” (PA, c. XVI). Dio stesso fu il sarto che gli prese le misure. Ci volle tutta la vita per confezionarlo! Pene e catene sono l’“abito degli amanti”. L’“abito” che ricevette superò le sue aspettative, non fu un vestito esteriore, ma un abito interiore. Gracián, così come Giuseppe nel libro della Genesi, fu spogliato di ogni vestito (cf. Gn 37,3.23.31; 39,12; 41,14) per essere rivestito di una “tunica di lino” (cf. Gn 41,42). Il “lino” per poter essere filato e perché ottenga la sua leggerezza, luminosità e candore, deve essere battuto e pestato. Il lino sono le opere buone dei santi… (cf. Ap 19,8). L’epitaffio di un rabbino ebreo illustra bene ciò che sperimentò Girolamo Gracián: “Per ogni opera buona compiuta dall’uomo in terra, in cielo nasce un filo di luce. Molte opere buone fanno molti fili. Per che cosa? Per tessere un vestito di luce. Un vestito di luce per dar gloria al Signore delle opere”. Una “veste di luce” tessuto con fili di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza, perdono, pace e amore, che è il legame della perfezione (cf. Col 3, 12-15).

26. Cari fratelli e sorelle: la carità trionfa, “abbonda” e “ama tutto”… Gracián ci invita ad essere artigiani di pace e di riconciliazione, perché vedendo le nostre buone opere, sia glorificato il Padre che è nei cieli (cf. Mt 5,16). Il pellegrinaggio di Girolamo Gracián è espressione di un cammino spirituale più profondo, il quale è risposta all’amore che Dio pose nel suo cuore per mezzo di Maria, al desiderio di abbracciare la Regola del Carmelo d’accordo con gli insegnamenti di Teresa di Gesù, e alla passione di darsi agli altri per la loro salvezza. Questa “victoria amoris” (PA, c. X), vissuta soprattutto nei momenti di tensione, fu per lui un’estasi di amore, però “non nel senso di rapimento momentaneo, ma come camino permanente, come un uscire dell’“io” chiuso in sé verso la propria liberazione nella consegna di sé e, precisamente, in questo modo, verso il ritrovare sé stessi, e ancor più verso la scoperta di Dio”. Nel pellegrinaggio di Gracián, in realtà, intravediamo il pellegrinaggio di ogni discepolo e, perciò, anche il nostro, cercando di seguire lo stesso cammino di Gesù “che attraverso la croce lo conduce alla resurrezione: la via del chicco di grano che cade in terra e muore, dando così frutto abbondante”. Rendiamo grazie anche a Dio perché possiamo raccogliere il frutto della testimonianza e del messaggio che ci ha lasciato il nostro fratello Girolamo Gracián.
Oh Maria, stella del mare e pellegrina della fede, mostraci Gesù e aiutaci a indirizzare i nostri passi alla cima del Carmelo, fino a raggiungere l’unione con Dio nell’amore! Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.


Roma, 13 novembre 2014




Fernando Millán Romeral, O.Carm.
Priore Generale

Saverio Cannistrà, O.C.D.
Preposito Generale




Quaresima: iniziative delle monache del Carmelo di Legnano





domenica 22 febbraio 2015

Il ritratto

Un uomo benestante e suo figlio, amavano collezionare rare opere d'arte, possedevano di tutto nella loro collezione, da Picasso a Raffaello. Spesso si sedevano insieme ad ammirare le grandi opere possedute, finché arrivò la guerra del Vietnam ed il figlio dovette partire.

Fu un soldato molto coraggioso e morì in battaglia mentre salvava uno dei suoi compagni. Il padre fu informato della sua morte, ed una profonda tristezza lo colse, poiché era il suo unico figlio.

Circa un mese più tardi,qualcuno bussò alla porta...un giovane uomo era in piedi all'entrata con un grande pacco tra le mani.

Disse: "Signore, voi non mi conoscete, ma io sono il soldato per cui vostro figlio ha dato la vita; quel giorno ne salvò molti altri e fu mentre mi portava al sicuro che una pallottola lo colpì e morì. Spesso mi parlava di voi, e del vostro comune amore per l'arte".

Il giovane uomo mostrò il pacco: "So che non è molto,non sono un grande artista, ma penso che vostro figlio avrebbe voluto averlo".

Il padre aprì il pacco, era il ritratto di suo figlio, fatto dal ragazzo. In particolare l'uomo fu colpito dal modo in cui il ragazzo era riuscito a catturare la personalità di suo figlio nel dipinto. Il padre fu attirato dagli occhi, tanto che i suoi si riempirono di lacrime. Ringraziò il giovane e si offerse di pagare il quadro. "Oh, no signore, non potrò mai ripagare quello che vostro figlio ha fatto per me. Questo è un dono". L'anziano signore abbracciò il ritratto.

Ogni volta che i visitatori venivano a casa sua egli li portava a vedere il quadro di suo figlio, prima di mostrare loro qualsiasi altra opera d'arte della sua collezione. L'uomo morì pochi mesi più tardi. Ci fu una grande asta per i suoi dipinti. Molte persone influenti vennero, eccitate di vedere i grandi quadri ed avere l'opportunità di possederne qualcuno per le loro collezioni.

Sulla piattaforma fu messo il ritratto del figlio.

Il banditore batté il martelletto: "Cominceremo le offerte con questo dipinto del figlio. Chi offre per questo quadro?" Ci fu silenzio. Poi qualcuno dal fondo della sala gridò: "Vogliamo vedere i famosi dipinti! Quello saltalo!".

Ma il banditore insistette: "C'è qualcun altro che vorrebbe offrire per questo dipinto? Chi comincerà le offerte? 100? 200?".
Un'altra voce gridò piena d'ira: "Noi non siamo venuti qui per vedere questo quadro, siamo venuti per vedere i Van Gogh, i Rembrandt. Vai avanti con le vere offerte!".
Ma il banditore ancora continuò: "Il figlio! Il figlio! Chi prenderà il figlio?".

Finalmente una voce venne dalla parte più lontana della sala era il vecchio giardiniere che da sempre aveva lavorato con l'uomo e suo figlio. "Io offro 10 dollari per il quadro". Essendo povero era tutto ciò che poteva offrire.
"Abbiamo 10 dollari, chi ne offre 20?". Disse il banditore.
"Datelo a lui per 10 dollari e vediamo gli altri capolavori.".
"10 dollari, venduto. Nessuno vuole offrirne 20?".
La folla divenne veramente arrabbiata, non volevano il ritratto del figlio, volevano i più validi investimenti per le loro collezioni.Il banditore batté il suo martelletto: "E uno e due e tre...Venduto per 10 dollari!".

Un uomo seduto nelle seconda fila gridò: "Ah! Adesso proseguiamo con il resto della collezione!".
Il banditore poggiò il martelletto: "Mi spiace, l'asta è finita."
"E cosa ne è del resto dei quadri?" rispose un altro.
"Mi dispiace, quando fui chiamato per condurre l'asta mi fu parlato di una stipulazione segreta, riguardante il testamento e non mi è stato permesso di rivelarla fino a quel momento. Solo il dipinto del figlio sarebbe stato messo all'asta; chiunque l'avesse comprato avrebbe ereditato tutto il patrimonio, incluso i dipinti. L'uomo che ha preso il figlio ha preso tutto!".

Dio diede suo Figlio più di 2000 anni fa a morire su di una croce crudele, molto similmente al banditore, il Suo messaggio oggi è: "Il Figlio! Il Figlio,
chi lo prenderà? Perché chiunque prende il Figlio eredita tutto".

E tu che leggi cosa aspetti ad accettare Gesù nel tuo cuore? Infatti nella Bibbia che è Parola di Dio sta scritto: "Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna" (Gv. 3:16).

Come hai letto Dio ti ama e sta cercando proprio te per darti gioia e Salvezza. Per cui ricorda: chi ha il Figlio ha tutto...chi non ha il Figlio non ha nulla!

(autore anonimo)


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi