AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 31 agosto 2023

TESTIMONIANZA DI UNA DONNA CRISTIANA MONGOLA

Don Giovanni Vaccarotto, caro amico da tempo, mi ha inviato dal Vaticano questa bella testimonianza. PN


Una donna mongola desiderosa di dare il benvenuto a Papa Francesco mantiene la tradizione di versare il tè

Perlimaa Gavaadandov offre un omaggio al cielo spruzzando una tazza di tè al latte appena bollito appena fuori dalla sua yurta ai margini delle praterie della Mongolia, seguendo una tradizione secolare.

Ma alla fine del suo rituale mattutino, la 71enne si ferma per una breve preghiera cristiana e si incrocia sul petto.

"Per me, offro questo al nostro Dio e prego, senza perdere la nostra cultura", ha detto Gavaadandov, che appartiene alla minuscola minoranza cattolica della Mongolia, che secondo la Chiesa conta circa 1.450 persone.

Era importante mantenere vive le tradizioni mongole insieme alla sua fede cattolica, ha detto.

"Insegno anche ai miei figli a preservare questa preziosa eredità", ha aggiunto Gavaadandov, che indossava un deel arancione, o una tradizionale veste di seta.

Con l'arrivo di Papa Francesco giovedì a Ulaanbaatar, la capitale, lei e molti altri parrocchiani sperano di poterlo salutare e seguire ogni suo passo fino alla sua partenza il 4 settembre.

"Sono molto contenta che stia arrivando e che avrò la possibilità di incontrarlo di persona, soprattutto perché è il leader della religione cattolica", ha detto. "Non vedo l'ora di vederlo".

Gavaadandov, che vive alla periferia della città centrale di Arvaikheer, è diventata cattolica circa 18 anni fa, subito dopo l'insediamento di una missione nel suo quartiere, attirata inizialmente dalla curiosità per gli stranieri che parlavano in mongolo accentato.

Un tempo membro di un consiglio di governo regionale durante l'era comunista della Mongolia, Gavaadandov ha detto di aver trovato la sua nuova fede durante un periodo difficile, dopo aver subito un infortunio alla gamba.

Alla fine la gamba è migliorata e lei è diventata una devota cattolica. Per anni, ha spesso partecipato alle funzioni religiose da sola, ma gradualmente la sua famiglia, compresi i nipoti e il marito, si è unita a lei.

Tuttavia, la notizia della visita di Papa Francesco nel suo Paese senza sbocco sul mare è stata del tutto inaspettata.

La nazione, che conta circa 3,3 milioni di abitanti, è strategicamente importante per la Chiesa cattolica romana a causa della sua vicinanza alla Cina, dove il Vaticano sta cercando di migliorare la situazione dei cattolici.

Lo stile di vita nomade dei mongoli rende però difficile per i sacerdoti della missione mantenere i contatti con i parrocchiani.

"È il loro stile di vita", ha detto James Mate, sacerdote della Missione Nostra Madre della Misericordia, dove Gavaadandov frequenta la chiesa in una piccola yurta, o tenda circolare a cupola comune in Asia centrale.


"Vanno nel Paese per prendersi cura dei loro animali, per controllare i loro parenti e così via", ha aggiunto Mate, che è originario del Kenya e celebra le funzioni religiose in mongolo in una delle tre parrocchie cattoliche fuori dalla capitale.

La Mongolia ha solo due sacerdoti cattolici nativi in un totale di nove parrocchie. Arvaikheer ha circa 55 convertiti, ha detto Mate.

Circa il 60% dei mongoli si identifica come religioso. I buddisti rappresentano l'87,1% di questo numero, i musulmani il 5,4%, mentre il 4,2% è sciamano, il 2,2% cristiano e l'1,1% segue altre religioni, secondo il Dipartimento di Stato americano.

Di tanto in tanto Gavaadandov si ritrova a desiderare di essere arrivata prima alla sua nuova fede.

"A volte penso che se fossi stata un po' più giovane, avrei potuto convertirmi prima e incontrare i credenti di tutto il mondo e vedere tante cose belle", ha detto.

Aggiungo: Papa Francesco, lo scorso 2022 ha ricevuto in vaticano una delegazione di esponenti buddhisti mongoli, ora ricambierà la cortesia.

sabato 26 agosto 2023

A COSA SOMIGLIA IL GOLPE MILITARE NEL NIGER di Padre MAURO ARMANINO

 

A cosa somiglia il golpe militare nel Niger


 È il quinto della serie nel Paese dopo l’indipendenza ottenuta dalla Francia, come molti altri Paesi africani, nel 1960. Lo stadio nazionale di Niamey porta il nome del presidente Seyni Kountché, il militare autore del primo colpo di stato una dozzina d’anni dopo l’indipendenza citata. Nel breve arco della Repubblica si è visto il possibile e l’inimmaginabile in uno stato di diritto. Il Presidente militare Baré Mainassara, ad esempio, è stato barbaramente trucidato nel 1999 all’aeroporto della capitale dalla sua guardia ravvicinata. Gli autori del delitto e i mandanti non sono mai stati, a tutt’oggi, perseguiti penalmente. Il quinto golpe, in fase di sviluppo, appare singolare anche per la creativa modalità di esecuzione.

Il Presidente deposto, Mohamed Bazoum, si trova infatti prigioniero nel piano inferiore del suo palazzo e chi ha compiuto il golpe sono i militari della Guardia Presidenziale, in sé destinati a proteggerlo da quanto accaduto. Gli altri corpi militari si sono gradualmente allineati con gli autori del putsch che ha rovesciato il regime della settima Repubblica e sospeso la Costituzione con i partiti politici. Le minacce di intervento armato e le sanzioni economiche e politiche non hanno dato, almeno finora, nessun risultato di rilievo se non quello di compattare buona parte della popolazione attorno ai militari. Quanto al golpe stesso, atipico nell’esecuzione, contribuisce a creare, nel cuore della città un misto di sentimenti ed emozioni.

Nel frattempo, il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, CNPS, ha provveduto alla nomina di un nuovo primo ministro, dei ministri e dei governatori (militari) nelle differenti regioni in cui è suddivisa l’amministrazione del Paese. Ogni domenica e a volte anche durante la settimana, si assiste a manifestazioni popolari di appoggio alla giunta militare specie quanto più forte suonano i ‘tamburi di guerra’ della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale, Cedeao. Per il resto, per la gente comune, tutto continua come sempre e la quotidiana lotta per l’esistenza si conferma e rafforza con le interruzioni più lunghe di luce, l’aumento dei prezzi e le frontiere che bloccano i camion pieni di mercanzie deperibili.

Nell’aria della capitale c’è un senso di incompiutezza e di attesa di ulteriori sviluppi che bene potrebbe esprimere il dramma di Samuel Beckett ‘Aspettando Godot’. Il protagonista che ha invitato i personaggi sulla scena e che non arriverà mai. I suoi vari porta parola ripetono che Godot manda a dire che arriverà non ora ma ‘certamente domani’. Proprio questo sentimento di accadimento di un qualcosa o qualcuno sembra caratterizzare il momento di questo strano putsch. Tra tentativi di mediazione più o meno felici e minacce ricorrenti di intervento armato, scorre come il fiume Niger il sopravvivere quotidiano della gente qualunque. Chi più di lei, la sabbia, che tutto ascolta, sopporta e accoglie può comprendere che il colpo di stato si realizza nell’attesa di ‘Godot’ che, certamente, arriverà domani.

             Mauro Armanino, Niamey, agosto 2023

NDR: Samuel Barclay Beckett è stato un drammaturgo, scrittore, poeta, traduttore e sceneggiatore irlandese

Nascita: 13 aprile 1906, Foxrock, Irlanda

Morte: 22 dicembre 1989, Parigi, Francia


mercoledì 23 agosto 2023

COME UNA BANDIERA AL VENTO di Padre MAURO ARMANINO

            Come una bandiera al vento

Bandiera di Haiti

Si celebra oggi, il 23 agosto, la giornata internazionale della memoria della tratta degli schiavi e della sua abolizione. Chissà quale bandiera sventolava nell’isola di Santo Domingo, oggi la Repubblica di Haiti, la notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791. La stessa bandiera, calpestata, tradita e mistificata da contemporanee schiavitù e commerci umani, non ha perso la sua caparbia e dolorosa attualità. Già, le bandiere, come simboli riconosciuti di entità politiche che di esse si gloriano e ad esse si affidano per affermare la propria fragile identità. Metafore delle nazioni che danno l’impressione di essere esistite da sempre, nel vento.


Bandiera della Liberia

Il giorno seguente, il 24 agosto, si festeggia la bandiera della Liberia con una sola stella e le strisce sul tipo della bandiera degli Stati Uniti, secondo il numero delle ‘contee’ o regioni. Una bandiera che i migranti liberiani di Niamey si tramandano dall’uno all’altro. Attorno ad essa, per un giorno, sentono e condividono la fierezza di una patria che li ha bruscamente allontanati da sé. Dopo la festa lei, lei tornerà da qualche parte in attesa che un’anima buona si prenda cura di lei. L’amore della libertà ci ha portati qui, sta scritto sulla bandiera liberiana. A scriverlo furono alcuni schiavi liberati d’America che poi inventarono il Paese.

Bandiera del Niger

Da quando continua il processo del colpo di stato a Niamey la capitale, nei crocevia e alle rotonde della città si vedono bambini e giovani che offrono bandiere di varie dimensioni agli autisti in transito. La bandiera tricolore del Niger, arancio, bianco e verde con in mezzo un disco di colore arancione che rappresenta il sole e poi tante altre bandiere strette assieme. Gli Stati dell’Africa Occidentale e, novità assoluta dal 26 luglio scorso, pure quella della Russia che nessuno aveva prima sognato. A volte le bandiere passano veloci, indossate da motociclisti o da tassisti che sfidano il codice stradale e i vigili coi cellulari.

Bandiera della Russia

Sembrano definire i confini degli Stati e insinuano l’esistenza immutabile delle frontiere che ad essi si confanno. Le bandiere che sventolano sanno di affermare l’immortalità del territorio e della politica che esse disegnano in qualche colore messo assieme. Quanto alla bandiera dell’abolizione della schiavitù, lei si tesse ogni giorno che i fili della dignità si intrecciano coi sogni dei bambini appena nati.

            Mauro Armanino, Niamey, 23 agosto 2023,

 memoria della tratta degli schiavi

C'est dans la nuit du 22 au 23 août 1791 qu'a commencé à Saint Domingue, aujourd’hui République d'Haïti, l'insurrection qui devait jouer un rôle déterminant dans l'abolition de la traite négrière transatlantique.

C'est dans ce contexte que la Journée internationale du souvenir de la traite négrière et de son abolition est commémorée le 23 août de chaque année. Les premières commémorations de la Journée ont eu lieu dans plusieurs pays, notamment le 23 août 1998 à Haïti et le 23 août 1999 à Gorée au Sénégal.

Cette Journée internationale vise à inscrire la tragédie de la Traite dans la mémoire de tous les peuples. Conformément aux objectifs du projet interculturel « Les Routes des personnes mises en esclavage », elle doit être l'occasion d'une réflexion commune sur les causes historiques, les modalités et les conséquences de cette tragédie, ainsi que d'une analyse des interactions qu'elle a générées entre l'Afrique, l'Europe, les Amèriques et les Caraȉbes.



venerdì 18 agosto 2023

IL COLPO DI STATO DELLA VERGOGNA di Padre MAURO ARMANINO

 


         Il colpo di stato della vergogna

In realtà è lei, la vergogna, che ha provocato e poi accompagnato il colpo di stato di Niamey del 26 luglio scorso. Scomparsa da quasi dappertutto la vergogna, intesa come un … ‘profondo e amaro turbamento interiore che ci assale quando ci rendiamo conto di aver agito o parlato in maniera riprovevole o disonorevole’… era introvabile. Una scomparsa graduale, metodica e capillare, quella della vergogna, che non ha risparmiato alcun ambito, professione e circostanza.  Proprio lei, dunque, è l’autrice principale del golpe militare che ha destituito il presidente. L’ha fatto anzitutto per lei, per non scomparire del tutto dalla storia e dalla cronaca quotidiana ma anche per chi, come noi, avendo agito (oppure omesso di agire) o parlato in maniera disonorevole desidera in qualche modo riscattarsi. Tra il colpo di stato e la vergogna c’è una relazione di mutua dipendenza e complicità.

Era infatti insopportabile continuare a trattare la politica in questo modo. Senza vergogna si trattava la cosa pubblica come un affare privato e la ‘transumanza’ di eletti ed elettori da un partito politico all’altro si accordava con la maggioranza del momento. La costituzione della repubblica, l’applicazione della giustizia, l’assemblea legislativa e l’esecutivo erano trattati in funzione dell’affiliazione partitica. I contratti e bandi di concorso per i vari cantieri in progetto erano affidati con estrema disinvoltura a seconda delle ricompense elettorali o di future alleanze di governo. Senza vergogna si viveva la politica come avvenimento elettorale finalizzato all’accaparramento e la gestione amministrativa del potere. Lo spazio politico, inteso come esperienza di dialogo e liberazione della parola su un progetto comune di società, è stato gradualmente confiscato e reso obsoleto dal nuovo e implicito ‘ministero della verità’ di regime.

La vergogna è stata altresì espunta dalla scelta delle sanzioni economico e commerciali che, com’è noto ormai a tutti, sono deleterie per i più poveri e infliggono sofferenze a chi le perpetra e a chi le subisce. Senza vergogna vengono decise, condotte, precisate, applicate e giustificate da chi ha preso in ostaggio i popoli della sotto-regione soprattutto per assicurare e garantire a tempo indeterminato il proprio potere. Identificare gli stati, una creazione recente e ambigua, coi popoli è una truffa o, se vogliamo, un’indebita confusione che fa il gioco di chi usa il popolo come merce di scambio per manipolare la sovranità. Peggio ancora qualora si trattasse di innescare un intervento armato per riportare nel Paese un’ipotetica democrazia costituzionale. Sotto qualunque formato esso si presenti la stessa vergogna sarebbe tra le vittime collaterali dell’intervento. La guerra è sempre un’avventura senza ritorno, come scrisse qualcuno. 

La vergogna è l’ ‘espressione di un disonore umiliante’ e sembra, come tale, latitante nell’ambito, sappiamo quanto importante, della creazione di condizioni di vita degradanti in una vasta porzione di popolo. Dal cibo all’educazione scolastica, dalla salute alla casa, dal lavoro alle prospettive d’avvenire per i propri figli, tutto sembra inghiottito dalla miseria quotidiana. Si sopravvive con nulla o poco più e si spera che l’indomani porti qualcosa di differente e che il Dio dei poveri si accorga di quanti gridano e tendono le mani. In effetti è proprio l’educazione alla mendicità che, strada facendo, caratterizza le relazioni e le classi sociali. Centinaia di piccoli scolari senza scuola sono inviati ogni giorno sulle strade delle città per mendicare e per chi ha lavorato poi, si tratta di mendicare il salario. Si mendica un posto in paradiso e nei taxi, in università e persino in carcere dove, per strano possa sembrare, si paga per trovare un posto per dormire in cella. 

Forse, con l’aria di scusarsi per il ritardo, la vergogna tornerà ancora a bussare alla porta della giustizia.

         Mauro Armanino, Niamey, 17 agosto 2023


mercoledì 16 agosto 2023

VENT'ANNI DI GRAZIA - Lettera all'Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi - Padre Miguel Màrquez Calle Preposito Generale dei Carmelitani Scalzi

 

Cari fratelli e sorelle nel Carmelo Secolare: Pace e Speranza!

Sono molto lieto di rivolgermi ancora una volta a tutti voi, fratelli e sorelle del Carmelo Secolare di tutto il mondo, famiglia in cammino, in ascolto della Voce del Signore nell’oggi della nostra storia. Questa lettera che vi indirizzo è centrata su un evento: i vent’anni delle Costituzioni OCDS, che sono molto più di un testo legislativo e organizzativo, in quanto racchiudono un progetto di alleanza in permanente rinnovamento e aggiornamento.

Fin dalla sua fondazione in Terra Santa, il Carmelo ha fatto propria una spiritualità basata sullo spirito del profeta Elia, in compagnia della Vergine Maria e nell’ossequio di Gesù Cristo. Al centro del carisma carmelitano ci sono la preghiera e la contemplazione, vissute in comunione- comunità. Questa spiritualità ha ispirato generazioni di uomini e donne in ogni parte del mondo; ha offerto loro una motivazione, un cammino di santità nella loro ricerca dell’unione con Dio.

Ma sono stati il genio e l’esperienza di santa Teresa di Gesù, insieme al primo Carmelitano Scalzo, san Giovanni della Croce, che hanno plasmato un’identità e un carisma che, innestati sull’antico tronco del Carmelo, definiscono e ispirano la vita del Carmelitano Scalzo Secolare oggi. E sappiamo che il tesoro della spiritualità e la ricchezza del cammino di Teresa e Giovanni non sono esclusivi o destinati solo a religiosi e religiose, frati o monache, ma nella loro essenza suscitano un’esperienza di Dio e tracciano un itinerario di preghiera in fraternità, che fonda anche la bellezza della vocazione laicale e secolare in comunità.

Il carisma di una famiglia religiosa non è definito né si esaurisce nei soli fondatori, ma si arricchisce e si riattualizza continuamente nell’esperienza di nuovi figli e figlie che, attingendo all’esperienza del fondatore non con un’imitazione pedissequa ma con fedeltà creativa, si lasciano oggi illuminare dallo Spirito per vivere, con freschezza, la passione, il rischio e la grazia che ispirarono i fondatori. Oggi abbiamo un urgente bisogno di ascoltarci l’un l’altro, laici, monache e frati, affinché il carisma sia ancor più vivo e dia vigore alla nostra identità nell’oggi della nostra storia. Non abbiamo paura di ascoltarci!

La spiritualità teresiana e carmelitana ha arricchito la vita della Chiesa e le ha dato grandi santi e sante che testimoniano che è possibile per ogni cristiano vivere quest’amicizia e unione con Dio con profondità e pienezza. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto che «tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (cfr. Lumen Gentium, 40). Voi, Carmelitani Secolari di tutto il mondo, siete per me una testimonianza viva di questo carisma, vivendo alla presenza di Dio, testimoni del suo amore e della sua misericordia.

Oggi vogliamo ricordare un evento importante della nostra famiglia carmelitana. Vent’anni fa, il 16 giugno 2003, la Congregazione (ora Dicastero) per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica approvava il testo delle Costituzioni dell’Ordine Secolare, dopo averle attentamente esaminate, e affermava: «Che il nuovo testo delle Costituzioni dell’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi sia un mezzo veramente efficace, affinché i suoi membri possano rinvigorire sempre più la loro consacrazione battesimale nelle situazioni concrete di vita familiare, sociale, civile ed ecclesiale» (cfr. Decreto, Prot. 228 - 1/2003). Attraverso questo decreto, la Santa Madre Chiesa attesta che la vocazione al Carmelo Secolare è realmente un cammino di santità.

Le Costituzioni dell’Ordine Secolare, che enunciano gli elementi costitutivi della sua vocazione, aiutano il Carmelitano Secolare a comprendere e vivere pienamente la sua vocazione di amore e di servizio nella Chiesa e nel mondo. Le Costituzioni sono divise in sette parti:

1. Identità, valori e impegno.

2. La sequela di Gesù nel Carmelo teresiano laicale.

3. Testimoni dell’esperienza di Dio e la comunione fraterna. 4. Al servizio del progetto di Dio.

5. Con Maria, Madre di Gesù.

6. Formazione alla scuola del Carmelo.

7. Organizzazione e governo.

I. IDENTITÀ, VALORI E IMPEGNO

I Carmelitani Secolari riconoscono la propria identità nella spiritualità teresiana e carmelitana. Un centro, a partire dal quale possono vivere la loro vocazione alla santità nel mondo; essi «sono figli e figlie dell’Ordine di Nostra Signora del Monte Carmelo e di Santa Teresa di Gesù» (C [= Cost. OCDS] 1). Tale identità li accompagna in tutti gli ambiti della loro vita, li aiuta ad avere una prospettiva cristiana e carmelitana. I Carmelitani Secolari trovano la loro ispirazione principalmente nella vita e nell’esempio della Vergine Maria, di San Giuseppe, di Santa Teresa di Gesù, di San Giovanni della Croce e del profeta Elia, e sono chiamati alla comunione con Dio e con i fratelli e le sorelle. Ogni Carmelitano Secolare si impegna, attraverso la sua promessa, a vivere una vita di preghiera, di comunione e di servizio nell’Ordine, nella Chiesa e nel mondo, a partire dalla propria identità carmelitana.

Nel suo libro Welcome to the Secular Order of Discalced Carmelites, P. Aloysius Deeney OCD, sottolinea che «un aspetto importante di quest’impegno è l’impegno verso la comunità. Una persona che desidera essere membro dell’OCDS dev’essere in grado di fare comunità, di appartenere a un gruppo che si dedica a uno scopo comune, di mostrare interesse per gli altri membri, di essere solidale nella ricerca di una vita di preghiera e di saper ricevere l’aiuto degli altri»1.

Questa identità e questi valori sono un’eredità dinamica, viva, che ogni giorno si approfondisce e si riscopre. Essa rimanda a un fuoco ardente e una fonte viva, e chi non brucia in questo fuoco e non beve a questa fonte ogni giorno, tradisce l’eredità. La fedeltà è oggi, ora, qui. Nell’amore non si vive di rendita, e tutta la memoria del passato è per amare adesso.

1 Aloysius Deeney, Welcome to the Secular Order of Discalced Carmelites, ICS Publications, Washington, 2009, p.17

II. LA SEQUELA DI GESÙ NEL CARMELO TERESIANO LAICALE

L’invito di Gesù è permanente: «Vieni e seguimi» (cfr. Lc 18,22; Mt 16,24; Mc 1,17; Lc 9,23). Per un Carmelitano Secolare «Cristo è il centro della vita e dell’esperienza cristiana. I membri dell’Ordine Secolare sono chiamati a vivere le esigenze della sequela in comunione con Lui, accettando i suoi insegnamenti e consegnandosi alla sua persona» (C 10), innamorandosi di Gesù, ascoltando la sua Parola, crescendo ogni giorno nell’intimità con Lui e conformandosi al suo desiderio e alla sua volontà, desiderando di conoscerlo ogni giorno di più e ascoltando i battiti del suo Cuore, come il discepolo amato. I Carmelitani Secolari sono disponibili a condividere con chiunque la loro esperienza di Dio, testimoni di Gesù vivo e risorto, che è capace di trasformare la vita di chi confida in Lui, di chi si lascia guardare e amare da Lui.

III. TESTIMONI DELL’ESPERIENZA DI DIO E LA COMUNIONE FRATERNA

Tutti siamo chiamati ad «andare in tutto il mondo ad annunziare la buona novella» (Mc 16,15). Gesù ci invia a proclamare che «Dio è amore» (1Gv 4,16), che c’è speranza, che abbiamo un Dio che ci accompagna e ci ha amati al punto che, nella pienezza del tempo, «ha mandato suo Figlio» (Gal 4,4). Dobbiamo smettere di aver paura di dire ciò che Dio ci ha regalato. I primi discepoli non avevano fatto grandi studi, avevano frequentato la scuola dell’intimità con Gesù, erano passati per l’esperienza pasquale, e si erano lasciati rifare con Maria nell’esperienza della Pentecoste. Ognuno di loro si è convertito, con i suoi doni e limiti, in tramite di Gesù per il mondo.

Tuttavia, prima di uscire nel mondo per annunciare che quest’amore trasforma e guarisce, anche noi ci immergiamo in questa esperienza personale, per essere testimoni dell’amore di Dio che ci è stato donato per grazia e annunciarlo al mondo con coraggio e semplicità, più con la vita che con le parole, ma anche col silenzio, la contemplazione e le parole. È essenziale curare e coltivare la vita di preghiera, «tempo in cui stare con Dio e irrobustire la relazione con Lui, per essere veri testimoni della sua presenza nel mondo» (C 21). Attraverso la preghiera, la contemplazione, la fraternità e l’attività apostolica, i Carmelitani Secolari testimoniano la loro amicizia con Gesù Cristo e mostrano la loro prima missione, che è quella di essere una vera comunità orante, in cammino e missionaria: «La Comunità locale dell’Ordine Secolare del Carmelo Teresiano, segno visibile della Chiesa e dell’Ordine, è un ambito per vivere e promuovere la comunione personale e comunitaria con Dio in Cristo e nello Spirito e con gli altri fratelli» (C 24a).

Ricordiamo che questa è la nostra prima missione e apostolato: l’esperienza viva di quanto ci è stato donato. Non le tante parole e discorsi: tante riunioni con conversazioni interminabili, o discussioni sterili e spesso ideologiche, fatte di prese di posizione, invece di un’umile apertura all’ascolto della volontà di Dio, in una Lectio Divina che parte dal silenzio, dalla vita, e cerca la verità, senza autodifesa. Soprattutto, il Carmelo non è una scuola di idee sicure o di dottrine blindate, ma una scuola di esperienza di Dio e di gratitudine, di creatività e di entusiasmo che nasce dallo Spirito Santo. Quando si dialoga cercando la verità, senza interesse ideologico e con il desiderio di capire, dinanzi a Dio, in qualche modo la verità si fa strada. «Le idee non si impongono, ma si propongono», diceva papa Giovanni Paolo II (Incontro con i giovani, Base Aérea de Cuatro Vientos, Madrid, 3 maggio 2003). Coltiviamo un dialogo senza imposizioni e senza paura di lasciar parlare il cuore, creando un clima di fiducia, senza silenzi feriti, prendendo il tempo per l’ascolto autentico e il silenzio condiviso.

IV. AL SERVIZIO DEL PROGETTO DI DIO

La vocazione al Carmelo Secolare ha una dimensione missionaria. Dalla sua relazione di amicizia con il Signore nasce il suo desiderio di condividere quest’esperienza con l’Ordine, con la Chiesa e con il mondo intero: «La vocazione dell’Ordine Secolare è veramente ecclesiale» (C 26). Per questo motivo il servizio alla Chiesa è parte fondamentale della sua chiamata. Santa Teresa di Gesù fondò il Carmelo Scalzo proprio per aiutare e costruire la Chiesa, a partire dalla propria realtà. I Carmelitani Secolari prestano particolare attenzione al servizio nella diocesi locale in cui si trova la loro comunità, i cui membri promuovono la comunione con il vescovo e con i fedeli della diocesi. Il Carmelitano Secolare porta con sé il carisma carmelitano ovunque si trovi.

Nel suo libro L’Ordine Secolare del Carmelo Scalzo: Regola, Costituzioni e Commentario, P. Pedro Zubieta OCD sottolinea che «il fedele laico, membro dell’Ordine Secolare, si obbliga a vivere l’impegno della santità evangelica nel mondo e con i mezzi propri del laico: l’amore coniugale e familiare, l’uso dei beni temporali in senso evangelico, le responsabilità proprie del laico nella famiglia e nella società, affrontando con fiducia le sfide della vita, le contrarietà e le difficoltà ogni giorno. Trasformare il mondo dal suo interno, come il buon lievito evangelico» (2003, pp. 56-57). Il sentirsi parte dell’Ordine Secolare e la formazione ricevuta, offrono ai Carmelitani Secolari la forza e la motivazione per perseverare («determinata determinazione») nella preghiera e nel servizio apostolico.

Vi invito ad essere creativi nella diffusione della spiritualità carmelitana. Possiamo collaborare insieme, in molti ambiti, ciascuno a partire dal proprio stato di religioso o laico, ma apportando la propria specificità. Senza paura di arricchirci a vicenda. I laici non sono i chierichetti dei frati: voi siete dei portavoce maturi del carisma, testimoni qualificati, umili e docili allo Spirito, ma capaci di ricreare la spiritualità del Carmelo con iniziative nuove, senza arroganza puerile, senza autosufficienze maldestre. Siamo tutti, in quest’ora, canali di un carisma che è stato donato a tutti noi, per farlo risplendere. Aiutiamoci a vicenda a mettergli le ali, discernendo insieme ciò che lo Spirito ci suggerisce. Non abbiate paura di proporre e ascoltare, di rischiare e di riconoscere ciò che dev’essere migliorato e fatto crescere! Non predichiamoci addosso!

V. CON MARIA, MADRE DI GESÙ

Fin dalle sue origini, l’Ordine del Carmelo è stato accompagnato dalla presenza amorosa di Maria, venerata sotto il titolo di Vergine del Monte Carmelo. A lei fu dedicata la prima chiesa edificata nell’Ordine, il cui nome ufficiale è: Frati Scalzi della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. La Vergine Maria accompagna il Carmelitano Secolare e «si rende presente in modo speciale, soprattutto come modello di fedeltà all’ascolto del Signore nel suo atteggiamento di servizio a Lui e agli altri» (C 4). Pertanto, la vocazione al Carmelo Secolare non può essere compresa senza la presenza della Vergine Maria. Essa è una madre che protegge e si prende cura, una maestra che guida, incoraggia, educa, una sorella e un’amica che accompagna e ispira un modello di comunità. Maria è sempre presente in ogni circostanza della vita.

L’icona mariana che ispirò fin dall’inizio i primi Carmelitani fu quella della Vergine della Visitazione che, portando il mistero di Dio nel suo grembo, si mette in cammino per servire sua cugina Elisabetta. Immagine perfetta della contemplazione. Il Carmelitano Secolare è, come Maria, un contemplativo, “pellegrino della fede” che, custodendo e meditando ogni cosa nel suo cuore (Lc 2,19), lascia che Dio illumini a suo tempo, al momento opportuno, ogni evento della vita. Anche noi vogliamo scoprire Dio vivo nell’oggi della storia, discernendo insieme le sue vie e ascoltando, come Maria, il desiderio di Dio per costruire il suo Regno sulla terra. Invito tutto il Carmelo Secolare, in quest’ora, a riscoprire la presenza di Maria nella nostra vita, a rinnovare l’esperienza e la spiritualità mariana dell’Ordine, ad evangelizzare la devozione e ad intensificare una teologia mariana profonda, lucida e creativa, che ci impegni in un progetto di famiglia in comunione, e di cura della dignità dei suoi figli. Ritornare a Maria perché il Carmelo si rinnovi. Aiutatemi a rinnovare quest’esperienza mariana dell’Ordine, perché Lei ci ravvivi e ci renda sempre più suoi figli nel Figlio!

VI. FORMAZIONE ALLA SCUOLA DEL CARMELO

L’impegno di rendere presente Gesù Cristo nel mondo e di condividere con tutti l’esperienza personale dell’amicizia con Lui, comporta un’autentica vita di preghiera e una formazione integrale (umana, spirituale, psicologica). La formazione nel Carmelo Secolare è una parte essenziale e necessaria: «L’obiettivo centrale del processo di formazione nell’Ordine Secolare è preparare la persona a vivere il carisma e la spiritualità del Carmelo nella sequela di Cristo, a servizio della missione» (C 32). Le diverse tappe della formazione del Carmelitano Secolare lo aiutano ad approfondire gradualmente la sua identità e la sua vocazione per poter servire la Chiesa e il mondo. Gli aspetti fondamentali della sua formazione sono la dimensione umana, cristiana e carmelitana. Attraverso di essi, il Carmelitano Secolare si prepara ad essere un vero discepolo di Gesù e a servire i suoi fratelli e sorelle nell’Ordine, nella Chiesa e nel mondo. Il primo agente della formazione è la persona stessa, aiutata dalla comunità per poter rispondere alle ispirazioni dello Spirito Santo.

La formazione non finisce mai. Ci educhiamo l’un l’altro in un atteggiamento di umiltà che ci mantiene sempre nella condizione di crescita e nell’obbedienza fedele e matura, cioè nell’ascolto attento dei fratelli e della Chiesa. A volte si osservano atteggiamenti di autosufficienza o di un certo possesso della verità, che non corrispondono allo spirito teresiano. Per tutta la vita Teresa si è lasciata ammaestrare, non riteneva di essere in possesso della verità, trepidava ogni giorno chiedendo luce e pregava incessantemente invocando lo Spirito Santo. Non siamo fondamentalisti del terreno già misurato o delle verità che abbiamo conquistato: facciamoci ogni giorno apprendisti dell’essenziale, felici di quanto abbiamo da imparare e scoprire.

VII. ORGANIZZAZIONE E GOVERNO

I Carmelitani Secolari sono presenti in 95 Paesi. Appartengono giuridicamente alla Circoscrizione dei frati Carmelitani Scalzi in cui si trovano, e «il Consiglio, formato dal Presidente, da tre Consiglieri e dal responsabile della formazione, costituisce l’autorità immediata della comunità. La responsabilità primaria del Consiglio è la formazione e la maturazione cristiana e carmelitana dei membri della comunità» (C 46). Suoi legittimi superiori sono il Preposito Generale dell’Ordine e il Superiore maggiore della Circoscrizione. L’Ordine Secolare cerca sempre la comunicazione con le altre comunità OCDS della propria regione e con i frati e le monache del Carmelo Scalzo, testimoniando la comunione fraterna, poiché i tre rami dell’Ordine formano un’unica famiglia (Cfr. Dichiarazione sul carisma carmelitano-teresiano, nn. 43-44).

È insito nella natura di una famiglia religiosa e dello spirito religioso ed evangelico, non ambire cariche e non volere a tutti i costi occupare posizioni o avere potere. Non è un atteggiamento proprio del Carmelo pensare che io sia l’unica persona che può guidare la comunità. Accolgo con gioia, quando il momento arriva, un cambio di governo e non fomento schieramenti e dialoghi di parte. In questo momento del Carmelo chiedo a tutti di lavorare per sradicare ciò che non unisce e ciò che non genera dinamiche di comunione nella comunità, individuando in ogni comunità la ferita e la frattura delle divisioni. La vera esperienza di Dio produce comunione. La ‘mondanità spirituale’, di cui ci parla papa Francesco, può insinuarsi in noi sotto le spoglie dello zelo per la comunità, quando si tratta di autoaffermazione e di sindrome dell’indispensabilità. Abbiate cura di creare un ambiente di sana esigenza, nella libertà.

PER IL BENE DELLA CHIESA, DELL’ORDINE E DEL MONDO

Le Costituzioni del Carmelo Secolare sono state approvate per il bene non solo dei membri dell’Ordine Secolare, ma anche per quello dell’Ordine, della Chiesa e del mondo. Il carisma carmelitano-teresiano è un dono ricevuto da Dio, che non è solo per coloro che appartengono all’Ordine, ma perché sia condiviso con il mondo intero. Ogni Carmelitano Secolare è un annunciatore della Buona Novella del Vangelo e attraverso la sua vita di preghiera e di apostolato compartecipa il suo carisma e la sua identità col mondo intero. Il Carmelo Scalzo Secolare continua ad attrarre numerosi uomini e donne che si sentono chiamati a far parte di questa grande famiglia e si impegnano, come dice santa Teresa di Gesù, ad «andare di bene in meglio (Fondazioni 29,32), essendo fedeli alla propria vocazione. Questa fecondità del Carmelo è una grande gioia per me e per tutto il Carmelo. Quando visito qualche comunità del Carmelo Secolare, mi riempie di entusiasmo e mi colpisce molto constatare la gioia e la vitalità della vostra appartenenza al Carmelo.

Auspico di cuore che il Signore continui a benedirvi nella vostra vocazione, nella passione e nell’amicizia con Gesù, nella preghiera e nella vita fraterna, nell’amore e nel servizio nella Chiesa e nel mondo, nell’intimità con Maria, e che attraverso le vostre Costituzioni possiate continuare a camminare sotto la protezione della Vergine del Carmelo, Stella del Mare e di san Giuseppe, nell’ossequio di Gesù Cristo, glorificando Dio con la vostra vita.

Grazie a tutti coloro che, in quel tempo, elaborarono le Costituzioni, a tutti voi che le vivete ogni giorno, a coloro che verranno. Prego per ogni comunità. Iniziamo oggi di bene in meglio, rendendo grazie per questa preziosa eredità ricevuta.

A tutti voi, miei fratelli e sorelle, una benedizione e un fraterno abbraccio.

P. Miguel Márquez Calle, OCD Preposito Generale

15 agosto 2023

martedì 15 agosto 2023

La restauration de la démocratie n'est qu'un prétexte...ELISABETH SHERIF Ministro dell'Educazione in Niger


Elisabeth Sherif - Ministro dell'Educazione del Niger

La restauration de la démocratie n’est qu’un prétexte... : Par Elisabeth Sherif

En effet, la restauration de la démocratie est loin d’être le mobile des sanctions qui sont prises contre le Niger et l’intevention militaire envisagée. Ceci d’autant que le Niger a rompu avec les pratiques démocratiques saines depuis 2013, au vu et au su de tout le monde!

Il faudrait peut-être rappeler qu’après le départ, en 2013, du faiseur du roi des élections présidentielles de 2011 de la mouvance présidentielle, le parti au pouvoir a fortement encouragé des scissions et dissidences au sein des grands politiques du pays.

Cette manœuvre que les opposants de l’époque avaient qualifié de « concassage des partis politiques », devait sécuriser la réélection du parti au pouvoir en 2016. Jamais le Niger n’a connu un climat politique aussi délétère, accompagné de fortes allégations d’achat de consciences et de ralliements « monnayés » d’opposants.

Les élections de 2016 se sont finalement déroulées dans des conditions ubuesques. Le candidat arrivé en seconde position ayant organisé sa campagne du premier tour depuis sa cellule de prison, avant de boycotter le second tour, comme tous les autres partis de l’opposition.

Les élections présidentielles de 2020-2021 font partie de celles qui ont été le plus contestées, depuis l’amorce du processus démocratique, en dépit du transfert du pouvoir, tant clamé, d’un civil à un autre.

Par ailleurs, le nombre de ministres dont les fortunes sont estimées à des centaines de millions, voire de milliards pour certains, est assez illustratif du mode prédominant de gouvernance de la VIIeme République. Un mode de gouvernance que le Président Bazoum Mohamed, pris en otage par la frange radicale de son parti, n’a pas réussi à changer véritablement, à la hauteur des attentes et impatiences des populations de plus en plus démunies. Peut-on devenir immensément riche, en l’espace de quelques années, rien qu’en gérant un pays qui est régulièrement classé parmi les plus démunis de la planète ?

Quid des stigmatisations et emprisonnements de paisibles citoyens, dont le seul tort serait de dénoncer les penchants neo-patrimoniaux des cercles influents du pouvoir et leur incapacité à prendre en charge les problèmes existentiels des populations et à garantir leur sécurité.

Et les manifestations qui ont été organisées récemment un peu partout dans le pays, démontrent bien que toutes celles qui ont été interdites durant de longs mois, voire des années, visaient surtout la restriction de l’espace civique programmée pendant le second quinquennat de la VII eme République.

A quelle démocratie fait-on donc allusion concrètement ? Pourrait-on réduire et résumer la démocratie à la seule disposition des dirigeants de nos pays à protéger et promouvoir les intérêts des puissances extérieures ? Le besoin de contrôler un territoire stratégique, à cheval entre l’Afrique subsaharienne et l’Afrique du Nord et qui est depuis quelques années la principale route de l’immigration du Sahel vers l’Europe, saurait-il justifier la cynique programmation de la mort d’une partie de ses citoyens ? Toutes les ressources du sol et sous-sol du territoire nigérien, valent-elles la vie d’un seul de ses citoyens ? Ces questions méritent d’être posées aux élites politiques occidentales, qui ne se sont jamais inscrites dans le registre d’hiérarchisation des cultures et des vies humaines justifiant la condescendance, le mépris, le paternalisme et la cruauté de ceux qui tirent les ficelles du projet d’agression militaire du Peuple nigérien. 

Il est en effet encore temps pour les élites politiques françaises, européennes, occidentales, éloignées des réflexes suprémacistes, néocoloniaux, de se désolidariser du cynique projet d’agression du Peuple nigérien et de la déstabilisation de la sous-région à long terme.

 Le dialogue demeure l’unique option d’une issue non seulement paisible, mais aussi crédible et favorable à une recomposition du paysage politique, plus conforme aux réalités et défis socio-politiques et économiques du Niger et de son Peuple.

Altre notizie sul Niger le potrete leggere qui.

https://www.nigerdiaspora.com/politique/32-politique-niger/19282-la-restauration-de-la-democratie-n-est-qu-un-pretexte-par-elisabeth-sherif



Al centro Padre Mauro Armanino


lunedì 14 agosto 2023

COME IN UNO SPECCHIO: ALCUNE RIVELAZIONI DEL GOLPE di Padre MAURO ARMANINO



I quattro cavalieri dell'Apocalisse

Come in uno specchio: alcune rivelazioni del golpe

Anche un colpo di stato militare ancora in transito può evidenziare, come in uno specchio, ruoli e caratteri nei personaggi del dramma in atto a Niamey e altrove. Uno specchio, per vocazione propria, riflette la nostra immagine e, appunto per questo, appare come un riflesso di ciò che siamo. I giorni scorrono, dal 26 luglio fino ad oggi e noi, cittadini per scelta in Niger, vediamo passare sul palcoscenico del golpe protagonisti e comprimari della vicenda. Siamo diventati, malgrado noi, specchi rivelatori del nostro e loro volto reale. Non si sono dubbi:... ’Il volto è lo specchio dell’anima’, diceva tempo addietro la saggezza.
La prima realtà a rivelarsi, nella crisi attuale, sono le risorse del Niger. Non si tratta dell’uranio, dell’oro, del gas, del petrolio o di altre amenità simili che destano appetiti nelle multinazionali. La grande ‘risorsa’ del Paese, evidenziatasi una volta ancora, è il popolo. La capacità di esistere perché resiste ai regimi, ai colpi di stato sulla Costituzione che ha preceduto di gran lunga quello del 26 luglio passato. La chiamano resilienza mentre occorrerebbe chiamarla dignità che permette di attraversare le peggiori avversità che un popolo potrebbe immaginare. Le carestie ricorrenti, la stabilità della povertà nell’instabilità politica, l’insicurezza alle frontiere e poi la reazione ad anni di forzato silenzio dopo le manipolazioni elettorali dei potentati di turno. Il popolo in questione, cioè chi non più nulla da perdere e rivendica rispetto e ascolto si è ripresa la parola da tempo confiscata. Questo avvenimento è il vero nome della democrazia non formale. Ciò è quanto lo specchio ha rivelato del popolo finora.
L’altra faccia, nel complesso squallida, apparsa in piena luce in questi giorni nel Niger, è quella della Comunità Internazionale che ha probabilmente orientato l’azione della Comunità Regionale. Fino a pochi anni fa il Niger non esisteva affatto nelle cartine geografiche dei media e nelle cancellerie di chi conta nel mondo. Aveva ragione di dire, in circostanze analoghe, il sub-comandante Marcos, porta parola degli insorgenti zapatisti del Chiapas nel Messico. Per apparire (sugli schermi e nella cronaca) occorre prima ‘scomparire’ e cioè passare momenti nei quali tutto sembra perduto. Non si è mai parlato così tanto del Niger come dal 26 luglio di quest’anno! La stessa Comunità internazionale, così giustamente attenta alle condizioni di vita del presidente detenuto in ostaggio dai militari, non sembra altrettanto attenta e preoccupata dalle condizioni di vita ‘degradanti’ di buona parte del popolo. Ci sono milioni di persone che non hanno nulla e non sono nulla …  ‘Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei’, diceva un amico.
Infine, nella serie di personaggi che lo specchio rivela, si distingue la reazione di chi, a livello politico, dovrebbe esprimere il sentire dell’Unione Europea e del suo millantato attaccamento ai diritti umani. Detta persona, rappresentante dell’Unione nel Sahel, non rappresenta affatto chi scrive e vive da 12 anni nel Niger. Per il tipo di scelta operata finora, di prossimità col popolo nigerino, ha il diritto di parola almeno quanto lei. A suo parere le sanzioni decretate in seguito al golpe che portano come conseguenza la carenza di medicine, cibo ed elettricità sono utili ed efficaci perché indebolirebbero la giunta al potere. Questa affermazione è aberrante per almeno due motivi. Il primo è legato al cinismo di chi, da lontano e dall’alto, non ha probabilmente mai sofferto qualcosa di simile nella sua vita. Cibo e medicine sono essenziali per la vita della povera gente. Ci sarebbe da chiedersi se il discorso fosse lo stesso nel caso in cui una persona a lei cara (o lei stessa) si trovasse a soffrire le carenze da lei elogiate. Il secondo motivo, altrettanto grave, è quello di pensare che, nell’attuale processo del golpe, la giunta militare sia la sola al comando della transizione. Sono ormai molti i cittadini che, nella saggia stoltezza del momento presente, credono e sperano che un altro Paese sia possibile.
                            
Mauro Armanino, Niamey, 13 agosto 2023

Ndr: Ho aggiunto l'immagine dei quattro cavalieri dell'Apocalisse, per illustrare come la prevaricazione assoggetterebbe gli esseri umani allo scempio. A mio avviso, uno dei quattro cavalieri è la sete di potere, un altro l'arroganza, un terzo l'indifferenza e il quarto...forse è colui che trova il rimedio al danno provocato dagli altri tre. Possedere uno specchio speciale, che mostra la mostruosità di certe azioni, aiuterebbe a comprendere e a porre un rimedio immediato. 
Danila 

mercoledì 9 agosto 2023

CRONACHE DALLA CAPITALE DEL GOLPE MILITARE di Padre MAURO ARMANINO

 


Cronache dalla capitale del golpe militare

Visto da lontano, qui a Niamey dovrebbe esserci l’inferno o poco meno. Golpisti, ribelli, militari, possibilisti, massimalisti, filogovernativi, irriducibili e in tutto ciò il paventato (e per ora accantonato) intervento armato per ristabilire l’ordine democratico. C’è, di contorno, il rinvio al mittente dei mediatori dell’organizzazione regionale CEDEAO, dell’Unione Africana e dell’Onu, la chiusura delle frontiere alle mercanzie e le reiterate (e non inedite) interruzioni all’erogazione dell’energia elettrica. Il tutto e molto altro, specie nella conosciuta ‘radio trottoir’ cioè le dicerie, che si moltiplicano come le minacce e i timori che camminano assieme come fratelli gemelli. In tutto ciò, durante il progressivo colpo di stato del mercoledì 26 luglio del 2023, si affermano due costanti che a prima vista potrebbero sembrare fuori posto visto il contesto. 
La prima è quella delle rituali piogge di agosto che cadono, regolarmente e apparentemente senza fare differenze di sorta tra un regime e l’altro, nella capitale e in campagna. Ciò va a tutto vantaggio dei contadini e soprattutto del miglio, in fase di crescita, che ne costituisce l’alimento principale, assodato e inamovibile. La seconda realtà, che si evidenzia in questa particolare transizione, è quella dei pulitori di strade dalla sabbia che, caparbia come solo lei sa essere, occupa, invade, decora, delimita e interroga le strade della capitale. Con i giubbetti verdi e gialli del colore della municipalità di Niamey Nyala (la civettuola, nella lingua Zerma), addobbati con ramazze, pale e altri strumenti simili, tolgono la sabbia dalle strade asfaltate del centro città per accantonarla al margine delle stesse. Prima o poi passerà un camion o, più facilmente, delle carriole che cercheranno di tenerla a bada, provvisoriamente, dal manto stradale.
Tra le due costanti appena disegnate e la terza citata sopra, cioè le interruzioni intempestive ma fedeli e costanti allo stesso tempo, nell’erogazione della corrente elettrica, si sviluppa il golpe militare tra nomine, arresti e tentativi di raccogliere il massimo di consensi da parte dei cittadini. Pioggia, sabbia e corrente, coi prezzi dei generi alimentari in rialzo e il senso di paziente sottomissione alla volontà divina, che tutto provvede, marcano i giorni nell’attesa cha accada quanto nessuno ancora sa bene cosa. Forse, ma si tratta solo di una remota possibilità, anche il golpe, come la politica e la democrazia, è di sabbia.
                                                                   
       Mauro Armanino, Niamey, 9 agosto 2023

Ndr: da quanto scrive il padre Missionario, mi sento più tranquilla, poiché le notizie che leggo dai giornali online, dipingono la situazione in Niger, e nella capitale Niamey, riguardo al golpe, come se stesse accadendo qualcosa di molto grave. Non so se Padre Mauro desidera mitigare la faccenda, o se davvero anche questo golpe sarà sommerso dalla sabbia, e sparirà. Lo auguro di cuore.

Communique conjoint de presse condamnant la maltraitance et le refus d’accepter les immigrants et réfugiés Soudanais. Dakar-Sénégal, Cape Town - Afrique du Sud

 

Brevemente, questo comunicato esprime la profonda preoccupazione per quanto concerne i rifugiati e gli immigrati, per essere assoggettati da torture, prigionie, e altre molteplici forme di abusi che violano i diritti stabiliti dalle leggi internazionali. In questo particolare caso, si chiede di accogliere i rifugiati che fuggono dalla guerra civile nel Sudan. Questo comunicato vuole promuovere un fronte comune contro la discriminazione e l'ingiustizia. 
Lo ricevo da Padre Mauro Armanino, che anche nel Niger sta continuando il golpe e il popolo nigerino attualmente è senza aiuti perché, a causa di quanto sta accadendo, sono stati bloccati da parte degli Stati che se ne sono occupati finora. Speriamo che ogni cosa si risolva. 
Danila


venerdì 4 agosto 2023

L'ANNIVERSARIO E L'ULTIMO ALBERO DEL DESERTO - di Padre MAURO ARMANINO

                                                


 L’anniversario e l’ultimo albero del deserto

Sono 63 gli anni trascorsi dalla dichiarazione dell’indipendenza del Niger dalla potenza coloniale francese. Questo giorno, il 3 agosto, col trascorrere del tempo, è diventato rituale piantare un albero nella sabbia del Sahel. Sarà presumibilmente diverso quest’oggi, visto il contesto politico che vive il Paese, sospeso com’è alla crisi creatasi dopo l’intervento dei militari che hanno operato un golpe. Il presidente eletto è agli arresti, con la famiglia e altri ministri, nella casa presidenziale e non potrà, ovviamente, onorare il gesto simbolico dell’albero nella ricorrenza citata. Anche i comuni cittadini, preoccupati dal contesto regionale con la minaccia di un intervento armato per il ritorno alla ‘legalità costituzionale’ e dalla crescita esponenziale del prezzo del pane quotidiano, non penseranno agli alberi da piantare in giro.  

Anche perché l’albero dell’indipendenza è diverso da tutti gli altri. Dal giardino dell’Eden, situato forse nella mitica Mesopotamia si passa agli alberi delle foreste e poi a quelli delle savane. Senza apparente continuità si passa poi ai diradati alberi del deserto, anzi: all’albero del deserto. In effetti l’albero del Ténéré, parola che significa deserto nella lingua dei tuareg, il tamasheq, era l’unico albero in un’area di circa 400 000 mila kilometri quadrati. Si tratta di un’acacia che, isolata dalle altre, ha sopravvissuto alla solitudine per secoli fino allo scontro fatale del 1973. Un camionista, durante una manovra, l’ha investita e sradicata. I resti dell’albero si trovano attualmente nel museo nazionale di Niamey. Era l’ultimo albero del deserto e punto di riferimento per le carovane, i camion e i migranti in cammino verso la Libia o il grande Sud.

L’anniversario e l’altra festa dell’indipendenza di quest’anno fanno pensare a quest’ultimo albero del deserto deposto nel museo della capitale, tra oggetti d’arte, artigiani e animali dello zoo. Era l’unica acacia del Ténéré, orientamento stabile per i viaggiatori e i commercianti, abbattuta da un camion di passaggio. C’è chi giura di aver visto, all’albeggiare di questo giorno, alcune foglie spuntare dall’albero.


         Mauro Armanino, Niamey, 3 agosto 2023, festa dell’indipendenza

PS: per chi volesse conoscere l'intera storia dell'Albero di  Ténéré,  troverà qui:

https://www.vanillamagazine.it/l-albero-del-tenere-l-acacia-piu-isolata-al-mondo-abbattuta-da-un-autista-ubriaco/

INTERVISTA A PADRE MAURO ARMANINO IN NIGER



Intervista a padre Mauro Armanino,
 in Niger

Padre Mauro Armanino vive dal 2011 a Niamey dove si occupa di migrazioni, comunità di quartiere, formazione, oltre a coordinare la presenza sul posto della sua congregazione, la Società delle missioni africane (Sma). Non ha lasciato la Liberia al tempo della guerra civile e ora rimane in Niger.

Il 3 agosto 1960 il Niger proclamava l’indipendenza dalla Francia. Oggi i nigerini come vedono la destituzione del presidente Mohamed Bazoum?

I comuni cittadini sono preoccupati sia per il contesto regionale che minaccia un intervento armato per il ritorno alla «legalità costituzionale», sia per la crescita esponenziale del prezzo del cibo quotidiano. Per buona parte dei nigerini – soprattutto coloro che hanno poco da perdere - quanto accaduto è una relativa buona notizia, perché potenzialmente in grado di rimescolare le carte in gioco. Qui, almeno, siamo coscienti dei nostri limiti e possibilità, mentre altrove si finge che la democrazia sia immutabile e scontata. In questi anni si è socializzata la povertà, privatizzata la ricchezza e generalizzata la gestione corrotta della cosa pubblica per affiliazione partitica. Le elezioni presidenziali del 2021 sono state vinte da Bazoum in modo fraudolento. Da tempo il Niger figura inesorabilmente all’ultimo o penultimo posto nell’indice dello sviluppo umano e, recentemente, anche in quello della povertà multidimensionale. E cresce la stratificazione di classe. 

Il malcontento popolare riguarda anche le responsabilità francesi nella diffusione del terrorismo dopo la guerra in Libia nel 2011? 

L’Unione africana e il presidente nigerino dell’epoca Issoufou Mahamadou avevano messo in guardia i dirigenti occidentali dall’attaccare la Libia di Gheddafi. Le conseguenze della guerra per l’area sono state disastrose in tutti gli ambiti: economico, geopolitico e della sicurezza. In Niger l’insicurezza legata ai gruppi armati di varia natura, seppur meno drammatica rispetto ad alcuni paesi limitrofi come Mali, Burkina Faso e Nigeria, è tuttora grave all’interno delle cosiddette «tre frontiere», oltre che attorno al lago Ciad. L’operazione Barhkane, guidata dalla Francia dopo la conclusione di Serval nel Mali, trova la sua base in Ciad e soprattutto in Niger. Qui ormai stazionano militari statunitensi, con un aeroporto per droni ad Agadez e basi militari Usa, francesi, italiane e tedesche. Alcuni gruppi della società civile hanno inutilmente tentato di esprimere il loro dissenso (in particolare per l’arrogante presenza francese), ricavandone intimidazioni e arresti. 

Un’altra questione acuta è quella migratoria.

Assistiamo da un lato all’esternalizzazione delle frontiere europee, che arrivano fino nel Niger, dall’altro alle espulsioni da parte delle autorità tunisine, algerine e libiche. Ciò comporta, com’è noto, il «parcheggio» di migliaia di migranti al confine con l’Algeria, ad Assamaka, Arlit e Agadez. E tanti altri sono «confinati» nella capitale Niamey perché l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), la cui missione è facilitare il ritorno dei migranti al paese natale, non ha la capacità di farlo in tempi ragionevoli. Dunque, questi sopravvivono in condizioni al limite della nuda sopravvivenza. E le ritorsioni economiche da parte della Cedeao (Comunità degli Stati dell’Africa occidentale) rischiano di rendere la vita dei migranti ancora più precaria.

Mali e Burkina, così come Guinea, Algeria, Mauritania e altri, ammoniscono la Francia e Cedeao contro ogni intervento militare. Cosa ti aspetti?

L’accanimento della Cedeao nei confronti di quest’ultimo golpe dipende dalle pressioni di alcuni paesi occidentali che di fatto la finanziano. L’aspetto delle risorse – uranio e non solo – gioca, ma è quello ideologico e geopolitico che mi sembra contare di più. Se l’autonomia di un paese diventa sovranità reale, allora cambia il copione del teatro nel quale anche il Sahel è attore e comprimario allo stesso tempo.

Che cosa dovrebbe fare l’Italia?

Quello che non ha mai fatto finora e che probabilmente, visti i venti che spirano nella penisola e in Europa, non farà. Mettersi con umiltà al servizio del popolo nigerino e non degli ambigui dirigenti dello stesso, imparare ad ascoltare con rispetto un’altra società, storia e cultura. E dissociarsi dall’ottica di ogni tipo di intervento armato finalizzato a ristabilire un regime che di democratico aveva appena il nome.

Si intravede una nuova strada per il Sahel?

Il cammino del Sahel passerà per l’impervia via della rinascita di una classe politica degna di questo nome e cioè capace di mettere al centro della politica e dell’economia il popolo dei poveri: la maggioranza nei nostri paesi. In Niger c’è una marcante presenza giovanile, è il paese più giovane del mondo: questo è un grande segno di possibile speranza, a condizione di creare ambiti educativi che generino cantieri di trasformazione della società. La dignità dei popoli dovrà tradursi in sovranità reale dei cittadini a cui essa appartiene. Infine l’ambito religioso, così importante in questa porzione di mondo, dovrebbe poter realizzare quanto è chiamato ad essere: la profezia di un mondo differente e non la conferma del potere dei potenti.

martedì 1 agosto 2023

PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE OVVERO IL GOLPE DEL NIGER di Padre MAURO ARMANINO

 


Personaggi in cerca d’autore ovvero il golpe del Niger


Luigi Pirandello - Statua a Capriate che rappresenta la coscienza tragica

I confini tra realtà e finzione, come Luigi Pirandello bene evidenziava nella sua drammaturgia, sono sempre molto labili. Quando sta accadendo nel Niger, dopo la relativa presa di potere di un gruppo di militari delle Guardia Presidenziale mercoledì scorso, assomiglia ad un gioco nel quale tutti i personaggi sono in cerca d’autore. La politica anzitutto, intesa come partecipazione nella costruzione del bene comune, non è di fatto mai realmente accaduta. Essa è stata interpretata come perenne lotta per il potere, con la stessa logica di quello coloniale della Francia che ha potuto continuarsi nel Paese del ‘suo’ uranio grazie a politici compiacenti. Quando, questi ultimi, hanno cercato di prendere le distanze dal Padre Padrone francese sono scaturiti, non per caso, i primi colpi di stato di autore senza nome. Il prossimo 3 agosto sarà l’anniversario dell’indipendenza del Niger e faranno 63 anni di cammino nel deserto attraversato dal fiume omonimo.

Gli altri personaggi del dramma sono stati i partiti politici che, oggi, si contano a decine e il cui numero e consistenza varia a seconda delle stagioni del potere. Si fanno e disfanno aggregazioni di compiacimento che solo assicurano qualche garanzia ‘alimentare’ in più per i membri dei partiti. Uno di essi, al governo da dieci anni, si denomina PNDS e cioè il Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo. Presentatosi alle elezioni del 2004 e del 1999 era risultato perdente e solo dopo il penultimo colpo di stato nel 2010, aveva vinto le elezioni l’anno seguente. L’attuale presidente Mohamed Bazoum è il successore (e da lui prescelto) di Mahamadou Issoufou, entrambi fondatori del PNDS. Il decennio di potere del suo mentore, contrariamente all’opinione occidentale e africana, ha gradualmente contribuito ad affossare la fragile democrazia nel Paese. Demoliti i partiti, eliminato l’oppositore principale Hama Amadou, divisa per compravendita la società civile e, infine, l’operazione seduzione ‘pecuniaria’ per la classe intellettuale del Paese, la democrazia si è trasformata nel regno tentacolare e fondamentalmente corrotto del PNDS. 

Bazoum, malgrado la complicità degli osservatori internazionali che hanno ratificato i risultati dello scrutinio delle ultime presidenziali del 2021, è stato eletto in modo fraudolento. Dopo circa due anni, alla vigilia della festa dell’Indipendenza, è stato deposto da una giunta militare e si trova prigioniero di elementi armati della Guardia Presidenziale, voluta e curata dal suo predecessore. Tra i personaggi della vita politica del Niger e in Africa Occidentale, si trovano i militari, personaggi in cerca d’autore di tutti i golpe e dei tentativi andati a male, nel frattempo. Per carenza di democrazia reale, intesa come sistema che rende possibile il gioco di alternanze politiche senza ricorrere alla violenza, essi sono coloro che ‘azzerano’ il contagiri e permettono alla democrazia di riattivarsi. Questo spiega perché, in generale, da questa parte del mondo i colpi di stato sono assai ben visti e appoggiati dal popolo che vedi in essi un’opportunità di rimessa in moto della recita a soggetto in questione.


Il grande escluso di tutto ciò, per assenza di autori e cioè di cittadini riconosciuti e riconoscibili, è proprio il popolo che in tutti questi anni è stato preso, volutamente o meno, in ostaggio dai vari regimi politici che si sono succeduti. Lo stesso popolo della città di Niamey e di altre città del Niger che ha appoggiato il golpe e che si è spinto ieri fino alle zone delle ambasciate e, soprattutto, quella della Francia, ne è stata il bersaglio principale. La situazione, al momento è ancora incerta. La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e l’Unione Africana (e la Francia in particolare) hanno ovviamente condannato il golpe e deciso di applicare con inusuale rapidità un arsenale di sanzioni economiche e politiche. Non si esclude neppure un intervento armato nel caso in cui il presidente eletto non venga rilasciato e prenda le funzioni a lui spettanti prima del colpo di forza. 

Non casualmente, questo gioco delle parti si evidenzia nel Niger, Paese tra i più poveri economicamente del mondo ma ricco della sua geopolitica. L’uranio per la Francia, il petrolio per la Cina e altre materie prime da definirsi. L’esternalizzazione delle frontiere per controllare e bloccare la mobilità umana. L’oasi di stabilità per accogliere i militari di Francia, Stati Uniti, Germania e Italia, fanno del Niger, come detto all’inizio, un Paese in cerca d’autore e, invece delle stelle, sono le sirene russe che ora stanno a guardare.

          Mauro Armanino, Niamey, 31 luglio 2023


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi