AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 27 febbraio 2022

RISPOSTA A PADRE MAURO ARMANINO - di DANILA OPPIO

 A Padre Mauro rispondo così:

Ho letto e pubblicato. Un mio amico musicista e cantante, da sempre ha cantato per i popoli afflitti dalla mancanza di libertà, dalla povertà e dalle ingiustizie sociali, mi ha appena scritto che per combattere la guerra basta non farla. 

Renzo Ranzani


Dal 1998, insieme a Marcella Inga ha fatto parte del TRIO MILONGA, una formazione che ha ricercato e proposto classici della musica cubana e latino americana e, più recentemente, si è dedicata a brani di propria composizione. Poli-strumentista, negli anni Settanta ha dato vita al gruppo Tecun Uman, col quale ha interpretato alcune delle più belle canzoni della cultura musicale latinoamericana. Il gruppo, di formazione mista è stato tra i primi a portare in Italia la Canción Protesta . Molto attivi in quegli anni, i Tecun Uman hanno tenuto concerti in tutta Italia e hanno all'attivo l'album Soy del pueblo, prodotto dalla cooperativa l'Orchestra. Da tempo fa parte del Quartetto Caminar. Renzo lo conosco da quando eravamo poco più che adolescenti, quando era legato ad Anna Melato, sorella minore della stupenda e indimenticata attrice Mariangela Melato. 

 http://www.caminar.it/ChiSiamo.html

Questo solo per spiegare l'ideologia di Renzo, che è sempre stato dalla parte del popolo di ogni Paese, e ricordo che quando avevamo 18-20 anni, intorno agli anni del sessantotto, cantavamo le canzoni degli Inti Illimani tipo " El Pueblo Unido Jamás Será Vencido".

E se la smettessimo di produrre armi, tra l'altro sempre più sofisticate, la guerra si tornerebbe a fare, come disse ALBERT EINSTEIN al massimo con  “SASSI E BASTONI”

Gli chiesero come sarebbe stata la terza guerra mondiale e lui rispose: “Non conosco le armi della terza guerra mondiale, ma solo quelle della quarta: sassi e bastoni” La citazione, attribuita talvolta anche a Omar Bradley, apparve per la prima volta nel settembre del 1946 in un articolo di Walter Winchell.  Il motivo per cui si affermava questo, è che una Terza Guerra Mondiale, con le armi nucleari che oggi le grandi potenze economiche possiedono, si distruggerebbero intere generazioni, i pochi rimasti tornerebbero all'età della pietra. Qualcosa del genere l'ho immaginata nel mio romanzo Oneirikos. 

 L'idea di fare la guerra non morirà mai. Perché gli uomini sono incapaci di mantenere la pace. Queste sono mie parole, poiché nel mondo non si è smesso un solo giorno di usare le armi: per guerre o per altro tipo di rappresaglie, in ogni parte del mondo esplodono bombe, fucili, pistole perché la sete di distruzione e di potere non muore mai. A partire dalle grandi guerre che coinvolgono eserciti  fino agli omicidi e femminicidi dentro le famiglie. 

L'unica arma è quella del dialogo tra le due  potenze Russe e Ucraine affinché trovino un accordo, e per noi lontani, la preghiera e la speranza che non deve mai morire, come ultima dea. 

Buona domenica e preghiamo per la Pace nel mondo e perché la ragione torni ad illuminare le menti di chi ha il potere di decisione. 

Danila Oppio


sabato 26 febbraio 2022

A CHE SERVONO LE ARMI. UNO SGUARDO DAL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO



     A che servono le armi.

 Uno sguardo dal Sahel


Le armi servono per essere usate. Danno effimero potere e arricchiscono relativamente poche persone rispetto a quelle che ne soffrono le conseguenze. Avendo scelto il servizio civile volontario internazionale sostitutivo al servizio militare, non ho mai creduto che la pace fosse un frutto delle armi. Le ho riviste durante l’ultima porzione della guerra civile in Liberia negli anni duemila. Erano, tra l’altro, in mano a bambini che, con tutta la serietà del mondo, controllavano i ‘Checkpoint’ sulle strade alla fine del regime di Charles Taylor. Con armi più grandi e pesanti di loro, avevano il potere di fermare e far tremare gli incauti autisti e passeggeri umanitari delle ONG venute a ‘salvare’ la Liberia. Questi bambini erano un perfetto nessuno, invisibili come la maggior parte dei figli dei poveri. Con in mano un Kalashnikov AK-47 erano in grado di tornare ad esistere e di contare e di essere diventati, d’improvviso, grandi e temuti.  

Le armi si vendono per essere usate. Lo vediamo nel Sahel, a tutt’oggi una delle zone più pericolose del pianeta. I gruppi armati usano prevalentemente armi ‘leggere’ che, in guerre asimmetriche come quelle a cui assistiamo da anni, sono le più dannose. Le armi circolano, passano di guerra in guerra, hanno circuiti di vendita, commercianti e acquirenti, si moltiplicano a dismisura e continuano ad essere rubate e vendute. Armi in cambio di vite umane e di sofferenze e di profughi che fuggono lontano e, spesso, passano da una guerra all’altra, da un campo profughi a richiedenti asilo, per decenni. Armi regolari, irregolari, informali, clandestine, illegali o perfettamente registrate con tanto di matricola onde essere seguite e identificate fin dall’origine. A poco serve, in fondo, quando tutto ciò porta ad uccidere o incutere il timore di farlo. Le armi sono l’espressione della più grande menzogna che pretende di creare la pace con la guerra!

Le armi si fabbricano per essere usate. Nel Sahel abbiamo avuto e (per alcuni) celebrato vari colpi di stato da parte di militari armati. Dopo il Mali è stata la volta del Burkina Faso e ci si domanda chi sarà il prossimo stato, eletto per tale scopo. Parte della gente ha applaudito.  Pensa che i militari al potere, con le armi della persuasione (e le armi in mano), metteranno un punto finale alla corruzione, al nepotismo, alle nefaste influenze straniere e poi ridaranno il potere ai civili fino alla prossima occasione. Si sono costruite nel Niger varie basi militari, l’Italia, ultima arrivata per ora, dovrebbe avere finalmente il suo ‘pied-à-terre’ nei pressi dell’aeroporto internazionale di Niamey. E ora, che la guerra si riaffaccia in Europa, si potranno rinnovare gli armamenti, attestarne la validità e la rinnovata e sofisticata efficacia. Una splendida occasione che perfezionerà ulteriormente l’arte della guerra che, nelle generazioni, non abbiamo mai perduto. 

A morire e soffrire saranno i soliti poveri ignoti. Gl altri, i superstiti, morranno di vergogna per non aver osato cambiare ‘le spade in vomeri e le lance in falci’, nel sogno del profeta. L’Italia avrebbe ancora la possibilità di trasformare la base militare in una scuola di pace, prima che sia tardi.


    Mauro Armanino, Niamey, 28 febbraio 2022


sabato 19 febbraio 2022

GLI ASSENTI DEL VERTICE EUROPA - AFRICA di P. MAURO ARMANINO

Gli assenti del vertice Europa – Africa 

« Tout ce qui est fait pour l'Afrique sans le peuple africain n'est pas pour l'Afrique ». 

   Tutto quanto si decide per l’Africa senza il popolo africano non è per l’Africa.


Questa la traduzione della frase posta come emblema della dichiarazione dei popoli africani sul recente vertice dell’Unione Europea e Africana. Ancora prima dell’incontro effettuatosi a Bruxelles il 17 e 18 febbraio passato, c’erano stati vari contatti. Il ‘terreno’ opportunamente preparato con la promessa della Commissione Europea di un aiuto di qualcosa come 150 miliardi di euro per l’Africa. L’apertura solenne di questo sesto vertice era sotto il tema ‘ Africa ed Europa, due continenti con una visione comune per il 2030’. Per un’Africa in ‘piena mutazione’, ricordava il presidente in esercizio dell’Unione Africana Macky Sall del Senegal. Con la necessità di ‘reinventare la relazione trai due continenti’, affermava Emmanuel Macron, presidente francese. C’è solo da sperare che detta visione non sia comune, né nel 2030 né mai. A Bruxelles, infatti, i popoli non c’erano affatto.

Parte dei capi di stato africani che hanno rappresentato il loro Paese nell’incontro di Bruxelles non sono legittimi. Alcuni in pieno Terzo mandato presidenziale ottenuto con manipolazioni costituzionali, longevità nel potere, elezioni truccate e appoggio delle potenze europee per mantenersi al potere. Questo e altro li rende poco o nulla degni di portare la voce del popolo che (non) rappresentano. Dall’altra sponda, quella europea, la democrazia è finita da un pezzo per trasformarsi in monarchia, oligarchia o semplicemente ossequiente portaborse dei poteri finanziari. I vari presidenti invitati al vertice, dunque, rappresentano poco più di loro stessi e molto di più le lobby finanziarie che finanziano le loro rispettive campagne presidenziali. A loro devono i conti finali prima, durante e dopo.

Gli assenti erano loro, i popoli africani ed europei senza potere, voce, volto e conti nei paradisi fiscali opportunamente protetti e garantiti. I contadini, le aziende famigliari, i lavoratori e lavoratrici dell’informale su cui si regge l’economia quotidiana dell’Africa. Assenti la grande maggioranza del Continente: i giovani (anche quando invitati da Macron per vertici alternativi). Le donne reali del quotidiano, che resistono e tirano fuori la vita anche da dove si era nascosta per la vergogna. Assenti le migliaia di morti per le guerre ideologiche delle religioni che arruolano la violenza come illusoria soluzione politica. Assenti coloro che le carestie e i conflitti armati spingono lontano dalla loro terra. Assenti i migranti venduti e sacrificati all’altare degli accordi di subappalto della loro gestione. Assenti i prigionieri politici che nel continente non si contano più, tanto sono numerosi e dimenticati. Assenti coloro che, tra i popoli europei, resistono alla narrazione dominante.

Ancora recentemente l’Italia ha offerto vari milioni all’OIM (Organizzazione delle Migrazioni Internazionali) per meglio controllare le frontiere e soprattutto i migranti ‘informali alle frontiere del Niger. Quest’ultimo si è prontamente e ‘liberamente’ offerto ad accogliere sul suo suolo sovrano i militari francesi ed europei che la vicina repubblica del Mali considera ‘indesiderati’. Una commovente magnanimità che la repubblica del Niger, a suo tempo fiera della propria indipendenza, offre ai militari statunitensi e la loro basi di droni ad Agadez. Appena qualche giorno fà, alla periferia della capitale, alcune scuole per bimbi in età prescolare, sono state date alle fiamme. Ecco perché la visione comune del 2030 non interessa e neppure, in fondo, i vaccini che, poco utilizzati nel Continente, hanno permesso ai popoli africani di cavarsela egregiamente. Risulta vero il detto dai popoli:

 Tutto quanto si decide per l’Africa senza i popoli assenti non è per l’Africa.

       Mauro Armanino, Niamey, 20 febbraio 2022

NAGASAKI NEL MIO CUORE di PADRE NICOLA GALENO OCD


 

NAGASAKI DEL MIO CUORE


Cari Bulgnèis,                   

e così di mesi ne sono passati parecchi da quando ci siamo ritrovati nel Salone del Corpus Domini per un ultimo saluto! Sono tornato in questo arcipelago "ballerino". L’altra notte, poco prima dell'una, è cominciata la danza. Mi ero appena svegliato. Il primo pensiero è stata una preghiera all'Altissimo. Poi ho subito guardato la finestra, che dà sulla terrazza, pronto a fare un balzo qualora le pareti dessero segno di cedimento. E invece tutto si è risolto per il meglio. Era una scossa del terzo grado (della Scala Richter): una bazzecola in confronto a quella del quinto, già sperimentata altre volte! Ma di giorno è tutt'un’altra cosa!

Comunque, tra pochi giorni “emigro” in un'altra isola, dove i terremoti sono meno frequenti. In compenso c'è, anche se un po’ distante, il vulcano Aso, il più attivo del Giappone. Quest’anno da … duecento giorni fa gli straordinari, vomitando cenere ed altro sulla città vicina! Certi giorni occorrono le ruspe per liberare le strade, perché i badili sono insufficienti, e debbono chiudere gli aeroporti a causa della scivolosità delle piste. Tra I ‘altro è una zona dove piove moltissimo e quindi potete immaginare che risottino venga fuori! 

Nel fare i bagagli ho rivisto le numerose lettere ricevute fino all'ottobre '87 (il periodo successivo non lo calcolo, perché c'è stato solo del grande... vuoto epistolare!). E mi son detto: solo a calcolar le spese postali, con il ricavato si poteva costruire qualche capanna accogliente nel Terzo Mondo! Penso quindi che nell'aldilà dovrò fare parecchia anticamera, Sono l'ombra dell'ombra dei Missionari di un tempo, che partivano… sapendo di non poter più tornare! Quelli erano sacrifici! Altro che i miei…

A maggio ho battezzato la mia prima catecumena, una trentenne, dopo un corso catechistico durato quasi due anni. La definisco una “martire" e se non è perita sotto gli strazi del mio giapponese … lo si deve solo alla grazia del Signore!          

 In agosto ho dovuto accompagnare un po' in giro un confratello americano di passaggio, facendo da interprete. Qui in agosto c'è solo da crepare dal caldo. E meno male che lo ha capito anche lui! L'ho portato a Nagasaki, culla del cristianesimo in Giappone. Chissà perché, è l'unica città che mi attragga in Giappone. Mi par di respirare dovunque l'aria dei Martiri! E poi per la prima volta ti senti circondato dalle premure dei cristiani. Li trovi dovunque; da lontano già ti accennano il saluto!

II 9 agosto si commemorano le vittime della seconda bomba atomica. Ebbene, quella mattina ci rechiamo presto in chiesa (la parrocchia dei Francescani in periferia sulla collina). Sono le 5.45 e già una quarantina di fedeli stanno recitando le Lodi coi Religiosi. Quando usciamo per la Messa delle 6.00 il numero è salito a 75. Credevo di vedere solo vecchiette. Ed invece mi hanno impressionato gli uomini - operai ed impiegati - pronti per recarsi al lavoro. Come mi sono sentito stimolato dal loro esempio! E mi dicono che a Nagasaki è tradizione che alla vigilia delle Feste ci si confessi. Per questo la sera del giorno 8 ho visto tre Padri Francescani recarsi nei confessionali dalle 19 alle 21! 

Alla Messa delle 18 in Cattedrale si è svolto il Pontificale. Alle 19.50 ha avuto inizio la fiaccolata dei cattolici fino al Parco della Pace. Eravamo circa 5.000 persone. Nelle manifestazioni civili ci sono discorsi. Qui invece solo silenzio e preghiera. E sapeste che impressione mi ha fatto percorrere le vie cittadine, recitando il Rosario e cantando inni mariani!             -

Cara Nagasaki, nel mio cuore c'è posto solo per te! Stasera, ritrovandomi tra tanti volti oranti, non ho provato il solito smarrimento, quello di essere una goccia in un mare di incredulità. Tremila fiaccole nell'oscurità, ma un cuore solo, illuminato dal Cristo! Vi saluto. Vostro

                                                                  P. Nicola Galeno





Colgo l'occasione per augurare un sereno compleanno all'autore, in questa ricorrenza che cade proprio oggi. Tanti auguri di cuore Padre Nicola!


sabato 12 febbraio 2022

Per il giorno del ricordo LA PERSECUZIONE TITINA A FIUME

(1) Libri di Rodolfo Decleva | Facebook


Rodolfo Decleva, nato 1929 e profugo da Fiume il 1° febbraio 1947. Laurea Economia e Commercio. Stella d'Oro CONI per Meriti sportivi. Cittadino onorario di Keokuk, USA.

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Per il Giorno del ricordo – 2022

LA PERSECUZIONE TITINA A FIUME

Un breve Elenco di Vittime e Condanne

di Rodolfo Decleva


Entrarono a Fiume - senza sparare un colpo e senza un ferito o un morto - 7 ore dopo che i tedeschi avevano abbandonato la città nella notte del 2-3 Maggio 1945.

Da subito la determinazione jugoslava di impadronirsi del territorio fiumano con le buone o con le brutte maniere affiorò lampante: dopo la soppressione dei 3 Martiri autonomisti, dei questurini, carabinieri e finanzieri, toccò il turno a due Senatori fiumani del Regno che non avevano voluto abbandonare la città avendo la coscienza a posto.

Il Senatore Icilio Bacci venne arrestato quando andò a chiedere un lasciapassare per Trieste e fu fucilato a Karlovaz dopo un processo sommario.

Il Senatore Riccardo Gigante fu seviziato a Castua e murato dentro ad una grotta insieme ad una decina di altre vittime.

Di notte squadre speciali della Polizia Segreta sequestravano cittadini che ai familiari il giorno seguente non riusciva più di rintracciare né in Piazza Scarpa, sede dell’OZNA, né nelle carceri di Via Roma.

Si andava a cercarli anche a Kostrena e Cirquenizze, ma il risultato era sempre lo stesso: indirizzati da un ufficio all’altro perché nessuno ne conosceva la sorte, e i commenti che si riceveva erano: “non è qui”, “non sappiamo niente” per concludere “se lo hanno prelevato, qualcosa pur avrà fatto”.

Nei quartieri della Cittavecchia furono istituiti Capi Fabbricato e a turno, una volta alla settimana, gruppi di famiglie dovevano recarsi nella Scuola “Manin” - a seconda dei Rioni - per imparare il nuovo corso mentre gli assenti venivano qualificati come “Reazionari” o “Nemici del Popolo” comprendendo tra questi anche coloro che non facevano il lavoro volontario di sgombero macerie nei giorni di sabato e domenica.

Per recarsi a Trieste venne istituita una nuova carta di identità e la gente per ottenerla si metteva in fila nel Comitato Popolare Cittadino CPC di Piazza Regina Elena sin dalle 4 ore del mattino, ma il documento veniva rifiutato ai tanti “Reazionari” schedati dall’OZNA in Piazza Scarpa.

In Piazza Regina Elena i “liberatori” eressero un arco di trionfo in legno che veniva snobbato dai fiumani, i quali - evitando intenzionalmente di passarvi sotto - esprimevano con tale gesto la loro avversione al nuovo regime. Era in voga il detto “Maledetto quel fiuman, che passa sotto l’arco partigian”.

Quando arrivò il 6 Dicembre 1945 gli studenti delle Scuole Medie fiumane si accordarono di festeggiare San Nicolò e a non presentarsi a scuola. Era in tutti il ricordo amaro di quando frequentando le Elementari dovevamo lasciare i doni che il Santo ci aveva portato in quella notte magica. Il Regime fascista era contrario che si celebrasse quella festa perché in antitesi con la Befana Fascista del 6 Gennaio, ma ora che la “libertà” era arrivata, era un’altra cosa.

Fu uno sciopero? Una serrata? Certamente non fu un gesto politico. L’adesione fu totale e le scuole medie rimasero vuote, ma ciò provocò la reazione violenta del nuovo Regime, che mobilitò gli operai del Cantiere navale per la repressione di quel gesto reazionario, considerato un nefasto sciopero capitalista.

Gli operai si presentarono con rudimentali manganelli dal “Vinas” sopra Cosala e al campo “Tre Pini” sopra Santa Caterina, dove gli studenti erano in festa con Giulio Scala che suonava la fisarmonica.

L’Ordine popolare fu presto ristabilito. Un mio compagno di classe Carlo Paul a distanza di tempo ricordava ancora con sgomento le percosse che subì al Caffè “Pancera” adiacente al Cinema “Parigi” dove era andato a giocare alle boccine. Anche Elio Valenti aveva un “bel” ricordo di quel giorno: tornato in città dalla scampagnata al Vinas, fu prelevato da alcuni “compagni” che lo gettarono in mare dal Molo Scovazza tra lo scherno degli autori. Era vestito e il cappotto gli impediva di nuotare per recuperare la riva.

E venne poi il Santo Natale, che non avrebbe dovuto essere celebrato secondo il nuovo regime comunista ateo, ma ci furono lo stesso molti coraggiosi che - per paura di possibili delazioni - arredarono il presepe dentro gli armadi di casa. Ci si affidava alla Chiesa per conservare le nostre tradizioni di identità fiumana e italiana. La Cattedrale di San Vito per la funzione della Notte Santa del 1945 era gremita, strapiena. Non ci furono irruzioni o minacce, ma nella piazza i giannizzeri dell’ateismo buttavano bombe a mano sulla vicina casa in macerie e sparavano con i mitra per disturbare le Funzioni spaventando i Celebranti e i fedeli.

Mentre l’ateismo comunista diventava legge, la proprietà privata era soppressa e i negozianti erano diventati commessi anziché padroni, e alla fine della settimana dovevano presentare i conti e gli incassi ai nuovi amministratori cittadini. Le fabbriche erano diventate cooperative, gli operai politicizzati, la meritocrazia abolita e le paghe livellate, cioè quelle degli ingegneri erano parificate a quelle degli operai e quelle dei Maestri a quelle dei bidelli.

I Tribunali Militari e i Giudici Popolari - non essendo riusciti a mettere le mani su coloro che consideravano criminali di guerra come ad esempio gli alti gradi dei Comandi italiani, il Prefetto e il Questore di Fiume, il Comandante tedesco SS - giudicavano e condannavano i reazionari, semplici cittadini che non volevano adeguarsi ai nuovi doveri dittatoriali del popolo lavoratore, ad ammende o reclusioni fino ai lavori forzati e alla confisca dei beni.

Sin da subito il nuovo Padrone di Fiume Colonnello Antun Kargacin emanò l’Ordinanza per l’obbligo della Leva Militare per migliaia di giovani fiumani nati dal 1900 al 1927, che furono “deportati” in Bosnia indossando la divisa militare jugoslava. Lo scopo? Toglierli dalla città nei giorni in cui la Delegazione dei 4 Grandi sarebbe arrivata per accertare l’italianità o la slavità di Fiume.

Nelle fabbriche era molto in uso anche l’epurazione giustificata con il logoro status di reazionario o nemico del popolo. E anche gli antifascisti pagavano la loro opposizione ai nuovi arrivati come Giovanni Stercich, ex Segretario di Riccardo Zanella, che fu esule durante il ventennio fascista e promotore di iniziative autonomiste dopo il 1943.

Nelle Scuole furono diminuite le ore di italiano e latino, introdotto l’insegnamento obbligatorio della lingua croata e sostituito il tedesco. Poiché il Corpo Insegnanti si era rifiutato di sottoscrivere una petizione per l’annessione di Fiume alla Jugoslavia, i Professori a ruolo furono ridotti da 110 a 31 e sostituiti con elementi fidati. L’autorità degli Insegnanti fu poi azzerata venendo nominati i Bidelli quali Fiduciari di Istituto e creati Comitati studenteschi con funzioni di controllo e propaganda.

Un Elenco di Cittadini assassinati, spariti o infoibati:

Senatori del Regno Riccardo Gigante e Icilio Bacci; gli Autonomisti Ing. Nevio Skull, Dr. Mario Blasich, Giuseppe Sincich, Membri dell’Assemblea Costituente dello Stato Libero fiumano; Radoslav Baucer, Direttore dell'Ospedale Civile, assassinato il 4 Maggio e gettato nella voragine della mina tedesca tra la radice del Molo Scovazza (Adamich) e la Lega Navale Italiana/Idroscalo,; l’ex Podestà Carlo Colussi e sua moglie Nerina Copetti; il Preside Gino Sirola; l’Insegnante Margherita Sennis; Ernesta e Zulema Adam; Gregorio Bettin, Presidente della Croce Rossa Italiana di Fiume; Giuseppe Tosi, Direttore Didattico di Abbazia; Eugenio Venutti, Maggiore dei Vigili del fuoco; Antonio, Maria e Margherita Pagan; Santo Taucer; Rodolfo Moncilli; Angelo Adam, antifascista repubblicano deportato dai tedeschi a Dachau; Gianni Marussi arrestato per attività politica clandestina; Pasquale Nereo Giurso per renitenza alla Leva Militare; Emiro Fantini di Abbazia morto in carcere a Maribor; Giuseppe Librio, che aveva ammainato una bandiera jugoslava, trovato cadavere sul Molo Stocco; Matteo Blasich; Walter Scrobogna, arrestato a Laurana e probabilmente finito a Basovizza; Albino Baratto, morto per l'Italia, in difesa dell'ultima bandiera italiana che sventolò sulla città di Fiume"

Un Elenco di cittadini fiumani arrestati o perseguitati:

Condannati ai lavori forzati: Padre Nestore della Chiesa dei Cappuccini, 15 anni di lavori forzati per aver fornito il ciclostile e tutto il necessario per la stampa di manifestini; Mario Dassovich 15 anni, idem; Oscar Purkinje 7 anni; Don Cesare, Parroco di Cosala, 3 anni; Maestro Giovanni Marvin un anno. Ettore Rippa, 15 anni per aver fatto credere al popolo che il Fascismo fosse una cosa buona.

Artenio Crespi, studente contumace, 12 anni; Carlo Visinko, impiegato, 10 anni; Ferruccio Fantini, fotografo, 8 anni e confisca dei beni; Marino Callochira, studente, 5 anni; Erberto Lenski, geometra, 4 anni; Alfredo Polonio Balbi, studente, 4 anni; Vincenzo de Santis, meccanico, un anno; Marcello Serdoz, 18 mesi per aver tentato di passare il confine.

Condannati: Mario Rivosecchi aveva issato la bandiera fiumana sulla cupola della Torre; Hervatin e Barbadoro avevano ammainato una bandiera jugoslava in Piazza Dante; Carlo Maltauro, Nino Bencovich, Romolo Rainò, Giuseppe Superina e G. Battista Marra per danneggiamenti all’Arco di Tito in Piazza Regina Elena.

Arrestati: Don Girolamo Demartin, per propaganda antipopolare; Prof. Battagliarini per azioni disfattiste ai danni del potere popolare; Ing. Duilio Duimich per collegamenti con esuli di Trieste; Dr. Onorato Lenaz e Dr. Arsenio Russi per aver mandato in Italia relazioni tendenti a provocare un intervento straniero; Gabriele Deling, Cesare Pamich, Carlo Poso, per aver cercato di “indebolire l’economia locale” svolgendo opera di propaganda a favore della “emigrazione in Italia” del personale tecnico della Raffineria ROMSA.

Studenti espulsi dalla Scuola per i fatti di San Nicolò 1945: Ciampa Ettore, Curri Claudio, De Santis Vincenzo, Genovese Aldo, Greiner Erio, Paul Carlo, Tiziani Sergio, Tomassich Tullio, Bianchi Mario, Frank Kiss, Lupetti Luigi, Pick Walter, Anfelli Bruno, Derni Mario, Klemen Ernesto, Kniffitz Ferruccio, Scala Giulio, Bastalich Sergio, Celli Sergio, de Manzolini Rodolfo, Lenaz Edoardo, Ivancich Paolo, Piccolo Carmine.

E questo fu solo l’inizio.

I Martiri fiumani furono circa 600, spariti nel biennio 1945-1946. Per restare liberi e italiani venimmo Profughi in Patria il 90 percento della popolazione.


Nella foto: Il Dr. Mario Dassovich, grande storico fiumano e già Direttore Responsabile della “Voce di Fiume”. Dedicò la sua giovinezza alla Reazione fiumana a Tito organizzando l’attività dei giovani dell’Azione cattolica di Cosala.

Rodolfo decleva   10 Febbraio 2022


GUERRE E GUERINI OVVERO L'ITALIA NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO


Guerre e Guerini ovvero l’Italia nel Sahel

…Più volte ho sottolineato come quello sia il vero confine meridionale dell’Europa, caratterizzato da dinamiche di sicurezza che riguardano il nostro continente e l’Italia. Ci troviamo infatti in un territorio altamente instabile dal punto di vista politico e sociale ed estremamente povero dal punto di vista economico. Condizioni ottimali per gli estremismi di matrice jihadista, spesso associati ai movimenti di insorgenza locale, cui si aggiungono i flussi di traffici illegali di ogni natura che giungono sulle coste nordafricane a poche centinaia di miglia dall’Italia e dall’Europa, con riflessi sulla nostra sicurezza…

Così, tra l’altro, il ministro della difesa Lorenzo Guerini nella lettera al direttore del quotidiano il Foglio, del 4 febbraio scorso. Ringrazio l’amico e compagno di viaggio Turi Palidda per avermi inviato copia della lettera. I commenti alla quale potrebbero essere molteplici ma ciò che vorrei semplicemente rilevare parte da una serie di domande elementari. Quanto tempo, il ministro Guerini, ha passato nel Sahel per arrogarsi il diritto di usare formule ritrite di strategia per questo spazio d’Africa? Di quali frontiere si arroga il diritto di decidere e parlare? Quando scrive di ‘riflessi sulla ‘nostra’ sicurezza si riferisce a chi? Chi dà, al ministro della difesa italiana, di pensare ed operare come fosse a casa sua? E infine, quando il nostro discutere ‘geopolitico’ nascerà da un umile ascolto della realtà e delle priorità dei popoli che si presume di servire?

Queste e altre domande a cui è difficile rispondere con ‘Gli occhi dell’Occidente’, titolo del noto romanzo dell’inizio de secolo scorso di Joseph Conrad. Il punto centrale e cruciale della lettera in questione è proprio questo: con gli ‘occhi dell’occidente’ leggiamo la storia, la politica, l’impegno dei militari, gli investimenti, le ambasciate e, naturalmente, i ‘progetti’ di sviluppo. Con gli occhi dell’occidente’ fissiamo le priorità, decidiamo le tabelle di marcia forzata allo sviluppo, confischiamo la sovranità e la dignità dei popoli, imponiamo o consigliamo governi, prodighiamo consigli e aiuti alle fragili e ‘tropicalizzate’ democrazie saheliane…

Quanto tempo ha passato nel Sahel, ministro Guerini, lei e il ministro degli esteri della compagine governativa dell’Italia? Qualche ora, qualche giorno, con le autorità locali (venduti ai soldi dell’Occidente), col personale dell’Ambasciata (a cui non vengono neppure forniti i mezzi per assicurare un servizio consolare), coi militari italiani sul posto (che assicurano formazione tecnica ai militari locali e, per farsi accettare più facilmente, offrono regali umanitari ad istituzioni locali). 

Chi le parla, nel rispetto dei diversi ruoli e competenze, è qualcuno che ha il diritto di parola che proprio l’Africa e il Sahel gli hanno dato perché da loro si è gradualmente lasciato ‘colonizzare’! In Costa d’Avorio fin dal 1976, in alternativa al servizio militare come geometra, come missionario poi fino al ’91 al servizio dei giovani, in Argentina accompagnando il cammino degli abitanti delle ‘Villas Miseria’ di Cordoba per alcuni anni, durante la guerra per sette anni in Liberia e infine ‘insabbiato’ nel Niger, per un servizio ai migranti dei quali lei neppure parla, dall’aprile del 2011. 

La nostra differenza di sguardo e il diritto di parola, ministro Guerini, sta tutta negli occhi…


 Mauro Armanino, dal Sahel, il 13 febbraio 2022


lunedì 7 febbraio 2022

GLI EFFETTI COLLATERALI DEL SISTEMA E I SOGNI SPEZZATI di Padre MAURO ARMANINO


        Gli effetti collaterali del sistema e i sogni spezzati 

Il Sud e il Nord del mondo sono dappertutto ma non allo stesso modo. Oggi, il 6 febbraio, si commemora nell’azione quanto accaduto appena otto anni or sono alle porte di Ceuta, cittadina del regno di Spagna in pieno territorio marocchino. La guardia civile spagnola ha sparato su centinaia di migranti che, a nuoto, cercavano di raggiungere il territorio ‘europeo’ per trovare quanto avevano smarrito in patria. In seguito all’azione violenta delle guardie, vi furono decine di migranti dispersi e almeno dodici cadaveri identificati. Dare loro un volto, un nome, una storia, una famiglia e immaginarne i sogni infranti, è stato un lavoro improbo che solo la paziente tessitura delle famiglie e delle associazioni hanno saputo compiere. Si tratta di Samba, Youssouf, Keita, Yves, Armand, Jeannot, Oumar, Blaise, Daouda, Ousmane, Larios, Nana... e una sconosciuta neppure quindicenne senza nome da ricordare. Originari del Senegal, la Guinea, la Costa d’Avorio e soprattutto il Cameroun dove proprio oggi si gioca la finale della Coppa Africana delle Nazioni!

Si tratta degli effetti collaterali del sistema che, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, solo l’anno scorso ha causato la morte di almeno 5.300 migranti nel mondo. Per l’Alto Commissariato per i Rifugiati, per lo stesso anno, i migranti morti cercando di raggiungere l’Europa dalle isole Canarie, dal Mediterraneo centrale e orientale, sono stati stimati a oltre 2.500. Le ferite nello spirito e nella carne dei popoli, delle famiglie e della civiltà sono molte di più dei morti. Il Grande Cimitero dei Sogni Spezzati diventa ogni giorno che passa più grande e capiente. Si allungano le fila delle tombe dei Sogni che, com’è noto, costituiscono di gran lunga il patrimonio più importante che una generazione dovrebbe passare all’altra. Templi, cattedrali, moschee, monumenti, invenzioni tecnologiche, mezzi di comunicazione e di trasporto, economie globalizzate e soldi numerici che appaiono e scompaiono a piacimento non bastano. Questo e altro sono poche cose senza i sogni di un mondo uguale e diverso da inventare ogni giorno grazie a coloro che rischiano di fare delle frontiere un varco aperto al futuro. 

Nella storia umana non esiste crimine più grande. Confiscare, manipolare, svendere e infine buttare al macero i sogni delle nuove generazioni. Per questo crimine, almeno finora, non c’è nessun perdono disponibile sul mercato dell’ipocrisia che caratterizza il sistema e i suoi derivati. Ci vorrà tempo prima che i sogni ricrescano dai semi buttati nel mare o nei deserti dove la sabbia si trasforma in becchino ambulante. Ciò a cui assistiamo, talvolta impotenti o tacitamente complici, non ha nulla di naturale. L’esclusione di una parte consistente dell’umanità da condizioni di vita dignitose e la pervasività della violenza che ciò rappresenta per la società, sono la conseguenza della eliminazione dei portatori di sogni. I danni collaterali sono particolarmente visibili nel modo in cui vengono cancellati migranti e sogni alle frontiere. 

Per risuscitare i sogni spezzati c’è solo da mettersi alla scuola dei bambini. Janus Korczack, medico e pediatra polacco di origine ebrea e vittima dell’olocausto nazista, lo esprime in modo particolarmente eloquente.  

Dite:

è faticoso frequentare bambini.

Avete ragione.

Poi aggiungete:

bisogna mettersi al loro livello,

abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.

Ora avete torto.

Non è questo che più stanca.

È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi

fino all’altezza dei loro sentimenti.

Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.

Per non ferirli.


Mauro Armanino, Niamey, 6 febbraio 2022, 

giorno della commemorAZIONE


                                                           

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