AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 31 dicembre 2013

BUON 2014

                 Buon anno a tutti i lettori di questo blog!


Che tutte le cose brutte
avvenute nel 2013
svaniscano come nebbia al sole
e torni il sereno
in tutti i cuori!

Notiziario da Bangui

Notiziario da Bangui n° 7 - 24 Dicembre 2013

Carissimi,

Solitamente sbuco nella vostra casella della posta elettronica in occasione del Natale. Quest’anno gli avvenimenti mi hanno costretto a disturbarvi con qualche giorno di anticipo. Qui al Carmel di Bangui, dove mi trovo da soli quattro mesi, è stato davvero un Avvento speciale. Dal 5 dicembre il nostro convento si è trasformato in un campo profughi e i nostri graditi ospiti sembrano non avere alcuna intenzione di andarsene. Nei quartieri la tensione e la paura sono ancora alte. Meglio dormire qui da noi, anche se per terra.
Le giornate si susseguono una dopo l’altra tra bambini che nascono e che purtroppo muoiono, malati e feriti da curare, distribuzione di cibo, coperte, sapone, pulizia del campo… e tanti, tantissimi altri imprevisti. I nostri profughi sono così a loro agio che a volte mi domando se non siamo noi frati i veri profughi e che il nostro è un convento finito per caso in mezzo a loro.
Ogni mattino ci alziamo e sappiamo, più o meno esattamente, cosa dobbiamo fare e che quello che dobbiamo fare è la cosa giusta. Inutile negare che la stanchezza, spesso più psicologica che fisica, cominci a farsi sentire. Ma comunque andiamo avanti… anche perché non è possibile fare altrimenti. E ogni tanto troviamo addirittura il tempo per fare qualcosa – senza troppi sensi di colpa – che non riguardi i nostri profughi.
Purtroppo venerdì scorso ci sono stati degli scontri molto violenti in città, in un quartiere piuttosto vicino al nostro convento. Questo ha provocato un improvviso aumento dei nostri profughi. Come ogni giorno, verso le sette, ci avviamo verso il luogo all’aperto, dove celebriamo la Messa. Lungo il tragitto sentiamo diversi spari, alcuni molto forti e vicini. Mi domando se non sia più opportuno non iniziare la celebrazione per evitare il panico. Ma il canto d’ingresso è ormai iniziato. Gli spari si susseguono senza sosta. Verrà qualcuno a farci del male? Celebro la Messa più lunga della mia vita. Ammiro tuttavia la compostezza dell’assemblea. Quando gli spari sono più forti, c’è come un sussulto e un gemito collettivo; ma i nostri fedeli non si schiodano da dove sono. L’Eucaristia che celebriamo è la nostra migliore protezione, uno scudo impenetrabile, davvero la nostra unica salvezza. La celebrazione continua, ma un fiume di gente che corre impaurita, con poche masserizie sulla testa, raggiunge il nostro sito e ci circonda. Che impressione e che sfida questa Eucaristia inerme nel pieno vortice della guerra! La celebrazione termina e, in pochi istanti, ci accorgiamo che i nostri ospiti da 2.500 sono diventai circa 10.000. Inizialmente siamo un po’ spaventati e ci domandiamo come potremo gestire una tale massa di gente. Ma, superati questo iniziale smarrimento e sensazione di impotenza, comprendiamo che tutto quello che abbiamo vissuto fin’ora non è stato che un allenamento per l’avventura che ci sta davanti.
 Ripensiamo al miracolo della moltiplicazione dei pani, contiamo i nostri pani e i nostri pesci, ci rimbocchiamo le maniche e ripartiamo. Se ce l’ha fatta Gesù, ce la faremo anche noi. E vi confesso che, per certi aspetti, un numero così grande è quasi più gestibile. La gente stessa comprende che possiamo fare ben poco e quindi si organizza autonomamente o, meglio ancora, si arrangia come può. Noi ci ‘limitiamo’ ad affrontare le urgenze, a seguire i casi più gravi e a gestire gli aiuti dei vari organismi.La distribuzione del cibo diventa però un po’ problematica. Testardo e perfezionista come sono, anche in tempo di guerra, insisto per mettere in fila circa 2000 donne. Cosa veramente impossibile… soprattutto se le donne in questione sono affamate. Sono costretto quindi a gettare la spugna e a convertirmi a una metodologia più africana. Il nostro campo viene diviso in 11 zone. Ogni zona ha una sorta di capo villaggio che, aiutato da due consiglieri, si occupa della distribuzione nel proprio settore. Il nuovo sistema sembra funzionare e, in breve tempo, la tonnellata di mais che stazionava nel chiostro viene distribuita in parti più o meno eque e senza troppi intoppi e discussioni.Il numero dei nostri profughi aumenta anche a causa delle frequenti nascite. Con mia grande gioia sonoiridiventato papà non so quante volte. Ho sinceramente perso il conto: Thérèse, Elisabeth, Federico (il papà, quello vero, ha insistito troppo!), Carmel e Carmeline (due gemelli), Joseph (in onore al mio papà) e altri ancora… Quando è possibile, cerchiamo di chiamare l’ambulanza affinché il parto avvenga in ospedale. Ma, come potete ben immaginare, a causa delle strade e della situazione di generale insicurezza, le ambulanze possono impiegare molte ore prima di arrivare fin qui. E le mamme africane sono decisamente più veloci e capaci di gestire il parto senza troppe difficoltà. Ormai il refettorio è sala parto e il capitolo funge da maternità. Purtroppo ci sono stati altri due bambini (gemelli) che sono morti. La mamma, che neppure sapeva di portare in grembo due creature, ha avuto una gravidanza anticipata a causa di una forte malaria. Subito è morta la bambina. I suoi occhi non hanno fatto in tempo ad aprirsi per vedere la tragedia della guerra. Pesava solo 1kg: non avevo mai visto un essere umano così piccolo. Il fratellino, un po’ più robusto, è sopravvissuto altri due giorni e poi se ne andato anche lui.
La Vita è comunque più forte della morte e della guerra. E trovo poi significativo che la Vita ci abbia visitato nei luoghi più importanti della nostra comunità : la chiesa e il refettorio. Sono i luoghi dove preghiamo e dove mangiamo, dove ci incontriamo più volte durante la giornata, dove la nostra vita di comunione con Dio e con i fratelli è ogni giorno rinnovata e plasmata. Tutto questo mi sembra quasi una conferma della bellezza della nostra vocazione.
Sabato scorso il nostro vescovo, dopo aver saputo che il nostro campo profughi ha accolto altra gente, è venuto ancora una volta a farci una visita.  Ci informa che anche il seminario maggiore vive una situazione analoga alla nostra. Questa volta il nostro vescovo trova il tempo di bere un bicchier d’acqua e di chiacchierare un po’ e di spiegarci cosa sta avvenendo in città. Ci promette di venire – appena può – a celebrare la Messa qui da noi e di portarci ancora un po’ di riso. Sono sicuro che manterrà entrambe le promesse.
Nel frattempo è arrivato il Natale. Quasi di nascosto i miei confratelli hanno trovato il tempo – e direi anche il coraggio – di mettere qualche addobbo e di allestire un piccolo presepe. Ma fare il presepe forse non era neppure necessario. In realtà il presepe, quest’anno, più che farlo, lo siamo diventati, improvvisamente e con un po’ di anticipo, il 5 dicembre. E il nostro presepe si è sempre più ingrandito con l’arrivo di altre migliaia di statuine e la nascita di tanti Gesù Bambini. Del resto, anche Maria e Giuseppe non erano, in quel di Betlemme, esattamente a casa loro: erano anche loro po’ profughi. E il parto avvenne in condizioni piuttosto precarie, come per le nostre mamme qui al Carmel. Se un tempo c’erano Cesare Augusto ed Erode, oggi i sovrani di turno portano il nome di François Hollande et Djotodia. La storia sembra quasi non cambiare, ma il miracolo di quella nascita non cessa di meravigliarci e di rallegrarci.
La Messa di mezzanotte l’abbiamo celebrata alle tre del pomeriggio per terminare prima del buio e del coprifuoco. Durante la celebrazione sentiamo degli spari in lontananza, ma i nostri fedeli cantano più forte della guerra. Sembra quasi una contraddizione dire a questa gente “la pace sia con voi”. Ma forse, più che una contraddizione, la preghiera, la fede, la gioia di essere cristiani sono per tutti l’unica vera salvezza.
Dopo i Vespri ci regaliamo finalmente qualche minuto tutto e solo per noi. Abbiamo veramente tanta nostalgia della nostra fraternità, della nostra intimità e del nostro silenzio. La tradizione carmelitana vuole che questo momento di auguri natalizi avvenga nella sala del Capitolo. Ma quest’anno non è possibile. Restiamo nella cappellina. Ci scambiamo gli auguri – sperando che un Natale così unico sia veramente unico –  e qualche piccolo regalo recuperato dal priore in tempo di pace. Come sono contento dei miei undici confratelli! Permettetemi ancora una volta di ringraziali perché sono stati con me gli spettatori e gli attori del miracolo che ha trasformato il nostro convento in un campo profughi. Vorrei ringraziarli per quando li vedo arrivare trafelati alla preghiera comune. Vorrei ringraziarli per il lavoro che fanno, per il lavoro che vedo e per quello che non vedo e che trovo già fatto non so neppure da chi… Terminiamo mangiando qualche biscotto al mais preparato da padre Matteo. Poi, danzando e cantando con campanelli e tam-tam, portiamo la statua di Gesù Bambino nella sala del Capitolo dove, stupiti, ci accolgono i nostri bambini con le loro mamme. Poi, sempre cantando, ci rechiamo in refettorio (sempre profugo nel corridoio delle celle) che, nel frattempo, i nostri aspiranti hanno riempito di fiori…
E grazie, ancora una volta, anche a voi per il vostro sostegno davvero cordiale e commuovente. Un grazie particolare alle nostre consorelle di clausura. Ci hanno accompagnato in ogni istante con un’amicizia e una preghiera davvero speciali. È come se fossero venute a darci una mano.
Sono sicuro che saremo nei vostri pensieri e nelle vostre preghiere in questi giorni di festa.
Finché il Signore ce ne darà la forza, andremo avanti. Nessuno di noi sa ancora quando verrà il momento di smontare questo presepe in cui siamo precipitati. Quando scoppierà la pace questa gente potrà finalmente raggiungere la propria abitazione e condurre una vita normale. E noi ritorneremo a fare i frati a tempo pieno.
Buon Natale! E che il Signore doni presto la pace al Centrafrica!


      Padre Federico Trinchero, i fratelli del Carmel e i nostri 10.000 ospiti.


Galantino, guai a chiamarlo "eccellenza"!

Galantino con Bagnasco
Galantino, guai a chiamarlo “eccellenza”
Da Vatican Insider


Molti i tratti comuni del nuovo Segretario della Cei con il Papa: abita in seminario perché il palazzo vescovile è troppo grande e vuoto, non ha segretari, al telefono risponde di persona
MARCO SODANO
TORINO

Vive in seminario, perché il palazzo vescovile è troppo grande, e vuoto, per una persona sola. Non ha segretari: al telefono risponde da sé. E quando qualcuno bussa alla porta, è lui ad aprire. 

È un prete così quello che papa Francesco ha chiamato a ricoprire uno dei ruoli più importanti dell’organo di governo dei vescovi italiani. Nunzio Galantino in Calabria c’era finito nel 2012, per il suo primo incarico episcopale dopo anni passati in prima linea a Cerignola, parroco in uno dei quartieri più degradati della città. In trincea, ogni giorno, senza clamore. 

Con un gruppo di volontari, nella città foggiana aveva dato vita a un’associazione che, preso in gestione un bene confiscato alle cosche, ne aveva fatto un centro per minori. Che il registro non sarebbe cambiato i cassanesi lo avevano intuito subito: niente autista niente auto blu per il Pastore che gira in lungo e in largo per la diocesi (106mila anime e 22 paesi spersi tra le coste dello Ionio e le cime del Pollino) con la sua Golf Polo. 

Appena arrivato, ha potenziato la Caritas. E quando, dopo pochi mesi, il terremoto ha fatto ballare le montagne, lui che era in Francia a un convegno (perché nonostante tutto non ha mai abbandonato gli studi e la teologia) è salito sul primo aereo per tornare nella sua nuova terra. Ha piantato le tende tra le macerie, celebrando messa a Natale, Capodanno e Pasqua, fino a quando le Chiese e i locali della Diocesi nei quali erano insediati diversi negozi non sono stati rimessi a nuovo. A tempo di record, ben prima che lo Stato riuscisse a fare altrettanto con i suoi beni, molti dei quali ancora oggi inagibili. 

«Che Dio ce lo conservi: dove lo troviamo un altro così?», ripetono oggi nei bar e nelle piazze di Cassano mentre lui, dal pulpito, non perde occasione per richiamare tutti, specie la politica, a riscoprire lo spirito di servizio e l’umiltà, per costruire qualcosa di diverso, scrive nel suo messaggio natalizio, «da quel presepe impazzito» che la politica è diventata, «con tanti pupi, vestiti con colori diversi ma quasi tutti impegnati a ritagliarsi piccoli o grandi spazi per sopravvivere a se stessi».  
  
Uno così. Segretario della Cei e vescovo di Cassano Ionio. E guai a chiamarlo “eccellenza”:  per tutti è, e vuole essere, don Nunzio. Roma è avvisata.




sabato 28 dicembre 2013

Le Pagine del Natale

Autori Vari
Titolo: Le Pagine del Natale
Editore: Gli Occhi di Argo
Anno di pubblicazione: 2013
Numero pagine:72
Copertina: a colori, cartoncino rigido brossurato
Disegni interni di Milly Chiarelli
Formato: 14,5x21
Progetto grafico: MITO graficamito@gmail.com
Codice ISBN 978-88-97421-46-7
Prezzo di copertina euro 10,00
Spese di spedizione euro 3,63 (raccomandata postale)
Per info e ordini: 
occhidiargo@hotmail.it
L’Associazione Artistico-letteraria “Gli Occhi di Argo ha festeggiato il Natale 2013 con un’antologia particolarmente preziosa, ricca di poesie e racconti di autori che hanno aderito da tutt’Italia.
Come è stato sottolineato nell’introduzione curata dalla Redazione, forse lo spirito più autentico del Natale è quello legato al senso di ri-nascita, di nuova possibilità sempre offerta a tutti noi. 
Gli artisti partecipanti “fanno vedere” questo spirito ai lettori, e lo fanno da vari punti di vista; le poesie e i racconti si colorano di luci, drammi, rabbie, delusioni, illuminazioni, speranze, certezze e tanto altro ancora. 
la banalità non alberga mai, tra queste pagine, al contrario viene sempre offerta un’occasione di riflessione molto intensa, intono alla festività natalizia. I bei disegni diMilly Chiarelli e alcune massime legate al Natale impreziosiscono ulteriormente questa iniziativa, alla quale hanno partecipato gli artisti Danila Oppio, Davide Pizzi, Marco De Maria, Marisa Aneghini, Lucia Griffo, Enzo Gaia, Giovanni Altieri, Amelia Baldaro, Giuseppe Grangetto, Stefania Pagano, Flavia Rolli, Monica Fiorentino, Laura Crippa, Sara Quero, Giuseppe Milite, Fabrizio Corselli, Carla de Falco, Laura Traverso, Rosanna Fontana, Umberto Schioppo, Francesca Casagrande, Gianni Lollo, Sandra Ludovici, Matteo Deraco, Paola Verga, Anna Maria Guerriero, Eufemia Griffo, Elisabetta Mattioli, Marco Bertoli, Mariella Cardinale, Aurora Cantini, Osvaldo Crotti, Gianni Martinetti, Angelo Rosselli, Pietro Maroncelli, Patrizia Chini, Elena Coppi, Carlo Bramanti.

In questa piccola antologia appare un mio racconto, che è stato pubblicato anche sul bollettino Parrocchiale del Santuario di Santa Teresa del Bambino Gesù di Legnano.
Un Natale davvero speciale
Sarmina si trova sola a dover accudire a tre bambine, le sue figlie di 5, 3 e un anno. Accadde quello che capita sempre più spesso. Suo marito Adan partì dall’Albania verso l’Italia, in cerca di lavoro, trovandolo presso un’impresa edile. Dopo qualche tempo, si fece raggiungere da sua moglie con le figlie Adana e Argjela e, baraccati in una fabbrica in disuso, si arrangiarono come poterono, in quegli stanzoni nei quali altri disperati condividevano gli stessi spazi. Nessun riscaldamento, né acqua potabile, né luce. Sempre meglio che dormire all’addiaccio. La paga di Adan non copriva che una parte di quanto occorreva per la sopravvivenza della sua famigliola, così ricevevano un pasto caldo presso la mensa della Caritas, oltre ad indumenti e coperte. Per quattro bocche da sfamare, non bastava. Inoltre era in arrivo la terza figlia. Adan lavorava soprattutto in estate, quando i cantieri erano in piena attività, ma un malaugurato giorno, qualcosa non andò per il verso giusto. Il ponteggio sul quale Adan si trovava, crollò. Per l’albanese non ci fu scampo.
Arrivò l’inverno, nacque Alena e in quel capannone dismesso, il freddo era insopportabile e ogni sorta di malattie in agguato. Un’anima buona mise a disposizione due locali modestamente arredati. Le piccole furono accolte al nido e scuola per l’infanzia, così durante il giorno la mamma poteva lavorare come colf. Ma la sera, quando Sarmina rientrava in casa con le figlie, la solitudine e il dolore l’assalivano. L’assistente sociale s’impegnò come poteva, ma nessuno dona mai il cuore per intero.
Natale è alle porte, bussa a quelle di tutti come all’uscio di Gemma. Lei sta pensando ai regali, agli addobbi, al pranzo speciale, come tutte le madri di famiglia. Da anni è persuasa che il Natale abbia perso la sua vera configurazione.  Oramai è solo una sarabanda di gesti inutili. Gemma ebbe un’idea che spera condivisa dalla famiglia.
Il giorno è giunto, tutto è pronto. La tavola imbandita, e sotto l’albero una quantità di pacchetti luccicanti. Creata l’atmosfera, mancano solo gli ospiti. Gemma sale in auto e percorre qualche chilometro. Suona al campanello, e un vociare di bimbi giunge alla porta.
-       Ciao Sarmina, scusami tanto, ma ho bisogno di te.
-       Oggi è Natale, signora Gemma, devo lavorare anche in questo giorno?
-       Forse…
-       Ma…e le bambine?
-       Portale con te, chiudi l’uscio e andiamo.
Arrivata a casa, Gemma apre la porta e…sorpresa! Tutti i presenti corrono incontro a Sarmina e alle piccole, che coccolano subito. Sarmina rimane impettita poi chiede:
-       Da dove devo cominciare?
-       Coll’andare in bagno a lavare le manine alle bimbe e poi…a tavola!
Le bambine non avevano mai visto un albero di Natale e neppure il presepe.  Mille domande, tante risposte.
Finito il pranzo, e consumato il dessert, una vera novità per le bambine, Gemma dice alle piccole:
-       Andate sotto l’abete, quei pacchetti sono per voi.
-       Ma signora Gemma – interviene Sarmina – quali?
-       I regali sotto l’albero di Natale sono tutti per voi.
Gemma era certa che Adana, Argjela e Alena non avevano mai avuto un giocattolo, inadeguato alle possibilità economiche della mamma.
-       E a voi nulla?
-       Il nostro regalo l’abbiamo già ricevuto. Siete voi il nostro dono speciale! E’ leggere la felicità negli occhi delle tue bambine! Credimi, Sarmina, è il Natale più bello che abbiamo trascorso da anni. E tutto per merito tuo.
Fin qui è pubblicato nell'antologia Le Pagine del Natale, ma sul bollettino è appare nella versione completa, ovvero con la seguente chiusa.
Lo spirito del Natale non si riveste di luci splendenti, di festoni luccicanti, e non si nutre di cibi opulenti. Il suo significato più profondo è racchiuso in una sola parola:
Amore.

Danila Oppio

venerdì 27 dicembre 2013

In memoria di Padre Francesco Cellerino

Si è spento a Legnano il caro Padre Francesco Cellerino, dopo lunga sofferenza, la notte di Natale. Gesù Bambino avrà voluto averlo con sé, in Paradiso, proprio quel giorno? 
Domani, sabato 28 dicembre 2013 alle ore 14 presso il Santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino a Legnano, si svolgeranno le esequie.

Ciclo sul caro P. Francesco Cellerino, olim Michelangelo (1925-2013)


ARRIVEDERCI IN CIELO   

Arrivederci in Cielo, confratello
col quale combattemmo cinquant’anni
sui campi piacentini e veneziani
tifando l’uno per la blasonata
Inter e l’altro solo per il Bari...

Sapemmo dialogar pur in Missione:
l’uno in Centrafrica e l’altro in Giappone.
Ci ritrovammo a volte pur a Roma:
lui nella stanza dei bottoni ed io
in veste di devoto pellegrino.

Tentammo pure di risollevare
quella deserta Chiesa di Torino,
un tempo roccaforte teresiana
della Città sabauda con il corpo
della Beata di Santa Cristina...

Ci rivedemmo poi saltuariamente.
Come Tobia diventasti cieco.
Non feci in tempo a portarti l’unguento
capace di ridar a te la vista...
Ci rivedremo ormai soltanto in Cielo!

(Parma 26-12-2013), Padre Nicola Galeno
  





SULLA CIMA DEL CARMELO   51207


Un caro Confratello m’ha lasciato
per l’aldilà. Mi sento ancor più solo
lungo l’erta penosa del Carmelo.
Mi conforta il pensier di ritrovarlo
sulla cima gioioso ad aspettarmi!

(Parma 26-12-2013), Padre Nicola Galeno


Ringrazio Padre Nicola per il bel ricordo del suo e nostro caro confratello 

Il Duomo di Biella riapre Vatican Insider





Il Duomo di Biella riapre ai fedeli dopo due anni di restauro.
La Cattedrale di Biella, chiusa dal 2011 per un profondo intervento di restauro, è stata riaperta ai fedeli sabato 7 dicembre, con un pellegrinaggio che è partito dal Santuario di Oropa e siè concluso nel primo pomeriggio proprio con l?arrivo in duomo della statua della Madonna Nera di Oropa, patrona della diocesi. Per celebrare l'evento, la Diocesi ha chiesto a NOVA-T di realizzare un filmato che raccontasse la storia, l'arte e l'architettura del Duomo e, anche grazie alle parole del Vescovo, mons. Gabriele Mana, il significato che la Cattedrale ha per la vita della comunità cristiana. Il filmato è stato presentato in anteprima a tutti i preti della diocesi giovedì 5, ed in seguito sarà proiettato a tutti i gruppi di fedeli che arriveranno ?in pellegrinaggio? al Duomo da tutte le zone della diocesi nelle prossime setttimane.Il restauro del duomo è durato più di due anni, con un impegno economico di quasi 2 milioni di euro, coperti in parte (1,2 milioni) dal Ministero dei Beni Culturali e dalla Fondazione CRT, attraverso il programma ?Città e Cattedrali?, il resto (700 mila euro) dalla Diocesi stessa con un contributo da parte della CEI

lunedì 23 dicembre 2013

Buon Natale da Padre Nicola Galeno


Trittico natalizio 2013


BUON NATALE   


Povera può sembrare la casetta,
ma sempre tanto Amore la ricolma!

(Parma 23-12-2013), Padre Nicola Galeno




Quantunque Figlio dell’Onnipotente,
volesti presentarti qual Bambino
di tutto bisognoso, eppure doni
a noi pienezza dell’Amor divino!

(Parma 23-12-2013), Padre Nicola Galeno 



Sembran davvero pochi gli invitati
a questo benevenuto sulla terra,
ma sanno che lasciando questa Grotta
dovranno a tutti estendere l’invito...


(Parma 23-12-2013), Padre Nicola Galeno

4 minutes that will change your life - 4 minuti che cambieranno la tua vita

LETTERA A GESU' BAMBINO

Caro Gesù Bambino,

            in questi giorni, in cui nella nostra società molti festeggiano il Natale senza sapere chi sia il festeggiato, da povero italiano non ho timore di rivolgermi a Te, ben sapendo che solo Tu sei in grado di concederci le grazie di cui abbiamo bisogno. A chi infatti dovremmo chiederle se non a Te? Sei l’unico rimasto credibile in questo mondo, dove tutti promettono e nessuno mantiene. Non mi lascio ingannare dal modo umile e discreto con cui sei entrato in questo mondo. Apparentemente sei venuto a mani vuote, al freddo e al gelo di una grotta a stento riscaldata da un bue e un asinello. Deposto in una mangiatoia, non stavi meglio di tanti bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra verso le nostre contrade. Eri privo di tutto, ma avevi vicino a Te due persone meravigliose, come mai ce ne sono state: Tua madre Maria e il Tuo custode Giuseppe, che ti guardavano incantati, ben sapendo quale dono in quel momento il Cielo aveva fatto alla terra. Sei nato povero fra i poveri, bisognoso di tutto, ma hai arricchito il mondo con la Tua presenza. Venendo in mezzo a noi ci hai fatto il regalo più grande che potessimo desiderare. Tu, Bambino Gesù, sei la nostra luce, la nostra salvezza, la nostra pace. A Natale hai dato al mondo in regalo Te stesso. Lo ha annunciato l’angelo ai pastori assopiti, improvvisamente svegliati da una musica celestiale: "Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore”. 

            Caro Gesù Bambino, sei Tu il regalo di Natale che vorrei chiedere in primo luogo per il mio paese, per questa Italia che ha regalato il presepe al mondo, ma che adesso  lo proibisce negli asili e nelle scuole e che si mostra sempre più insofferente per tutto ciò che ti riguarda. Qualcosa di strano e di pericoloso sta succedendo da qualche tempo. Proprio nelle nazioni dove il Tuo Vangelo ha prodotto i frutti più belli di fede, di carità e di civiltà, è scesa una nebbia spessa che Ti copre e Ti oscura, come se la gente si fosse stancata di Te. Sono sempre meno le persone che Ti ricordano. Sono pochissimi quelli che sanno che il giorno di Natale è quello del Tuo compleanno. Quando vado al supermercato faccio fatica a trovare una scritta di “Buon Natale” da appendere sulla porta di casa. Pare che la nostra società Ti abbia  privato del permesso di soggiorno. Non puoi immaginare quanto ci rimanga male. Tu forse ci sei abituato perché, da quando hai posto la Tua tenda in questo mondo, sei divenuto un perenne fuggiasco.

Non mi rassegno però al fatto che Tu te ne debba andare anche dalla nostra bella Italia. Mi chiedo che cosa saremmo senza di Te. Che cosa ne faremmo di decine di migliaia di chiese vuote, che verrebbero messe in vendita a prezzi stracciati, trasformate in moschee o in discoteche o addirittura rase al suolo per non pagare la tassa sul fabbricato? Che ne sarebbe delle nostre meravigliose opere d’arte, che tutto il mondo ci invidia, dove Tu e Tua Madre siete stati la scintilla che ha acceso il genio di innumerevoli pittori e scultori? Che ne sarebbe della nostra lingua e della nostra letteratura prive dell’anima cristiana che l’ha alimentate, facendo di esse un patrimonio inestimabile dell’umanità? Senza di Te, caro Gesù Bambino, la nostra Italia diventerebbe un cumulo di macerie, un deserto senza vita, infestato da serpenti e da scorpioni.  Non te ne andare, Bambino Gesù. Ti diamo la cittadinanza italiana, Ti esentiamo dalle tasse, Ti procuriamo una casa e un lavoro, ma non te ne andare.

Vedo che non Ti lasci convincere. Vuoi qualcosa d’altro. Ho capito, non Ti interessano le nostre cose, ma i nostri cuori. In questo Natale vorresti trovare un posticino nel cuore di ogni italiano. In fondo che cosa ci costa?  Dovremmo solo fare un po’ di pulizia, tirare via il marcio, raccogliere la spazzatura e portare tutto in quel luogo benedetto dove  il Tuo amore tutto brucia e consuma. Questo è ciò che desideri, ciò che chiedi, ciò che Ti aspetti da questa Italia che da due millenni ricolmi di doni. Vorresti che mettessimo da parte i pregiudizi, le cattiverie, le guerre che non ci stanchiamo di farTi da ormai da troppo tempo. Che cosa ci abbiamo guadagnato  a mettere al Tuo posto Babbo Natale, a sostituire le pecore con le renne, a chiamare festa d’inverno la Tua venuta in mezzo a noi? Il bilancio è fallimentare. Siamo poveri e disperati. Ritorna Gesù Bambino. Senza di Te siamo perduti. Vieni con il tuo sorriso a ridarci la speranza. Porta la Tua famiglia in mezzo a noi, perché ci siamo dimenticati che cosa sia una famiglia. Porta la Tua pace nei nostri cuori senza pace.

Ti prego, lasciati convincere. Lo so bene che non siamo moltissimi che desiderano la Tua venuta. Anche oggi, come al tempo di Erode, quelli che abitano nei palazzi Ti hanno in antipatia. Lo sanno che Tu sei un rubacuori e sono invidiosi. Ma anche fuori dai palazzi già si preparano a trasformare il Tuo Natale in una festa di carnevale. Cerca di accontentarTi, come già facesti a Betlemme con pochi pastori che Ti adoravano estasiati. Ci saranno anche quest’anno, Te lo promettiamo. Al suono delle campane correremo alla Messa di mezzanotte, perché Tu nasca nel nostro cuore. Prima di chiudere questa letterina, forse un po’ impertinente, Ti vorrei ricordare che in Italia c’è il Tuo Vicario, il Vescovo di Roma. È un tipo forte e paterno, pieno di bontà e di misericordia. La gente lo ama e lo ascolta volentieri. Mi ricorda il Tuo padre putativo, San Giuseppe. È un motivo in più perché Tu resti fra noi, in questa Italia che con Te è una Regina, senza di Te una bandiera sgualcita.

 Buon Natale

Autore non pervenuto


domenica 22 dicembre 2013

I miei migliori auguri




TANTI AUGURI DI BUON NATALE!






Auguro a  tutti i visitatori amici de Il Paradiso non può attendere: serenità, pace, amore, salute ed ogni altro bene. Che il Piccolo Gesù porti a voi quel che più desiderate, ma soprattutto pace nel mondo, giustizia e onestà. Che non ci siano più guerre e miseria. 
Che non manchi cibo e amore per tutti i bambini di ogni Nazione
Danila Oppio

venerdì 20 dicembre 2013

Natività nipponiche e intarsiate

BUON NATALE DA PARTE DI PADRE NICOLA GALENO





Sono Presepi diversi, non certo privi di originalità! Buon Natale anche da me, con tutto il cuore!
Danila Oppio

NATALE DEVE ESSERE BUONO



Natale affonda in un'aria nera.
Le sue luci, una festa non decollata.
Il rosso non brilla, il bianco
non dà l'ebbra quiete delle nevi
e delle larghe barbe dei vecchi ,
il verde degli abeti e degli agrifogli
non rasserena gli occhi.

I passanti per strada scorrono veloci;
non tollerano contatti, evitano l'allegria festosa.
I bambini sorridono irrequieti, tirano le mani.
C'è chi, nel suo vestito precario, chiede aiuto.
Qualche cane lancia i suoi occhi lucidi.
Il buio scende, anticipato dal buio della mente.
Troppa tragedia attraversa il mondo.

Sembra realizzarsi la profezia del Grande Inquisitore,
creatura del poeta del bene e del male.
La volontà di potenza dei grandi imbonitori, malati
padroni del mondo e delle sorti del nostro cammino.
Un bambino arriverà presto a disturbarci, crescerà,
diventerà adulto e con la sua parola di libertà,
fratellanza, giustizia, continuerà a disturbarci.
Morirà per noi, ma noi lo ricacceremo.
Non c'è posto sulla terra per lui.
E Giuseppe, padre e figlio del bambino, piange.
Sa che per le vie ci sono troppi Erode
e questa volta non avrà il conforto dell'asino.
Finiranno a Lampedusa dopo una tempesta di mare,
portando con loro il terrore di Maria.

Ma arriveranno a noi! A quelli di noi che stanno sulla soglia.
Che sono attenti per non cadere nella trappola mortale,
preparata dalla bestia immonda, per la fine dell'umanità.
E sarà ancora Natale. Come sempre, se sapremo stare vicini e amare.
Accogliere il sorriso dei bambini del mondo, l'innocenza.
Dare calore a chi non l'ha. Dividere il pane e il vino.
E il panettone con l'uvetta e i canditi. Per un dolce futuro.
Perché Natale deve essere Buono.

Angelo Guarnieri



Notizie dirette dal Centrafrica!

Bouar S. Elia, 15 dicembre 2013
 
Carissimi fratelli e sorelle,
 
                da mesi ormai siete al corrente di quello che sta succedendo in Centrafrica. Purtroppo non posso ancora dirvi che le cose sono cambiate in bene, per vivere un Natale nella pace, ma che invece le cose sono peggiorate. Il motivo è dovuto al fatto che se prima erano gli invasori Seleka a far del male, adesso si sono create delle bande “anti-balaka (anti-scure)” che, a parte qualche resistenza ai Seleka, se la prendono con i musulmani in generale, come i pastori mbororo, facendo delle stragi. A loro volta, i Seleka armano i musulmani e li vendicano selvaggiamente. A fianco delle milizie anti-balaka, ci sono altri gruppi spontanei di “auto-difesa” di gente ormai esasperata da mille soprusi, che cercano di reagire. È una spirale infernale, come si è visto principalmente nella capitale Banguì. Anche l’intervento della Francia, che dovrebbe operare per ristabilire la sicurezza a fianco delle nazioni africane (MISCA), a loro volta incapaci, non riesce a evitare tutti questi massacri, non solo nella capitale, ma in tutto il resto del paese, dove non sono arrivati.
                Una delle conseguenze di questa situazione sono i profughi che cercano rifugio soprattutto nelle strutture cristiane. Così pure nelle nostre missioni si sono riversate migliaia di persone, più di 4000 a Bozoum, più di 2000 al Carmelo di Banguì. E’ una grave situazione di emergenza, a cui ci si dà anima e corpo, che diventa sempre più pesante.
                A Bouar, dopo un primo attacco degli anti-balaka al campo dei Seleka, il 26 ottobre, la situazione è più calma, mentre non mancano scontri nei villaggi, come a Bohong, con altrettante rappresaglie: uccisioni, case bruciate, missioni devastate… Anche qua a Bouar ci sono stati parecchi rifugiati per un certo periodo, compreso nel nostro seminario di Yolé. Fra di loro c’è stata una giovane donna che ha messo al mondo un bel maschietto, che hanno voluto chiamare “Gesù bambino”, dal nome del nostro seminario.
                Quanto al problema del ponte rotto del seminario, stiamo cercando una soluzione. Rifare un ponte, anche se spostato più in alto, per noi risulta un’impresa difficile, oltre che costosa. Per ora abbiamo pensato di risistemare la deviazione nella savana, rinforzando i passaggi sui torrenti, che è la cosa più importante. Dopo Natale sia P. Renato che Enrico Massone si metteranno all’opera, mentre il responsabile che sta risistemando la pista tra Bouar e Bozoum, è disposto a dare un colpo di ruspa.
                Il resto della vita prosegue, ma data l’insicurezza non ci si può spostare e fare tutti i programmi previsti (qua e là abbiamo delle macchine nascoste da oltre otto mesi!). Per questo abbiamo dovuto annullare una sessione per i movimenti delle famiglie, mentre invece ha potuto aver luogo la formazione per i responsabili dei Centri di Pastorale Familiare.
Il 1° dicembre, festa nazionale della proclamazione della repubblica, l’abbiamo vissuto come un giorno normale fra tanti, e non con lo sfarzo e il clima gioioso che si era solito manifestare.
Le scuole, a parte quelle private cattoliche, riaperte a fatica a novembre, hanno dovuto spesso interrompersi, come attualmente. Stessa cosa per le banche. Come è nostro impegno stabile, anche quest’anno abbiamo iscritto una cinquantina di ragazzi orfani, sia alle scuole elementari che al liceo.
                La nostra comunità di S. Elia, con l’arrivo dei padri Stefano e Lionello sta risvegliando la partecipazione dei bambini e dei giovani. Per i bambini c’è il gruppo “Compagni di Gesù Bambino” per i ministranti e il gruppo “Teresa di Gesù Bambino” per i piccoli. In occasione del 14 dicembre, festa di San Giovanni della Croce, cono loro si sono radunati anche i membri dell’Ordine secolare carmelitano, per celebrare insieme la festa, preparata con un giorno di ritiro.
                In questi giorni i nostri novizi si trovano in Camerun, dove si sono recati per accompagnare il loro Maestro, P. Vojtech che, impedito di partire da Banguì, parte da Yaoundé per Praga. Infatti ha la mamma gravemente malata, che raccomandiamo alle vostre preghiere.
                Vi siamo grati per il sostegno morale che ci date in questi mesi, soprattutto con la vostra preghiera. Attorno a noi c’è tanta gente che soffre e con voi chiediamo Gesù Bambino che faccia nascere pensieri di pace, di perdono, faccia cessare tanta violenza e susciti gente capace di portare il Centrafrica verso un avvenire sereno, degno dei figli di Dio. Papa Francesco, nel messaggio per la giornata della pace del nuovo anno, ci ricorda come la fraternità è il fondamento e la strada per la pace, avendo come radice Dio stesso, che è l’unico Padre per tutti.
                A voi tutti, e alle vostre famiglie e comunità, auguri di un Santo Natale e sereno Anno nuovo.
                                                                                                                                                                  ;                            Padre Marcello


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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi