AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 31 gennaio 2013

IL SACERDOTE CHE VORREI


Da "La Chiesa Cattolica"

Caro Sacerdote,
non mi interessano i campetti di calcio, i cineforum, i teatrini, le conferenze, i baretti con videogiochi e biliardini, i porticati coi ping pong e il calciobalilla, le vacanze organizzate, il grest, le
pizze dei sabato sera.
In una parola, tutto il ribollente attivismo che ruota intorno alle parrocchie, lo trovo anche fuori, nel freddo "mondo", e magari organizzato meglio, più nuovo, luccicante, efficiente, coinvolgente, appassionante.

Non c'è concorrenza: il "mondo" è specializzato in divertimenti, passatempi, sport, intrattenimenti vari, in cui ha profuso studi, energie e investimenti.
Voi curatemi l'anima.
Datemi un direttore spirituale che abbia tempo e pazienza per la mia conversione.
Datemi confessori che mi permettano di riconciliarmi con Dio.
Datemi l’Eucarestia da adorare, non tenetela chiusa a doppia mandata nei Tabernacoli d'oro ad aspettare mentre brucia d'Amore.

Dissetatemi col Vangelo dei semplici, non spiegatemi troppo, sono piccolo, una cosa sola ma ripetuta, così che possa ritornarmene a casa con la perla preziosa.

Insegnatemi quel digiuno che tutti hanno dimenticato, ma che ho voglia di tentare, non come un atto di superba autodeterminazione della volontà, ma come fiduciosa invocazione della grazia dello
Spirito.
Mostratemi i Santi, voglio farmeli amici. I filosofi mi hanno condotto su strade sbagliate, inquinato la mente, divorato la gioia. I Santi sono felici: ditemi il perchè, fatemi scoprire quel filo
segreto che li legava alla SS. Trinità.

Il rosario, ho fame di rosario. Perchè non lo recitate più?
Persino nelle veglie funebri, a volte ci si ferma a tre decine, come se quello intero fosse troppo lungo anche per chi davanti ha l'eternità.

Arricchitemi della Divina Misericordia, fatemi gustare soavemente le invocazioni, le giaculatorie, le novene- beneditemi e consacratemi ai SS. Cuori di Gesù e Maria.

Parlatemi del mio Papa, di ciò che dice e di ciò che fa. Del Papa si parla raramente fuori dalle grandi occasioni, se voglio sapere qualcosa devo arrangiarmi con i suoi libri o qualche rivista.
E' poco presente nelle omelie, nelle catechesi.
Mi parlate spesso di voi, di quello che vi sembra giusto, di quello che si dovrebbe fare.
Ma è il Papa la mia bussola, il mio porto sicuro, è lui il "dolce Cristo in terra per favore, fatemelo gustare.

Incoraggiatemi nella via della carità, dell'altruismo, dell'occuparmi del prossimo, nel nome di Cristo.
Plasmate in me uno spirito missionario, inalatemi la voglia di santità.
Pregate per me qualche volta.
Come sarebbe edificante per me trovarvi in ginocchio davanti al Tabernacolo e sapere che stavate pregando per me, per la mia salvezza!

Questo desidero, ma tutto insieme, e in ogni parrocchia; non scegliete quello che più vi aggrada, non discriminate tra ciò che vi sembra più o meno moderno, più o meno consono o proponibile.
Voglio tutti gli strumenti di salvezza che la Chiesa ha preparato per me, ho fame di salvezza piena, traboccante, luminosa, ho voglia di Verità.
Che abbia 4 o 100 anni, non starò con voi per il grest o il bel campetto o gli amici che ho incontrato.
Ci starò per quel banco consunto in cui mi sono inginocchiato e per quel santo sacerdote che ho incontrato.
Ci starò perchè Cristo, per mezzo loro, mi ha convertito.
Ecco Chi mi salverà l'anima!

Ti prego, sacerdote, torna ad essere nuovamente ciò che devi essere perchè io, pecorella smarrita e figliol prodigo, possa tornare alla Casa del Padre.
In questo modo tu riavrai la tua dignità umana e sacerdotale, ed io mi salverò, e tutti saremo spronati a supplicare il Padrone della messe perchè mandi operai, questi operai, e non assistenti sociali, ma dispensatori dei misteri di Dio.

Aggiungo il commento di don Maurizio Roma.

Ragazzi... Non è una questione di talare o non talare; io la domenica la indosso e a nessuno fa problema. Quando le persone avvicinano un sacerdote cercano sempre una persona che gli parli di qualcos'altro, che gli mostri delle prospettive diverse da quelle che già vedono (anche se non sempre ne sono coscienti). Saper accogliere il bisogno di Dio è compito nostro, saper parlare la lingua dei giovani è importante. Non significa diventare "ragazzi" tra "ragazzi", bensì anziani (presbiteri) che favoriscono l'incontro con Dio; il nostro compito è solo questo. Quindi i giovani vanno saputi accogliere, ascoltare, capire, ma dobbiamo anche essere capaci, nel tempo, di mostrare loro un "orizzonte" più ampio, e una strada da percorrere; insieme a loro.


Frayle Jean Thierry Ebogo "El nino que deseaba ser Jesus"



Pubblico anche la versione in lingua spagnola, per gli amici che parlano lo spagnolo.
La voce guida appartiene alla cara amica psicologa italo.venezuelana, Nelly Irene Zita Garcia.

mercoledì 30 gennaio 2013

FRA JEAN THIERRY EBOGO



Un bellissimo video, del nostro Fra Jean Thierry Ebogo.

GALLERIA D'ARTE - FRA MAURIZIO COSTA - chi e' - le sue opere

Nato il 19 giugno 1975, in provincia di Trento. Ignoro quasi tutto di lui, a parte la sua simpatia e l'allegria, la disponibilità e la semplicità, oltre che all'amore per il rischio (di cadere dagli alberi, dove si arrampica con molta agilità) Posso assicurare che, oltre ad essere un Frate Carmelitano, è un esperto di giardinaggio e un ottimo disegnatore, ritrattista, pittore.  Poiché ho deciso di creare delle gallerie d'arte di artisti religiosi (fra Galgario . Norberto, conosciuto anche come Fra Norberto, ma che frate non è, pur avendo ritratto tanti fratini che avete potuto ammirare nelle precedenti gallerie, non può mancare Fra Maurizio, che è sulla giusta strada per affermarsi. Come? Mah! Forse come deforestatore, o come giardiniere-ortolano, o come ritrattista? Di certo io spero si affermi come Carmelitano! Lo presento, al lavoro con la motosega, nell'orto del convento, con due giovani confratelli Padri Carmelitani. Occhio a non rovinarti le mani, altrimenti come potrai continuare a dipingere!?
Autoritratto









Penelope Cruz
(nulla a che vedere con Juan de la Cruz!)







Riflessi sul mare


Il sole che sorge
Cielo stellato
Padre Fiorenzo Croci
I Beati coniugi Martin, genitori di
Santa Teresa del Bambino Gesù

Emma Roberts


Motocross che passione!












GALLERIA D'ARTE: NORBERTO - OPERE






GALLERIA D'ARTE: NORBERTO - BIOGRAFIA


Nasce a Spello,  in un borgo umbro intimo e raccolto, un pugno di favola e pietre che poi avrebbe continuato a raccontare nella maggior parte dei suoi dipinti, ambientati in deliziosi borghi medievali al confine tara il cielo e la matura della campagna. Non poteva nascere altrove Luigi Proietti, in arte Norberto, nel 1927. Non poteva che nascere in un luogo come questo uno dei più famosi pittori dell’arte naif conosciuto ad oggi in tutto il mondo per i suoi quadri popolati di operosi “fratini”.

La sua storia è un tragitto affascinante dalle origini umili fino alla scoperta di una creatività che lo avrebbe reso famoso. Norberto nasce in una famiglia di gente semplice , il padre mediava per la compravendita di bestiame commerciando anche grano e olivo e gestendo al contempo una modesta trattoria. La madre offriva il suo aiuto in trattoria e cuciva gli abiti per le prime comunioni. Piccoli espedienti per sostenere le esigenze economiche di  una famiglia numerosa di cinque figli ; esigenze che porteranno lo stesso Norberto ancora adolescente a recarsi presso lo zio romano a Trastevere ad apprendere il mestiere del sarto. Tornato a Spello nel ’51 apre una sua attività sartoriale, ma ben presto quella passione per il disegno che secondo i racconti lo spingeva ad abbozzare delle figure in punta di forbici, si traduce in qualcosa di più concreto. Dal seme di un esperienza del tutto fortuita sboccia una nuova strada da percorrere: quella dell’arte, che Norberto imbocca un giorno per caso lavorando per diletto con lo stucco lasciato da un imbianchino sul fondo di una tavoletta che andrà poi successivamente ad incidere e colorare generando i primi segni di una tecnica espressiva del tutto personale. E’ l’approccio con una passione che nel 1961, dieci anni dopo, diventerà una scelta definitiva e completa. Nel ’62 Norberto espone a Lussemburgo ed è consacrato definitivamente dall’olimpo dell’arte dalla presenza nei Festival dei due Mondi a Spoleto. 


L’arte di Norberto è stata collocata all’interno dell’arte naif , il maggiore promotore di questo movimento Cesare Zavattini, diviene in tal senso un convinto estimatore di Norberto e collabora per attribuirgli, l’Oscar  nazionale dell’arte “ingenua”, il premio Suzzarra nel 1971. Eppure l’etichetta del naif non comprende in modo totale l’arte di Norberto, è piuttosto preferibile parlare di un arte complessa che attinge anche  dalla tradizione primitivistica soprattutto durante la fase d’esordio.Ben oltre il terreno delle definizioni l’arte di Norberto è un mondo da scoprire.

Una lettura di dolci colline,  dalle tinte morbide e pacate così vicina allo spirito umbro che non può non colpire  per la sua aurea spirituale e assorta. La sua capacità di narrare un mondo piccolo, di monaci affaccendati, dentro un medioevo quasi metafisico, una bolla di spazio fuori dalle leggi del tempo che non è una categoria storica o filologica ma è piuttosto una categoria dell’anima. La visione rasserenante di questi paesaggi che concentrano armoniosamente la convivenza di due emisferi: l’emisfero della città e quello della campagna, creando un “luogo altro” sublimato. La cifra stilistica che in particolar modo caratterizza l’artista e che lo ha reso celebre in tutto il mondo sono i “fratini”. Figure piccole e attivissime che popolano come formiche operose i suoi dipinti, raccontando un mondo di preghiera e lavoro, di contatto con al natura e impegno manuale. La passione per i Fratini riconduce all’ammirazione dell’artista per San Francesco d’Assisi modello morale e intellettuale apprezzato per la sua capacità di cogliere l’intima bellezza delle cose nel rapporto con il creato, gli animali, la natura nel suo complesso. La semplicità dei monaci che si muovono in unadimensione domestica di mestieri, vita quotidiana e dedizione; evoca la favola di un mondo finalmente a misura d’uomo davanti alla quale non ci si può che sentire riconciliati con se stessi. 

Norberto si spegne nel suo amato borgo, a Spello,  il 9 agosto del 2009. 

GALLERIA D'ARTE: FRA GALGARIO - OPERE


















GALLERIA D'ARTE: FRA GALGARIO - biogragia


Fra Galgario (1655-1743)

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GHISLANDI VITTORE detto FRA GALGARIO (BG. 1655 – 1743)
Ghislandi Vittore in arte Fra Galgario nasce a Bergamo, Borgo San Leonardo, nel 1655 da Flaminia Mansueti e dal pittore Ghislandi Domenico. Viene battezzato, con la sorella gemella Beatrice, nella chiesa di S. Alessandro il 4 Marzo e gli è imposto il nome di Giuseppe che cambierà in Vittore quando prenderà gli ordini religiosi. Si avvicina alla pittura seguendo le orme del padre e 
Autoritratto di Ghislandi Vittore detto Fra Galgario
la sua formazione avviene a Bergamo sotto la guida di Giacomo Cotta, incisore milanese, attivo in città come pittore di soggetti sacri, e Bartolomeo Bianchini. Probabilmente ha influenzarlo in questa prima fase, oltre a Giovanni Battista Moroni, furono le opere di Carlo Ceresa e le nature morte di Evaristo Baschenis.  Nel 1675 si allontana da Bergamo per Venezia per abbandonare un ambiente ormai impoverito e provinciale. Appena a Venezia si sistema presso il Convento di San Francesco da Paola e decide di diventare un frate laico nell'Ordine dei frati minimi, assumendo il nome di Vittore. A Venezia rimane molto tempo, dedito allo studio delle opere di Tiziano e Paolo Veronese, a questo periodo è databile il Ritratto di Domenico Ghislandi. A Venezia incontra il ritrattista friulano, già affermato, Sebastiano Bombelli e rimane con lui fino al 1701. In data imprecisata egli ritorna a Bergamo e si stabilisce nel convento bergamasco del Galgario (oggi dormitorio per immigrati), da cui gli deriva il soprannome, e subito ritrova consenso da parte di facoltose famiglie del luogo. Inizia con ritratti per la famiglia Rota per poi continuare con una serie di ritratti per Secco Suardo. Nel primo settecento ha un breve soggiorno nel milanese, dove incontra il pittore polacco Salomone Adler specializzato in ritratti. Nel 1717 Fra Galgario compie il suo ultimo viaggio di rilievo, a Bologna, dove entra in contatto con gli artisti locali, primo fra tutti Giuseppe Maria Crespi, traendo stimoli per una ritrattistica più cordiale e meno pomposa.  A Bologna è nominato membro d'onore dell'Accademia Clementina. In seguito non lascia più Bergamo, se non per brevi soggiorni a Milano per ritrarre alcuni personaggi eminenti. Sono questi gli anni in cui il pittore sperimenta anche un nuovo tipo di ritratto, in cui i personaggi si presentano in abiti inconsueti e vagamente orientaleggianti, in pose ora arroganti ora piene di nonchalance, una moda che risaliva a Rembrandt alla quale forse Fra Galgario fu avviato dal suo maestro Salomon Adler. L’attività Bergamasca di Fra Galgario è notevole e spiega la straordinaria presenza di sue opere nelle collezioni private locali (quelle degli Albani, Asperti, Suardi, Ragazzoni, Rota). La produzione del Ghislandi, nella quale i ritratti di donna sono pochissimi e poco apprezzati, è numerosa e variegata. Una parte rilevante dei dipinti di Fra Galgario è oggi in collezioni private, ma importanti nuclei di opere di grande qualità si possono ammirare presso l'Accademia Carrara di Bergamo e il Museo Poldi-Pezzoli di Milano. Il Ghislandi fu pittore particolare poiché si dedicò esclusivamente alla ritrattistica, con risultati splendidi in alcune sue opere, il risultato stupefacente non sta tanto nella bellezza dei soggetti, ma dalla riuscita rappresentazione di una società nobile, in fase di declino e molto annoiata, seppe rappresentare in modo assolutamente prefetto questi aspetti dei personaggi. Dopo il 1730 Fra Galgario, ormai vecchio, iniziò, secondo le fonti, a dipingere col dito anulare tutte le carnagioni, la qual cosa continuò sino alla morte, si servì di pennello per minuta parte o per dare gli ultimi colpi; e in questa sua maniera ha fatto gli ultimi capolavori con effetti d’impasto e di semplificazione formale straordinari. Morì a Bergamo nel Convento del Galgario nel 1743. Onorato in vita, ricordato poco nella letteratura d'arte settecentesca, Fra Galgario restò disconosciuto nel corso dell'Ottocento. Dopo la prima rivalutazione operata dagli studiosi bergamaschi all'inizio del XX secolo, il suo valore ha incontrato un lento ma continuo recupero.

martedì 29 gennaio 2013

IL MURO DA ABBATTERE


(ma che è sempre in costruzione)



Bambini ammazzati, sfregiati e violati

Pedofili, uomini e donne, liberi
nel salotto-computer,che fanno affari

Bambini venduti, prima scrutati e osservati
nel virtuale e poi nella realtà
Dopo, classificati
e messi a disposizione degli orchi
che hanno il coraggio di celebrare la loro festa

E tutto questo in faccia al mondo
a quella parte di mondo che non riesce
a soffocarne le gesta
tanto, tutto è accettato, oggi
compresa la così detta privacy
che dovrebbe essere cancellata
anzi demolita,proprio come il muro di Berlino!

Ci dicono i soloni che la pedofilia
è una malattia, anche perversa
che non si può curare 
perché  è ignota, maligna, subdola
antica e moderna
Ma i bambini di tutto questo
non sanno niente

Loro sanno di giochi, di bambole, di trenini
anche di play-station, uno due e tre
Ma non sanno, ma non conoscono
le brutture di quegli oscuri sentieri
dove degenerazione animalesca
s'annida e prolifera
per il piacere, ormai, di tanti e di tante

Quell'urlo è stato vano
quell'urlo è stato soffocato
e la colpa e solo, soltanto e unicamente nostra

Babbo e mamma
nonno e nonna
zio e zia
fratelli e sorelle
cugini, amici e compagni di scuola
aprite gli occhi, sturatevi le orecchie
URLATE!

Gavino Puggioni
Da Le nuvole non hanno lacrime

Faccio seguito all'articolo precedente: mi piacerebbe che i peccati dell'umanità, i grandi errori della Storia antica e moderna, fossero trattati dalla Chiesa col giusto metro. Troppo spesso le malefatte umane vengono edulcorate, con riferimenti al Dio misericordioso, al Suo grande perdono.Troppo frequentemente il Sacramento della Riconciliazione viene considerato alla stregua di una lavanderia a gettoni, dove il penitente (?) confessa i propri peccati, per poi ripeterli alla prima occasione, certo che verrà perdonato di nuovo. Non è così che io intendo la Confessione: e non la intende in questo modo neppure il Catechismo della Chiesa Cattolica.
"La pratica di questo sacramento conosce oggi una vasta crisi, in una situazione culturale in cui appaiono offuscati il senso di Dio e il senso del peccato. Non manca certo, anzi è molto decisa, la condanna di fatti come la guerra,la tortura, il terrorismo, la mafia, le discriminazioni razziali, la corruzione amministrativa, la speculazione edilizia, l'inquinamento, la fame nel mondo. In queste cose però, per lo più non si vede un'offesa all'amore di Dio, ma un'offesa all'uomo. Non una colpa personale, di cui in qualche misura ci rendiamo complici, ma solo un disordine sociale oggettivo, un meccanismo strutturale distorto. Senza dire che altri settori della morale, in cui l'insensibilità è ancora più marcata. Incertezze e oscuri sensi di colpa affiorano comunque, ma si pensa di poter risolvere tutto in chiave psicologica, oppure si cerca di evadere con la corsa al consumismo o, più tragicamente, ricercando i paradisi artificiali della droga.
E' senz'altro più salutare attingere dalla rivelazione la fiducia nel Padre misericordioso e il senso di responsabilità davanti a Lui, ascoltando il monito severo e appassionato di Gesù: "Se non vi convertirete...non entrerete nel Regno dei Cieli". (Mt 18,3). Solo all'interno di un serio cammino di conversione, il sacramento della Penitenza trova il suo vero significato,
Il peccatore ...esamina sé stesso, prende coscienza dei propri peccati, ne prova dolore, li detesta, propone di non commetterli più, si impegna a cambiare radicalmente la propria vita, a riordinarla secondo il Vangelo.
Rimando ai lettori l'approfondimento del tema, suggerendo di leggere la parte che riguarda la Riconciliazione, sul Catechismo degli adulti: La Verità vi farà liberi. E rimando alla lettura anche i sacerdoti, di cui forse qualcuno ha dimenticato quanto trattato nel Catechismo  e si è fatto un'idea del tutto personale riguardo la Confessione.
Da questo testo riportato in corsivo, si evince la necessità di voler sradicare dalla nostra indole, quelle debolezze morali quali l'egoismo, l'indifferenza, il disamore, che regnano nel nostro cuore.
Per far questo, in prima analisi occorre provare rimorso per le azioni ignobili che abbiamo commesso, provare un profondo dolore per quei peccati che hanno macchiato la nostra stessa esistenza, e danneggiato altri. Ma, soprattutto, occorre decidere di non ripeterli più,
Quindi, a mio avviso, il Dio colmo di misericordia mette in atto il Suo perdono, solo se il peccatore decide di cambiare radicalmente vita, solo quando decide di non ricadere negli stessi errori. Altrimenti, se decidiamo di trasformare il nostro pensiero umano, in quello divino, incorreremo in un  grosso errore. Dio è giusto, e non ci sarebbe Sua giustizia, se il peccatore si servisse della Riconciliazione come fosse una lavanderia a gettoni. Pecco, mi confesso, ritorno a peccare, mi ri-confesso. No, non è questa la strada. Manca il proponimento di non peccare più, e spesso c'è troppa sicurezza nel perdono totale da parte della Misericordia divina. Dio perdona anche il più infimo dei peccatori, ma SOLO se questi decide di sradicare da sè ogni tendenza contraria non solo a Dio, ma anche all'umanità. Sento voci, anche di cattolici, che sostengono non esista un Dio punitivo, che di conseguenza non esista l'inferno. Tutto viene perdonato, perché Dio è infinita misericordia. Gesù non ha mai negato l'esistenza dell'inferno. Anzi! Sono persuasa che questa convinzione della non esistenza dell'inferno, sia la più grande menzogna messa in circolazione da Satana. Furbissimo, ci inganna nella nostra stessa Fede. Ci fa credere che il nostro Dio, bontà infinita, sia debole, incapace di giudicare. Ma BUONO non significa debole, significa GIUSTO. E non sarebbe giusto neanche un essere umano, se dovesse lasciar correre senza dare la giusta punizione a coloro che infrangono la legge, e parlo di legge umane. Tanto meno per il Signore sarebbe giustizia, accettare buoni e cattivi, nel suo Paradiso. Ma è pur vero che Gesù disse: l'ultimo sarà il primo, ovviamente se quest'ultimo, si è pentito dei propri peccati, chiedendo perdono al Padre, e provando vergogna e dolore per le tremende azioni commesse.
Tornando quindi alla pedofilia, che a mio parere è uno dei peggiori peccati contro l'umanità, avrei un immenso piacere di leggere, di sentire che la Chiesa si decida a condannare aspramente questa pratica, che appartenga a laici nel mondo, o a sacerdoti, non faccio differenza di sorta. Invece ne parla, quando proprio ne è costretta, in modo soft, quasi come a sostenere che non bisogna mettere il dito nella piaga, che c'è un Dio che perdona, che anche la Chiesa lo deve fare. Oppure, punta a sua volta il dito contro il mondo: ecco, voi che siete peccatori, come vi permettete di giudicare i nostri sacerdoti, poverini, pedofili. Non sono d'accordo. Un sacerdote pedofilo, anche se pentito, deve essere allontanato, poiché una deviazione psicologica di così grande portata, potrebbe far ricadere l'individuo nello stesso comportamento: pericolosissimo!
E danneggerebbe in modo sempre più grave l'immagine di Chiesa, allontanando i fedeli e il loro bambini dai Sacramenti, per timore che i sacerdoti cui affidiamo le nostre creature, possano danneggiarle irreparabilmente. La Chiesa, dunque, deve usare molta severità soprattutto entro il suo ambito. Perché il sacerdote è un uomo di Dio, e deve rappresentarlo al meglio, così come deve saper rappresentare la Chiesa. Noi credenti abbiamo un disperato bisogno dell'esempio di donne e uomini santi, siano essi sacerdoti monache o laici, in un mondo che si sta scristianizzando. Però balza evidente che chi ha maggior visibilità nella Chiesa è il sacerdote, e di conseguenza è responsabile più di altri, di dimostrare la sua sequela a Cristo.
 Un sentito ringraziamento a tutti i sacerdoti che si occupano dell'apostolato, delle missioni, della distribuzione dei Sacramenti, dell'ascolto e della guida spirituale delle anime. Auguro loro un lungo cammino di santità e che vengano affiancati da nuove vocazioni sacerdotali.

IL CARMELO OGGI - gennaio 2013



Ho letto con vivo interesse l'articolo di Padre Giorgio Rossi, dal titolo: A "coloro che denunciano un male ma credono che non lo sia".
L'incipit è questo: "La vostra sentenza riguarda i nostri preti, ed è questa: sono un corpo mono-sessuale e generano patologie bestiali in forza di questa condizione, sono una forza terrena e socialmente attiva che agisce in modo separato e abusivo rispetto allo stato di diritto, vogliono mantenere un potere di casta incompatibile con la democrazia, la giustizia,la stessa pietà. Non dovrebbero essere liberi come sono nella cura delle anime, nell'attività apostolica, nell'adempimento della loro missione superata dal progresso della scienza e delle idee.  Se sono nel mondo, gli devono appartenere".
Da questa considerazione decisamente laica, Padre Giorgio è partito in quarta contro coloro che si permettono di giudicare l'operato dei sacerdoti, senza tener conto di una visione a 360°. Ammette che esistano situazioni in cui nella Chiesa cattolica mondiale, e in alcuni paesi in particolare, la pedofilia del clero è tollerata da ignoranza, sacche di omertà, abusi di potere gerarchico. Ma il Simposio della Gregoriana non è stato una bella trovata di pubblic relations, bensì un luogo dove trattare coscientemente di tali argomenti scabrosi.
Ma c'è un punto che mi ha dato da pensare, nelle affermazioni di P. Rossi. E lo riporto.
"Si, tra gli uomini di Chiesa, vi sono dei pedofili, e anche dei briganti, dei ladri, dei bugiardi, dei simoniaci...tutta gente che Dante metterebbe all'Inferno. Tutta gente che, a mio parere passerà davanti, in Paradiso, a chi finge di condannarli."
Non proseguo, perché il resto mi pare una strenua difesa verso i preti che non si comportano come tali.  Un dire: ma voi, laici, che puntate il dito contro questi poveri preti pedofili, non vi accorgete che siete anche voi nello stesso pantano? Fin dal tempo degli antichi Greci e Romani, la pedofilia era approvata, come fosse un diritto ricevuto dagli dei. Vero! Sono d'accordo! Ma non siamo al tempo dei pagani. Abbiamo in Gesù Cristo un prezioso insegnamento: "Prima di scandalizzare uno di questi piccoli, è meglio mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel profondo del mare".  E questo vale sia per i laici, quelli che magari fanno turismo sessuale, e pedofilo, o abusano dei loro stessi figli, che per i sacerdoti.
CON UN FORTE DISTINGUO: i sacerdoti sono stati educati, attraverso i loro studi teologici, alla Parola di Dio. Sono coloro che per primi devono dare un chiaro esempio di dirittura morale, di una perfetta sequela di Cristo, sono coloro che hanno il sacrosanto dovere di non commettere azioni inique. I sacerdoti sono uomini come tutti, e possono cadere in errori, e non per questo dobbiamo puntare il dito contro di loro. Ma abusare dei bambini, è la cosa più indegna che QUALSIASI ESSERE UMANO debba compiere.
Se la gente del mondo aborrisce la pedofilia nei sacerdoti, lo fa perché da loro si aspetta una vita santa, un rispetto immenso per i fanciulli, che sanno uomini e donne di domani e che con le loro perversioni, ne distruggono un futuro sereno. 
Resta immutato il peccato in sè, che sia perpetrato da un sacerdote o da un laico, poco importa.
Mio convincimento è che queste persone, non avranno posto in Paradiso. Non lo avranno, poiché il Signore stesso ha indicato loro il suicidio. Che sulla terra, ha lo stesso valore della Geenna.
"Ladri e prostitute, vi passeranno davanti nel Regno di Dio". Certo, questo è vero, ma dobbiamo far riferimento ai tempi in cui Gesù pronunciò queste parole. Le donne che a quei tempi erano sole, che non avevano una famiglia o un uomo a proteggerle, per sfamarsi e sfamare i propri figli, dovevano usare il loro corpo come merce di scambio, oppure morire di stenti. Stessa cosa vale per i ladri: spesso erano costretti a rubare, per procacciarsi il necessario per vivere. A questi si riferiva  il Signore, non ai ladri che rubano ai poveri, per arricchirsi ulteriormente . e ne sappiamo ben qualcosa, poiché tutti coloro che hanno in mano lo scettro del potere, defraudano il povero rendendolo ancora più povero, e questo è avvenuto e avviene da sempre, nel corso della Storia.
Ma chi abusa di un piccolo, non ha ragioni per farlo. E poiché non mi va di nascondermi dietro un dito, ma di dire pane al pane e vino al vino, dico che un uomo di Chiesa, se sente forte il richiamo sessuale e non sa contenerlo, meglio sarebbe che si unisse ad una donna, seguendo la via naturale, piuttosto che servirsi di un bambino per le proprie voglie. Una donna consenziente, e non una ulteriore violenza. Non vi scandalizzate! Per favore! Proprio voi a sostenere che i sacerdoti sono portati alla pedofilia, come da manuale, poiché fin dal Seminario, stanno solo tra loro. Non è affatto vero. Ci sono grandi sacerdoti, che hanno scelto la castità come un dono. Non è necessario cercare il piacere nel sesso, Si può vivere anche privandosene, Ci sono altre mete, più ambite e desiderabili!
E questo accade anche tra i laici. Ci sono laici che non sono attratti dal sesso, e vivono tranquillamente la loro esistenza.
Credo che questo ci riporti al testo iniziale: i preti, che vivono tra di loro, diventano pedofili per forza, questo il pensiero corrente. Non è vero, ed è quanto sostiene Padre Giorgio. Ma la castità obbligata, e non totalmente sentita, fa sì che emerga quella "patologia bestiale" che in realtà appartiene solo ad alcuni individui, siano essi persone laiche del mondo, o sacerdoti. Il pericolo che tutti i sacerdoti vengano tacciati da possibili pedofili, è grande, e questo danneggia non solo il singolo individuo, ma tutta la Chiesa. 
Ho letto molto attentamente l'articolo di Padre Giorgio Rossi, ma proprio perché mi è sembrata una lancia spezzata in difesa dei preti pedofili, e un'accusa a coloro che, pur non essendo preti, commettono pedofilia, ho voluto correggere il tiro. Padre Giorgio non intendeva certo difendere quegli uomini del clero che commettono crimini contro l'infanzia, piuttosto suggeriva un esame di coscienza a tutti noi. In sintesi, il Padre Carmelitano ha voluto dire, rifacendosi al Vangelo: chi non ha peccato, scagli la prima pietra. Oppure: non guardare alla pagliuzza negli occhi del vicino, ma alla trave che hai nei tuoi occhi. Giusto. Ma io ribadisco: un sacerdote deve essere modello di santità, altrimenti non  può pretendere che i fedeli laici possano essere migliori di lui. E se tanti fedeli cattolici si sono allontanati dalla Chiesa, o pur restandoci, sentono il dovere di prenderne in parte le distanze, una mano sulla coscienza se la deve mettere anche il Clero, e questo scandalo dei preti pedofili deve finire, in un modo o in un altro. E io scusate se non uso misericordia, non posso perdonare NESSUNO che sia prete o laico, che commette un delitto simile. I bambini non vanno toccati! 
Non ci resta che pregare!
Danila Oppio

domenica 27 gennaio 2013

MEMORIA? TERRIBILE RICORDARE!


Anna Montella scrive su FB:

L'edizione dell'11 novembre 1938 della Stampa annuncia l'entrata in vigore delle leggi razziali. LEGGERLO, anche A DISTANZA DI TANTI ANNI E' UN COLPO AL CUORE. Un colpo al cuore della Democrazia, della Dignità e della Libertà dell'Individuo, del suo Diritto alla Vita. Non dobbiamo dimenticare, non soltanto per un mero discorso etico ma per non consentire a nessuno di farlo di nuovo. All'epoca il mondo avrebbe dovuto ribellarsi e distruggere alla sua nascita il focolaio infetto. Ma il mondo è stato a guardare. Non ci sono parole per esprimere la pena e l'orrore di questo grande crimine che resterà indelebile sull'umanità tutta. Siamo tutti colpevoli perchè siamo rimasti a guardare mentre milioni di esseri umani venivano mandati al macello.
MI ASSOCIO ALL'AMICA ANNA, E AGGIUNGO: SE PER GLI EBREI E' UN TERRIBILE RICORDO, PER NOI TUTTI, L'OLOCAUSTO E' UNA MACCHIA VERGOGNOSA!
L'edizione dell'11 novembre 1938 della Stampa annuncia l'entrata in vigore delle leggi razziali. LEGGERLO, anche A DISTANZA DI TANTI ANNI E' UN COLPO AL CUORE. Un colpo al cuore della Democrazia, della Dignità e della Libertà dell'Individuo, del suo Diritto alla Vita. Non dobbiamo dimenticare, non soltanto per un mero discorso etico ma per non consentire a nessuno di farlo di nuovo. All'epoca il mondo avrebbe dovuto ribellarsi e distruggere alla sua nascita il focolaio infetto. Ma il mondo è stato a guardare. Non ci sono parole per esprimere la pena  e l'orrore di questo grande crimine che resterà indelebile sull'umanità tutta. Siamo tutti colpevoli perchè siamo rimasti a guardare mentre milioni di esseri umani venivano mandati al macello.

MEMORIA


Pioggia di piombo
ad oscurare il cielo
buio nel silenzio di morte
mani tese a chiedere aiuto

fili di seta i sogni di ieri
filo spinato negli sguardi atterriti
campi di sterminio
e la luce che manca
la morte che spegne
la speranza

la memoria resta
che strazia

Maristella Angeli
(Da “il mondo sottosopra”
Rupe Mutevole Edizioni)

BRUNDIBAR - O DELL'OLOCAUSTO


Teresinstadt:  la grande bugia
DI GAVINO PUGGIONI


Nel 1941 a Praga il compositore Hans Krasa scrive l'operetta per bambini  “Brundibar”, per un concorso organizzato dal Ministero della Cultura e dell'Educazione della Cecoslovacchia; lo stesso anno Krasa viene arrestato e internato a Terezin. Sappiamo come quel campo, esaltato in un filmato voluto dal Ministero della Propaganda nazista dal titolo “Il Fuehrer dona una città agli Ebrei” come campo “modello” in cui gli ebrei sarebbero stati protetti dall'odio che li circondava ( bugia che fu serenamente  inghiottita da tutte le istituzioni, Croce Rossa compresa, in un sopralluogo che fecero il 23 giugno del '44 ) era in realtà l'anticamera dei campi di sterminio.
Costretti a mimare una vita “normale”, gli ebrei di Terezin cercano nella cultura e nell'arte e non nella sopraffazione per una sopravvivenza a tutti i costi, la forza di esistere, dando una lezione di civiltà al mondo.
“Brundibar” racconta  la storia – metaforica – di due bimbi che sconfiggono un prepotente. E il ritmo ternario del valzer di Brundibar (“lento cantabile” in partitura) diventò l'inno dei prigionieri di Terezin, la colonna sonora di una residua speranza di libertà.
L'operetta di Krasa, con la sua ingenua “moralitè” viene messa in scena a Terezin nel settembre del '43 e  replicata 55 volte. C'era già stata la ritirata di Russia e lo sbarco in Sicilia, l'impero di Brundibar scricchiolava ma la sua ferocia era intatta. Nei mesi successivi quasi tutti gli interpreti e il compositore vengono “trasferiti” e uccisi
Nell'operetta i bambini alzano gli occhi verso un aeroplano che vola e sognano di volarsene via. Ma quell'aeroplano sorvola troppo tardi il campo di Terezin.


IL GHETTO DI TEREZIN

Terezin è una città della Cecoslovacchia che servì da ghetto fra il 1941 e il 1945, per circa 140.000 ebrei deportati dai nazisti dall'Europa Centrale ed Orientale.
A Terezin, su un'area che aveva contenuto in precedenza 6-7000 abitanti, fu stipata, per ondate successive, una popolazione che raggiunse, nel 1942, 87.093 persone. I piani nazisti prevedevano un duplice scopo:
·       trasferire gradatamente gli abitanti del ghetto ai campi di sterminio;
·       nascondere al mondo libero il fatto che la comunità ebraica europea fosse in procinto di essere sterminata, esibendo in maniera  propagandistica Terezin come un “insediamento modello”.
 Quando, nell'ottobre del 1943, il governo danese chiese conto degli ebrei catturati a Copenhagen, le autorità naziste concessero una visita del Campo ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, ma la visita poté avere luogo solo
nella primavera dell'anno successivo, ai tedeschi serviva tempo per effettuare una eccezionale operazione di abbellimento del campo..
La Croce Rossa Internazionale e due membri del governo danese visitarono il Campo il 23 giugno 1944  per circa tre ore durante le quali la messa in scena del Campo modello, sapientemente orchestrata, funzionò alla perfezione.

LA MUSICA A TEREZIN

Musicisti professionisti e semplici dilettanti sfidarono l'iniziale proibizione di svolgere qualsiasi iniziativa artistica pur di organizzare un'attività musicale all'interno del ghetto.
Si ha notizia di almeno due formazioni quartettistiche che iniziarono la loro attività clandestinamente perché sprovvisti di musica stampata. Questi musicisti copiavano a mano o ricostruivano a memoria gli spartiti, su carta di pessima qualità e rischiando la vita.
Significativo fu l'allestimento dell'operetta per bambini, intitolata “Brundibar”, composta e strumentata da Hans Krasa e questa fu l'unica opera lirica che poté essere rappresentata in forma teatrale, con scene e costumi.
L'operetta venne replicata 55 volte e il livello dello spettacolo era tanto elevato che Berlino mandò a Terezin un troupe cinematografica per girare un documentario di propaganda. In quell’occasione, “Brundibar”, fu rappresentata in un teatro vero e proprio. Finite le riprese tutti i membri dell'orchestra, i collaboratori, i bambini che vi avevano partecipato, furono deportati ad Auschwitz.

I BAMBINI DI TEREZIN

Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all'incirca 15.000 bambini, compresi i neonati, in prevalenza figli degli ebrei cechi deportati a Terezin insieme ai genitori. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz.
Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l'insegnamento clandestino.
Sotto la guida degli educatori, i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti e non furono solo ascoltatori, molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondando circoli di recitazione e di canto e facendo teatro.
E quei bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie..
NOTA:
“Brundibar” è l'unica opera musicale per bambini del compositore ceco Hans Krasa su libretto di Adolf  Hoffmeister
originariamente rappresentata dai bambini del Campo di concentramento di Theresienstadt.

 Questa piccola storia, nell'immensità della tragedia mai dimenticata dell'Olocausto, è stata prodotta e musicata dal Circolo LABORINTUS, di Sassari, e dal Coro voci bianche della Polifonica Santa Cecilia ed una  Ensemble di musicisti che con i loro strumenti ne hanno “enfatizzato” la tragicità.
La voce recitante dell'attrice Maria Antonietta Azzu ha creato la giusta atmosfera, silenzio e suspense, dovuto.
Venerdì 25 gennaio, al Teatro Smeraldo di Sassari, erano presenti più di 450 bambini, il nostro futuro, per continuare a ricordare, sempre.






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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi