AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 26 agosto 2013

FRA CELESTINO, DOVE POTEVA ANDARE, SE NON IN CIELO?

Stamattina 26 agosto 2013 è spirato fra Celestino, anni 88. Un vero esempio di religioso!  Funerali, mercoledì ore 10,30.
Requiem!  P. Claudio Truzzi, Provinciale  

In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)

RICORDANDO IL CARO F. CELESTINO

Sono fermamente convinto
che, se al Carmelo nascessero I FIORETTI,
questi avrebbero come personaggio principale
il nostro caro F. Celestino di Concesa,
tanto la sua vita fu impregnata di gioia e di candore!

Non potrò mai dimenticare questo fatto.
Lui aveva ancora i postumi
di un difficile intervento chirurgico.
Io capito a Concesa per svuotare
i salvadanai delle Missioni della bergamasca.

Partivo presto da Milano per evitare gli ingorghi,
concelebravo alla Messa delle 7.30
e partivo poi alla volta di Bergamo,
facendo rientro per il pranzo dai confratelli.

In quell’occasione apprendo la morte di sua sorella a Bolzano
e soprattutto comprendo
che nessuno lo porterebbe fin là per il funerale…
Gli dico: “Celestino, non preoccuparti!
Domani vengo a prenderti e ti porto io”.
Vidi sul suo viso uno squarcio di cielo!

Quando una decina di giorni fa appresi il suo ricovero,
ebbi come un presentimento…

F. CELESTINO     47233

Altra giornata col pensier che vola
accanto al confratello Celestino,
che visse sempre di semplicità.




In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


Se la Madonna del Carmine s’è compiaciuta di prendere
proprio nel suo giorno più bello
il caro P. Filippo Calabrese, Priore di Bari,
la nostra S. Madre Teresa ha voluto cogliere il nostro F. Celestino
nella memoria della sua Trasverberazione…
Quando le mie notti sono insonni, è segno che qualcuno
di mia conoscenza si sta congedando dalla terra
e subito partono al suo indirizzo i miei suffragi.
Stamattina ho visto sbocciare questo fiore,
che stasera concluderà il suo cammino sulla terra,
non come il nostro Celestino, che ne inaugura uno di gran lunga migliore!


ARDIMENTO    47574

Come poter scordare l’ardimento
di questo fior che sfida pur la pioggia
per onorar il cor trasverberato
di chi fu dolce Sposa del Signore?

(Montechiaro 26-8-2013), Padre Nicola Galeno
In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


L’INOSSIDABILE SACRISTA DI CONCESA (25-2-2002)



In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


FESTA DEI FRATELLI    8002




In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


F. CELESTINO MENTRE DECLAMA UNA SUA FILASTROCCA



In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


IL TERRESTRE CELESTINO    8014




Pur passando gli ottant’anni,
è rimasto un fiorellino
questo caro Celestino,
sempre in cerca di rimette
e giocose barzellette
che diffondano la gioia
d’esser figli dell’Eterno!
Quasi quasi noi diremmo
Che Concesa può fregiarsi
Di tre cose a tutti note:
una Vergine materna,
un canonizzando frate
e un sacrista celestiale!
A nessun entrato triste
È concesso di lasciare
Questa chiesa senz’avere
Sovra il viso e dentro al core
Tutto il gaudio del Signore!

(Legnano 25-1-2006), Padre Nicola Galeno

In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)


CONCESA: DURANTE UN CONSIGLIO PLENARIO

Da sinistra: F. Celestino, F. Giuseppe, F. Luigi e F. Roberto






F. CELESTINO “GENERALE DEI FRATELLI” (25-1-2006)
In memoria di F. Celestino di Maria Immacolata (Angelo Ferronato, 1925-2013)





F. CELESTINO     47596

Fratello Celestino, la mitezza
ti fu perenne amica nella vita:
un velo di tristezza s’impossessa,
come una nebbiolina, di Concesa...



(Montechiaro 26-8-2013), Padre Nicola Galeno



SANTA TERESA D'AVILA

Nuovo articolo su Carmelo Valmadonna

26 Agosto 2013 Transverberazione di S. Teresa di Gesù

by carmelovalmadonna
Dio ha impresso nel cuore di s. Teresa i segni misteriosi del suo Amore,
l’ha infuocata del suo Fuoco, l’ha resa forte e ardente di LUI e per LUI.
Si tratta di grazie speciali, concesse ad anime elette che Dio chiama a compiere grandi imprese per la sua gloria.
Noi oggi riviviamo con la s. Madre questa grazie e ringraziamo il Signore per averci dato una madre come lei.
……………”piacque a Dio di favorirmi a più riprese con la seguente visione.
Vedevo vicino a me, al lato sinistro, un angelo in forma corporea. E’ raro che veda gli angeli in questo modo. Parecchi me ne sono apparsi, ma li ho sempre visti nella maniera che ho detto parlando della visione più sopra. Questa volta piacque al Signore di farmelo vedere così.
Non era grande, ma piccolo e molto bello, all'ardore del volto pareva uno di quegli spiriti sublimi che sembra si consumino tutti in amore, e credo si chiamino Cherubini. Essi non mi dicono mai come si chiamano; ma vi è tanta differenza tra certi angeli e certi altri, e tra l'uno e l'altro di essi, che non saprei come esprimermi. Quel Cherubino teneva in mano un lungo dardo d'oro, sulla cui punta di ferro sembrava avere un po' di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, cacciandomelo dentro fino alle viscere, che poi mi sembrava strappar fuori quando ritirava il dardo, lasciandomi avvolta in una fornace di amore. Lo spasimo della ferita era così vivo che mi faceva uscire nei gemiti di cui ho parlato più sopra, ma insieme pure tanto dolce da impedirmi di desiderarne la fine e di cercare altro diversivo fuori che in Dio. Benché non sia un dolore fisico ma spirituale, vi partecipa un poco anche il corpo, anzi molto. Allora tra l'anima e Dio passa come un soavissimo idillio. E io prego la divina bontà di farne parte a coloro che non mi credessero. Quando ero in questo stato andavo come fuori di me. Non volevo vedere, né parlare con alcuno, ma starmene sola con il mio tormento che mi pareva la gioia più grande di quante ve ne fossero nel creato. Questa la grazia che Dio si degnò di concedermi varie volte, prima che gli piacesse di mandarmi quei rapimenti così grandi che mi sopravvenivano anche in presenza degli altri, e contro i quali non potevo resistere, per cui cominciarono a divulgarsi con mio sommo dispiacere. “ (Vita, 29 13-14)
carmelovalmadonna | 26 agosto 2013 alle  Categorie: carmelitani 

sabato 24 agosto 2013

Dal Carmelo di Parma


LA PRIMA FONDAZIONE DI SANTA TERESA NON COMPORTO' CERTO LUNGHI VIAGGI: SI TRATTAVA SEMPLICEMENTE DI TRASFERIRSI DAL GRANDE MONASTERO DOVE AVEVA VISSUTO FINO AD ALLORA AL PICCOLO MONASTERO SI SAN GIUSEPPE, RICAVATO ADATTANDO ALLA MEGLIO UNA CASA PRIVATA.
MA NELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO CARMELITANO E' IMPOSSIBILE DISGIUNGERE L'ATTIVITA' DI FONDATRICE DI SANTA TERESA DAL SUO CARATTERISTICO ASSETTO DI VIAGGIO: UN POVERO CARRETTO RICOPERTO DA UN TENDONE DOVE TERESA «ALLOGGIAVA» CON LE CONSORELLE, CERCANDO DI RIPRODURRE LA VITA DEL MONASTERO, CON I SUOI ORARI DI PREGHIERA, LA SUA LITURGIA E PERSINO IL SUONO DELLA CAMPANA!
Avila, 24 agosto 1562. In un caldo lunedì castigliano, il suono di una campanella segnala che, in una modesta stanza adibita a cappella, hanno luogo la Santa Messa e la successiva collocazione del Santissimo. Il celebrante è don Gaspar Daza, che nel corso della semplice cerimonia consegna l'abito religioso carmelitano a quattro ragazze. Appena cinque i testimoni: il cavalier Salcedo (soprannominatoel Santo), il sacerdote Giuliano d'Avila e, con altre due consorelle, una monaca sulla cinquantina, bella e raggiante di gioia: è la nobile Donna Teresa de Cepeda y Ahumada, che da qualche tempo ha lasciato il suo altisonante cognome per firmarsi semplicemente Teresa di Gesù.

E' in questo modo che, nella più totale discrezione e accompagnata appena dal tintinnio di una piccola campana, inizia una delle più belle avventure di santità della storia della Chiesa: quella della riforma teresiana e delle sue Carmelitane Scalze.

Ma l'estrema semplicità della cerimonia non ci tragga in errore: per arrivare a questa sua prima fondazione - appunto il piccolo monastero di San Giuseppe in Avila - Santa Teresa ha compiuto un lungo percorso di riflessione e preghiera, tutto punteggiato di difficoltà che più volte sembrarono insormontabili.
Vediamo ora questo percorso...
Anni di fervore

Con la chiusura del Concilio di Trento, inizia per la Chiesa un periodo di grande fervore che si concretizza nella nascita o nella rifioritura di molti ordini religiosi, nel moltiplicarsi delle opere educative e caritatevoli, nello slancio missionario e nella esuberanza artistica: è la cosiddetta Controriforma (o Riforma Cattolica).

La Spagna, una delle nazioni maggiormente coinvolte in questo processo, è tutta un pullulare di confraternite, di nuove fondazioni religiose, di creazioni letterarie, architettoniche e figurative a sfondo cattolico.


Non è possibile che questo contesto appassionato lasci indifferente un'anima generosa e di grandi ideali come Santa Teresa...

Teresa all'Incarnazione
Ella era monaca da oltre vent’anni nel grande monastero dell’Incarnazione di Avila, dove si osservava la regola carmelitana mitigata, cioè «sfrondata» della sua originaria severità. Tale mitigazione era stata introdotta un paio di secoli prima, quando la tremenda peste del 1348 aveva decimato l'Europa e aveva indebolito la sua stremata popolazione. Ma in pieno '500 la mitigazione non aveva più motivo di sussistere, e anzi rischiava di essere una porta aperta al rilassamento.
In quel monastero, per la verità, le anime sante - a partire da Teresa - non mancavano; tuttavia una serie di circostanze materiali (il gran numero delle monache, la frequenza dei colloqui in parlatorio, una certa disorganizzazione nella distribuzione dei compiti...) rendevano difficile la vita di preghiera a chi non avesse una volontà più che granitica.

IL MONASTERO DELLA INCARNAZIONE DI AVILA, DOVE TERESA TRASCORSE LA SUA VITA MONASTICA PRIMA DI AVVENTURARSI NELLA FONDAZIONE DEL PICCOLO CARMELO DI SAN GIUSEPPE. L'"ENCARNACION" ERA UNA GRANDE E PRESTIGIOSO MONASTERO DOVE, TRA LE QUASI DUECENTO MONACHE CHE LO ABITAVANO, SPICCAVANO I PIU' BEI NOMI DELLA NOBILTA' LOCALE. MA AL PRESTIGIO SOCIALE NON CORRISPONDEVA UN'ADEGUATA STABILITA' ECONOMICA; IL LAVORO VI ERA MAL ORGANIZZATO, E ALLA CONSEGUENTE MISERIA SI CERCAVA DI OVVIARE FACENDOSI AIUTARE DA PARENTI E BENEFATTORI: MA TUTTO QUESTO COMPORTAVA UN CONTINUO VIAVAI DI PARLATORI E VISITE DI CORTESIA... QUESTI DIFETTI DI GESTIONE ILLUMINARONO SANTA TERESA ALLORCHE' DOVETTE STABILIRE I CRITERI CON I QUALI ORGANIZZARE I SUOI NUOVI MONASTERI RIFORMATI.

IL BEL CHIOSTRO DEL MONASTERO DELL'INCARNAZIONE IN UNA STAMPA DELL'OTTOCENTO. QUANDO SI SPARSE LA NOTIZIA CHE TERESA VOLEVA FONDARE UN NUOVO MONASTERO SI SCATENO' UN URAGANO! QUALCUNA LA ACCUSAVA DI ESSERE UN'ILLUSA, QUALCUNA LE DICEVA CHE ERA UN PROGETTO SCRITERIATO, QUALCUNA POI LA ACCUSAVA DI VOLER MOSTRARSI MIGLIORE DELLE ALTRE E DI FARE QUESTA FONDAZIONE IN DISPREGIO ALLE SUE CONSORELLE. MA VI ERANO ANCHE BUONE MONACHE CHE LA APPROVAVANO E ADDIRITTURA VE NE FURONO ALCUNE CHE LA SEGUIRONO IN QUESTA SUA NUOVA AVVENTURA.

IL PASSARE DEGLI ANNI, LO SPLENDIDO FIORIRE DELLA RIFORMA TERESIANA E I MODI SEMPRE GARBATI E AMABILI DELLA SANTA FINIRONO PER PLACARE GLI ANIMI, FINO A CHE LO STESSO MONASTERO DELLA INCARNAZIONE ABBRACCERA' CON PIENA CONVINZIONE LA RIFORMA TERESIANA.
Una conversazione che cambia la storia della spiritualità...
Teresa, a dire il vero, si trovava benissimo nel suo primo monastero: lei stessa lo confessa, aggiungendo che le piaceva molto la cella che le avevano destinato, e che apprezzava la compagnia di tante altre monache, con le quali volentieri si intratteneva a parlare di cose spirituali. Amabile ed espansiva,si trovava sempre al centro delle conversazioni, ricercata e stimata sia tra le mura del monastero, che nei migliori ambienti della città.
Eppure in Teresa c'era una inquietudine di fondo: è vero che la sua vita era irreprensibile e che anzi le sue numerose e belle conversazioni arricchivano spiritualmente le tante persone che la frequentavano; ma nel suo intimo sentiva di essere come divisa tra il mondo e Dio, fra le amicizie e l'Amicizia.
Intanto nella Spagna della Controriforma si moltiplicavano i piccoli gruppi di religiosi che, volendo tornare alle radici del loro ordine, fondavano comunità austere e ferventi, amate e stimate da tutto il popolo. Ovviamente le notizie di queste piccole riforme monastiche giungevano anche all'Incarnazione ed erano oggetto di mille, appassionate conversazioni.
E fu proprio una di queste mille conversazioni a dare il provvidenziale "via" alla riforma teresiana. Era una tarda serata di settembre del 1560, e Teresa parlava con un gruppetto di monache e di amiche. Argomento: il desiderio di una vita più impegnata e l'ammirazione per un gruppo di francescane che avevano fondato un piccolo monastero povero e fervoroso.
- Perché non facciamo altrettanto?
La domanda-proposta, venuta dalla giovane cugina di Teresa, Maria de Ocampo, non cadde nel vuoto...
Una lotta di due anni
Teresa fece lungamente risuonare nel suo cuore quella domanda:  Perché non facciamo altrettanto? Ma l'ordinaria prudenza umana le suggeriva mille ragioni per lasciare cadere il progetto. Non aveva denaro, non aveva ancora il permesso dei superiori, sapeva che tutta la popolazione di Avila si sarebbe opposta alla fondazione di un ennesimo monastero, era certa che avrebbe incontrato il dileggio di una buona parte della sua comunità, la quale l'avrebbe presa per una visionaria o una presuntuosa. Quando poi il Padre Provinciale, suo superiore, si mostrò contrario al progetto, Teresa decise di non pensarci più. Ma a quel punto intervenne il Signore stesso, che in una visione la invitò a fare tutto il possibile per ottenere che il monastero si fondasse.
In contemporanea, tanti avvenimenti sembrano confermarla e rassicurarla: una buona vedova, sua amica, richiese il permesso canonico direttamente da Roma; gli stessi confessori della Santa sono ormai dalla sua parte, mentre il fratello Lorenzo de Cepeda - ignaro dei progetti di fondazione - le fa giungere dall'America, dove aveva fatto fortuna, una bella cifra in denaro.
A questo punto Teresa non ha dubbi: la richiesta di Maria de Ocampo era in realtà la richiesta stessa di Dio!


IL PICCOLO MONASTERO DI SAN GIUSEPPE IN AVILA SI PRESENTAVA IN ORIGINE COME UNA QUALUNQUE ABITAZIONE PRIVATA: E QUESTO, NON SOLTANTO PER LE SCARSE DISPONIBILITA' ECONOMICHE DELLA SANTA, MA ANCHE PERCHE' TERESA VOLEVA CHE LE SUE COMUNITA' - E DUNQUE ANCHE GLI EDIFICI CHE LE DOVEVANO OSPITARE - AVESSERO UNO STILE INTIMO E FAMILIARE, SEMPLICE E MODESTO.

LA POVERISSIMA CUCINA DEL MONASTERO DI SAN JOSE' IN AVILA. 
QUESTA FOTOGRAFIA NASCONDE UNA SORPRESA!
PROVA A SFIORARLA CON IL MOUSE E VEDRAI COME ABBIAMO RICOSTRUITO (A SUON DI FORBICI, COLLA E CARTONCINO) LO STESSO AMBIENTE IN MINIATURA E VI ABBIAMO COLLOCATO IL PRESEPE! (SANTO NATALE 2011)
Il monastero è fondato!
Sollecitata dal Signore, ispirata dalla parallele riforme degli altri ordini, consigliata da persone dotte e competenti e anche fondandosi sulla sua più che ventennale esperienza all'Incarnazione di Avila, Teresa mise mano con decisione alla fondazione di un nuovo monastero. Lo volle piccolo, povero e con un'impronta semplice e familiare; un monastero nel quale una maggior disciplina nei parlatori e nell’organizzazione avrebbe consentito una più intensa vita spirituale.
Per non dare nell'occhio - Teresa brillò sempre per prudenza e accortezza! - ella incaricò dell'acquisto e della sistemazione dell'edificio la sorella Giovanna, che, risultando la legittima proprietaria, poteva liberamente far eseguire gli adattamenti richiesti dalla Santa, senza che la città si insospettisse.
Così, dopo due anni di lotte e di fatiche interiori ed esteriori, il progetto andò in porto. Le difficoltà non mancarono - anzi, sembrarono moltiplicarsi! - anche a fondazione avvenuta; ma ormai la campanella aveva squillato, e il Signore, che aveva voluto la fondazione, fu fedele nel proteggerla e conservarla fino ad oggi!
E con questo la nostra storia finisce.
O piuttosto comincia...

Sì, perchè la piccola comunità di Scalze (così venivano chiamate popolarmente) diede una tale testimonianza di santità che ben presto molte giovani chiesero di abbracciare quella vita in cui austerità e gioia, rigore e soavità, solitudine e cordialità si fondevano in un equilibrio mirabile. Teresa, quasi con stupore, si vide costretta a fondare un monastero dopo l’altro, a redigere delle Costituzioni e ad estendere la sua riforma (ché tale ormai era diventata) anche al ramo maschile, aiutata in ciò da San Giovanni della Croce (1542-1591), il dolce dottore mistico della Chiesa .

I Carmeli teresiani si moltiplicarono, uscirono dai confini della Spagna, attraversarono l'oceano ed ora sono presenti nei cinque continenti.
E tutti - sono più di 900 - il giorno 24 agosto sono soliti festeggiare quel suono di campana che in un lunedì dell'estate castigliana annunciò la presenza di un piccolo gruppo di donne che avrebbero speso la loro vita per amare il Signore e farlo amare dal mondo intero.

Dal Carmelo di Valmadonna


24 agosto

by carmelovalmadonna
1562   24 agosto   2013
Oggi per noi Carmelitane scalze è un giorno molto importante: ricordiamo la fondazione del primo Carmelo riformato (1562) da parte della nostra s. Madre Teresa. Vogliamo fare memoria delle nostre origini per ad tornare ad “abbeverarci” alla fonte da cui si alimenta la nostra vocazione a servizio della Chiesa; e per scoprire quanto sia sempre attuale e totalizzante rispondere al Signore con fiducia nel nascondimento di un Carmelo.
Gesù direbbe: “Venite e vedete!” e la nostra s. Madre aggiungerebbe: “Noi cominciamo ora. Procurino sempre, d'incominciare e d'andare innanzi di bene in meglio.
 Ma lasciamo la parola a s. Teresa che nella sua autobiografia ci racconta come tutto ebbe inizio ed arrivò a compimento. Per brevità mettiamo qui solo alcuni passaggi, ma chi fosse interessato può leggere per intero i capitoli dal 32 al 36 della Vita, li troverà senz’altro molto interessati e avvincenti.
Ora avvenne che un giorno, trovandomi in compagnia di più persone, una di esse uscisse a dire che qualora avessimo voluto vivere alla maniera delle Scalze, si sarebbe potuto fondare un monastero. La cosa rispondeva perfettamente ai miei desideri (Vita 32, 10)…….. Or ecco che un giorno, dopo la comunione, il Signore mi ordinò decisamente di far di tutto per attuare quel disegno, assicurandomi che il monastero si sarebbe fondato e che Egli vi avrebbe trovato le sue delizie. Dovevo dedicarlo a San Giuseppe, il quale avrebbe vegliato una porta, nostra Signora l'altra, mentre Egli sarebbe stato con noi: così il monastero avrebbe brillato come stella di vivissimo splendore. (Vita 32, 11)……. Questa visione era accompagnata da così grandi effetti, e le parole mi avevano talmente impressionata che non potevo nemmeno dubitare che fossero di Dio. (Vita 32, 12)….. Sistemata ogni cosa, piacque a Dio che il giorno di San Bartolomeo si procedesse alla vestizione di alcune postulanti e si collocasse il Santissimo Sacramento nella cappella: e così, con tutte le autorizzazioni e le formalità richieste veniva eretto nel 1562 il monastero del nostro gloriosissimo Padre San Giuseppe. (Vita 36, 5)
Carmelo Valmadonna

venerdì 23 agosto 2013

Maria Bolognesi di Borsaro


Per maggiori dettagli, aprite il link sottostante, che vi farà conoscere altro, della futura Beata. E, ancor meglio, se volete conoscere la spiritualità carmelitana, vista dagli occhi di un Padre poeta, visitate il sito dedicato alla poesia nel Carmelo, indirizzandovi a questo link: http://steresa.altervista.org/index.html

http://steresa.altervista.org/bolognesi.htm


Buona visione e lettura!




giovedì 22 agosto 2013

Il sacerdozio, il mio sogno!

Il sacerdozio, il mio sogno!

Omelia tenuta dal P. Provinciale in occasione del funerale di P. Filippo Calabrese
Padre Filippo Calabrese

Chiesa S. Maria del Monte Carmelo, Bari


Carissimi Confratelli, Sacerdoti, Religiose e amici tutti qui presenti, ci onorate con la vostra presenza e con la vostra preghiera; ci sostenete con la vostra compagnia Ìn questo momento delicato della nostra vita. Grazie a tutti e a ognuno di voi.

Con P. Filippo se ne va un pezzo della nostra storia, un anello di quella trasmissione della vita che è fatta di persone, di situazioni, di luoghi e aneddoti; e lui, senza dubbio, è stato un ottimo trasmettitore di quel tessuto della tradizione della nostra Provincia. Educava narrando, facendo emergere quell'umanità buona incontrata in tanti confratelli, con i quali aveva condiviso un pezzo, più o meno lungo della sua esistenza.

Quando raccontava la sua vita da frate, sembrava che - almeno per un istante - il tempo si contraesse, quel momento tornasse a vivere e attraverso quello, potessimo entrare anche noi.




P. Filippo era felice di essere frate. Era felice di essere sacerdote. Da questa attitudine veniva tutta quella felicità che traspariva dalla sua ilarità, dalla battuta sempre pronta, dalla sua cordialità.

Da ragazzo, quando era chierichetto, insieme a P. Bemardino Lieto, percorreva le strade sterrate di questa parrocchia per le benedizioni delle case o per accompagnare un defunto. Parlava ancora quasi solo in barese, quando P. Egidio Imperatore o P. Eusebio Mariani lo invitavano a salire in convento e gli sembrava di vedere una bellezza mai conosciuta prima; gli sembrava di essere parte deIl’immensità del mondo; gli sembrava di aver intravisto qualcosa di quella gioia che riempie l'universo e contiene tutte le creature e gli uomini quando sanno vedere.

Così, partì per Maddaloni con le sue valigie di cartone e il materasso arrotolato, accompagnato da Fr. Isidoro Palumbo. Era l'anno 1951. Nei suoi appunti ha annotato: "Sono andato via dalla casa patema (papà Domenico, la mamma Anna Sforza, le sorelle Anna e Giovina e il fratello Gaetano) per continuare gli studi superiori nel Collegio Apostolico dei PP. Camelitani Scalzi in Maddaloni (CE), come aspirante alla Vita religiosa e in preparazione al Sacerdozio ... si rafforzava in me la convinzione che era questa la scelta di vita che il Signore mi ispirava”.
L’11 ottobre 1957 - “anno di grazia”- emise la sua prima professione religiosa. Rimase sempre grato al suo maestro di noviziato, P. Andrea De Conno.

Compì i suoi studi di teologia tra Napoli e Caprarola (VT). L’8 agosto 1965 fu ordinato sacerdote. P. Filippo ricorda questo momento scrivendo: “Dal 1962 al 1965 ho frequentato il corso di teologia per raggiungere il Sacerdozio, il mio sogno”.

Ciò che P. Filippo cercava, quella bellezza che aveva intravisto nella vita buona di tanti Padri Carmelitani Scalzi conosciuti stava nel suo essere sacerdote e religioso. Quello che prima era un "sogno" da ragazzo, adesso era realtà: quella bellezza gii avrebbe riempito la vita. Ecco, era questo che voleva.

Nel 1966 tornò a Napoli e frequentò l'anno di pastorale in Diocesi: "Così inizio il mio compito di Sacerdote-religioso OCD". Descrive quei primi anni di sacerdozio con entusiasmo, ricordando l'esperienza come confessore ai carcerati di Poggio Reale, in Napoli. "Prime esperienze pastorali e tanta commozione”.  (Quando ha scritto questo, credo che una lacrima abbia bagnato il foglio).

Con altrettanto entusiasmo, scrive: "Nel 1970, ho finalmente il permesso di andare a Scuolaguida. Divento, con grande soddisfazione, autista. E’ bello guidare la macchina!”.

P. Filippo era sempre rimasto quel ragazzo vivace che metteva scompiglio in casa, che sognava di comprarsi un paio di scarpe da ginnastica per giocare a calcio, l'altra sua grande passione.

Per molti anni risedette a Maddaloni dove rivestì diversi incarichi, come vicerettore, rettore, economo, vicesuperiore e infine superiore. Una "carriera a Maddaloni”, come scherzosamente annota. Amò molto stare "tutti i pomeriggi con i ragazzi che fanno i loro compiti...".

Dopo un breve passaggio a Bari (1980-1983), dal 1983 al 1989 svolse il suo ufficio di superiore a Montechiaro (casa di noviziato).  A Piano di Sorrento intraprende quell'apostolato semplice fatto di relazioni e cordialità.

Con altrettanto zelo e umanità, per dieci anni permase a Brindisi – Jaddico, dove -scrive- «Ci si ubriaca di confessioni... ascolti la mattina, ascolti nel pomeriggio, fino a sera tardi”. Di quella conventualita ricorda un evento, per lui unico: il viaggio -gratis- in Terra Santa, nei luoghi di Gesù; "... E che gioia quando mi portarono sul Monte Carmelo! Ho visto la culla del nostro Ordine! Una bella Chiesa con la statua deìla Madonna del Carmine e un grande convento".

La sua calda umanità e la sua gioia mi spinsero - allora Provinciale- a portarlo a Bari, nominandolo Maestro degli studenti. Era l’anno 1999. A tutti resta nel cuore la giovialità del suo servizio e la paternità del suo tratto. Nei suoi appunti dice; "Mi trovo qui a Bari, in parrocchia, invecchiando (?), ma sereno e gioioso, con una numerosa famiglia parrocchiale di giovani e anziani a lodare il Signore. Alleluja!”. Lui ha amato questa comunità, perché era la sua famiglia.

Carissimi ho voluto solo pennellare un frammento dell'umanità serena e cordiale di P. Filippo, evidenziando la freschezza di vita, l'ilarità che non Io faceva invecchiare, la sua memoria grata e riconoscente all'Ordine, alla Chiesa, alla sua famiglia; la sua capacità di essere uomo di relazioni, sebbene timido; il suo essere religioso-sacerdote felice della vocazione e missione ricevute.

Mi piace ricordare ancora due aspetti della vita di questo nostro caro fratello: la sua testimonianza vocazionale e la stagione della malattia.

La prima testimonianza la narro per i ministranti e poi per tutti voi, perché la vocazione di P. Filippo è nata in questa chiesa. Nella sua vita di religioso-sacerdote, P. Filippo aveva compreso che c'è una meravigliosa bellezza nel poter amare gli altri, perché è l'amore di Dio che si mostra agli uomini attraverso la propria persona.

P. Filippo è stato come un flauto attraverso cui Dio ha potuto suonare la Sua bellezza, il Suo bene per gli uomini. È stato uno strumento della Sua voce e lui, fin da ragazzo, con la sua cotta e le scarpe da ginnastica nuove, non ha avuto bisogno di nient'altro: gli è bastato credere di poter amare e decidere di volerlo fare per gli altri.         

Credo che per questa ragione amasse il vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Forse lui si sentiva come quel ragazzo che aveva solo "cinque pani d'orzo e due pesci” (Gv. 6, 9-13), ma Gesù lo aveva preso sul serio quel bambino e per questo aveva moltipllcato quel poco in molto, per tutti. Nessuno abbia timore di osare, di mettere a disposizione di Gesù il poco che possiede. Non aver paura! Gesù fa felici!

La seconda testimonianza passa attraverso la sua malattia, tra la consapevolezza di farcela e la resa credente. Mi ha stupito, fin dall'inizio della sua malattia, la fedeltà alla preghiera e agli atti comuni. Non si è mai lamentato, sebbene i dolori e i disagi fossero crescenti. Restavo sempre stupito, nel mutuo riservo, nel vedere l'amore e l'attaccamento alla vita, ma quando ha compreso che il tempo si era fatto breve, non ha sciupato nulla. Ha
saputo offrire in maniera silente e discreta, con quella dignità che ti lascia "nudo" come Cristo sulla croce, scheletrito eppure con un'autorevolezza che è fatta solo di presenza, di sguardi, di un sorriso, di una mano tesa e di un corpo abbandonato.

Credo che P. Filippo avesse compreso che la vita etema non era lontana, anzi si era fatta estremamente vicina. Uno dei suoi ultimi interventi come superiore è stato sulla misericordia, sulla capacità che dobbiamo avere nel vedere le tante cose buone che Dio compie nella vita di ogni persona. E come se avesse avuto chiaro che se solo fosse riuscito a prendere qualcuno e lo avesse avvicinato ed amato (Mt. 25, 34-40), come dice il Signore, allora la grandezza di Dio si sarebbe già schiusa ai suoi occhi; la pace avrebbe già colmato la sua anima e sarebbe stata l'eternità ad entrare, già ora, nella sua vita. Perché è
nell’umanità la nostra bellezza. È qui la nostra salvezza: sta già qui. È l'amore l’etemita, la bellezza che cerchiamo, come mendicanti, per tutta la vita. Oltre all'amore non resta altro, non c'è altro (1 Cor. 13, 8-13).

A mezzogiorno del 16 luglio, durante la Supplica alla Madre nostra del Carmelo, piacque a Colui al quale aveva dedicato la vita portarlo via con sé. P. Filippo ci ha lasciati così: mentre eravamo tutti dinanzi a Maria, sotto il manto di Lei "Fior del Carmelo, Vite fiorita, Splendore del cielo, Stella del mare, Madre mite ed intemerata", mentre celebravamo “l'ossequio" di Gesù Cristo.

Non posso chiudere senza dire il mio sentito e cordiale grazie alia comunità religiosa di Bari, ai PP. Carlo, Pietro, Luigi Borriello e Fr. Maurizio. Una gratitudine particolare sento di doverla esprimere a P. Carlo, per la dedizione e l’attenzione che ha riservato in tanti momenti della malattia di P. Filippo. Certo, è più quello che abbiamo ricevuto che quello che abbiamo dato, ma ci ha fatto tanto bene.

Altrettanta gratitudine riservo alle Signore Giovanna e Maria Pia , al Dott. Restini e al Dott. Costanza. Grazie ai religiosi della Provincia e ai tanti sacerdoti che ci onorano con la loro presenza, grazie alle religiose e al’OCDS, ai tanti amici che non hanno mai fatto mancare l'affetto e l'attenzione, in particolare a quelli provenienti da Piano di Sorrento. Grazie a tutti voi qui convenuti, che ci accompagnate nella preghiera e con tanta fraternità. Un saluto speciale riservo alla sorella Giovina, alla cognata e ai nipoti di P. Filippo: vi ha portati nel suo cuore di frate e sacerdote, sempre.




Bari, 17 luglio 2013                                                             P. Luigi Gaetani, OCD, Provinciale






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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi