AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

mercoledì 31 ottobre 2018

Javier Bardem's monologue from 'To the Wonder' e considerazioni personali di Danila Oppio





Ho visto questo film ieri sera, che mi ha trasmesso qualcosa di grande. Questo video riguarda il monologo recitato da Javier Bardem in lingua spagnola, (la sua!) ed è una preghiera forte. 

Consiglio la visione del film completo, perché a mio avviso è una lode al Creatore, in ogni sua parte, anche laddove si potrebbe pensare che Dio è lontano. Ma la frase ricorrente è "E' l'Amore che ci ama".  (non esistono lunghi dialoghi, solo qualche parola messa lì proprio quando è necessaria). Il regista si serve delle immagini, per mostrare il volto del Creatore.
Una sinfonia d’immagini della natura, dai colori intensi. Movimenti lenti, anche nel continuo danzare della ieratica protagonista, quasi fosse un inno alla Creazione.
Pochissime parole essenziali, come versi poetici che si ripetono e rincorrono, il cui centrale consiste in “E’ L’Amore che ti ama”.
Un film statico, lento, qualcuno potrebbe provarne noia, anche a causa di Ben Affleck, poco espressivo, ma forse utile per meglio entrare nel pensiero dello straordinario regista.
Un giovane prete, che sente allontanarsi il suo Dio,  che crede distratto, occupato in altre faccende, e non riesce a trovarlo neppure se lo cerca: “Dove sei?”. Il suo è quasi un grido silenzioso, per poi rivelarsi tra gli ultimi, i malati, i disperati, e il sacerdote scopre così il vero senso dell’amore.
Il messaggio è chiaro, almeno così l’ho interpretato: si cerca l’amore negli altri o dentro se stessi, e che spesso risulta trattarsi di un amore a senso unico, esclusivo. Non appena l’attrazione si dilegua, ecco che pare tutto stia crollando intorno a noi. Non dobbiamo però scordare che non siamo noi ad amare, è l’Amore che ama noi.
Danila Oppio

EPIFANIA di Roberto Vittorio Di Pietro

Parrà quantomeno strano che voglia pubblicare la poesia di ROBERTO VITTORIO DI PIETRO in un periodo ancora lontano dal 6 gennaio, ma c'è una precisa ragione nella mia scelta. Lo svelerà proprio l'ultimo verso di questa mirabile composizione.

Giotto: Epifania

EPIFANIA

Con quanta fretta il mondo ti fa crescere!
Oggi t'ho ritrovato nel presepe
già un ragazzino fatto e austero quasi
quanto Melchiorre il magio: per lo scrupolo
di qualche vecchio prete, ormai altrettanto
maturo nel contegno e nel vestito.
Già ritto in armi, o Bambinello? Troppo
precocemente divenuto il Figlio
dell'Uomo destinato a farsi martire
con umili parabole o schermaglie
nel tempo degli ipocriti eruditi.

Gesù, t'ho salutato ripensandoti
nel modo in cui dormivi giorni addietro, 
coi piedi scalzi e le manine tese,
sereno piccoletto: come quando
la tua innocenza ignuda sulla paglia
porgeva amore da due occhietti chiusi,
cantava la sua gloria dal silenzio
di due labbruzzi ancora trasognati,
ignari che fra le parole umane, 
pur concepite oneste, savie e leali,
s'insinua un tradimento o una sconfitta.

Mi restituisti il verde del sorriso
tuo primo, di un'infanzia come zolla
feconda e forte senza voce alcuna;
con quello me ne andai, e con un filo
di muschio vero, stretto tra le dita.
Ma nel lasciarti adulto, pronto a insorgere
contro la gran cometa e il chiasso immane
di tutte quelle cose che, strillando,
ostentano calore e sono morte,
ho visto alzarsi un'ombra...era un vessillo?...
Un labaro abbrunato. Già una croce.


LA GRANDE IMPUNITA di Roberto Di Pietro

Colgo l'occasione di questi giorni in cui si ricordano i defunti, per pubblicare una poesia dell'amico poeta, letterato e critico letterario ROBERTO VITTORIO DI PIETRO. 
La sua innata ironia, risalta in maniera chiara in questa sua composizione poetica che ho tratto dalla sua nuovissima silloge ORFEO, ORA PUOI...poiché madama morte (o la Livella, secondo Totò) non guarda in faccia nessuno, a qualunque religione appartenga.


LA GRANDE IMPUNITA

È venerdì - e guardatela! Le importa?
Si beffa delle nenie del muezzino.
Lei mangia anche di giorno al Ramadàn.

"È sabato! Jaràbbi, presto! Fermala!
Miete... affastella..." - E... che? D'inverno il grano
non cresce mai, neppure in Terra Santa.

Domenica è! Oh vergogna: sull'altare
corteggia un chierichetto! E lui che intona
il Kyrie, celebrando il Suo riposo.

Né a nord, né a sud, né a oriente, né a occidente,
legge non teme, lei . Lei non si cura
di Allàh, di Gèova, Schiva, Manitù...

E un buon castigo? "A quella?! Uhhh... - il volgo dice -
finché s'è vivi noi, manco a morire!"
s'intende (hhm, pare...) con Domineddio.


"ERA LA STAGIONE DEI MORTI" di Enzo Bianchi




Tomba al Cimitero Monumentale di Milano


(…) era «la stagione dei morti» soprattutto perché a essi si pensava più intensamente. Si aveva non solo la consapevolezza ma anche la sensazione, direi quasi fisica, che delle generazioni ci avevano preceduto lasciandoci qualcosa e che, quindi, noi eravamo debitori verso quanti erano già morti. L’avvenire non esisteva ancora per noi, lo potevamo sognare, ma il passato era una realtà indubitabile: buona o cattiva, bella o brutta, esisteva, e al passato appartenevano i morti, soprattutto i «nostri» morti. Ecco perché ricordarsi di loro era una doverosa questione di fedeltà: si trattava di riconoscere che quelle persone non erano vissute invano e che per noi contavano ancora (…)
Oggi i sociologi sostengono che le nuove generazioni sono «senza memoria» perché non è stata trasmessa loro un’eredità o perché è divenuto difficile discernere e recepire l’esistenza stessa di beni da ereditare. Ma credo che non ci siano generazioni migliori delle altre; c’è invece il dato che oggi i morti si dileguano presto, non ci diamo più il tempo per ricordarci e aver cura di loro: siamo ricchi di tante cose, ma poveri di tempo e di spazio per quanti abbiamo amato.
(…)
Chi muore non è più nel tempo, non appartiene più al tempo, ma grazie alla sepoltura permane un luogo che consente di dire: «È là!» Negare questo spazio fisico identificabile significa rendere i morti «utopici», senza luogo. È paradossale: la notte di cui tutti facciamo esperienza, vedendo morire gli altri e morendo noi stessi, diventa utopia, senza luogo, come se potesse per questo diventare irreale, scomparire dal nostro orizzonte.
Nella cura anche fisica per i nostri morti è in gioco, invece, la nostra umanizzazione, che non è solo vita nell’attimo presente, ma esistenza inserita in una storia che ci precede, ci attraversa, ci sorpassa.
(dal capitolo «La stagione dei morti» tratto da «Ogni cosa alla sua stagione» di Enzo Bianchi)


Vorrei solo aggiungere un mio pensiero: se portiamo nel cuore il ricordo dei nostri cari defunti, resteranno vivi nella nostra memoria, a prescindere dai rituali di questi giorni, dove la corsa ai cimiteri, i fiori, i ceri, spesso sono solo una formalità relativa al 2 novembre, per poi scordarsene per tutto il resto dell'anno. Purtroppo ciò accade più spesso di quanto non si pensi.
Danila Oppio


lunedì 29 ottobre 2018

ARTE SACRA A VARALLO (VC)


Ciclo su Arte Sacra a Varallo (VC


IL CRISTO CONDOTTO DAVANTI A PILATO
(Giovanni d’Errico - Sacro Monte di Varallo)
Sembri una larva umana... Su di te
si seppe scatenar tutto il sadismo,
la terra trasformando in un serraglio!


I DUE LADRONI
(Tabacchetti - Sacro Monte di Varallo)
Ammanettati avanzano i ladroni
verso il patibolo. Può sembrar magra
consolazione: almen non son gravati
da quell’immane croce sulle spalle...


IL BUON LADRONE 
(Gaudenzio Ferrari - Sacro Monte di Varallo) 
Un lampo par la mente rischiarare.
Scosso da quel soffrire dignitoso
invoca supplichevole il Maestro
e un posto in Paradiso si assicura!


L’ADDOLORATA AI PIEDI DELLA CROCE
(Gaudenzio Ferrari - Sacro Monte di Varallo)
Vergine, sembri quasi con le braccia
sbarrar il passo alla morte crudele:
perdendo quel Figliolo perdi tutto!
Sol braccia premurose t’impediscon
di stramazzar per il sommo dolore...


ECCE HOMO
(Sacro Monte di Varallo)
Avresti tu bramato che la Madre
quelle spine sul capo non vedesse.
Sapevi che le avrebbero trafitto
profondamente il Cor immacolato!


MADONNA COL BAMBINO
(Gaudenzio Ferrari - Sacro Monte di Varallo)
Al Bimbo piace tanto quel giaciglio
rappresentato dal materno abbraccio.
Per lui poter guardar sempre quel viso
è sommo godimento sulla terra!


ANGELO MUSICANTE
(Gaudenzio Ferrari - Sacro Monte di Varallo)
Si scomoda l’orchestra celestiale
per annunciar ai trepidi pastori
la prima vera pace ad una terra
fin troppo dilaniata dalla guerra...


ANGELI MUSICANTI
(Gaudenzio Ferrari - Sacro Monte di Varallo)
Solo degli angioletti sono in grado
di fare risuonare melodie
che sappiano dar lode al sommo Iddio
per lo stupendo dono del Messia!


LA VERGINE ADORANTE
(Sacro Monte di Varallo)
Vergine, più lo guardi e più comprendi
che questo Figlioletto dell’Eterno
assomma in sé una duplice beltà:
quella del Cielo e quella della terra!


S. GIUSEPPE ADORANTE
(Sacro Monte di Varallo)
Giuseppe, guardi attonito il Bimbetto:
sol la divina mano lo poteva
plasmare sommamente rifulgente!

 
L’ANGELO ANNUNCIANTE
(Sacro Monte di Varallo)
Arcangelo, dai pori sprizzi tanto
tremor reverenziale: quanto annunci
è frutto d’un Amore sempiterno!


L’ANNUNCIATA
(Sacro Monte di Varallo)
Vergine, quelle braccia sovra il petto
già paion custodir maternamente
il germe della Vita che ci salva!


IL CRISTO MORTO
(Pinacoteca di Varallo)
L’umana cattiveria qual aratro
volle lasciare solchi assai profondi,
eppur l’eterno Amore vincerà!


LA PIETÀ 
(Detta anche Pietra dell’Unzione – Pinacoteca di Varallo) 
Vergine, tu sapesti a noi donare
il fior dell’universo e i suoi fratelli
con somma ingratitudin martoriare
lo vollero. Si spezza certo il core,
eppur con indiscussa Fede credi
alla divina Parola che salva!

(Milano 28-10-2018), Padre Nicola Galeno


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi