AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 20 aprile 2024

L'ULTIMA DIMORA DI ETO'O, MIGRANTE SENZA FINE di P. MAURO ARMANINO

 


L’ultima dimora di  Eto’o, migrante senza fine


Era chiamato familiarmente Eto’o dai compagni viaggio, come il noto giocatore di calcio camerunese. Anche lui, Feliciano, era originario dello stesso Paese e, a suo modo, era famoso nell’ambito delle migrazioni. Partito in fretta per l’Algeria poi dalla Tunisia che aveva raggiunto, si era recato a Dubai e, da lì tornò al suo Paese natale. Ripartito per Dubai una seconda volta aveva conosciuto espulsione col ritorno forzato al Camerun. Dopo qualche tempo, mosso da qualcosa di indefinibile, aveva raggiunto il Ghana e successivamente, con l’amico Giovanni, il Togo anch’esso adagiato sulle coste atlantiche. La voce che li chiamava si trasformava una volta di più in una irresistibile seduzione e, con l’amico hanno raggiunto la frontiera dell’Algeria. Vista la repressione delle autorità algerine nei confronti dei cercatori di utopie, hanno scelto di tornare indietro sullo stesso cammino dell’andata. Giunti a Niamey si sono sommariamente presentati agli altri residenti della diaspora camerunese e si sono in seguito eclissati in uno dei quartieri.
Eto’o ha cercato di curare i dolori atroci che sentiva al dente. In seguito all’assunzione forse esagerata di medicinali antidolorifici venduti in strada è stato costretto a usufruire delle cure di una clinica privata della zona. Nel frattempo, le sue condizioni di salute peggioravano e, oltre ai dolori intestinali si era prodotto un blocco renale che rendeva la sua situazione disperata. Raggiunto il Servizio Migranti ormai moribondo è stato accompagnato all’ospedale universitario e operato d’urgenza. Era però troppo tardi e Feliciano è morto all’età di 37 anni a Niamey da due giorni. Il feretro di legno compensato con apposta una croce sulla parte superiore è già pronto. La tomba è stata scavata nel nuovo cimitero cristiano della capitale e solo si aspetta che qualche membro della famiglia lo raggiunga per seppellirlo nella capiente e umile sabbia del Niger. Una croce porterà scritto il nome, la data di nascita e quella del transito migrante più impegnativo. Lui, Eto’o, che ha fatto della sua vita una migrazione e della migrazione la sua vita si è fermato a Niamey.
Oppure no. La casa a forma di tomba scavata nella sabbia carezzata dal vento e seccata dal calore della stagione è l’ultima per chi pensa che la migrazione di Eto’o sia terminata. Molti che l’hanno conosciuto giurano che non è così. Proprio adesso che tutto sembra finito è invece iniziato per Feliciano il viaggio verso ciò che ha sempre sperato, creduto e cercato. Una dimora nella quale i Paesi, le frontiere e il colore del mare si mescolano con le lacrime di gioia di chi ha raggiunto, finalmente, ciò che molti non osano più immaginare. Nel silenzio che circonda il cimitero, il vento porta lontano la speranza che Eto’o ha camminato e che altri incauti avventurieri abiteranno nella sognata terra della libertà.



                    Mauro Armanino, Niamey, aprile 2024

                                                                                    

lunedì 15 aprile 2024

GEOPOLITICHE DI SABBIA NEL NIGER E DINTORNI di PADRE MAURO ARMANINO

 


Geopolitiche di sabbia nel Niger e dintorni

Nelle definizioni la geopolitica è lo ‘studio dei rapporti tra i fattori geografici e le azioni o le situazioni politiche’. Dette relazioni non sono qualcosa di meramente ‘contemplativo’ quanto finalizzate ad un potere militare, politico, economico e culturale. Nel nostro Paese il Niger e nei dintorni, entrambi i fattori in gioco sono essenzialmente costituiti dalla ‘sabbia’. La geografia e la politica, in un contesto di concorrenza o egemonia per il potere, si articolano e sviluppano attorno a questo elemento unico che ne definisce l’identità e l’immaginario. Il putsch di fine luglio dell’anno scorso era stato lui stesso di sabbia e, strada facendo, le scelte operate dalla giunta militare al potere, non hanno fatto che confermare e rendere più certa questa evidenza. L’Alleanza degli Stati del Sahel, Burkina Faso, Mali e Niger. L’annunciata fuoriuscita dal consesso della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale.  L’espulsione dei militari francesi e americani con le rispettive basi dal territorio nigerino sono andate di pari passo con trattati di cooperazione militare, tecnica ed economica con la Federazione Russa. Le bandiere di quest’ultima, apparse in modo quasi aneddotico fin dall’inizio delle manifestazioni pro-giunta, non erano dunque casuali. 
L’idea di sovranità, rivista, tradotta e applicata in questi mesi, continua ad apparire come idea motivante di una parte della società civile e del popolo stesso. Anni di frustrazione, di svendita del Paese all’Occidente e di violazione dei dettati costituzionali in particolare nell’ultimo decennio, hanno facilitato il processo di dissoluzione delle istituzioni per lasciare il posto al un ‘regime di sabbia’. Quest’ultimo, accaparratosi del potere grazie alla detenzione del presidente nella sua dimora, ha operato le scelte di cui sopra senza che la tanto decantata sovranità del popolo sia stata presa in considerazione. Un popolo che la sabbia ha creato, modellato, formato e reso a sua immagine e cioè silenzioso, resiliente e capace di sopravvivere in ogni circostanza e prova. Un popolo di sabbia che osserva, giudica, soppesa i regimi che si susseguono nella sua storia e, reso cosciente dalla sofferenza e le privazioni, custodisce il sapore antico della dignità. Proprio quest’ultima, confiscata da una elite politica che il potere ha corrotto e reso servile alle geopolitiche occidentali, ha trovato l’opportunità di risorgere dalla dimenticanza nella quale era stata sepolta. Non accada, dunque, che venga una volta di più tradita da chi pensa di detenere la chiave della verità.
Ognuno, nel Sahel come altrove nel mondo, fa il suo gioco e cerca i propri interessi. Di questo parlano e raccontano le geopolitiche di sabbia che si fanno concorrenza e che prendono questa porzione d’Africa come luogo di un’altra spartizione di potere o corsa per chi svilupperà la propria influenza. Di certo il Sahel non è semplice vittima o passivo osservatore della nuova identità regionale quanto interessato attore fin dove e quanto esso è possibile. Persino l’Italia, nel suo piccolo, con la presenza diplomatica, militare e di cooperazione, cerca di ritagliare la propria giustificata presenza nel Sahel. La retorica del ‘controllo’ o quanto meno di una certa canalizzazione dei movimenti migratori rimane un miraggio. I Paesi confinanti il Niger, in effetti, persistono e radicalizzano le politiche di esclusione, deportazione o internamento dei migranti nel loro spazio nazionale. In tutto questo infernale gioco che porta alla sconfitta annunciata dei popoli, permane lo spazio esiguo; eppure, decisivo per ciò che da tempo la congiura del sistema ha espunto. Si tratta del ritorno all’ascolto del silenzio dei poveri che la sabbia, nella sua umiltà, ha nascosto ai potenti e ai saggi che organizzano le geopolitiche che torneranno alla sabbia da cui sono nate.




Momenti di catechesi infantile per riunione con adulti

              Mauro Armanino, Niamey, 14 aprile 2024

domenica 7 aprile 2024

IL FUTURO DEL PASSATO O IL PASSATO DEL FUTURO: A NOVE MESI DAL PUTSCH di P. MAURO ARMANINO

Il futuro del passato o il passato del futuro: a nove mesi dal putsch

Da fine luglio dell’anno scorso ad aprile di quest’anno sono passati nove mesi, il tempo di una gestazione. Arrivato relativamente inaspettato il putsch dei militari ha sorpreso soprattutto per la modalità utilizzata nella circostanza. Il sequestro del presidente in carica nella casa presidenziale ad opera della guardia che avrebbe dovuto proteggerlo da questo e altri tentativi di golpe. Il ritmo ciclico dei colpi di stato nel Niger evidenzia i bloccaggi nell’esercizio del patto democratico tra i partiti politici e la ‘leggerezza’ delle istituzioni che dovrebbero garantirlo. Tra queste non si può non citare i militari che fin dall’inizio della Repubblica hanno giocato un ruolo determinante nell’assetto democratico o meno del Paese. Nove mesi di sabbia per una gestazione, anch’essa, di sabbia. Quella che si adagia, compiaciuta, sulle strade quasi quotidianamente ripulite dagli addetti del comune e che torna, puntualmente, allo stesso posto il giorno seguente.

Anche la politica adottata nella transizione sembra, naturalmente, di sabbia. Sono gradualmente sparite le bandierine tricolori del Paese, portate in giro dai taxi e dai più numerosi e pericolosi tricicli. Anche le oceaniche dei primi giorni allo stadio e i presidi delle rotonde hanno gradualmente lasciato il posto alla testardaggine della vita quotidiana. La riapertura delle frontiere e la levata delle sanzioni ad opera della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, non ha riportato quel sollievo che la povera gente e gli imprenditori economici attendevano. La piroga e le estorsioni istituzionalizzate continuano ad essere il mezzo che unisce le due rive del fiume Niger alla frontiera col Benin. Cacciati i militari francesi e fattisi discreti i pochi civili rimasti, è stata la volta dei militari americani ad essere invitati ad andarsene. Rimangono, discreti e in attesa di futuri equilibri diplomatico-economici, i militari italiani sul posto.

L’Alleanza degli Stati del Sahel, AES in abbreviato, che comprende Il Mali, il Burkina Faso e il Niger, i Paesi più colpiti dal terrorismo, banditismo e affarismo, si vuole come una risposta politico-militare alla drammatica situazione di insicurezza delle popolazioni. Gli sfollati, in questa porzione del Sahel, si contano a milioni e le condizioni di vita di migliaia di contadini sono al limite della sopravvivenza. La carestia temuta e, purtroppo, da anni ‘istituzionalizzata’, tocca una porzione importante del popolo. Le scelte politiche legate all’assolutizzazione del concetto di ‘sovranità nazionale’ e ‘autarchia’ hanno comportato conseguenze e ‘ricadute’ sulla gente non sempre prese in debito conto. Il punto forse cruciale della transizione/gestazione di questi mesi si trova nella difficoltà a trovare il nucleo del progetto politico che anima il presente. Esso, per non tradire il principio ‘realtà’, dovrebbe mettere al centro il ‘bene comune’ e cioè la giustizia per i poveri. Onde evitare di riprodurre il passato nel futuro è stata inventata la politica e soprattutto la democrazia. 



               

Mauro Armanino, Niamey, aprile 2024


lunedì 1 aprile 2024

Bob Marley - Redemption song (Music video)

LA PASQUA, DI SABBIA, DI NIAMEY di Padre MAURO ARMANINO

    La Pasqua, di sabbia, di Niamey

Questa festa interessa le poche migliaia di cristiani che vivono in città e dei quali la maggior parte è originaria dei Paesi della costa atlantica che il commercio degli schiavi rese famosa e temuta. C’è in cambio il ‘lunedì di Pasqua’ che il calendario ufficiale delle festività riconosce, assieme al Natale, a livello nazionale. Sono le due festività accolte, almeno finora, nel calendario dello Stato. Si tratta di una Pasqua di sabbia, precaria e fragile come si conviene e in sintonia con la transizione che il Niger abita da fine luglio dell’anno scorso. E’ la conseguenza del colpo di stato che ha deposto e imprigionato nel palazzo presidenziale l’eletto in circostanze dubbiose Mohammed Bazoum. Anche la transizione del Paese è di sabbia. Azzardarsi a domandare la meta del viaggio significa esporsi ad un imbarazzante silenzio che la polvere copre di pudore. Il sentiero che il Niger e l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES) percorrono è ancora poco frequentato.

Eppure, nel suo piccolo, la festa di Pasqua è latrice di un messaggio, difficile a decifrare nel contesto, di una liberazione possibile per tutti. Se Pasqua indica, nell’etimologia popolare, ‘passaggio’ allora l’avvenimento pasquale che la festa attualizza, indica almeno due liberazioni conseguenti. La prima ricorda il mito fondatore del popolo di Israele che, tramite un esodo durato anni, abbandona la terra della schiavitù del Faraone d’Egitto per rischiare l’indigenza e l’incertezza della libertà. Il cammino nel deserto, tra stenti, paure e tentazioni di un ritorno al passato che rassicura, diventa la metafora della transizione attuale del popolo nigerino. Come per il popolo di Israele la realtà degli idoli fabbricati continua a sedurre l’immaginario della gente e in particolare dei ‘capi’. Il potere, il prestigio e l’arroganza del dio denaro sono l’attuale vitello d’oro che il popolo si è fabbricato nel deserto. L’acqua della roccia è difficile a trovare.

C’è poi l’altra liberazione possibile, ancora più pericolosa per il disordine stabilito, che, in relazione con la Pasqua afferma che i sepolcri si sono svuotati e le tombe sono trasformate in giardini. Questa seconda promessa di liberazione è ancora più sovversiva della precedente perché, dopo il silenzio della notte e all’albeggiare, ci si accorge che l’anelito per un mondo nuovo non era vano. Ciò significa che la violenza, la menzogna del potere, il cinismo dei commercianti di parole e d’armi, i fabbricanti di illusioni e gli imprenditori del sistema di dominazione, sono finalmente inermi e spodestati. Le tombe dei cimiteri nelle quali i potenti volevano chiudere la storia umana, litania infinita di guerre e ribellioni al sistema, sono svuotate. Le pietre che le coprivano servono ormai per costruire il mondo assente che tanti cercavano a tastoni. Passare dalla schiavitù fisica e mentale, ricordava un certo Bob Marley, è proprio ciò che permetterà di cantare assieme agli amici resi liberi, il suo ‘Redemption Song’, il canto della libertà, di sabbia.

Mi aiuterai a cantare

Questi canti di libertà?

Perché tutto quel che ho sempre avuto

Sono i canti di redenzione,

Tutto quel che ho sempre avuto

Sono i canti di redenzione

Questi canti di libertà,

Canti di libertà



Confessioni infanti


Visita alle prigioni 


Venerdì Santo


Venerdì Santo 2024

Mauro Armanino, Niamey, Pasqua 2024

sabato 30 marzo 2024

Gianni Rodari - Campane di Pasqua (Filastrocca)



BUONA PASQUA A TUTTI VOI, CHE SIA SERENA, COLMA D'AMORE E DI BONTA'

Ciclo sulla Processione dell''ADDOLORATA A TRANI-Didascalie poetiche di P. NICOLA GALENO OCD

 Processione dell'Addolorata a Trani (BAT)






mercoledì 27 marzo 2024

LE PALME DI POLVERE A NIAMEY di Padre MAURO ARMANINO

 

                       
Le palme di polvere a Niamey

Le nostre palme sono di polvere come Il governo di transizione del Niger che ha decretato tre giorni di lutto nazionale. 23 i militari uccisi e diciassette quelli feriti il passato mercoledì nella zona delle tre frontiere, Mali, Niger e Burkina Faso. Secondo il bilancio ufficiale del ministro della difesa, anche varie decine di ‘terroristi’ hanno perso la vita. La Domenica delle Palme impolverate e insanguinate di Niamey. Proprio quello che è accaduto al vescovo Oscar Romero lo stesso giorno di tanti anni fa. Era il 24 marzo del 1980 e la palma del vescovo si è tinta del colore liturgico della festa odierna. Anche l’anno scorso, secondo l’agenzia vaticana Fides, la maggior parte dei missionari martiri si trova nel continente africano. Si tratta di un privilegio che conferma, in modo autorevole, quanto la testimonianza del vangelo sia ormai il pane quotidiano di innumerevoli cristiani. La palma del martirio ha trovato una mano africana.
Le nostre palme sono di polvere come la vita della povera gente che inneggia al Messia liberatore da ogni oppressione e inganno. Impolverate come le speranze perdute e ritrovate là dove nessuno le attendeva. Il nostro Paese, il Niger, è ancora negli ultimi posti nel recente rapporto pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per le Sviluppo, il PNUD. Ci riviene la palma di consolazione per l’ennesimo anno consecutivo. Una palma impolverata da promesse non mantenute, da paradisi umanitari mai realizzati e da colpi di stato militari a scadenze regolari che realizzano la profezia del ‘Gattopardo’ di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Perché nulla cambi deve cambiare tutto ed ecco che la profezia si auto avvera. Adesso spira il vento della sovranità nazionale, reale e non surrogata da decenni di larvato neocolonialismo travestito da aiuti. Le speranze autentiche si trovano là dove è difficile immaginarle, nella debolezza e fragilità degli ultimi.
Le nostre palme sono di polvere come il silenzio di coloro che, dopo aver creduto in un mondo nuovo hanno la stoltezza di continuare a sperare in un domani differente. Le palme della domenica a Niamey si portano durante il mese del Ramadan ormai avanzato. In esso i credenti musulmani praticano il digiuno dello stomaco, del male e si adoperano per condividere coi poveri i loro averi. Sono palme che si passano accanto senza darlo a vedere, l’una di polvere e l’altra di sangue, per il lutto nazionale a causa dei militari uccisi dalla follia di morte che si è propagata nel Sahel. Le lacrime delle famiglie che hanno perduto i figli in una guerra mai dichiarata e la lettura della passione che racconta dell’assassinio di un innocente tra le palme della croce. Qui da noi le palme sono di polvere e non potrebbero essere altrimenti per solidarietà col luogo e col tempo. Sono i bambini che, durante la preghiera, hanno intrecciato per gioco le palme a forma di croce.


                              
Mauro Armanino, Niamey, Domenica delle Palme 2024


sabato 23 marzo 2024

UN MONDO POLARIZZATO DISUGUALE E PERICOLOSO di P.. MAURO ARMANINO


Don Chisciotte della Mancia    -   Pablo  Picasso  

                                
Un mondo polarizzato, disuguale e pericoloso


… Possiamo fare di meglio. Meglio dei cambiamenti climatici e delle pandemie fuori controllo. Meglio di un'ondata di trasferimenti di potere incostituzionali in un contesto di populismo crescente in tutto il mondo. Meglio di una cascata di violazioni dei diritti umani, meglio del massacro sfacciato di persone nelle loro case e nei loro luoghi di vita, negli ospedali, nelle scuole e nei campi dei rifugiati. Dobbiamo fare meglio di un mondo costantemente sull'orlo del collasso, un castello di carte socio-ecologico. Lo dobbiamo a noi stessi e agli altri, ai nostri figli e ai loro figli … (Dal ‘Rapporto sullo sviluppo umano 2024’, PNUD)
Nel frattempo, ci si riarma come non da tempo non accadeva. Senza inibizioni di sorta si torna a far parlare le guerre come unica strategia di risoluzione dei conflitti internazionali e locali. La radice di tutti i mali, la dimenticanza, sembra aver preso il potere nell’immaginario culturale e politico dei popoli. Senza la memoria delle macerie e del deturpamento irreversibile dei volti umani tutto ridiventa possibile. Le parole, espressione del pensiero e della visione del mondo che l’accompagna, si trasformano in armi di distruzione totale. Hiroshima e Nagasaki hanno gradualmente smarrito, col passar degli anni e dei testimoni, di essere un baluardo simbolico alle efferatezze umane. Forse non si è imparato nulla dalle sofferenze degli innocenti e le forze del male assoluto tornano a sedurre gli spiriti da tempo svuotati e espropriati dalla mercificazione del sistema capitalista. Uscire dal vicolo cieco nel quale è piombato il mondo è il titolo del rapporto.
Lo sviluppo umano, per le sue analisi, prende in considerazione tre aspetti. La speranza di vita, l’educazione e il reddito procapite dei cittadini. Questi fattori, combinati assieme e messi in relazione forniscono elementi di comprensione nell’ambito dello sviluppo umano integrale. Nove dei dieci Paesi nei quali lo sviluppo umano è più debole si trovano nell’Africa sub sahariana. Si tratta della Sierra Leone, il Burkina Faso, il Burundi, il Mali, il Ciad, il Niger, la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan e la Somalia. Unico Paese extra africano è lo Yemen. Il rapporto del PNUD ricorda che i Paesi a governo populista presentano un tasso del Prodotto Interiore Bruto più debole degli altri Paesi. Il Niger, Paese nel quale ho il privilegio di risiedere da ormai 13 anni, continua, secondo l’indice del rapporto, a conservarsi fedelmente tra gli ultimi posti del pianeta. Ci si è gradualmente abituati a guardare la realtà dal basso che poi è un luogo di verità in quanto rivelatore del tipo di mondo che ci troviamo ad abitare. 
 Un mondo polarizzato, disuguale e pericoloso recita il sottotitolo del rapporto citato. Polarizzato nel senso che si trova diviso all’interno come all’esterno tra minoranze abbienti e masse escluse, marginalizzate o semplicemente ‘zavorra’ del sistema globale di apartheid. La polarizzazione è frutto e radice della graduale sparizione dei poveri e non della povertà. Le disuguaglianze si esprimono anche e soprattutto tramite le frontiere che di esse sono forse la metafora più eloquente. Frontiere economiche, politiche, culturali, religiose e simboliche. Un pezzo di carta e un visto possono radicalmente cambiare l’identità e il futuro di una persona. Le detenzioni, le deportazioni e i rimpatri forzati sono una delle espressioni più amare delle disuguaglianze umane. 
Un mondo pericoloso ricorda il rapporto. Pericoloso come, per chi e per quanto … Si vive, non da oggi, in questa continua strategia del ‘terrore’, ostaggi di paure, minacce, epidemie, guerre, carestie e mostri che ogni epoca inventa. Non tarderà dunque ad apparire, come da copione, il don Chisciotte della situazione che, col fedele scudiero che inutilmente cercava di farlo ravvedere, si batteva contro i mulini a vento come i nemici da abbattere. Facciamo invece nostre le parole di Rosa Luxemburg che diceva…’io mi sento a casa mia dappertutto in questo vasto mondo, posto che siano nubi, uccelli e lacrime’.




              Mauro  Armanino, Niamey, 24 marzo 2024

                                                                             

lunedì 11 marzo 2024

I BUONI E I CATTIVI DELLE RIVOLUZIONI di PADRE MAURO ARMANINO

     

I buoni e i cattivi delle rivoluzioni 


Arrivano i buoni

Arrivano, arrivano


Il Niger ha vissuto il suo primo putsch nel 1974. Fu organizzato da un quartetto di ufficiali guidati dal tenente colonnello Seyni Kountché il quale giustificò la sua presa di potere con le difficoltà sociali evidenziate dalla carestia … ‘Dopo15 anni di regno segnati da ingiustizia, corruzione, egoismo e indifferenza nei confronti del popolo al quale pretendeva di assicurare benessere, non possiamo più tollerare la permanenza di questa oligarchia’. Ci troviamo nello stesso anno nel quale Edoardo Bennato lanciava una canzone il cui testo inizia come enunciato sopra e continua come segue…


Finalmente hanno capito che qualcosa qui non va

Arrivano i buoni e dicono basta

A tutte le ingiustizie che finora

Hanno afflitto l'umanità


L’ultimo (per ora?) della serie dei putsch è stato giustificato dal discorso dal presidente della transizione, il generale Abdourahamane Tiani, all’occasione degli auguri per la festa dell’indipendenza nel passato mese di agosto…’ È questa la sede per ribadire con estrema chiarezza che l'unica ragione dell'azione del CNSP è e rimane la salvaguardia della nostra patria, il Niger… Semplicemente, sono in gioco le vite del popolo nigerino e l'esistenza stessa del Niger come Stato … vi sono i problemi ormai endemici della corruzione diffusa e dell'impunità, della cattiva gestione, dell'appropriazione indebita di fondi pubblici, del clanismo di parte, della radicalizzazione delle opinioni e delle posizioni politiche, della violazione dei diritti e delle libertà democratiche, della deviazione del quadro statale a vantaggio di interessi privati e stranieri, dell'impoverimento delle nostre popolazioni laboriose’… Stesse cose, cinquant’anni dopo.


Quanti sbagli, quanti errori

Quante guerre e distruzioni

Ma finalmente una nuova era comincerà


La storia umana è una mescolanza di sabbia. Ivi si rincorrono imperi, regimi di eccezione, repubbliche, monarchie, dittature e rivoluzioni. Alcune più note e altre meno ma tutte con l’inconfessata speranza di un mondo differente, nuovo o semplicemente migliore del precedente. Solo che nella storia succede come nella vita perché nulla si crea e nulla si distrugge del vissuto. Si girano le pagine del libro le cui pagine sono scritte dalla sabbia, cancellabili e, proprio come la vita, fragili. Troppe volte le promesse dei fautori di rivoluzioni non erano che colpevoli miraggi. Altre volte le legittime aspirazioni del popolo si trovano poi tradite dalla realtà del quotidiano. L’esperienza insegna infatti che bene e male, saggezza e follia, verità e menzogna si mescolano e confondono a seconda delle stagioni e dei rapporti di forza. Allora da uno stato di eccezione si passa alla normalità o. se vogliamo, è la banalità del male che anela ad un ulteriore putsch con altri giusti che, finalmente, metteranno i ‘cattivi’ in grado di non nuocere.


Arrivano i buoni ed hanno le idee chiare

Ed hanno già fatto un elenco

Di tutti i cattivi da eliminare


Le liste sono flessibili e sfuggevoli perché, anch’esse, di sabbia e dunque mutevoli. Non casualmente si celebrano processi sommari di delinquenti notori. Vengono istituiti spesso comitati di salute pubblica, di protezione della rivoluzione e si salveranno dal ripudio solo coloro che danno assicurazioni di trasparente onestà, gente con ‘le mani pulite’. Sono loro i prescelti per governare o comunque orientare e conservare lo spirito della rivoluzione. La giustizia mostra in tutta evidenza ciò che ci sia aspetta da lei e dunque l’asservimento volontario al potente di turno. Spariscono cittadini, attivisti, corrotti e corruttori del sistema. Liste che si aggiornano in continuazione sotto la guida di gente ‘illuminata’ dallo spirito del tempo e dal senso della storia dei vincitori. Naturalmente questo processo di identificazione dei ‘cattivi’ si apparenta ad un cantiere permanente per vocazione e soprattutto domanda tempo, anni ed è ciò che si definisce come ‘rivoluzione permanente’. Tutto ciò durerà finche i nuovi padroni saranno, prima o poi, loro stessi vittime del loro tempo di transizione. Arriveranno altri buoni, migliori dei precedenti per completare il lavoro.


Così adesso i buoni hanno fatto una guerra

Contro i cattivi, però hanno assicurato

Che è l'ultima guerra che si farà

Finalmente una nuova era comincerà


Difficile affermare se quelle che abbiamo finora designato col nome pomposo di ‘rivoluzioni’ lo sono state davvero. Oppure sono state le cronache di tradimenti annunciati fin dal loro germe sapendo che tra i mezzi adoperati e il fine perseguito c’è complicità e continuità inscindibile. Forse l’unica e autentica rivoluzione che meriti questo nome è quella che non sa di esserlo, consapevole della sua intrinseca e umana fragilità. La sola che si avvicini a questa utopia è quella che la sabbia, gelosamente, nasconde agli occhi dei ‘buoni’.


Mauro Armanino, Niamey, 10 marzo 2024. 

domenica 3 marzo 2024

GIOCANDO A GUARDIA E LADRI (GATTO E TOPO) NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO

Giocando a guardia e ladri (gatto e topo) nel Sahel

Giocavamo da ragazzi cambiando i ruoli a seconda del giorno. I ladri che si nascondevano e cercavano di sfuggire alle guardie che li cercavano per arrestarli e metterli in ‘prigione’. Il giorno dopo avveniva il contrario invertendo le identità. Guardie perché c’erano i ladri e ladri che scappavano perché c’erano le guardie. Adesso non è più il tempo del gioco perché il gioco si fa nel tempo, nella storia odierna. Guardie e ladri hanno bisogno l’uno dell’altro per realizzarsi. All’epoca del servizio come volontario nel carcere di Marassi questo gioco delle parti mi era apparso in modo particolarmente evidente. Si trattava, in fondo, di ringraziare i ‘ladri’ per quanto operavano sul mercato della sicurezza essendo loro che garantivano la perennità dell’istituzione carceraria. Tanto più che i ruoli, come nel gioco, appaiono interscambiabili nel grande spettacolo che si mette in scena, tra farsa e dramma che si ripete. Questo gioco che, in altre latitudini può essere chiamato gatti e topi, cambia il nome ma non il principio. Un gioco delle parti.

In questo mondo di ladri, come si cantava il secolo scorso in questo pazzo mondo, ci si ingegna a sviluppare le operazioni in tre settori qualificati.  il prioritario è quello delle parole che i ladri sanno essere il bene più prezioso e ricercato dell’umanità. Rubare il senso, il destino e lo scopo delle parole significa portarsi via il presente, il passato e, soprattutto, il futuro della società. Dalle parole, infatti, scaturisce la vita e allo stesso tempo ciò che la tradisce, come ad esempio le promesse, i giuramenti e le convinzioni. Rubare le parole è un orrendo delitto perché si tratta, né più né meno, di una manipolazione della realtà. Ed è esattamente questo, il secondo settore appannaggio dei ladri. Portarsi via la realtà o porzioni di essa costituisce un reato le cui conseguenze sono irreparabili. La falsificazione della realtà e cioè la sostituzione della verità alla menzogna è quanto di più pericoloso si possa immaginare. Di fatto, questa operazione incide profondamente sulla credibilità che gli adulti rivendicano sui giovani che provano a camminare su un sentiero friabile, senza riferimenti e prospettive. L’incertezza diventa allora l’unica prospettiva accettabile.

Infine, ovviamente, i ladri si portano via i soldi e dunque il potere che, molto spesso da essi appare inscindibile. Rubare denaro, risorse, corrompere, sottrarre fondi, prestare a usura, stampare moneta falsa e altre simili operazioni, sembra fin troppo consono col ruolo sociale affidato ai ladri. I cosiddetti ‘paradisi fiscali’, ampiamente accettati e riconosciuti, ne sono il sintomo più noto. Soldi e potere, allo stato attuale, sembrano anch’essi giocare a ladri e guardie. Queste ultime hanno anch’esse ambiti, territori e situazione che facilitano a realizzare la loro vocazione o missione. Ed è a questo punto che non possiamo non citare le frontiere. Altrove, come dalle nostre parti, esse sono uno dei rivelatori o ‘specchi’ del modo con cui funziona e si organizza una società qualsiasi nel mondo. Si pagano tasse per i documenti che mancano, per la merce che si trasporta, per i certificati medici, di vaccinazione e semplicemente per la nazionalità vista con sospetto dall’altra parte della frontiera. Si registrano nomi, percorsi, destinazioni e soldi che si nascondono per evitarne il sequestro o un prestito a tempo indeterminato. Peggio se si è migranti perché, visto il profilo del viaggiatore, tutti sono in diritto di appropriarsi dei soldi del viaggio. Le frontiere sono pericolose anche quando mancano i fili spinati o i sistemi di controllo facciale perché di esse campano le guardie. Frontiere fisse, mobili, acquatiche, aeree o immaginarie sono essenziali per l’identità delle guardie. 

L’altro ambito propizio alle guardie è quello politico. Ci sono i guardiani del tempio, della rivoluzione, dell’ortodossia, della verità costituita o di quella scelta al momento. Guai alla politica non ci fossero loro a proteggere un regime dalle derive libertarie o anarchiche sempre in agguato. Anche in tempi non sospetti le guardie del corpo e quelle giurate assicurano la funzionalità del sistema. Persino gli angeli, talvolta, si atteggiano a guardiani per rendere più semplice la vita dei fedeli. Si trovano, infine, i guardiani dei guardiani, specie più raffinata di controllo numerico e digitale. Nell’epoca del capitalismo cannibale o di sorveglianza sono proprio loro, i guardiani dei guardiani, a rassicurare le ideologie dominanti.

      Finché, prima della fine, non torneranno i ladri a ristabilire l’ordine che le guardie avevano rubato.

                                   


Mauro Armanino, Niamey, 3 marzo 2024


lunedì 26 febbraio 2024

LASCIATE CADERE LE ARMI DALLA VOSTRE MANI OSSIA IL GRIDO NEL DESERTO di P. MAURO ARMANINO

 

Lasciate cadere le armi dalle vostre mani ossia il grido nel deserto

… Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: mai più la guerra, mai più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità! Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili. specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli … Era il 4 ottobre del 1965. Il papa Paolo VI indirizzava questo messaggio ai 166 Paesi rappresentati in quel momento all’Assemblea delle Nazioni Unite. 

La quotata organizzazione svedese https://ucdp.uu.se/ Uppsala Conflict Data Program’ registrava, nel 2022, cinquantacinque conflitti armati nel mondo dei quali otto considerati come guerre. Ci risiamo! In tutti questi anni, nella complice adesione di Paesi e Comunità Internazionale, i fabbricanti di armi hanno pienamente risposto alle aspettative e attese delle élite politico- finanziarie che vogliono ad ogni costo perpetuarsi al potere. Le guerre sono il mezzo privilegiato che garantisce perennità e guadagni alle industrie degli armamenti e all’ideologia letale che le crea. Non dovremmo però lasciarci illudere o fuorviare dalle necessarie analisi geopolitiche o macroeconomiche.  Il Sistema di Dominazione che a tutt’oggi continua a governare il mondo, trova ispirazione e giustificazione in un malessere di natura che potremmo definire religiosa. Le divisioni e contraddizioni del mondo e delle strutture portanti delle società evidenziano le conseguenze di un rapporto distorto degli umani col loro destino. La rottura del legame con l’origine è il nostro dramma. 

Il vuoto che, soprattutto nell’occidente, sembra condurlo al nichilismo, si esprime in particolare nel declino demografico che appare come uno dei sintomi della perdita del senso e fiducia nella vita. Ridurre le persone a meri consumatori, carne da cannone, elettori occasionali di una politica asservita al capitale, sudditi di un progetto imperiale, merce di scambio per un potere ammalato di arroganza o servitori volontari del dio denaro non può che condurre al riarmamento del mondo. Si tratta, infatti, di una risposta violenta alla violenza radicale perpetrata sulla dignità della persona umana. Ciò a cui assistiamo nello spazio del Sahel, da secoli luogo di convivenze serene e conflitti anche armati, non si distacca dalla prospettiva citata. Infatti, solo nel 2023 sono 11 643 i morti da attribuire alla violenza dei gruppi ‘islamisti’. I decessi sono triplicati dal 2020, data del primo colpo di stato giustificato proprio per motivi di sicurezza.  Da allora sono seguiti altri ‘putsch’ con una graduale militarizzazione della vita politica e sociale. Le spese negli armamenti sono andate a scapito di quelle sociali e non casualmente sono i militari ad aver preso il potere in questi Paesi. Il totalitarismo nel pensiero sulle armi come unica salvezza è la storia antica di una sconfitta annunciata.          

 Mauro Armanino, Niamey, 25 febbraio 2024

RACCONTO DI QUANDO HO INCONTRATO IL PAPA(Danila Oppio)

nel periodo durante il quale fu Cardinale e Arcivescovo di Milano e che venne a visitare i nuovi comunicandi presso la Parrocchia di San Francesco da Paola in via Manzoni, a Milano e dove mi lanciai, appena seienne. per un abbraccio cui mi sembrava d’aver diritto. Infatti, 2 settimane dopo la sua visita pastorale, mi cresimò e mi sorrise ancora, riconoscendomi per la sfacciataggine da me usata quando Gli chiesi se fosse vero, come mi spiegò mia zia che sarebbe stata la mia madrina, che Giovanni Battista Montini mi avrebbe dato uno schiaffo, e mi bisbigliò “segui bene la celebrazione e con attenzione osserva quel che faccio. 1320 Il rito essenziale della Confermazione è l'unzione con il sacro Crisma sulla fronte del battezzato (in Oriente anche su altre parti del corpo), accompagnata dall'imposizione delle mani da parte del ministro e dalle parole: « Accipe signaculum doni Spiritus Sancti » – « Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono »Mi mise l’olio santo sulla fronte, mia zia vi pose il nastro per proteggerle l’unzione, e il Cardinale mi fece una lieve carezza ponendo due dita sulla mia guancia. 

Chi avrebbe mai creduto che l’Arcivescovo di Milano mi ha cresimato in Duomo, e sarebbe addirittura diventato Papa?!

I cresimati talvolta sono definiti Soldati di Cristo, e quindi, leggendo l’articolo di Padre Armanino, i cristiani non dovrebbero armarsi con strumenti offensive, che feriscono o tolgono la vita e sentirsi invece difensori dell'umanità e del nostro Pianeta,  indossando quelle che ci ha insegnato lui, ovvero la preghiera, la misericordia, l’amore verso la natura e gli esseri viventi e mi piacerebbe lo facesse tutta l’umanità, non importa a quale religione essa appartenga. L’Amore è un sentimento che dovrebbe essere universale. 

Ndr:Sono andata a sbirciare su qualche giornale online, giusto per non scrivere inesattezze.  E ho pescato queste poche righe, che illustrano parzialmente la figura di Papa Paolo VI.

Papa Paolo VI: dopo 60 anni, un Papa ancora molto influente sulla Chiesa e l’Italia ,    Di Corrado Cavallotti 21 giugno 2023

Paolo VI: con questo nome il 21 giugno 1963 Giovanni Battista Montini, cardinale arcivescovo di Milano, sale al Soglio pontificio. Sarà Papa per 15 anni, morendo a Castelgandolfo il 6 agosto 1978. Bresciano (di Concesio) per nascita, romano per quasi tutta la sua esperienza ecclesiale (salvo, appunto, i nove anni di episcopato milanese), è uno dei quattro Pontefici del secolo XX già canonizzati (insieme a Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II). È stato, probabilmente, il successore di Pietro più influente sulle vicende politiche italiane della storia unitaria nazionale. Nonché, naturalmente, al crocevia di uno snodo capitale della storia della Chiesa cattolica, quale il Concilio ecumenico Vaticano II.

60 anni dall’elezione, che cadono proprio oggi e 45 dalla morte sono un tempo appena sufficiente, per abbozzare un giudizio sulla sua azione e il suo magistero. Proviamoci, allora, con la modestia (non falsa) di chi sa di portare soltanto un punto di vista; e la dichiarata ambizione di incitare i lettori a fare altrettanto, o almeno sollecitarne la curiosità.

(Tratto da un articolo di meno di un anno fa e che troverete per esteso a questo linK. ://www.ilmiogiornale.net/paolo-vi-dopo-60-anni-papa-influente-sulla-chiesa-e-litalia/)

che la redazione di questo Blog ha cercato su ispirazione del testo di p. Mauro Armanino


martedì 20 febbraio 2024

IL PAESE INVISIBILE di Padre MAURO ARMANINO

  

                  Il Paese Invisibile

Contrariamente a quello visibile, il Paese invisibile non viaggia. O meglio, semmai migra per cercare lontano quello che pensa di non trovare accanto. Invece, il due volte presidente del Niger, Issoufou Mahamadou, dopo alcuni mesi di segregazione forzata, ha viaggiato fino ad Addis Abeba. Un aereo speciale dal Ghana per l’ennesimo incontro sulla libera circolazione di beni, servizi (e persone?) in Africa.  E’ andato, forse, a tentare di (ri)mediare per la crisi economica che il Paese attraversa dall’arresto ai domiciliari, da fine luglio dell’anno scorso, del presidente Mohammed Bazoum. Quanto al primo ministro e altresì ministro dell’Economia e delle Finanze del governo nominato dalla giunta militare al potere, Mahaman Lamine, ha viaggiato in vari Paesi prima di tornare all’ovile. Dal Congo, per un incontro sulla situazione in Libia, ha in seguito raggiunto, con una delegazione del governo per una visita di lavoro, Mosca, Ankara, Teheran e Rabat. Il Paese Invisibile, invece, passa la frontiera del Benin con la piroga come un clandestino ben noto.

I cittadini normali si muovono in taxi, bus o minibus all’interno del Paese. Altri sono sfollati a decine di migliaia attorno al lago Ciad o nella zona delle Tre Frontiere che unisce e divide i Paesi che hanno scelto di coalizzarsi. Niger, Mali e Burkina Faso si trovano coi militari al potere in seguito a colpi di stato motivati dall’incapacità dei civili di fronteggiare gli attacchi dei gruppi armati ‘terroristi’. Consapevolmente o meno i soggetti costitutivi del Paese Invisibile sono coloro che hanno imparato a sopravvivere, dalla colonizzazione francese ai vari regimi militari con timidi accenni alla democrazia della miseria. Il passaggio alla miseria della democrazia è avvenuto senza destare sospetti. Da un lato i Grandi Commercianti, i Politici da loro pagati per assecondarli, i militari come guardiani del rispetto dei patti e il popolo confiscato della sua sovranità. Il Paese Invisibile è composto da coloro che non sanno o ai quali non è dato sapere che in loro risiede la fonte del diritto, della politica e della giustizia. Quest’ultima è stata la grande assente dei vari regimi al potere.

Gentile cliente, in conformità con l’ordinanza n.2023-18, che modifica e completa la n.2023-13 con la creazione di un Fondo di Solidarietà per la Salvaguardia della Patria, istituisce un prelevamento automatico di 10 F su ogni appello a partire da 12 F e su ogni ricarica superiore a 200 F. Tutto ciò con lo scopo di contribuire in modo forte e sostenuto alla Salvaguardia della Patria a partire dal 25 gennaio del 2024. Anche i cittadini del Paese Invisibile hanno ricevuto questo messaggio sul loro telefono cellulare e, senza udibili commenti, si sono adeguati al premeditato salasso quotidiano. Un prelievo invisibile per uno scopo invisibile nel Paese Invisibile. Difficile misurare l’entità delle entrate e soprattutto delle uscite di questo inedito patrimonio pecuniario. Così com’è stato difficile capire come sono potuti arrivare senza sospetto, 1 400 kili in lingotti d’oro da Niamey in Etiopia il mese scorso. Il Paese Invisibile osserva, attonito e sono veramente in pochi, finora, coloro che fanno l’opzione di ascoltarne l’assordante silenzio. 

Il Paese Invisibile esiste, resiste e persiste. In mancanza di intellettuali che hanno svenduto al miglior offerente quanto loro corrispondeva per missione, il popolo del Paese Invisibile ha imparato a memoria un detto tramandato di generazione in generazione. Tutto ciò che si fa senza di Lui è, in definitiva, contro di Lui.

                Mauro Armanino, Niamey, 18 febbraio 2024


TRITTICO SUL BEATO ANGELICO - foto e didascalie poetiche di Padre NICOLA GALENO OCD




lunedì 19 febbraio 2024

VISITA RIVERENTE (80mo COMPLEANNO DI PADRE NICOLA GALENO 19 febbraio 2024

 








13 - LO STILE DEL CRISTIANO - IL FICO CHE METTE LE FOGLIE (Il tempo di DIO) Conferenze di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

Carissimi,

soltanto ora riesco a inviarvi l'ultima conferenza[13] sulla Parabole. Sono stato ricoverato per tre settimane in ospedale, ed ora mi hanno dimesso (ancora intero!). Se tutto andrà bene, ci rivedremo alla prossima serie. Se sì, non so ancora quando; ma ci risentiremo, a Dio piacendo. Vorrei però ringraziarvi tramite e-mail, non avendo potuto farlo a tempo debito. Vi auguro ogni bene.

 Padre Claudio

 

13 – STILE DEL CRISTIAN0 – IL FICO CHE METTE LE FOGLIE

 (il tempo di Dio)

Poi Gesù disse questa parabola: 

Osservate bene l’albero del fico e anche tutte le altre piante. Quando vedete che mettono le prime foglioline, voi capite che l’estate è ormai vicina. 

Così dovreste fare anche voi: quando vedrete che stanno per accadere tutte queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. Vi assicuro che questa generazione non passerà prima che tutto avvenga. Cielo e terra passeranno, ma non le mie parole!».(Luca 21,28-33)


La pianta di fico è presa come paragone forse perché s’alzava con i suoi bottoni pregnanti pronti a emettere foglie, proprio dove Gesù – sul monte degli Ulivi – stava parlando ai suoi discepoli. (Dicono che il fico sia una delle piante più frequenti del territorio palestinese).

Per comprendere il significato della parabola, è bene collocarla nel suo contesto.

Siamo vicini ai giorni della Passione, quando ormai scribi, farisei, sadducei e ipocriti di ogni genere hanno stancata la pazienza del Salvatore: sembra proprio che tutta quella gente si rifiuti di credere all’evidenza più luminosa: 

– di miracoli, ne aveva fatti più del bisogno, 

– di verità, ne aveva annunziate: o a parole rotonde, o per mezzo di parabole (che le cose le dicevano sotto veli trasparenti da farle capire anche agli orsi); 

Qualcuno Gli aveva rivolte domande che facevano nascere la speranza che ormai fossero maturi i tempi, per buttarsi in ginocchio innanzi a Lui con un «credo» pieno di entusiasmo; invece erano sempre i medesimi: dicesse profezie o parlasse per allegoria, tirasse fuori insulti da bruciare la pelle o li animasse con i segni della misericordia, sembrava di parlare al muro: «ipocriti, razza di vipere, sepolcri imbiancati, assassini di profeti», non c’era niente da fare. Niente da fare neppure con la dolcezza, l’accostamento, il riferimento chiaro tra una parabola e un gesto di bontà.

Con i suoi discepoli esisteva, invece, una certa confidenza; anche se non sempre egli poteva essere tranquillo sul loro comprendonio: spiegava le cose con fiducia e parlava di cose o di avvenimenti per loro strani, ma che sono la base su cui costruire un cristianesimo serio. 

Era arrivato, Gesù, persino a piangere davanti a loro quando, osservando Gerusalemme e il suo Tempio, ne aveva previsto e predetto la distruzione e il castigo della città Santa, mentre il suo pensiero correva anche più avanti: alla fine del mondo. [Tanto da creare una certa confusione tra la distruzione del tempio e la distruzione del mondo].  

E fu proprio a proposito di questi accadimenti che egli raccontò la breve parabola del fico annunciatore di primavera. [Forse un Biblista vi potrebbe dare spiegazioni complete e precise; io m’accontento di dirvi le cose da catechismo (via sicura per il Paradiso)]

Il concetto che Gesù voleva esprimere è semplice e fondamentale: né Gerusalemme, né il suo Tempio, opera dell’uomo, sono eterni, e neppure il mondo è eterno: Dio solo ha in mano l’eternità e ne fa partecipi i suoi figli che si sforzano di vivere secondo la sua volontà. 

Anzi l’unico suo desiderio è che gli uomini non si lascino travolgere dalle cose e giungano impreparati al momento in cui il temporaneo finisce ed inizia l’eterno.

Questo momento in cui le cose cambieranno è nella mente di Dio ed è preparato, per quel che riguarda l’uomo, dal maturare di altri eventi. 

La distruzione di Gerusalemme avverrà quando sarà pronto l'imperatore romano Tito, il sacrilego profanatore del Tempio, il vendicativo distruttore di popoli; ma già aleggia nell’aria qualcosa che lascia intravedere “l’ira funesta” dei Romani).
La fine del mondo avverrà solo quando Dio vorrà, ma ha già fatto capire che essa avverrà; Lui sa di che cosa ha fatto il mondo e che consistenza ha la sua composizione.
Si ricordino dunque gli uomini che il tempo passa velocemente e che come l’estate giunge immediata-mente dopo le foglioline del fico, così la fine può avvenire dal mattino alla sera di un “giorno” più o meno lungo. Ma non dimentichi l’uomo che ci son conclusioni previste ancor più velocemente; guarda per esempio la vita di un fiore o la vita di un uomo.
E qui siamo entrati – con parlare... in italiano – in fatti estremamente chiari.
Tanto che noi anziani – che ci pare ieri quando ci spuntarono i primi baffetti (parlo di uomini, si capisce) – già ne abbiamo tagliati, lisciati dei mezzi chilometri e ci pare ieri che ponevamo le date 1950 -’80-’95-’99 ecc. e siamo nel 2024, e non abbiamo tanta certezza di raggiungere il 2026 o al 2029.
Il che, in parole povere, vuol significare che 
1° – tra le prime foglioline del fico e il fico con la goccia d’oro,... beh! c’è un fiato: 
2° – e che ... appena defunti..., siamo già nel mondo nuovo, come se il vecchio fosse distrutto.
Ma non prendiamocela poi tanto amaramente, perché se rimanesse sempre la primavera dalle foglioline tenere, addio bei fichi; ma addio anche buon vino, buon pane, e gioia del raccolto, come dire: addio speranza!


 UN FICO CHE NON RISPETTA LE STAGIONI
(Dio chiede “miracoli”)

«L’indomani, uscendo essi da Betania, Gesù ebbe fame. E veduto di lontano un fico che aveva foglie, andò a vedere se vi trovasse qualcosa; ma, avvicinatosi, trovò soltanto foglie. Non era, infatti, il tempo dei fichi. 
Prendendo allora a parlare, disse all’indirizzo del fico: “Nessuno mai più, in eterno, mangerà frutto da te!”. E i discepoli udirono. 
(…) Passando la mattina dopo accanto al fico, lo videro secco dalle radici. Pietro si ricordò e disse: – “Rabbì, vedi! Il fico che hai maledetto s’è seccato!” . 
E Gesù prese a dir loro: “Abbiate fede in Dio. In verità vi dico: chiunque dirà a questa montagna: Levati e gettati nel mare! E non esiterà in cuor suo, ma crederà che accadrà ciò che dice, l’otterrà» (Mc., 11, 12-14; 20-23)
Più volte ho tentato di evitare l’episodio del fico sterile. Mi dava un gran fastidio.
La pretesa di Gesù di cogliere un frutto allorché non è ancora la stagione, mi sembrava assurda, oltre che ingenua. Difficile trovare una giustificazione “ragionevole”. Meglio scantonare. Meglio epurare quella pagina del vangelo, scomoda. La scomodità è un conto, il ridicolo, un altro.
– Voltaire ci aveva riso a crepapelle. I teologi avevano cercato in tutte le maniere di scavalcare pietosamente la difficoltà, con modesti risultati.
Alcuni interpreti avevano persino insinuato il dubbio che il fatto derivasse da una tradizione spuria.
Alla fine, però una conclusione s’imponeva: proprio la sua non-ragionevolezza è la garanzia della sua autenticità. 
Quindi dobbiamo fare i conti anche con questo povero fico che ha l’unico torto di rispettare le stagioni. Si potrebbe definire una pianta colpevole di osservare scrupolosamente il regolamento!
Fosse almeno un parabola! Potremmo sempre scoprire un’applicazione che non faccia a pugni con la nostra logica. Invece si tratta di un episodio realmente accaduto. È un episodio che diventa parabola: la parabola che documenta le assurde pretese di Dio nei miei riguardi.
E, allora, per capire, per non scandalizzarmi, devo sbarazzarmi del mio buon senso; devo sradicare le mie esigenze razionali.
Quanti tentativi di ridurre a “dimensioni ragionevoli” le pretese di Cristo! Quante rassicurazioni ci sono state date in proposito. Quante volte abbiamo udito labbra “devote” sentenziare: “Dio non pretende tanto…”. Evidentemente, per questi “tranquillizzatori” di mestiere, l’episodio del fico che viene maledetto, dev’essere stata una banale svista del Signore, un grosso abbaglio in fatto di calendario.
Gesù Cristo non esige molto;  e non ci chiede neppure moltissimo. Ci chiede semplicemente l’impossibile. Pretende il miracolo. Quasi ci dicesse: l’amore deve far miracoli!
“Ho un professore esigentissimo”, si lamenta lo studente. Eppure Dio è “peggio” ancora. Quando vai a sostenere l'esame d’italiano, ha il coraggio d’interrogarti in … trigonometria.
“Il mio padrone non capisce nulla”, sbotta l’operaio. “Cinquecento bulloni al giorno. E lui adesso ne esige seicento. Non sa che cosa vuol dire…”. 
Eppure il Signore è ancora “peggio”. Aspetta da te il bulloni anche quando sei in ferie…
“La mia superiora sceglie soltanto me, che sono super-occupata…”. Eppure il Signore ti chiede quest’atto di fede, perché ha fiducia in te… 
“In casa mia i miei pretendono e si aspettano che faccia tutto io, che ormai sono anziana…”. Eccetera, eccetera...
••  Torniamo all'episodio. 
1 – «Gesù ebbe fame. Veduto di lontano un fico che aveva foglie, andò a vedere se vi trovasse qualcosa».
Lo vedo avvicinarsi a me. Ha fame. Punta lo sguardo e mi fruga dentro, perché cerca “qualcosa”: 
un frutto, anche uno solo, in mezzo al fogliame.
Fa l’inventario della mia mercanzia, per scoprire “qualcosa” che interessa a Lui. 
Mi auguravo che non si occupasse di me, non mi individuasse. Si accontentasse di passarmi accanto. Uno dei tanti alberi che fiancheggiano la strada. 
Perché concentrare la sua attenzione proprio su me? Perché frugarmi con quegli occhi implacabili?
Egli ha fame. E io sono un albero da frutto. Non una pianta ornamentale.
2 – “Ma avvicinatosi, trovò soltanto foglie”. Cioè
Un laico. “Il mio nome scritto sul registro dei battesimi. La tessera dell’Azione cattolica. L’immaginetta nel portafoglio. La medaglia di san Cristoforo sul cruscotto dell’auto. “Ho uno zio Monsignore”. 
Le mie chiacchiere… “Sono stato in pellegrinaggio ad Assisi, Lourdes, Medjugorie… Sono stato attento alla predica del parroco e risposto alla s. Messa. Sono persino abbonato al quotidiano cattolico, leggo il settimanale diocesano e ricevo il Bollettino di Sant’Antonio. Non vado a vedere – o non vedo – porcherie, sul computer ... Non faccio del male a nessuno…”.
Gesù:… Soltanto “foglie”; commenterebbe il Signore. “Tutto lì il tuo cristianesimo? Ma io voglio frutti, non foglie. Ho fame e la tua ombra non mi riempie lo stomaco…”.
3 – “Non era, infatti, il tempo dei fichi”.
Noi: “Signore, ragiona: non è la stagione; non ho avuto tempo. Perché tanta fretta? Sii comprensivo, dunque. Non sono un santo, in fin dei conti. Persino il sacerdote col quale mi sono consigliato, mi ha detto che posso star tranquillo, che non sono obbligato…
Avrei dovuto parlare? Prendere posizione? Ma non era opportuno; ci vuole prudenza, non bisogna precipitare le cose, si rischia di compromettere tutto. 
E poi,…  non se ne sarebbe cavato nulla ugualmente. Non è la stagione! 
Signore, controlla per favore il tuo calendario. Ci dev’essere uno sbaglio. Vedi di regolarlo sul mio, e lasciami … in pace”.
4 – “Prendendo allora a parlare, disse Gesù all’indirizzo del fico: – Nessuno più in eterno mangerà frutto da te –. E i suoi discepoli udirono”. 
Udirono… Chissà se anche compresero che la fede deve spuntarla sulle false necessità? Che l’amore ha il dovere di compiere miracoli?
“Tenevo un’agenda – confessa uno scrittore – sul mio tavolo. [Come molti di voi, credo]. Ogni giorno ci erano segnati i miei appuntamenti, le scadenze. Insomma, tutto ciò che dovevo fare.
Certi fogli erano massacrati di richiami, di impegni. Osservandoli, riconoscevo di “fare fin troppo”. In alcuni giorni, quando ero letteralmente strangolato dal lavoro, rubavo ore al sonno, per rispettare l’agenda. E mi illudevo di essere tremendamente esigente con me stesso.
Se avessi lasciato quell’agenda nelle mani del Signore… Vi avrebbe scritto sopra cose impensate, richieste folli, scadenze impossibili, cifre spropositate. Ed io, leggendo quelle esigenze assurde, avrei strabuzzato gli occhi e avrei avuto l’impressione d’impazzire. 
Avrei dovuto, invece, essere ubriaco di gioia, perché era segno che Dio mi riteneva capace dell’impossibile. Se Lui cerca il fico fuori stagione, significa che ama, stima quella pianta fino al punto di ritenerla capace del miracolo.
Chi non ama, chiede quisquilie. Gli uomini chiedono così poco alle creature: briciole di tempo, il corpo, la bellezza, qualche attimo di piacere, un po’ di considerazione, una manciata di denaro, qualche applauso, qualche inchino più o meno spontaneo…
Non li amiamo. Si limitano, perciò, a chiedere loro delle miserie. 
E così ci comportiamo verso Dio!! “Cercate prima il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato”. Sono parole di Gesù. Invece anche con Lui ci fermiamo alle “cianfrusaglie”, all'accessorio.
Dio invece, mi ama. Mi stima immensamente. Mi chiede, infatti, tutto. Esige da me l'impossibile.
Gesù Cristo non è morto in croce affinché io “non facessi del male a nessuno”, ma affinché diventassi capace di fare miracoli.   (liberamente da Pronzato – Vangeli scomodi – 319)


Gesù ripete spesso [e lo chiede il Padre stesso per il suo Figlio]: “ASCOLTATE!”
La nostra preghiera dovrebbe essere spesso questa: “Signore, apri la mia mente e il mio cuore!”
Ma che cosa comporta “ascoltare”?
Parlare è facile; non così ascoltare.
Udire, come chi sente piovere, sentire il suono di campane senza saper da dove venga, 
anche questo risulta semplice.
Non così dell'ascoltare.
Porsi all'ascolto di qualcuno, in primo luogo significa
allontanare tutto ciò che può distrarre
il nostro udito, la nostra mente, il nostro spirito.
Ascoltare è costruire un silenzio bastante denso che esprima il grido interiore:
“Ora non esisti che tu solo!
Ora non esiste per me altro suono che la musica delle tue parole!".
Porsi all'ascolto di qualcuno significa arrestarsi,
fermarsi in un luogo, por fine all'agitazione, come per dire:
"Ora tu sei il mio centro, la mia metà!
La mia strada conduce solamente a te!”.
Porsi all'ascolto di qualcuno significa 
staccare lo sguardo da se stessi e volgerlo verso l'altro,
giungere a faccia a faccia, come per dire:
"Sono qui! Non esiste per me nessun altro interesse!
Sono pronto ad accogliere persino il sussurro delle tue parole!”
Ascoltare equivale ad accogliere,
ad aprire completamente le porte dietro cui uno si ripara,
ad abbattere tante fortezze e frontiere dietro cui noi ci barrichiamo.
Ascoltare un altro equivale a non far caso a noi stessi e preferire l'altro.
È preferire colui che mi sta dinanzi,
ed accoglierlo con il suo sacco colmo di vestiti più o meno puliti;
però che sono suoi...
È accettare che entri in me,
significa ricevere l'altro con i suoi sogni e i suoi desideri,
con i suoi gusti e disgusti;  con le sue preferenze e fobie.
È prevedere che butterà per aria
gli scaffali della mia esistenza, ordinati con tanta cura;
significa cedergli il posto; offrirgli le chiavi di casa, come se gli dicessimo:
"La tua presenza butterà tutto a gambe all'aria, però corro il rischio: ti ascolto!".
••• Stiamo per entrare in Quaresima. 
Ebbene, la Quaresima è proprio il tempo dell'ascolto, 
perché è il tempo in cui, lentamente, assimiliamo questa Parola
che è venuta ad abitare fra noi.
Quaresima è il tempo in cui tutti coloro che ascoltano la Parola
imparano a cambiare le loro tenebre in chiarore;
il tempo in cui, ponendosi in ascolto,
assumono il rischio di intraprendere un cammino verso la luce.
La Quaresima  è il tempo in cui gli uomini ascoltano il Signore
attraverso l'altoparlante di ogni prossimo.
È quando tutto ciò che indurisce i cuori, si scioglie dinanzi al calore del Vangelo.
È quando sbocciano sulle labbra parole nuove
e nel cuore sentimenti nuovi
e la condotta si apre ad attitudini nuove....

Così nasce l'Altro – Dio – in noi.
Per questo, perché... la Quaresima è il tempo del nascere!

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi