AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 24 aprile 2017


Francesco: don Milani, testimone di Cristo e innamorato della Chiesa
Don Lorenzo Milani è stato un testimone di Cristo, sempre dalla parte degli ultimi e innamorato della Chiesa, anche se per le sue posizioni difficili da comprendere al suo tempo ha avuto qualche attrito con le autorità ecclesiastiche: così il Papa ricorda in un videomessaggio il priore di Barbiana, insegnante e scrittore, cui la Fiera del Libro dell’editoria italiana a Milano ha dedicato ieri pomeriggio un evento a 50 anni dalla morte. Il servizio di Sergio Centofanti
Papa Francesco tratteggia la figura di don Lorenzo Milani, sacerdote toscano morto nel 1967 a soli 44 anni, priore a Barbiana, piccola frazione di montagna nel Mugello, dove avviò una scuola per i più poveri:
“Come educatore ed insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione”.
Don Milani si era convertito a 20 anni, ma mantenne sempre, anche da prete, le caratteristiche acquisite in famiglia, e questo gli causò - osserva il Papa - “qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza. La storia si ripete sempre”:
“Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”.
Papa Francesco ricorda che don Milani sognava una scuola che aprisse “la mente e il cuore alla realtà”, una scuola in cui gli studenti imparassero ad imparare. Era un uomo inquieto:
“La sua inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata. La sua era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come ‘un ospedale da campo’ per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati”.
L’ombra della croce – sottolinea il Papa - si è allungata spesso sulla vita di don Milani, ma lui “si sentiva sempre partecipe del Mistero Pasquale di Cristo, e della Chiesa, tanto da manifestare, al suo padre spirituale, il desiderio che i suoi cari vedessero come muore un prete cristiano”:
“La sofferenza, le ferite subite, la Croce, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù (cf Lc 10, 29-37), senza guardare al colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, all’appartenenza religiosa”.


FOTOGRAFARTI, DIO-PADRE di Padre Claudio Truzzi

FOTOGRAFARTI, DIO-PADRE

Rembrandt: Il figliol prodigo

«Un giorno, il figlio chiede a suo padre la parte del patrimonio che gli spetta. 
Il padre l' accontenta subito. Il figlio prende tutto e parte per un paese lontano dove,
in breve tempo, dissipa ogni cosa, vivendo da dissoluto. Messo alle strette dalla miseria, 
si colloca a servizio di uno che lo manda nei campi a pascolare i porci. Tanta è 
la fame che lo tormenta, da fargli invidiare le carrube che mangiano i maiali, ma nessuno 
gliele dava. Gli viene in mente la dolce casa di suo padre. E ritorna sui suoi passi ...»
Dopo la parte tenebrosa [riguardante l'avventura del figlio], inizia il tratto luminoso della
 parabola.
Qui entra in scena il Padre. Gesù, per stamparci negli occhi e nel cuore quest'immagine, usa sei verbi che sono come sei colpi da artista che ti scolpiscono un Dio straordinario!

* 6 verbi che vanno gustati, ad uno ad uno, al rallentatore.

         LO VIDE
Il figlio è ancora lontano. il Padre già lo vede.
Dio vede per primo. Dio è sempre vigile; non ci abbandona mai.
Dio ci guarda; ma non per spiarci, sia ben chiaro, piuttosto per aiutarci. “L'occhio del Signore veglia su chi lo teme, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame” (Salmo 32,18-19).
Dio non è uno spione; non è un carabiniere sempre pronto alla multa!
Gli occhi di Dio sono come gli occhi del padre della parabola che aspetta e scruta a lungo, sognando il ritorno del figlio. Gli occhi di Dio sono occhi che ci cercano.
         A proposito, c'è una favoletta molto illuminante.
Un giorno due ricchi mercanti decisero di mettersi alla ricerca della cosa più preziosa del mondo. Si sarebbero ritrovati quando l'avrebbero trovata.
Il primo non ebbe dubbi: parti alla ricerca di una gemma. Attraversò mari e deserti, salì
 sulle montagne e visitò città finché non l'ebbe trovata: era la più bella gemma che 
non avesse mai rifulso sotto il sole. Tornò allora in patria nell'attesa dell'amico.
Passarono molti anni prima che questi arrivasse. Sfido io: era partito alla ricerca di Dio!
Aveva consultato i più grandi maestri; aveva letto e studiato, ma Dio non lo aveva trovato.
Un giorno, mentre dopo tanto cercare stava seduto sulla riva di un fiume, vide un'anatra che in mezzo ai canneti cercava i piccoli che s'erano allontanati da lei. I piccoli erano tanti e birichini, per questo l'anatra cercò fino al calar del sole, finché non ebbe ricondotto sotto la sua ala l'ultimo dei suoi nati.
Allora l'uomo sorrise e fece ritorno al paese.
Quando l'amico lo rivide, gli mostrò la sua gemma e poi trepidando gli chiese: 
“E tu, che cos'hai trovato di prezioso? Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni. 
Lo vedo dal tuo sorriso....”
– Ho cercato Dio, – rispose l'altro.
– E lo hai trovato? –chiese l'amico sbalordito.
– Ho scoperto che era Lui che cercava me!
Occhi di Dio: occhi che cercano! Di più: occhi che piangono.
Lo rivela il secondo verbo della parabola.

         SI COMMOSSE
Non appena vede il figlio, il Padre ha un sussulto al cuore: si commuove!
Il Dio di Gesù non è un Dio freddo, come l'avevano pensato anche i più intelligenti dei pagani. Il Dio di Gesù è un Dio che ama il calore, il fuoco!
Non per nulla nella Bibbia si parla almeno 150 volte di fuoco. Il Signore si rivela a Mosè in un roveto ardente (Es 3,2). Dio è presentato “avvolto di luce come di un manto” (Sal 104,2): “davanti a lui neppure le tenebre sono oscure e la notte è chiara come il giorno; per lui le tenebre sono come luce (Sal 139, 12). Anche nel Nuovo Testamento il fuoco è di casa (Mt 3,11; Eb 12,29; Ap 1,14). Parlando di sé Gesù diceva: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che già fosse acceso! (Lc 12,49), per dire: “Sono venuto a portare il Regno di Dio che purifica, illumina, riscalda come il fuoco”.                                                         .• • 1
D'altronde, sapete perché usiamo la parola “Dio” per indicare il Signore del cielo e della terra?” La parola “Dio” deriva da “div” che in un'antica lingua indiana, il sanscrito, significava ´luce, splendore, calore. Da “div” deriva anche “dies”, cioè il giorno romano e il nostro “dì”. Tutto questo
 per ricordare che quando diciamo “Dio”, in fondo diciamo anche “luce”, “calore”, 
“ardore”. Non per niente i primi cristiani venivano chiamati figli della luce.
* Ma torniamo alla nostra parabola.
Dunque il Padre si commuove. Si commuove perché non ha un cuore solo, ma due: uno di padre e uno di madre!





Dettaglio delle mani del Padre nel dipinto di Rembrandt

“Come un padre ha pietà dei suoi figli, cosi il Signore ha pietà di quanti lo temono 
(Salmo 103,13). “Come una madre consola suo figlio, cosi io vi consolerò” (Is 66,13).
Per far capire il doppio cuore del Padre, il grande pittore olandese H. Rembrandt, vissuto nel 1600, in un suo quadro straordinario che rappresenta, appunto, il ´Ritorno del Figlio Prodigo”, ha dipinto il Padre con due tipi di mano: una é lunga e fine, come la mano di una donna; l'altra è rude e massiccia, come una mano d'uomo. Il critico Natale Maffioli commenta:
“Mano che accarezza, mano che guarisce, mano che consola, mano che nutre, mano che incoraggia, mano che dice “buona notte!”. Mano di Dio, come la mano di una madre.
Mano che aspetta, mano protesa, mano che protegge, mano che corregge, mano che costruisce, mano che rialza, mano di Dio, come la mano del padre!”.
Una bambina ha scritto in un compito di classe: “Dio è un papà che ama come una 
mamma”. Gesù ci dice semplicemente che “Dio è Padre”. Punto e basta.
Dio è uno che ci ama. E ci aspetta. Ci aspetta con tale desiderio di vederci tornare che non appena ci scorge da lontano, non solo si commuove, ma si mette a correre...

         3 – GLI CORSE INCONTRO
Nel mondo orientale, per un anziano, non era dignitoso correre.
Eppure il Padre, non appena intravede il figlio, si mette a correre: l'amore gli fuoriesce e lo fa scattare. Se Gesù non avesse raccontato questa parabola che stiamo gustando, non avremmo saputo di avere un Dio più attratto dall'uomo che il ferro dalia calamita; un Dio che non va tanto per il sottile: gli interessa sal    vare un suo figlio, anche a costo di non rispettare il galateo del tempo.
         Senza questa parabola, non avremmo saputo di avere un Dio che corre!
Che corre incontro a tutti, anche ai ´poveri, storpi, ciechi, zoppi (Lc 14,16-24). Perché Dio non soffre di daltonismo: ha occhi per tutte le pelli.
Un Dio che corre e che arriva ad ogni uomo, indistintamente, nelle vie più impensate.
Un solo esempio. A. Jacques Loew, già avvocato, poi scaricatore nel porto di Marsiglia
 per tredici anni, infine frate domenicano e fondatore della “missione operaia in 
Francia”, Dio gli è corso incontro in un fiocco di neve: “Raccogliendo un fiocco di 
neve, vedendo la sua perfezione, la sua bellezza, la differenza con tutti gli altri, 
ho avuto (oh, non è un ragionamento!), ma ho avuto come un'intuizione che c'era 
Qualcuno dietro il più piccolo fiocco di neve! C'era tanta bellezza, grandezza e tanta 
diversità nello stesso tempo per una cosa di cosi breve durata, che bisognava bene 
che ci fosse un'intelligenza, un pensiero, un amore anche dietro quel piccolo fiocco 
di neve, che si era fuso appena l'avevo preso in mano.
        
         GLI SI GETTO' AL COLLO
Dio sa che, in fondo, siamo tutti ammalati di “coccolite”: abbiamo bisogno di qualcuno che ci abbracci. Piccoli o grandi, non importa: basta essere nomo, per aver bisogno di amore. Giacomo Leopardi, in una sua lettera del novembre 1822 al fratello Carlo, gridava: “Amami, per Dio. Ho bisogno d'amore, amore, amore!”. Ancona nel luglio 1828 ripeteva vanamente:
“lo non ho bisogno di gloria, né di stima, né di altre cose simili; ma ho bisogno di amore”.
Mentre state leggendo questa riga, nascono al mondo da tre a quattro bambini. Ebbene, se subito sapessero parlare, sapete cosa direbbero? Direbbero:
“Non siamo pietre; non ci basta esistere; non siamo piante: non ci basta respirare; non siamo bestie: non ci basta mangiare. Siamo bambini, siamo piccoli uomini: abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi!          
L'uomo ha un innato bisogno di appartenenza: nessuno ama essere figlio di nessuno! Il Padre, lo sa: per questo ci abbraccia; per questo si lascia travolgere dall'emozione e si getta al collo del figlio.        
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In tal modo, si noti, impedisce al figlio d'inginocchiarsi per chiedergli perdono.
Delicatezza di Padre! Delicatezza che ci contiene tutti e sempre.
Forse non ci pensiamo, forse addirittura non ci sembra vero, tanto le cose ci vanno storte, eppure anche allora Dio ci sta abbracciando.
Lo ricorda un anonimo brasiliano con questa bellissima confidenza.
“Questa notte ho fatto un sogno. Ho sognato che ho camminato sulla sabbia 
accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della 
mia vita. Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, 
proiettati nel film, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore. Cosi sono 
andato avanti finché tutti i giorni si esaurirono. Allora mi fermai. Guardando indietro notai 
che in certi posti c'era un'orma sola. Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della 
mia vita. Ho detto al Signore: “Tu non avevi promesso che saresti stato con me tutti i giorni; perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori?”. Ed il Signore rispose: “I1 giorni 
in cui hai visto un'orma sola sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.
Dio ci porta in braccio per poterci baciare. Quinto verbo.

         LO BACIÓ
Il Padre ´lo baciò (Lc 15,20). Abbracciare è già tanto. Baciare è di più!
Dio punta sempre al massimo. Non ama con il contagocce: lui sa che la misura dell'amore è amare senza misura. Dunque, invece di indignarsi con il figlio egoista e sprecone, lo baciò.
Il bacio della parabola del Figlio prodigo è il bacio più importante di tutti gli altri baci che troviamo nel Vangelo: eccetto (è ovvio) il bacio di Giuda e pensiamo al bacio della peccatrice pentita che  bacia i piedi di Gesù (Lc 7,45).
Il bacio del Padre al figlio è il più importante tra tutti perché rappresenta
il culmine di ciò che Gesù vuole che sappiamo di Dio: il culmine del suo
 messaggio teologico.
Il bacio, infatti, è un gesto pieno di significati; baciando una persona si comunicano mille messaggi tutti positivi: – Sto bene con te, ti amo, ti desidero, siamo amici intimi, ti sono vicinissimo –
Giustamente nel libro sacro dei musulmani, il ´Corano si legge: ´Dio é più vicino a te della tua aorta (50, 16).
Ce lo ricorda anche Carl]. Jung, uno dei padri della psicanalisi, il quale sulla porta d'ingresso della sua casa a Zurigo, ha fatto incidere questa frase: “Chiamato o non chiamato, Dio sarà sempre presente. Presente addirittura nel nostro cuore come ci ha rivelato Gesù: ´Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23). Un Dio più intimo di cosi non si può! Per questo alcuni teologi invece di parlare di Trinità parlano di ´Tetrade, cioè di quattro persone: la quarta sarebbe l'uomo inserito nella Trinità.
Ma il bacio del Padre ci porta anche a quest'altra considerazione.
Ad una persona che ci bacia non possiamo dare del “lei”, ma del “tu”. Ad una persona che ci bacia non possiamo parlare con timore.
Ed allora, perché non cambiare nella liturgia della Messa ciò che diciamo proprio prima del ´Padre nostro? Francamente, non abbiamo mai capito quella premessa: ´Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo insegnamento, osiamo dire. No, non “osiamo dire”, ma “amiamo” dire. Con un Padre così paterno come quello di Gesù, si parla con gran desiderio, con slancio, con amore, non con rossore.
Più che temuto, Dio va amato: amato perché ci ama senza sponde!
Davvero; la generosità di Dio sa dell'incredibile.
Solo nella nostra galassia, la Via Lattea, vi sono più di cento miliardi di stelle: circa diciotto per ogni abitante della terna! Ma questa non è la generosità più grande.
Vi è una generosità meno appariscente, ma infinitamente più grande, più delicata.
Ce la descrive bene questo brevissimo racconto. Si  afferma che Dio tiene ogni persona per un filo. Ebbene, quando uno commette un errore, un peccato, il filo si spezza. Allora Dio riannoda il filo. E cosi va a finire che più uno si allontana, più Dio se lo avvicina. Fino ad arrivare a baciarlo!

         DISSE AL SERVI...
l Padre dice ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello, mettetegli l'anello al dito, i calzari ai piedi, ammazzate il vitello grasso, mangiamo e facciamo festa...” (Lc 15,22-23).
Certo il figlio non avrebbe mai potuto immaginare un'accoglienza simile. Sembra un Padre esagerato; un Padre che rinuncia ad ogni cautela, ad ogni buon senso. Eppure questa è un'idea fissa di Gesù. Difatti anche con un'altra parabola Gesù aveva voluto convincerci che Dio non ha misure nel perdonare: si tratta della parabola del servo spietato (Mt 18,23-35). Il debitore doveva al re 10.000 talenti, cioè 55 milioni di lire-oro. Una cifra impossibile! Basti pensare che le cinque province della Palestina pagavano di tasse ai Romani complessivamente 800 talenti. Ebbene il re (Dio) condona in blocco addirittura 10.000 talenti.                                                                                                   •• 3 ••
         Che cosa significa questo stile di Dio?
Significa che, ciò che è stato, è stato: inizia il nuovo! Dio rigenera! Non vuole che vi siano ferite sanguinanti o cicatrici. Lui perdona: dona al massimo. Non ci riscalda i peccati tutte le sere!
Lo scrittore tedesco Johannes W Goethe ricordava che “Persino il fango luccica quando il sole brilla”.
Ed allora tutto cambia: entra la gioia. “Facciamo festa!” (Lc 15,32).
         Dopo la parabola del Figlio prodigo dovrebbe essere chiaro a tutti che il secondo nome di Dio è “Felicità.” ´L'uomo pensa; Dio ride – dice l'indovinato proverbio ebraico.
Nella ´Vita della beata Umiliana de' Cerchi, fra Vito da Cortona scrive: ´Mentre la santa
 giaceva nel suo letto, dentro la sua cella nella torre, ecco un bambino di quattro anni 
o poco più, dal volto bellissimo: giocava nella sua celia, davanti a lei. Quando lo vide 
provò una gran gioia e gli disse: “O amore dolcissimo, o carissimo bambino, non sai 
fare altro che giocare? E il bambino rispose: “Che altro volete che io faccia?”. 
E la benedetta Umiliana disse: “Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio”.
E il bambino disse: “Credi che sia bene che uno parli di se stesso?”. E disparve. 
Un Dio che gioca, un Dio che fa festa.
Trovate un Dio più brillante, un Dio più simpatico!?

         PER FAVORE...
Allora, per favore, liberiamoci da un Dio meschino! Per favore, andiamo adagio a dire che ´siamo obbligati ad osservare i comandamenti di Dio, perché imposti da Lui nostro Padrone supremo (Cat. di Pio X, n. 166).
Ha ragione chi ha affermato che sono stati gli uomini ad inventare un Dio 
minaccioso e sempre arrabbiato. Poi, per liberarsene e sopravvivere, sono dovuti 
ricorrere all'ateismo (Tonino Lasconi).
Non è forse vero che troppe volte i credenti sono stati cosi mal-credenti da far  
nascere i miscredenti?
Abbiamo un Dio amico della pace e gli abbiamo fatto benedire le armi.
Abbiamo un Dio affettuoso e l'abbiamo presentato distratto.
Abbiamo un Dio vivo e l'abbiamo reso libresco.
Abbiamo un Dio semplice e l'abbiamo fatto diventare un rompicapo.
Abbiamo un Dio dalla forza liberante e l'abbiamo presentato opprimente.
Abbiamo un Dio Amore e l'abbiamo ridotto ad esattore delle imposte.
Abbiamo un Dio che non ti costringe a fare anticamera e 1' abbiamo burocratizzato.
Abbiamo un Dio dalla vicinanza commovente e l'abbiamo rinchiuso nel ´teologhese 
(il ´teologhese è il linguaggio astratto e astruso di tanti teologi che sembra parlino dai t
rampoli!).
Abbiamo un Dio simpatico e l'abbiamo reso antipatico.
Abbiamo un Dio gioioso e l'abbiamo reso noioso.
         In una parola: a furia di pensare e di parlare male di Dio, l'abbiamo ridotto al silenzio.

         NON SOTTOVALUTIAMOLO
Eppure di Dio dobbiamo parlare. E parlare con urgenza, perché, come diceva il grande pensatore del nostro tempo, il tedesco Martin Heidegger, “Ormai solo Dio ci può salvare”.
Sì, Dio è in grado di rivoluzionare, davvero, la nostra vita, e quindi la società, mentre, a detta del nostro più significativo poeta attuale, Mario Luzi, “Nulla di vitale è venuto dall'ateismo”.
A questo punto vengono in mente le sette note parole dello scrittore russo Feodor 
Dostoevskij: ´Se Dio non esiste, tutto è lecito! , e quelle di Italo Alighiero Chiusano: 
´Senza Dio alle spalle, ogni cosa perde peso, durata, radice, senso. E il nulla ci 
inghiotte. Dobbiamo ammetterlo: abbiamo sottovalutato Dio; gli abbiamo riconosciuto 
troppo poco peso personale e sociale. In realtà, nulla è più stimolante di Dio! Altro che 
oppio! Dio è la miglior cura dell'uomo: ti smuove, ti invita a continui sorpassi. Dio è il 
pensiero forte che può svegliane questa generazione a bassa tensione e rimetterla 
in piedi. Perché Dio è uno stile di vita, un modello di comportamento: ´Siate perfetti 
com'è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Lo aveva capito bene don Primo Mazzolari, quando diceva:
“Se credi in Dio, devi diventare un inquieto: un insoddisfatto di quello che già sei, di quello
 che già fai”. Chi mai, infatti, può dire di essere ripieno di amore, di bontà, di pace, di 
giustizia, di gioia, come Dio? Certo, Dio non è un passatempo, non è un dopobarba. 
Il pensiero di Dio trasmette energia, e forma personalità d'alto fusto.                           
Qualche prova? (Santi) – Pensiamo a Francesco d'Assisi, a Gandhi, a Giovanni XXIII, 
a La Pina, a Madre Teresa di Calcutta, a Raul Follereau, al dott. Albert Schweitzer, 
all'Abbé Pierre, al segretario delle Nazioni Unite Dag HammarskjÛhd, a Massimiliano 
Kolbe e ad infiniti altri uomini che camminano sulle strade della nostra terna.
Questi sono la prova più limpida che Dio fa crescere più in fretta e più in alto. Sono la prova che, seguire Dio raddrizza l'uomo e quindi il mondo. Sono anche la prova che siano un incontro con un Dio straordinario che, proprio in questa nostra società di non credenti, ci prenda per mano e ci dica: “Facciamo festa!”•••

Padre Claudio Truzzi OCD



BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi