AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

mercoledì 27 marzo 2013

L'AGNELLINO


Samuele l’aveva trovato ferito accanto a una grossa pietra e l’aveva portato a casa.
<Questo piccolo ha bisogno di latte, sennò muore> disse il papà, <chiederò al padrone se posso tenerlo nel suo gregge, forse abbiamo fortuna e qualcuna delle pecore madri l’accetta>.
La mamma scosse la testa poco persuasa: <Ma poi il padrone se lo terrà lui> affermò steccando e fasciando la zampetta rotta all’animale, che si lamentava come un bambino piccolo.
Samuele seguiva il discorso senza intervenire, ma i suoi occhi neri come il carbone guizzavano attentissimi dal padre alla madre e viceversa.
<Il mio padrone è un uomo giusto> fece lui, <e ha stima di me. Salverò l’agnellino e te lo porterò> promise.
<Grazie, papà> disse infine Samuele con voce un pochino rauca. Sorprendentemente l’animaletto leccò la mano al bambino, poi dette un sospiro come di sollievo, reclinò la testa e subito si addormentò.
Crebbe allattato da Albachiara, la pecora più bella del gregge, che lo accettò subito senza problemi. Quando fu svezzato il padrone chiamò il pastore e gli disse di prendere l’agnello per il suo bambino. Quel giorno, nella misera casa, fu festa grande, la mamma impastò una focaccia tutta coperta di miele e ne mangiarono quanta ne vollero. Da allora l’agnellino dormì in casa con loro e divenne una pecora opulenta, che seguiva sempre il bambino.
Erano felici e non pativano mai la fame. Il padrone era generoso e, da qualche tempo, Samuele andava ad ascoltare le prediche di Gesù, con la pecora appresso.
Una sera non si ritirarono, lo trovarono in un dirupo sul quale si era sporto  per raccogliere la verdura selvatica che piaceva alla mamma. Era morto, con la pecora accanto che belava lamentosamente.
Una piccola comitiva di amici e donne che si battevano il petto portava a casa il cadaverino quando incontrarono Gesù coi discepoli.

<Donne, perché piangete? Uomini, cos’è accaduto al bambino?>.
<Maestro> la madre e il padre gli si buttarono ai piedi, <è caduto nel precipizio ed è morto, è morto>.
<Che dici? Gli è soltanto preso un colpo di sonno> fece Gesù, e toccò il piccolo con la mano, Samuele si dimenò, balzò in piedi e chiese a sua madre:
< Chi mi ha rubato la verdura che avevo raccolto per te?>.
Anche quella sera fu festa grande e bisognava vedere come saltava la pecora. Si improvvisò una cena  e tutt’intorno alla povera casa amici, conoscenti e anche quelli che mai avevano sentito parlare di loro prima di quel giorno venivano a portare pane, formaggi, ricottelle , frutta, miele e tanta verdura selvatica, così mangiarono insieme e bevvero un po’ di vino buono, che volle donare il padrone, compresi Gesù e i discepoli.
< Cosa darò al maestro , che ha restituito la vita al mio bambino?> chiese il padre alzando il terzo bicchiere colmo, o era il quarto?
<La nostra unica ricchezza è la pecora, così potrà mangiarla per la Pasqua>.
I discepoli incominciarono a ringraziare e corsero a prendere la pecora, che li seguì obbediente. Samuele, nel sentire il discorso, si stava affogando con un boccone di pane e ricotta che masticava in quel momento. Voleva dire <No, no>, ma non poté perché era troppo occupato a tossire.
Gesù accarezzò la pecora sulla testa e lei gli leccò la mano, gesto che riservava soltanto al suo padroncino. Docilissima, gli poggiò il muso sulle ginocchia . Gesù guardò Samuele occhi negli occhi:
<Noi non mangeremo la tua pecora, piccolo> disse con disappunto degli apostoli, <questa vi darà latte e lana a lungo e tanto affetto>.
Dopo Gesù si chinò all’orecchio di Samuele e gli disse sottovoce:
<Venerdì prossimo mi crocifiggeranno. Non dirlo a nessuno , ma vai dalla mia mamma e consolala. Io l’affido a te, ricordale che risorgerò il terzo giorno come oggi sei risorto tu>.

Domenica Luise


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