AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 19 marzo 2013

PERCHE' SONO CONTRARIA ALL'ABORTO



Quella domenica dopo pranzo, mi ero appisolata sul divano del salotto, mentre mio marito si era coricato sul letto, per il riposino post-prandiale.
Ero in dolce attesa del mio primo figlio, da circa due mesi. Fui svegliata da un grido: “Mamma!”.  Mi alzai e corsi in camera da mio marito, il quale aveva la mamma gravemente ammalata. Pensai che avesse avuto un incubo. Si svegliò seccato, avevo interrotto il suo sonno, ma non era stato lui a chiamare la mamma. Nel ritornare sui miei passi, vidi che sul pavimento avevo lasciato una scia di sangue. Mi precipitai in bagno, e costatai che un grumo strano era uscito dal mio grembo. Chiamai mio suocero, medico, e gli spiegai il caso. Mi pregò di conservare quel grumo, e si precipitò da me. Una volta analizzato, mi disse che avevo abortito spontaneamente, e che quel grumo era l’embrione del piccolo. Mi fece ricoverare in ospedale, per la “revisione”, onde evitare infezioni. L’intervento fu programmato per il giorno successivo, verso mezzogiorno. Il lunedì mattina mio suocero venne a trovarmi in ospedale ed io gli chiesi se potevamo posdatare l’intervento, poiché sentivo ancora forti le nausee della gravidanza. Mi rispose che per alcuni giorni le avrei avute, perché gli ormoni della gestazione erano ancora in circolo. Gli chiesi di parlare col ginecologo, di procedere ad altri esami. Ero certa di avere ancora in grembo mio figlio.
Fu per tutti una sorpresa! In effetti c’era una gravidanza in corso. Ma allora, quell’embrione che avevo abortito? Era il gemello o la gemella di mia figlia, per quella creatura la natura aveva deciso diversamente, ma Valeria nacque in quello stesso ospedale.
Se non avessi sentito quel grido: “Mamma!” forse avrei permesso ai medici di eseguire il raschiamento, e mia figlia non sarebbe mai nata. O forse no! Ma per me è stato un grande avvertimento. Era domenica, il giorno del Signore, e io dovevo mettere al mondo Valeria! Ringrazio la vita di avermi dato un suocero medico, che ha potuto fermare la mano del chirurgo. Io non avrei avuto voce in capitolo. Il risultato è stato che mia figlia mi ha dato tante soddisfazioni, e mi ha regalato due bravi e buoni nipotini.
Allora pensiamo bene che quel grumo di cellule, che un giorno diverrà un  uomo o una donna, non è solo un corpo estraneo di cui liberarsi. Io non avrei la gioia di una figlia (ho poi avuto altri due maschi che ancora non mi hanno reso nonna) e di due splendidi nipotini.
Tutti, nella Parrocchia di S. Teresa del Bambino Gesù di Legnano conoscono mia figlia, che si adopera come catechista per l’iniziazione cristiana, ma anche per la catechesi battesimale, fa parte del Consiglio Pastorale ed è nel gruppo delle Famiglie. Insegna materie scientifiche in un liceo e si occupa con grande amore della sua famiglia.
Anche lei ha voluto evitare l’aborto del suo terzo figlio, Iacopo, al quale i medici le avevano consigliato di sottoporsi. Il bambino presentava evidenti problemi che non gli avrebbero permesso di sopravvivere. Lei però lo sentiva crescere e muoversi nel suo seno e decise così che, fintanto che era ben protetto dentro di lei, il bambino viveva. Ha portato a termine la gravidanza, decidendo di sottoporsi al parto cesareo, per non far soffrire il piccolo, che visse un’ora circa, ed ha potuto così ricevere il Battesimo e avere il suo funerale, in una piccola bara bianca. Ora Iacopo riposa nel giardino degli Angeli, e dal cielo protegge i suoi cari. E’ nato e, cosa importante, mamma e papà hanno potuto tenerlo per un po’ tra le loro braccia. E’ per loro figlio avuto e amato, anche se volato prematuramente in Cielo. Se mia figlia avesse abortito, quel corpicino sarebbe finito nell’inceneritore dell’ospedale. Quel feto sarebbe stato ignorato e dimenticato da tutti, non certo dalla sua mamma, ma comunque considerato da molti alla stregua di un corpo estraneo, ed eliminato come tale.
Allora ritengo che occorra proiettare il nostro sguardo al futuro, e pensare fin dall’inizio del concepimento, che quello che una donna porta in grembo è un uomo o una donna a tutti gli effetti, anche se ancora in formazione. Dire: “aspetto un bimbo” ha una forza persuasiva ben diversa dal dire: “sono incinta.” Incinta è una parola che non disegna la creatura, mentre l’attesa di un bimbo identifica già l’essere umano che verrà al mondo.
Io non avrei ora la mia Valeria, se avessi dato ascolto ai medici, e non avrei avuto questi tre nipotini, anche se purtroppo, uno di loro, è tra gli angeli in Paradiso.
Lo Spirito Santo ci dona dei segni. Dobbiamo soltanto imparare a riconoscerli.
Oppure ci parla interiormente, e ci fa capire quale sia la giusta via da percorrere. Chiudere gli occhi e turarsi le orecchie per non vedere od ascoltare, è segno di disamore verso noi stessi e il prossimo.

Danila Oppio


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