AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 11 gennaio 2013

IN RICORDO DI MARIANGELA MELATO


Io la ricordo così!
Oggi i giornali e i telegiornali hanno scritto e detto molto di lei. Non credo sia necessario aggiungere altro che parli della sua vita di attrice …e che splendida attrice!
Ma c’è qualcosa che vorrei dire di più privato che la riguarda. Proprio oggi mio figlio si trova a Milano, a casa di Dario Fo, premio Nobel per la letteratura. Il Maestro ottantaseienne sta lavorando ad un testo  - non so se si tratti di un libro o di una sceneggiatura teatrale – che richiede la traduzione dal danese, di alcune pagine di libri scritti in quella lingua. Non chiedetemi di più, non sono entrata nel merito, poiché è tutto in divenire e se anche lo sapessi, non spetta a me parlarne. Avevo appena appreso dal telegiornale della morte di Mariangela Melato, quando ricevo un messaggio da mio figlio che cita testualmente: “E morta M.M. Qui c’è la RAI e altro mezzo mondo.  Presa alla sprovvista, mi sono chiesta cosa ci facessero i giornalisti a casa di Dario Fo. Poi mi sono ricordata che i suoi primi lavori teatrali, l’attrice li ha compiuti con il Maestro, ed essendo la cosa risaputa,  i giornalisti sono andati ad intervistarlo per avere qualche sua testimonianza.
E qualcuna la possiedo anch’io, di prima mano. Ho conosciuto Mariangela perché frequentavo sua sorella Anna, quando avevamo poco più di 16 anni. Loro abitavano con i genitori in via Montebello, nella vecchia casa un tempo sede delle Stelline e dei Martinitt (così erano chiamati gli orfanelli a Milano, il cui fondatore era San Gerolamo Emiliani, figlio di un senatore veneziano, dopo la propria liberazione dalla prigionia di guerra (da lui ritenuta miracolosa) rientrò a Venezia e devolse tutti suoi averi ai poveri e radunò tutti gli orfani in una sua proprietà lagunare.
Della cosa venne a conoscenza il duca Francesco II  e nel 1528  gli offrì la possibilità di radunare gli orfani milanesi presso l'oratorio di San Martino, in un palazzo nell'attuale via Manzoni, all'angolo con via Morone. I ragazzi orfani vennero così chiamati Martinitt (nel dubbio non fosse chiara la derivazione del nome martinitt, ovvero Piccoli Martini tengo a precisare che deriva dal nome dell'oratorio di San Martino dove fu fondato l'orfanotrofio) mentre le ragazze vennero chiamate Stellinn ("Stelline").  Le sedi furono spostate in diversi altri luoghi, tra cui in via Mirabello, zona Brera). In questa casa, non più sede dell’orfanotrofio, nacquero le sorelle Mariangela e Anna Melato. Da quanto mi raccontava Anna, dovrebbero avere anche un fratello, Ermanno. Io non l’ho mai visto, ai tempi pare non abitasse più con loro. Ma potrebbe essere anche una bufala che Anna era solita raccontarmi,  ragazzina piena di fantasia qual’era.
Allora ho fatto una ricerca:  

La fisarmonica di Ermanno Melato Sabato concerto al parco Massari
16 giugno 2005 —   pagina 14   sezione: Cronaca
 Si annuncia come uno degli appuntamenti più importanti delle notti estive ferraresi ed è il concerto per il quale sabato sera Ferrara vedrà arrivare il fisarmonicista Ermanno Melato (ore 23, parco Massari).
 Un appuntamento cui lo stesso Comune di Ferrara, organizzatore dell’evento, ha dedicato molte energie al fine di renderlo (ma il nome del protagonista è di per sé una garanzia) una delle attrazioni artistiche del cartellone. Melato, che vanta un curriculum di prestigio e che negli anni si è ricavato a buon diritto un posto di rilievo nel panorama della fisarmonica europea, proporrà, tra gli altri, brani della più consolidata tradizione argentina, con il tango raffinato protagonista. Ad accompagnarlo, le note di autori del calibro di Carlos Gardel (universalmente ritenuto il padre del tango) e di Astor Piazzolla (che col suo bandoneon ha scritto ed improvvisato i tanghi più conosciuti). E forse persino gli odori ed i rumori di un parco bello come il “Massari” contribuiranno a fare di quella di sabato una serata indimenticabile. 
Se non si tratta del fratello, e Anna si è divertita inventandosene uno e, guarda caso proprio con questo nome, chiedo venia. Del resto l’ho premesso: ricordo che Anna mi parlava di un fratello di nome Ermanno, ma altro non so dire. Forse desiderava anche un fratello, oltre che avere una sorella, e se l’è inventato? Neppure Mariangela ha mai fatto cenno, nelle sue interviste, dell’esistenza di un fratello. E non ho avuto occasione di parlarne neppure con mamma Lina, che dichiarava la sua grande nostalgia per la lontananza delle figlie, essendosi trasferite a Roma.
Ma torniamo a Mariangela. L’ho sempre vista in corsa. Anna ed io con tutti i nostri amici, ci trovavamo nel bar in Piazza Mirabello, dall’Oreste, e le finestre dell’appartamento dei Melato si affacciavano proprio sulla piazzetta, per cui mamma Lina ci teneva d’occhio: noi eravamo minorenni e quindi mamma chioccia curava il  suo pulcino Anna, che aveva quasi 10 anni meno di Mariangela. E mentre, sedute su di una panchina nella piazzetta, Anna suonava la chitarra, Mariangela appariva di corsa, correva a casa a cambiarsi e poi scappava di nuovo.  Anna la chiamava, ma lei rispondeva: “Ho fretta!”. Già, poiché lavorava come vetrinista a La Rinascente, grazie ai suoi studi artistici al Brera poi correva al Piccolo, alla guida del Maestro Giorgio Strehler, e a scuola di recitazione. In seguito, correva per le prove. Ricordo ancora quando, colma di entusiasmo, ci disse che aveva avuto una parte nella piece teatrale curata da Luchino Visconti, L’Inserzione, di Natalia Ginzburg. Scene e costumi di Ferdinando Scarfiotti, interpreti, Adriana Asti, Franco Interlenghi, Mariangela Melato. Di quest’opera venne poi realizzato nel 1976 un film diretto da Mario Monicelli,  tra le cui interpreti brillava ancora Mariangela.
Piccolo particolare non trascurabile: Mariangela è nata nel 1941, stesso anno di nascita di mia sorella Mariangela e stesso nome, che straordinaria coincidenza!
Lei era molto legata al padre, e di lui diceva: «Mio padre era di origini tedesche - raccontava lei - duro e sensibile insieme. Io gli assomigliavo. Mia madre, milanese allegra, estroversa, mi rimproverava. “I tudesch in andaa via - diceva -, ma la raza l’è restada”. I tedeschi erano andati via, ma la razza è rimasta». Perse il padre quando aveva circa 27 anni, se ricordo bene.
 Giovanissima aveva studiato pittura all’Accademia di Brera, per pagarsi i corsi di recitazione di Esperia Sperani disegnava manifesti e lavorava come vetrinista alla Rinascente. Non ancora ventenne era entrata a far parte della compagnia di Fantasio Piccoli poi era passata a registi come Dario Fo, Luchino Visconti e Luca Ronconi.
Della sua storia d’amore con Renzo Arbore, la quale forse non era mai del tutto finita, poiché in un’intervista rilasciata a Gianni Mura, nell’aprile del 2011, su Repubblica.it dichiara: “Sette anni con Renzo, un record! Quando lavoravo al Piccolo Teatro a Milano, con Strehler, mi disse: “vengo a teatro a vederti, ma non capisco una parola del dialetto milanese”.  “Stai tranquillo, ti siedi a fianco di mia madre, che ti traduce tutto” . Alla fine viene in camerino: “Sei stata bravissima ma non ho capito una parola!”. “Ma mia madre…?” “ Tua madre mi ha tradotto il milanese antico in milanese moderno!”. Un tipo, mia madre! Molto severa, mai soddisfatta. Anche in quella circostanza mi disse che parlavo malissimo in dialetto e che quasi certamente Strehler mi avrebbe licenziata. Poi venivo a sapere dalle sue amiche ( ndr:ne ho conosciute diverse, tra Pine e Line!) che era andata da loro col petto  in fuori: “T’è vist la mè toseta?”."
Non stento a crederlo: la signora Lina pareva lei una tedesca, robusta, bionda e dagli occhi stupendi, di un azzurro mare dove si poteva annegare, altro che il marito, magro non molto alto, con un paio di baffetti da sparviero, non ricordo se poliziotto o carabiniere. So che portava la divisa ma io all’epoca non distinguevo l’arma e neppure la differenza tra la divisa di un vigile urbano o di una guardia giurata. E la signora Lina parlava sempre in milanese, tant’è che quando la ritrovavo per i compleanni di Rami e Yara, i figli della mia amica egiziana Nabila, che abitava nella stessa scala dei Melato, parlava anche con loro in dialetto, e Nabila, rivolgendosi a me, mi chiedeva: “T’è capì?”. Hai  capito?
Alle ragazze Melato non piaceva la vecchia casa dove abitavano coi genitori, era scomoda, senza ascensore, una vecchia casa di fine ottocento, se non ancora più vetusta, la casa dei Martinitt, appunto. Ma pur vivendo a Roma, Mariangela desiderava avere un punto di appoggio a Milano quando, per far visita alla mamma o per ragioni di lavoro, doveva venire al nord. Così comprò casa ancora in via S. Marco, poco lontano da casa mia e da quella dov’era cresciuta, ma di questo suo acquisto diceva: “Ci ho comprato casa, a Milano, ma non la riconosco più. La Milano da bere è diventata una Milano da vomitare, quindi sono legata ad una città sparita, coi suoi tassisti simpatici, i tailleur eleganti, la bellezza segreta dei cortili, il calore della gente, il suo senso d’ospitalità. Non ci vado da due anni, finiva che per non incazzarmi stavo chiusa in casa. E’ un’altra città, senza solidarietà, nemica della cultura. Di tutte le città d’Italia, è quella scesa più in basso, e nel mio cuore stava molto in alto. E’ involgarita, piena di gente finta, e anche per questo possiamo ringraziare il nostro capo.”. (ndr: all’epoca dell’intervista avevamo al governo come Presidente, Silvio Berlusconi).
BELLISSIMA ANCHE "DA GRANDE"!
Ed io ringrazio te, Mariangela, per aver avuto il coraggio di dirlo.
Ora avrei molte altri piccoli ricordi, ma sono miei, e me li tengo nel cuore. Ho preferito scegliere tra le cose che di Mariangela già conoscevo privatamente, quelle che lei ha anche rilasciato in interviste. Mamma Lina non c’è più da qualche anno, ora Mariangela l’ha raggiunta.  Resta Anna a piangerla, coi due figli. E tutti coloro che l’hanno amata e apprezzata per le sue grandi qualità di attrice e la sua sincerità di pensiero.
Ah, Mariangela, dimenticavo di dirti: aveva ragione Anna, quando cantava “che dormitorio pubblico è la mia città….”,   per questo avete scelto la vitalissima e soleggiata Roma? Ma anche Roma sarà vuota e sola, senza di te!

Danila Oppio

Parte di questo articolo è preso da un'intervista rilasciata un paio di anni fa dall'attrice, al giornalista Gianni Mura, di Repubblica.it . E lo ringrazio perché ha dato un ritratto veritiero di Mariangela

7 commenti:

  1. Una grandissima attrice davvero. Si vedeva che l'arte della recitazione era nel suo DNA.
    Peccato non averla più fra noi.
    Ma l'apprezzeremo sempre nei suoi bei film.

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  2. Lei era molto brava soprattutto come attrice di teatro. La sua voce, le sue interpretazioni sono indimenticabili! Grazie Giovanna!

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  3. Aveva quel fuoco indicibile e nelle sue interpretazioni c'era tutta. Una passionale della recitazione. Ci ha lasciato molto.

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  4. Si, è vero! Fin da ragazza aveva questo talento incredibile...una passione vera! Il suo "mestiere" non era per avere successo (del resto meritato) o per mettersi in vetrina come tante donne dello spettacolo, che vogliono solo apparire, ma perché lo amava profondamente!
    Grazie Mimma!

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  5. Avrei voluto esserle amica...immaginate Lei milanesissima e me calabrese fino al midollo!!!!una miscela a dir poco 'esplosiva'. Arrivederci Mariangela e grazie assai, Annamaria Brogno

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  6. mariangela, e' stata una grande zia, io sono figlio di suo fratello ermanno

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  7. mariangela, e' stata una grande zia, io sono figlio di suo fratello ermanno

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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi