AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 11 ottobre 2011

IL POTERE, QUANDO SE NE ABUSA?


Così lo descrive il suo autore:
« Siamo in un paese di campagna, sono circa le dieci e mezzo del mattino d'una giornata d'estate, due contadini s'avanzano verso lo spettatore, sono i due designati dall'ordinata massa di contadini che van dietro per perorare presso il Signore la causa comune...  »
Stiamo parlando di Giuseppe Pelizza da Volpedo, e del  suo dipinto
"Il quarto stato".


 Il più potente è colui che usa ciò che ha a disposizione per fare del bene a chi lo circonda. Il più potente è colui che mette da parte le proprie egoistiche pretese per favorire i bisogni altrui. Il più potente ha consapevolezza del proprio potere e della propria fortuna e la mette a servizio di chi questa fortuna non la ha.
Infatti, non abusare del proprio potere porta ad acquisire una dose ancora maggiore di potere, che è quella generata dal rispetto!
Chi abusa del proprio potere finisce sempre per sprofondare nella sua stessa superbia, mentre chi ha equilibrio riesce a gestirlo in un modo decisamente-migliore.
I più grandi condottieri e uomini di storia sono caduti perché dopo aver ottenuto il potere non hanno saputo controllarlo.
La moderna teoria della separazione dei poteri viene tradizionalmente associata al nome di Montesquieu. Il filosofo francese,nello Spirito delle leggi pubblicato nel 1748 fonda la sua teoria sull'idea che "Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere.
Tutto questo si riferisce ai poteri giuridici, legislativi, del  governo, ma è applicabile in ogni situazione in cui qualcuno si trova al comando di un’organizzazione, di una società, di un ente o di un gruppo, sia esso politico che ecclesiale.
Il segreto per gestire il proprio potere, quindi, resta nell’ottenere rispetto, e questo si ottiene rispettando i sottoposti. Tutte le rivoluzioni del popolo sono nate a causa dell’abuso di potere e poiché chi è al comando, finisce per approfittare del proprio ruolo per schiacciare coloro che gli sono sottoposti, alla fine la corda si spezza e il popolo insorge. E questo accade in ogni realtà sociale, civile e religiosa.
Ho potuto appurare, con grande apprezzamento, che i buoni parroci si siedono alla stessa tavola dei parrocchiani, discutendo amabilmente sulle varie tematiche sottoposte, cercando insieme soluzioni e non facendo cadere dall’alto le proprie decisioni, costringendo i propri collaboratori ad accettarle senza proferire parola.
Lo stesso  dicasi negli ambienti religiosi: un buon Priore, o un buon Provinciale non abusa del proprio potere decisionale, senza prima avere esposto le proprie ragioni e chiesto se ci fossero pareri contrari, i tenendo debito conto dei “desiderata” dei confratelli.
Prima si ascolta, si raccolgono opinioni, e solo dopo un attento vaglio, si rende esecutiva la proposta stessa. In questo modo, i confratelli si sentono coinvolti, e anche se la decisione finale viene dal superiore, e magari non corrisponde alle  loro attese, si sentono comunque coinvolti personalmente e non estraniati dal contesto.
Così si gestisce la pace nel proprio ambiente, si ottiene rispetto, che è primario nella gestione del proprio potere, e si obbedisce sapendo che chi ci comanda è persona giusta, leale e attenta ai bisogni materiali , spirituali e morali del suo sottoposto.
Quando chi ha il potere perde il rispetto del popolo, dei dipendenti, dei confratelli, nel caso di una comunità religiosa, rompe l’armonia della Nazione, dell’Azienda e quindi dell’attività lavorativa, e della comunità.
Comprendo che possedere poteri decisionali è un grave e oneroso compito, ma chiunque lo applichi con il rispetto dovuto alle persone su cui ha il governo, otterrà a sua volta rispetto e collaborazione totale.
Il Metodo Kaeser, che viene insegnato agli addetti alla vendita di un qualsiasi prodotto, insegna il modo con cui porsi con l’acquirente, ma una volta conosciuto il metodo, è chiaramente applicabile in qualsiasi occasione di incontro con il prossimo.
Un Master della Università di Boston, insegna ai partecipanti al corso, come porsi coi propri dipendenti in modo da ottenere il massimo col minimo sforzo: la base è in ogni caso la gentilezza, l’attenzione personale per ogni singolo individuo, il far sentire il dipendente compartecipe dell’azienda, utile e necessario.
Sono entrambi metodi laici, tanto più nell’ambiente ecclesiale o religioso dovrebbero essere sentiti profondamente, poiché Cristo ha insegnato ad  amare tutti indistintamente.
Nonna, quando mi dava un suggerimento, mi diceva sorridendo: “pensaci Giacomino”. E’ il titolo di una commedia di Pirandello, ma corrisponde al suggerimento di esaminarci nel profondo, e vedere dove, noi che abbiamo un potere decisionale, non agiamo correttamente e creiamo malumore o perdiamo il rispetto nell’ambiente in cui operiamo. Questi sentimenti negativi, che provochiamo nell’animo dei sottoposti, ci si ritorcono contro: non otteniamo obbedienza, il dovuto rispetto e soprattutto, poca e nessuna collaborazione, perché lavorare con un despota diventa particolarmente faticoso e toglie l’entusiasmo del “costruire insieme”.
Si stanno eleggendo i Consigli Pastorali, ed è importante collaborare insieme, Parroco e operatori parrocchiali, con uno spirito di squadra, avendo come obiettivo il bene della Parrocchia tutta e non solo di un particolare ambito. E se fosse necessario occuparsi del bene di un determinato settore, fosse anche quello in cui non prestiamo direttamente il nostro servizio, è necessario tendere insieme alla realizzazione ed al sostegno dello specifico progetto.
Come dice il motto: “L’unione fa la forza!”, è bene ascoltare le opinioni di tutti, dal primo all’ultimo nella scala gerarchica, e saper comprendere ed accettare i consigli e le richieste di ogni singolo e se necessario, aderire anche alle richieste che vengono dal basso, perché un dirigente, un parroco, un capo di comunità sia laica che religiosa si dimostra all’altezza del suo compito solo se sa abbassarsi quando è il momento di farlo. Otterrà così rispetto e benevolenza da parte dei propri sottoposti e - non da ultimo – una collaborazione più fattiva e una disposizione d’animo sicuramente positiva.
Le gerarchie sono forme ataviche, servono per mantenere l’’ordine, ma i vertici non devono usare metodi rigidi per sottolineare la propria supremazia sulla base, abusare del proprio potere, altrimenti rischiano di franare miseramente sulle macerie  di un crollo che loro stessi hanno provocato.
Quanto scritto abbraccia tutte le realtà dove vige un ordine verticale, ma ognuno mediti su come si muove nella posizione in cui si trova e come dovrebbe agire secondo carità. 

2 commenti:

  1. Ciao
    in questa foto è rappresentato il mio bisnonno
    "poesieinsmalto"

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  2. Mi fa piacere! Parli del quadro, immagino, di Pelizza da Volpedo| meraviglioso! I colori, la forza dei contadini che marciano verso la libertà da quella specie di schiavitù che era il lavoro della terra, su terreno altrui!

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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi