AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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giovedì 22 agosto 2013

Il sacerdozio, il mio sogno!

Il sacerdozio, il mio sogno!

Omelia tenuta dal P. Provinciale in occasione del funerale di P. Filippo Calabrese
Padre Filippo Calabrese

Chiesa S. Maria del Monte Carmelo, Bari


Carissimi Confratelli, Sacerdoti, Religiose e amici tutti qui presenti, ci onorate con la vostra presenza e con la vostra preghiera; ci sostenete con la vostra compagnia Ìn questo momento delicato della nostra vita. Grazie a tutti e a ognuno di voi.

Con P. Filippo se ne va un pezzo della nostra storia, un anello di quella trasmissione della vita che è fatta di persone, di situazioni, di luoghi e aneddoti; e lui, senza dubbio, è stato un ottimo trasmettitore di quel tessuto della tradizione della nostra Provincia. Educava narrando, facendo emergere quell'umanità buona incontrata in tanti confratelli, con i quali aveva condiviso un pezzo, più o meno lungo della sua esistenza.

Quando raccontava la sua vita da frate, sembrava che - almeno per un istante - il tempo si contraesse, quel momento tornasse a vivere e attraverso quello, potessimo entrare anche noi.




P. Filippo era felice di essere frate. Era felice di essere sacerdote. Da questa attitudine veniva tutta quella felicità che traspariva dalla sua ilarità, dalla battuta sempre pronta, dalla sua cordialità.

Da ragazzo, quando era chierichetto, insieme a P. Bemardino Lieto, percorreva le strade sterrate di questa parrocchia per le benedizioni delle case o per accompagnare un defunto. Parlava ancora quasi solo in barese, quando P. Egidio Imperatore o P. Eusebio Mariani lo invitavano a salire in convento e gli sembrava di vedere una bellezza mai conosciuta prima; gli sembrava di essere parte deIl’immensità del mondo; gli sembrava di aver intravisto qualcosa di quella gioia che riempie l'universo e contiene tutte le creature e gli uomini quando sanno vedere.

Così, partì per Maddaloni con le sue valigie di cartone e il materasso arrotolato, accompagnato da Fr. Isidoro Palumbo. Era l'anno 1951. Nei suoi appunti ha annotato: "Sono andato via dalla casa patema (papà Domenico, la mamma Anna Sforza, le sorelle Anna e Giovina e il fratello Gaetano) per continuare gli studi superiori nel Collegio Apostolico dei PP. Camelitani Scalzi in Maddaloni (CE), come aspirante alla Vita religiosa e in preparazione al Sacerdozio ... si rafforzava in me la convinzione che era questa la scelta di vita che il Signore mi ispirava”.
L’11 ottobre 1957 - “anno di grazia”- emise la sua prima professione religiosa. Rimase sempre grato al suo maestro di noviziato, P. Andrea De Conno.

Compì i suoi studi di teologia tra Napoli e Caprarola (VT). L’8 agosto 1965 fu ordinato sacerdote. P. Filippo ricorda questo momento scrivendo: “Dal 1962 al 1965 ho frequentato il corso di teologia per raggiungere il Sacerdozio, il mio sogno”.

Ciò che P. Filippo cercava, quella bellezza che aveva intravisto nella vita buona di tanti Padri Carmelitani Scalzi conosciuti stava nel suo essere sacerdote e religioso. Quello che prima era un "sogno" da ragazzo, adesso era realtà: quella bellezza gii avrebbe riempito la vita. Ecco, era questo che voleva.

Nel 1966 tornò a Napoli e frequentò l'anno di pastorale in Diocesi: "Così inizio il mio compito di Sacerdote-religioso OCD". Descrive quei primi anni di sacerdozio con entusiasmo, ricordando l'esperienza come confessore ai carcerati di Poggio Reale, in Napoli. "Prime esperienze pastorali e tanta commozione”.  (Quando ha scritto questo, credo che una lacrima abbia bagnato il foglio).

Con altrettanto entusiasmo, scrive: "Nel 1970, ho finalmente il permesso di andare a Scuolaguida. Divento, con grande soddisfazione, autista. E’ bello guidare la macchina!”.

P. Filippo era sempre rimasto quel ragazzo vivace che metteva scompiglio in casa, che sognava di comprarsi un paio di scarpe da ginnastica per giocare a calcio, l'altra sua grande passione.

Per molti anni risedette a Maddaloni dove rivestì diversi incarichi, come vicerettore, rettore, economo, vicesuperiore e infine superiore. Una "carriera a Maddaloni”, come scherzosamente annota. Amò molto stare "tutti i pomeriggi con i ragazzi che fanno i loro compiti...".

Dopo un breve passaggio a Bari (1980-1983), dal 1983 al 1989 svolse il suo ufficio di superiore a Montechiaro (casa di noviziato).  A Piano di Sorrento intraprende quell'apostolato semplice fatto di relazioni e cordialità.

Con altrettanto zelo e umanità, per dieci anni permase a Brindisi – Jaddico, dove -scrive- «Ci si ubriaca di confessioni... ascolti la mattina, ascolti nel pomeriggio, fino a sera tardi”. Di quella conventualita ricorda un evento, per lui unico: il viaggio -gratis- in Terra Santa, nei luoghi di Gesù; "... E che gioia quando mi portarono sul Monte Carmelo! Ho visto la culla del nostro Ordine! Una bella Chiesa con la statua deìla Madonna del Carmine e un grande convento".

La sua calda umanità e la sua gioia mi spinsero - allora Provinciale- a portarlo a Bari, nominandolo Maestro degli studenti. Era l’anno 1999. A tutti resta nel cuore la giovialità del suo servizio e la paternità del suo tratto. Nei suoi appunti dice; "Mi trovo qui a Bari, in parrocchia, invecchiando (?), ma sereno e gioioso, con una numerosa famiglia parrocchiale di giovani e anziani a lodare il Signore. Alleluja!”. Lui ha amato questa comunità, perché era la sua famiglia.

Carissimi ho voluto solo pennellare un frammento dell'umanità serena e cordiale di P. Filippo, evidenziando la freschezza di vita, l'ilarità che non Io faceva invecchiare, la sua memoria grata e riconoscente all'Ordine, alla Chiesa, alla sua famiglia; la sua capacità di essere uomo di relazioni, sebbene timido; il suo essere religioso-sacerdote felice della vocazione e missione ricevute.

Mi piace ricordare ancora due aspetti della vita di questo nostro caro fratello: la sua testimonianza vocazionale e la stagione della malattia.

La prima testimonianza la narro per i ministranti e poi per tutti voi, perché la vocazione di P. Filippo è nata in questa chiesa. Nella sua vita di religioso-sacerdote, P. Filippo aveva compreso che c'è una meravigliosa bellezza nel poter amare gli altri, perché è l'amore di Dio che si mostra agli uomini attraverso la propria persona.

P. Filippo è stato come un flauto attraverso cui Dio ha potuto suonare la Sua bellezza, il Suo bene per gli uomini. È stato uno strumento della Sua voce e lui, fin da ragazzo, con la sua cotta e le scarpe da ginnastica nuove, non ha avuto bisogno di nient'altro: gli è bastato credere di poter amare e decidere di volerlo fare per gli altri.         

Credo che per questa ragione amasse il vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Forse lui si sentiva come quel ragazzo che aveva solo "cinque pani d'orzo e due pesci” (Gv. 6, 9-13), ma Gesù lo aveva preso sul serio quel bambino e per questo aveva moltipllcato quel poco in molto, per tutti. Nessuno abbia timore di osare, di mettere a disposizione di Gesù il poco che possiede. Non aver paura! Gesù fa felici!

La seconda testimonianza passa attraverso la sua malattia, tra la consapevolezza di farcela e la resa credente. Mi ha stupito, fin dall'inizio della sua malattia, la fedeltà alla preghiera e agli atti comuni. Non si è mai lamentato, sebbene i dolori e i disagi fossero crescenti. Restavo sempre stupito, nel mutuo riservo, nel vedere l'amore e l'attaccamento alla vita, ma quando ha compreso che il tempo si era fatto breve, non ha sciupato nulla. Ha
saputo offrire in maniera silente e discreta, con quella dignità che ti lascia "nudo" come Cristo sulla croce, scheletrito eppure con un'autorevolezza che è fatta solo di presenza, di sguardi, di un sorriso, di una mano tesa e di un corpo abbandonato.

Credo che P. Filippo avesse compreso che la vita etema non era lontana, anzi si era fatta estremamente vicina. Uno dei suoi ultimi interventi come superiore è stato sulla misericordia, sulla capacità che dobbiamo avere nel vedere le tante cose buone che Dio compie nella vita di ogni persona. E come se avesse avuto chiaro che se solo fosse riuscito a prendere qualcuno e lo avesse avvicinato ed amato (Mt. 25, 34-40), come dice il Signore, allora la grandezza di Dio si sarebbe già schiusa ai suoi occhi; la pace avrebbe già colmato la sua anima e sarebbe stata l'eternità ad entrare, già ora, nella sua vita. Perché è
nell’umanità la nostra bellezza. È qui la nostra salvezza: sta già qui. È l'amore l’etemita, la bellezza che cerchiamo, come mendicanti, per tutta la vita. Oltre all'amore non resta altro, non c'è altro (1 Cor. 13, 8-13).

A mezzogiorno del 16 luglio, durante la Supplica alla Madre nostra del Carmelo, piacque a Colui al quale aveva dedicato la vita portarlo via con sé. P. Filippo ci ha lasciati così: mentre eravamo tutti dinanzi a Maria, sotto il manto di Lei "Fior del Carmelo, Vite fiorita, Splendore del cielo, Stella del mare, Madre mite ed intemerata", mentre celebravamo “l'ossequio" di Gesù Cristo.

Non posso chiudere senza dire il mio sentito e cordiale grazie alia comunità religiosa di Bari, ai PP. Carlo, Pietro, Luigi Borriello e Fr. Maurizio. Una gratitudine particolare sento di doverla esprimere a P. Carlo, per la dedizione e l’attenzione che ha riservato in tanti momenti della malattia di P. Filippo. Certo, è più quello che abbiamo ricevuto che quello che abbiamo dato, ma ci ha fatto tanto bene.

Altrettanta gratitudine riservo alle Signore Giovanna e Maria Pia , al Dott. Restini e al Dott. Costanza. Grazie ai religiosi della Provincia e ai tanti sacerdoti che ci onorano con la loro presenza, grazie alle religiose e al’OCDS, ai tanti amici che non hanno mai fatto mancare l'affetto e l'attenzione, in particolare a quelli provenienti da Piano di Sorrento. Grazie a tutti voi qui convenuti, che ci accompagnate nella preghiera e con tanta fraternità. Un saluto speciale riservo alla sorella Giovina, alla cognata e ai nipoti di P. Filippo: vi ha portati nel suo cuore di frate e sacerdote, sempre.




Bari, 17 luglio 2013                                                             P. Luigi Gaetani, OCD, Provinciale






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