AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 26 ottobre 2025

LE ULTIME REALTA' - 2 I NOSTRI DEFUNTI seconda conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD


Mosaico che rappresenta al deposizione di Gesù nella tomba presso la pietra dell'unzione nella Chiesa del Santo Sepolcro.

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]

2 – I NOSTRI DEFUNTI

«Dobbiamo offrire Messe per i nostri defunti?...
Quando un cristiano muore, la sua famiglia, gli amici desiderano che si “dica” qualche Messa in suffragio. Niente di più normale, perché la Messa celebra il mistero pasquale del Signore, morto e risorto, e l’Eucarestia è il maggior segno di tale mistero. Però, è obbligatoria, o solamente “opportuna”»?
I cristiani desiderano che si celebrino le esequie, la Messa e i riti specifici per quel momento, ma anche capita spesso che si chieda una Messa speciale in memoria di un parente o di un amico morto, anche da anni. 
Da tener ben presente un fatto fondamentale [raramente conosciuto, e fonte di eventuali equivoci]. Come tutte le Messe, ogni Messa si celebra per l’umanità intera, perché Gesù morì per tutti gli uomini ed il suo sacrificio ha un valore universale. [Non si esaurisce tutta per l’intenzione: non è la “mia” o “tua” Messa!!]
L’associare la comunità cristiana e la Chiesa a questa celebrazione, invitandole a pregare più specificatamente per tale persona o talaltra, si agisce come in qualsiasi famiglia dove, in occasione in un fatto importante, felice o drammatico, tutti pensano a chi si trova direttamente coinvolto.
Chiedere che si celebri una Messa per qualche nostro caro significa manifestargli il nostro amore, associarci alla sua attesa di Dio ed invitare la comunità cristiana a condividere la nostra speranza. È quindi cosa ottima far celebrare Messe per i nostri fratelli defunti. 
È doveroso, però, saper trarre dall’Eucarestia la forza per essere veri testimoni del Signore risorto. L’Eucarestia fa crescere in noi l’amore di Dio. Quanto più cresciamo nella carità, tanto più i nostri fratelli defunti possono godere della vita di Dio, perché si tratta della medesima vita del Signore risorto, che ci unisce gli uni agli altri.
•   C’è chi, non potendo far celebrare Messe per i suoi morti, si chiede se così non ritardi la felicità dei suoi cari venuti meno o ritardata. Che stiano tranquilli, se lo non fanno perché impossibilitati, e non per avarizia o pigrizia; la comunità dei santi costituisce una specie d’immenso tesoro spirituale comune a tutta la Chiesa, e questo tesoro è alimentato da tutti, a profitto di tutti.

 La Chiesa e la cremazione dei cadaveri

«Desidereremmo conoscere il pensiero della Chiesa sulla cremazione dei cadaveri, una volta richiesta solo dagli atei. Molti di noi credono si tratti d’una tradizione che non ha nulla a che fare con il cristianesimo».
Quando a vita subisce l'incursione della morte è come se all'interno della nostra esperienza si creasse improvvisamente un vuoto, in cui il normale discorso umano non riesce più a respirare: pensieri e parole si confondono ed i meccanismi della logica s’inceppano. In tale spazio vuoto, spuntano, allora, i simboli, i quali caricando le cose ordinarie di significati straordinari, tentano di esprimere sentimenti, attese e speranze che l'uomo si porta dentro e che il linguaggio comune non riuscirebbe affatto ad esprimere.
E così che la triste necessità dei sopravvissuti di disfarsi dei cadaveri dei trapassati si riveste di molte forme simboliche, spesso difficili a decifrarsi, perché condizionate dalla lunga storia dell'evoluzione delle diverse culture nelle quali esse si formano e vivono. Per tale ragione, io non direi che il modo diverso di trattare le salme dei morti non abbia nulla a che fare con il cristianesimo: la nostra tradizione, infatti, è tutta intrecciata con l'esperienza della fede cristiana. 
Accettato tale fatto, ciò non autorizza a sostenere che la sepoltura dei morti sia talmente legata a qualche essenziale valore della fede cristiana da non poter essere sostituita da nessuna altra forma di trattare una salma. I simboli, infatti, traggono i loro significati dalla diversa mentalità in cui si vivono e li mutano lungo l'evoluzione della cultura in cui si celebrano ed interpretano. Alla fin fine si potrebbe anche sostenere che, in alcuni casi, il simbolo vuol esprimere soltanto ciò che gli si vuol far dire.
«Ma perché nella tradizione cristiana i morti si seppelliscono e non si bruciano?». 
Io credo che la ragione vera sia prima di tutto quella più semplice, e cioè che il cristianesimo nascente non ha fatto altro che adottare gli usi e i costumi dell'ambiente in cui si trovava. 
Ora il cristianesimo non è nato in India, dove si cremano i cadaveri, ma nel bacino del Mediterraneo dove era uso seppellirli. La sepoltura di Gesù, raccontata dai vangeli, compiuta con tutto il decoro necessario secondo la tradizione ebraica, era il modello più ovvio per i cristiani.

In seguito, venne il culto delle tombe dei martiri, che si ricongiunge in qualche modo, anch'esso, al costume antico del culto dei propri antenati. La Chiesa primitiva, infatti, sente molto il fatto d’aver gettato le proprie radici in una terra fecondata dal sangue degli apostoli e di tutti coloro che hanno dato la vita per la fede. Così le tombe dei santi diventano importanti punti di riferimento per la vita cristiana: vi si costituiscono sopra altari e chiese; vi si accorre in pellegrinaggio; vi si prega. I cimiteri, con le tombe dei nostri cari, sono a loro immagine e somiglianza.
Non credo, invece – come a volte si pensa – che la tradizione di seppellire i morti abbia direttamente a che fare con la fede nella risurrezione. Non si danno tendenze nella storia cristiana a conservare intatti i cadaveri, per esempio, attraverso pratiche di imbalsamazione. Si cura la conservazione dei corpi dei santi, ma solo perché essi sono cari ai viventi e affinché sussistano come oggetti di culto. 
Normalmente però si seppellisce nella terra ricordando le parole della Genesi: «In polvere ritornerai». Anzi il gran culto delle reliquie – che in certe epoche dilagò nella Chiesa fino al fanatismo – non s’arresta di fronte alla dissezione dei corpi dei santi, alcuni dei quali oggi si trovano ad avere magari la testa in Francia, una mano in Medio Oriente e l'altra in Portogallo.
La risurrezione, per la fede cristiana, non è certo pensata come la rianimazione vitale di un cadavere – quasi che Dio non fosse capace di ridare la vita, in tutta la sua integrità, alla persona dei morti, anche se del loro corpo tutto ormai è consunto. La Sacra Scrittura, infatti, ci parla della risurrezione in termini di trasformazione e, addirittura, di nuova creazione. San Paolo la spiega con l'immagine del seme: si semina un corpo mortale e ne nascerà uno nuovo, immortale, tutto pervaso dallo Spirito.
 Cremazione o tumulazione? 
«Ho perduto il marito da poco più di un anno. Il pensiero che il suo corpo… si trovi ora nella tomba, è per me un motivo d’orrore e di dolore insieme. A questo, s’aggiunge il dispiacere di non aver potuto soddisfare il suo desiderio d’essere sepolto in una delle nostre tombe di famiglia. […]. Tali considerazioni m’hanno confermata sempre di più nella mia idea. Dopo la mia morte io vorrei senz'altro un funerale cristiano, ma senza stancare gli altri con lunghe cerimonie. Poi vorrei che mi bruciassero e buttassero le mie ceneri al vento, sui campi, sul mare. Questo sarebbe contrario alla nostra fede? E perché mai?»
  Diciamo subito che la cremazione non si oppone alla fede cristiana. Per se stessa non implica la negazione dell'immortalità dell'anima e del potere che Dio ha di far risorgere i nostri corpi. 
Per questo è lecito ricorrere alla cremazione – premettendo ovviamente i funerali religiosi – quando vi siano delle ragioni serie, soprattutto di carattere pubblico.
 L’ha affermato la “Congregazione per la Dottrina della fede” in una istruzione del 5 luglio 1963, abrogando le sanzioni previste dal vecchio codice di diritto canonico contro coloro che praticavano la cremazione.
•  In passato, come è noto, la prassi di cremare i cadaveri era determinata da spirito settario, antireligioso, che negava le verità della fede, specie quelle che riguardano gli ultimi destini dell'uomo. Ma da allora in poi la mentalità è molto cambiata. Oggi la cremazione generalmente è vista come un mezzo rapi-do per consentire al nostro corpo, diventato ormai cadavere, di raggiungere quella dissoluzione, alla quale – come lei giustamente fa osservare – sarebbe comunque destinato.
•  La Chiesa, tuttavia, non nasconde la propria preferenza per l'inumazione del cadavere. Anzi, pur rispettandone la libertà, invita i fedeli a non abbandonare possibilmente l'antica prassi. Tale esortazione non è dettata da spirito oscurantista o d’attaccamento viscerale alla tradizione, ma intende essere uno stimolo per la nostra riflessione ed una messa in guardia contro una cremazione applicata superficialmente e su larga scala.  
La Chiesa ci invita a reagire contro simile mentalità.
Infatti, per quanto intellettuali e spirituali si possa essere, compiuta con tutto il decoro necessario secondo la tradizione ebraica, era il modello più ovvio per i cristiani. deve ammettere che la cremazione cancella troppo bruscamente la presenza di quel corpo che ha avuto un ruolo così importante nella nostra esistenza terrena, con il quale abbiamo pensato, abbiamo amato, abbiamo pregato, abbiamo lavorato e sofferto. 
La tumulazione, invece – come ci insegnano anche Gesù e san Paolo – ci fa pensare al seme che, decomponendosi lentamente nel solco, dà origine ad una vita nuova. Ci ricorda che quel corpo continua a far parte della nostra persona, nel senso che quest'ultima attende di rivestirsene in un modo nuovo, trasfigurato, anche se per noi misterioso. La cremazione, invece, tende a banalizzare e volati-lizzare la realtà della morte: mentre la tumulazione ci aiuta a riflettere su questo mistero, su tale processo di annientamento, attraverso cui Dio ci conduce alla pienezza della vita con lui assieme ai santi ed a tutti i fedeli che ci hanno preceduti.
Passando davanti ad un cimitero viene spontaneo farsi il segno della Croce e, magari, camminando tra le tombe dei nostri cimiteri, siamo rimasti colpiti da una iscrizione, presa dal Vangelo o da uno scrittore cristiano, la quale vorrebbe riassumere l'ideale a cui si è ispirata quella persona durante la sua vita. Ci sono tombe, attraverso le quali i cristiani che ci hanno lasciati continuano a parlarci ed a spronarci.  
 Perché i cimiteri?
«È corretto che un cristiano si preoccupi tanto della propria sepoltura e che spenda tanti soldi per comprarla e per adornarla? Che prenda tanto spazio, e per tanto tempo, anche da morto? Mi sembra che il culto dei defunti che s’esprime con queste manifestazioni, abbia poco di cristiano. A parte il fatto dello smisurato accrescersi dei cimiteri, s’è mai pensato a quanto bene si potrebbe fare alle persone vive con ciò che si spende per la tomba? Per uno che crede alla vita eterna sarebbe sufficiente una dignitosa sepoltura in terra».
Anche la recente riforma liturgica del Vaticano lI ha confermato che tutta la prassi dei cristiani riguardante «il dovuto onore al corpo dei defunti, divenuto col Battesimo, tempio dello Spirito Santo», nasce dalla fede nella resurrezione dei corpi, anticipata da Gesù con la sua resurre¬zione.
Per questo la liturgia cristiana dei defunti, nei suoi vari momenti: – dalla veglia di preghiere nella casa del defunto alla deposizione del cadavere nella bara, dal suo momento centrale: il trasporto in chiesa per la celebrazione della Parola e dell’Eucarestia, alla presenza dei famigliari e possibilmente della comunità, all'ultimo commiato ed al trasporto al cimitero – è tutto una grande celebrazione del mistero del Signore morto e risorto.
In tale celebrazione, infatti, la comunità prega insieme con Cristo, affinché i suoi figli passino dalla morte alla vita eterna, nell'attesa della sua venuta e della resurrezione universale dei morti.
Da questa celebrazione tutti i cristiani, per la loro unità nel Cristo e tra di loro, hanno grande beneficio: un aiuto spirituale ai defunti, consolazione e speranza in una riunione definitiva ai parenti e a tutti coloro che ne piangono la scomparsa dalla scena di questo mondo. E ne viene data gloria a Dio, per l'attuazione del suo disegno di salvezza. Proprio per questo, non dovrebbe esserci spazio per indulgere a forme di vuoto esibizionismo. Cosa, questa, fra l’altro, vivamente ed esplicitamente raccomandata dalla Chiesa stessa.
•  Per quanto poi riguarda la costruzione del sepolcro e il suo ornamento, la Chiesa non dà disposizioni particolari, anche se essa ha sempre richiesto un dignitoso sepolcro, nella terra o in muratura, corrispondente all'onore dovuto al corpo defunto d’un cristiano, che deve risorgere per sempre.
Inoltre, – lo sappiamo – da circa due secoli la costruzione e gestione dei cimiteri è regolata dalle autorità civili. 
Certo, una spesa esagerata per il proprio sepolcro non rientra nelle virtù della povertà e della sobrietà, che i cristiani devono testimoniare dinanzi a tutto il mondo; ed è perciò da biasimare ed evitare.
Riassumendo: La Chiesa, nella celebrazione del rito delle esequie dei defunti – nel rispetto delle diverse consuetudini vigenti nei singoli Paesi –, semplicemente richiede che:
– non sia offuscata la preferenza per la sepoltura dei corpi, ad imitazione del Signore stesso che fu sepolto; 
– e che sia evitato il pericolo di ammirazione o di scandalo o d'indifferentismo religioso da parte dei fedeli.
•  I cimiteri fanno parte della nostra civiltà e della nostra umanità. Anticamente le salme si seppellivano addirittura in chiesa, oppure in un campo immediatamente attiguo (il camposanto), quasi per ricordarci che i nostri defunti sono sempre con noi
•   Non mi risulta, infine, che sussista per ora il pericolo che per dar sepoltura ai morti, (o come dice il lettore, per “far le case” ai morti), si sottragga spazio ai vivi. (Anche se in qualche paese [p.e. in Giappone] esiste una qualche restrizione).

 Eutanasia – Spegnere il dolore, non il malato
«Si parla sempre più spesso di “eutanasia”. Le posizioni sono contrastanti, si sa. Ma la sofferenza invincibile resta un fatto che può spingere a chiedere la morte. 
E allora perché in Italia siamo così indietro nella terapia del dolore?».

Sempre più spesso, ormai, rimbalzano le notizie di ricorsi personali all’eutanasia, e che certi stati hanno approvato persino una legge che autorizza l'eutanasia. Tali fatti hanno suscitato subito ampie reazioni: da una parte coloro che l'applaudono, dall'altra quelli che esecrano l'idea stessa che sia la legge a decidere se e quando mettere fine a una vita umana. 
Pur collocandoci senza ambiguità tra coloro che non sono disponibili a far concessioni a una legge permissiva in fatto di eutanasia, riteniamo che non sia sufficiente limitarsi a ribadire il proprio "no". Non dobbiamo perdere l'occasione per chiederci, in maniera pacata e civile, da che cosa abbia origine simile strana “richiesta di morte”. Non riusciamo, a priori, ad accettare che la spinta verso la vita abbia subito un'inversione di tendenza e che gli occhi dei morenti, invece di cercare il sole, aspirino al buio della tomba. 
Perché, dunque, in numero crescente, i cittadini della nostra società vogliono sentirsi garantiti che, il giorno in cui richiedessero che si ponga fine alla loro esistenza, ci sia qualcuno che li prenderà in seria considerazione? Possiamo identificare due "buone" ragioni: una che nasce dall'intimo delle persone, l'altra dall'organizzazione sociale.
– I dolori incoercibili sono la spinta principale alla richiesta di eutanasia. «Meglio morire che continuare a soffrire in questo modo», dice in sostanza il malato. Ma se abbiamo la possibilità di controllare il dolore e non lo facciamo, diventa una falsa pietà quella che induce ad accogliere la richiesta di morte. 
Ora, la situazione della terapia del dolore è scandalosamente carente in Italia. Mille pastoie burocratiche inducono a considerare la prescrizione della morfina alla stregua del traffico di droga. Tra tutti i modi di soffrire, quello per stupidità burocratica è la fonte di maggiore disperazione. Perché in Italia così pochi centri per la terapia del dolore e così pochi medici che sappiano e vogliano praticarla?
–  Il secondo motivo che può indurre a chiedere la morte è la spinta che viene da una società decisa a misurare il valore di una vita con parametri esclusivamente economici. 
Come preoccupante segnale d'allarme di questa tendenza, possiamo riferirci all'indagine, fatta da un economista sanitario e pubblicata dal New England Journal of Medicine, sul «potenziale risparmio in termini economici che deriverebbe dalla legalizzazione del suicidio assistito». Non ci tranquillizza leggere che, a conti fatti, il risparmio che ne seguirebbe rappresenta una frazione molto piccola della spesa sanitaria: è il fatto stesso che circolino conti di questo genere che ci inquieta.
Non vorremmo che, dietro le apparenze di un discorso “progressista”, le società che propongono di legalizzare l'eutanasia mandassero ad alcuni cittadini il messaggio che cominciano a costare troppo, per cui sarebbe meglio che prendessero l'iniziativa di togliersi di torno. [Non è così, forse, anche per i “vecchi”?]

   C'è chi crede alla reincarnazione
«Ho avuto occasione di parlare sulla "reincarnazione" con una signora che ci crede. Ho detto che io non ci credo affatto, ma mi sono accorta di non saperle portare il pensiero cristiano in proposito».

"Reincarnazione" è un termine usato per indicare il passaggio dell'anima da un corpo umano a un altro corpo umano, e di per sé ha un significato meno ampio dell'altro termine "metempsicosi", che indica la trasmigrazione dell'anima in corpi anche di animali e di piante. 
Con significati simili si usano anche i termini di "metasomatosi", (credenza propria di alcune dottrine religiose, secondo cui, dopo la morte del corpo, l’anima  trasmigra da questo ad un altro, fino a che non si sia resa del tutto indipendente e libera dalla materia di origine. Originaria dell’antica India – dove è nota col nome sanscrito di “Karma “. [Connessione fra le cellule e l’anima al momento del concepimento e che l’anima abiti il corpo fisico dopo il 120° giorno]. "rinascita", "palingenesi". Tale idea che, l'anima, dopo la morte, possa trasmigrare in altri corpi, è presente presso i popoli primitivi, pur con accentuazioni diverse. Anche in qualche antico scrittore cristiano sono presenti tracce di tali dottrine, come in Giustino, Clemente Alessandrino, Origene. I cultori della Teosofia [dottrina propugnata dalla Società teosofica, secondo cui tutte le religioni del mondo conservano solo residui parziali di un’unica verità divina conosciuta attraverso la conoscenza delle verità divine attraverso l’intuizione o una rivelazione diretta a degli scelti piuttosto che attraverso i dogmi religiosi o la ragione scientifica, che indicano loro le verità da seguire] ed Antroposofia [D'ottica della capacità dell’uomo di raggiungere l’ ”lo” spirituale che è nell’universo] hanno rimesso in vigore recentemente la dottrina della "reincarnazione", caricandola di un significato religioso–espiatorio.
Il pensiero cattolico sulla "reincarnazione" può essere così sintetizzato. 
1 – L'uomo è un'unità armonica, irripetibile nella sua sostanza, pur nelle due componenti spirituale e fisica. In tale visione il corpo non è come un “vestito” od un “carcere” in cui l'anima è contenuta o rinchiusa (secondo un'errata concezione "dualistica"). L'uomo non "ha" un corpo, ma “è" anche corpo. 
L'oggetto dell'amore di Dio nella creazione, redenzione e glorificazione non è l'anima, ma la persona umana nella sua completezza. 
Per questo è inimmaginabile che si possa rompere e riprodurre in certo modo questa unità. 
2 – La "reincarnazione" è, poi, in contrasto con la dottrina della Chiesa, secondo cui al momento della morte l'anima si trova in uno stato definitivo di gloria o di condanna; stato che diventerà in seguito completo con la risurrezione dei corpi.

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