AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 8 dicembre 2018

ELENA ROCCA PER I BAMBINI di P. Nicola Galeno



ELENA ROCCA (1893-1919)



Tutti sortirono da natura le migliori qualità intellettuali e morali: e in quella casa, pia, raccolta come un santuario  essi, per usare le espressioni di un testimonio, vennero su svelti, ma non chiassosi, timidi, ma non impacciati; vennero su ingenui e profumati per virtù come i fiori dei circostanti prati, perché vennero su profondamente ed efficacemente cristiani, a somiglianza dei loro genitori.

E, se è vero che dai frutti si conosce l'albero e dalle opere l'uomo, per vedere di qual tempra venissero ad essere i figliuoli di quella casa basterà dire che Rocco entrò ben presto nel santuario e fu un vero sacerdote, tutto fatto secondo il cuore di Dio, come vedremo, dovendo di lui riparlare, perché la sua vita ha dei contatti particolari con quella dell'Elena che stiamo delineando, e le due figliuole Teresa e Maria entrarono ambedue in religione, non uscendone questa che per prestare aiuto e conforto ai vecchi genitori, affranti di un tratto, come vedremo, per la scomparsa inaspettata di Elena e di Rocco, essendo essa ancora postulante fra le Domenicane.
(Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)


ELENA CHE GIOCA SPENSIERATA
Non capricci, non alterchi coi fratellini e le sorelline, cosa facile e ordinaria nei bimbi. Non era del tutto aliena dal baloccarsi; però sceglieva quei balocchi e quei divertimenti più composti e quieti.

Si mostrò sempre con tutti e dovunque così riservata da sembrare piuttosto un angelo mandato dal cielo a rallegrare quella santa famiglia. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


L’INCIDENTE COL CALESSE
I medici, perché si riavesse dal deperimento, causa della sonnolenza, consigliarono di portarla all'aria aperta in campagna. Si stabilì di condurla alla nativa Balìa. La cavalla che conduceva lei e i suoi era quietissima; però, dopo che ebbero salutato l'Immagine della B. V., collocata su di un pilastro, senza alcuna causa s'impennò e nella corsa sfrenata li gettò in un fosso. Nessuno si fece male; tuttavia lo spavento della bimba fu assai grande, sicché si esaltò in maniera grandissima. Non vi fu proprio nulla di misterioso e di inesplicabile nell'imbizzarrimento della cavalla?
Dopo qualche tempo i genitori andarono a riprendere la figliuola a Balìa con la stessa cavalla che all'andata non diede nessun segno d'inquietudine. Al ritorno, quando salì Elena, divenne così furiosa da non potersi tenere, sicché ad un certo punto furono costretti a fare scendere dal veicolo la giovanotta che camminò per oltre tre chilometri.
Appena discesa, la bestia, quasi liberata da un incubo, tornò quieta e tranquilla. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.) 

L'APPARIZIONE DI S. ANTONIO
« Erano circa le ore 16 del 23 Gennaio 1908, scrive Elena, quando ad occhi aperti vidi apparire nella stanza e proprio di fronte al mio letto un insolito splendore e mostrarmisi, in mezzo a quella luce smagliante, la figura di S. Antonio di Padova al naturale, vestita dell'abito di S. Francesco d'Assisi, tenendo in braccio, affettuosamente stretto il S. Bambino Gesù, cinto unicamente da una fascia celeste ai lombi.
La mia prima impressione fu di sorpresa e di meraviglia, e il mio primo atto fu di gettarmi in ginocchio sul letto dinanzi alla bella apparizione.
Il Santo era sospeso in aria a breve distanza nella camera da letto e, appena apparso, mi disse queste testuali parole: «Alzati che sei guarita; vàttì a casa che hai finito di penare ».
Io lo ringraziai della grazia straordinaria che mi aveva ottenuta e lo pregai di favorirmi altre volte di sua apparizione. Mi rispose di sì. Gli chiesi se avrei potuto mangiare qualunque cosa ed Egli guardò Gesù Bambino e parlò dolcemente con Lui e, dopo ciò, disparve ».
   Il Santo scomparve, ma Elena era guarita completamente; perciò, ubbidiente al suo intimo, lasciò l'ospedale la sera stessa. L'accompagnò l'infermiera Teresa Tampieri con la quale visitò alcune chiese prima di restituirsi ai suoi. Chi potrebbe descrivere la profonda commozione della famiglia nel vederla interamente guarita? Questa sanità la conservò finché visse, tolti i brevissimi giorni della sua malattia, che dopo circa 11 anni la condusse alla tomba. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


Come dice il Card. Gusmini, la pagina nella quale il testimonio stesso ritrae l'esplicarsi operoso di questa vita Eucaristica di Don Rocco e di Elena è tanto viva e sincera che si sente il bisogno di riprodurla.
Egli scrive: «Quando per volontà di Dio e per esortazione del Pontefice S. Pio X di s. m., spronati specialmente dal nostro venerato maestro, il Can. D. Sante Minganti, la cui me moria sarà sempre in benedizione, iniziammo il movimento Eucaristico per l'adorazione e per la comunione frequente e quotidiana, per l'ammissione dei bimbi alla 1° Comunione, quando la loro anima è tuttora innocente, per il decoro degli altari e dei santi tabernacoli, trovavamo tra i più validi cooperatori il Can. Rocca e sua sorella Elena.  
 Furono sempre i primi ad ogni manifestazione di culto al venerabile Sacramento: il Can. Rocca Rocco palesemente come importava il suo ministero; sua sorella Elena di nascosto, con l'esempio di un fervore mai visto, col gettare destrevolmente nelle anime, che l'avvicinavano, il fuoco di un tanto amore.
   E quando la guerra paralizzò il nostro lavoro e ci impedì di proseguire con quel calore, col quale avevamo incominciato, furono il Can. Rocca e sua sorella che costituirono fra noi l'Associazione per l'Adorazione perpetua, che continuò nella nostra città quel movimento. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


   Ora si trovava davvero in condizione di compiere un mondo di bene perché era in casa del parroco della prima parrocchia della città; del parroco che aveva incontrato le simpatie di tutti; del parroco che, a contatto della piccola sorella, l'aveva potuta conoscere intimamente e ammirarne i grandi e numerosi tesori, di cui Dio l'aveva dotata quasi per renderla di valido aiuto al suo ministero. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


Oh il buon Gesù, se lo conoscessimo, quanto di più lo ameremmo!

E' un abisso di amore, di tenerezza e di gioia.

Tutte le perfezioni, in modo infinito,

si racchiudono in questo amabile Cuore.

Vorrei io pure amarlo infinitamente,

come Lui ama noi.

(Elena Rocca)


II mio desiderio di far conoscere e amare Gesù cresce tutti i giorni. Vorrei che tutti fossero infiammati di amore per questo Bene infinito; che tutti i buoni si adoprassero per il vero bene delle anime.                 

Desidero potermi offrire presto vittima a Gesù per il vero bene delle anime. Desidero potermi offrire presto vittima a Gesù per il bene dei sacerdoti che ne hanno bisogno grande; vorrei essere veramente buona a fatti per essere accetta al Cuore di Gesù (Elena Rocca).


Qui la vedete ogni giorno tutta allegra e lesta, dopo aver atteso alle sue pratiche di pietà, aiutare la mamma e la sorella, nel disbrigo delle faccende domestiche, che, stante la famiglia piuttosto numerosa, con due sacerdoti, cui accudire, non erano né poche, né lievi, prendendone per sé quanto più ne poteva, senza risparmiarsi, in nessuna maniera.
Né questo le bastava; giacché dato assetto alla casa, seduta presso la finestra di una stanza a pian terreno, tutta illuminata dalla luce del cielo, cui spesso rivolgeva l'umile suo sguardo e più l’anelo suo cuore, ella lavorava continuamente, con rara assiduità, con una sveltezza da far ammirare non solo la mamma, e la sorella, ma ancora le amiche che di tratto in tratto la andavano a visitare, attratte dalla soavità del suo carattere; particolarmente per la quantità del lavoro che compiva.
La mamma anche ultimamente diceva, piangendo, che, a guardare alla quantità del lavoro dell'Elena, si era costretti a dire che gli Angeli la venivano ad aiutare, sembrando impossibile che una giovinetta che dava tanto tempo alle faccende di casa, alle cose di pietà e di carità pubblica, potesse far tanto. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)


   Soprattutto l'attraeva la S. Comunione che riceveva o nella cripta di S. Cassiano o nella chiesina delle suore, raccolta e devota come un angelo da far dire a quanti la vedevano che era una santa.
   Del resto il Can. I. Valli dice che, nel comunicarla, quando appressava le dita alle sue labbra ne sentiva l'alito caldissimo, mentre le fauci erano asciutte per l'ardore. Questo non deve far meraviglia perché bramava tanto di unirsi a Gesù. Dopo averlo ricevuto nel suo cuore, si sentiva unita, trasformata e quasi congiunta a Lui e restava ammirata che gli altri nel comunicarsi non sperimentassero un sentimento speciale e quasi fisico della sua presenza.
   Perciò quando voleva parlare dell'azione divina nell'anima sua, non trovava le parole nel linguaggio umano. Sotto tale azione le venivano meno le forze, era costretta a sedersi con grande suo dispiacere, usciva molte volte fuori dei sensi, appariva raggiante e trasformata in volto come un serafino. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


Poi aveva la Chiesa, alla quale non solo cercava che non mancasse mai nulla, ma che tutto  fosse conveniente e convenientemente a posto ; e questo particolarmente quando venivano le solennità, le prime Comunioni, nel che veniva aiutata e sostenuta, oltreché dall'amore della fatica, anche dallo spirito della pietà, che fu un'altra delle sue distintive principali, anzi forse la principale, particolarmente dopo la terribile malattia, non fosse altro per gratitudine a quel Dio che l'aveva liberata sì inopinatamente e sì perfettamente da non risentirsene più affatto, come non ne fosse stata anzi incolta.  (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)


      Il suo parlare era franco e schietto, senza ombra d'arroganza e senza timidità. Faceva in casa tutto quello che occorresse, per l'ordine e la pulizia. Eppure di tanto in tanto doveva sottrarsi alla presenza degli altri, per espandere con Gesù la piena degli affetti, né poteva resistere all'impeto del divino amore. 

Arrossiva improvvisamente e si ritirava. Lo sapevano gli altri, e in silenzio rispettavano l'operazione di Dio, il beato slancio a cui cedeva la loro figlia e sorella.
(Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)

Le sue dolci meditazioni riguardavano specialmente la passione di Gesù e l'immenso amore portato e manifestato in essa agli uomini. Considerando questo soavissimo mistero trascorreva il tempo, rapita nel sofferente ed innamorato Signore che la favoriva della più alta contemplazione. Infatti, appena in ginocchio, richiamando alla mente uno dei misteri della passione di Gesù, il suo spirito ne rimaneva totalmente attratto da essere come fuori dei sensi per lungo tempo.

Allora non avvertiva più nulla di quanto le avveniva intorno anche se chiamata o si tenesse un discorso, recitato ad alta voce, come avvenne a Pieve S. Andrea durante la predica del Can. Bughetti. Talvolta era tanto compresa dei dolori di Gesù da svenire, come le accadde pure a Pieve S. Andrea durante la Via Crucis. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)


   Le piaceva e le era cara ogni immagine di Maria SS., ma aveva più trasporto e devozione per quella del Piratello che visitava spesso effondendo innanzi ad essa tutto il suo cuore di figlia. Ne scrive così alla sua stessa amica :  “Sono tornata or ora dal Piratello ove ho pregato la nostra buona Mamma anche per te.

 Come si sta bene e sicuri davanti una Madre così potente e misericordiosa! Credi che mi umilia più la bontà tenera di Gesù e di Maria, che non il pensare alla loro Maestà, di fronte alla mia pochezza che tenta ribellarsi, benché desideri di amarli sempre. Questa non è un'umiliazione che accascia, ma solleva; non mette l'avvilimento, ma confidenza. Sì confido tanto nella buona Mamma che mi aiuti a spogliarmi di tutto che sa dispiacere a Gesù, mi arricchisca dei suoi meriti e virtù e così possa senza tremare andare a riceverlo nella S. Comunione ».    Maria sotto il titolo dell'Immacolata Concezione, l'attirava più di tutto, per cui si apparecchiava e celebrava la festa con immensa devozione e gioia.(Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)



Parecchi mesi dopo, continua essa nella sua lettera, nella chiesa delle Suore dì Lugo, ove è mia sorella Religiosa (Suor Colomba) il Signore mi regalò la corona di spine. Ciò che provai, non so descriverlo e da quel giorno non ho più potuto posare la testa un minuto, senza sentire un forte dolore e continuamente mi fa male. Pregai tanto Gesù, perché mi facesse la grazia che non si capisse niente esternamente e che sarei stata disposta a soffrire qualunque cosa purché niente si fosse mai visto.

In parte solo mi esaudì; perché, in certi venerdì, la testa mi si gonfiava, dove le spine erano penetrate. In casa mi guardavano ed io prendevo il pretesto di andare in camera e pregavo il Signore di non umiliarmi così. La sorella Maria che stava con lei in camera attesta la verità di tutto questo; e non poche persone si accorsero dello strano fenomeno. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)
                     


Scrive infatti dopo la narrazione sopra riportata così: Suor N. ha visto le piaghe dei piedi, quella del cuore ed anche le spalle, ma coperte dal fazzoletto, il quale era tutto attaccato, perché il Direttore disse di fargliele vedere.

   Non è però a pensare che l'Elena fosse molto corriva nel parlare e nel mostrare alla Suora le manifestazioni che Iddio si degnava operare in lei; era anzi quanto mai restia ed era necessario che molte volte alla obbedienza del Confessore si aggiungesse la voce stessa, quasi il comando di Dio ed un poco l'insistenza della Suora, che in questo seguiva un impulso interiore quasi irresistibile. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)



Alle 2,15 del 1° giorno del 1919 emise un lievissimo respiro e l'anima candida spiccò il volo per i cieli! Il volto d'Elena sfolgorò un attimo, improntandosi ad un sorriso soavemente bello, che in parte le rimase anche dopo la morte. Quell'anima passò all'amplesso eterno del suo Dio, che tanto aveva amato e cercato di fare amare in vita. Oh, se non è questa la morte dei Santi, io non so quale possa essere mai'.

Quell'anima era passata in un sorriso soavemente bello, e quel sorriso in parte era rimasto a sfiorare le labbia anche della mortale sua salma. Per questo il Cappellano e quanti circondavano quel letto di morte, non sapevano distogliere lo sguardo da quella salma verginale; che non sembrava morta l'Elena, ma che dormisse. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI) 
Illustrazioni di P. Nicola Galeno

1 commento:

  1. Una vita edificante: il dolore è sempre tanto difficile da affrontare; chi ha il dono della Fede riesce a vincerlo.

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