AFORISMA

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sabato 15 febbraio 2025

QUANDO TACERE NON E' (SEMPRE) UNA VIRTU' di Padre MAURO ARMANINO


QUANDO TACERE NON E' (sempre) UNA VIRTU'


C’è silenzio e silenzio. In Africa occidentale si conosce e perpetua a tutt’oggi la ‘cultura del silenzio’ che copre, protegge, assume, soffre e tace su ciò che conta veramente. Spesso si dice l’inutile, il superficiale e l’apparente per tacere su quanto potrebbe far sospettare che qualcosa non quadra con la versione ufficiale dei fatti. C’è il silenzio degli umiliati, gravido di dolore e c’è il silenzio di chi non ha più nulla da dire. Il silenzio di chi resiste e quello di chi si arrende. 

Nei vangeli si narra che il Cristo tace dinnanzi al potere politico che gli chiede miracoli e in faccia al potere religioso che l’accusa di voler distruggere il tempio. Il suo precario e infinito tacere bene rappresenta la dignità della verità che non abbisogna di nessuna difesa per salvarsi. Il suo silenzio è denso dell’attesa di un avvenimento che squarci, infine, il velo che copriva il potere della menzogna. Solo più tardi verrà la parola, anzi, il grido che avrebbe ricordato al mondo che la verità non si svende.

Accade di questi tempi nel Sahel quanto durante la propaganda dell’epoca totalitaria fascista veniva scritto sui muri e le coscienze. ‘Taci, il nemico ti ascolta’! Colui che scrive ha visto coi suoi occhi la frase citata su un muro cadente e abbandonato nel suo paese d’infanzia. Il tempo avrebbe infine cancellato tutto e, nel bambino che ero, la scritta è rimasta a lungo. I grandi mi avevano spiegato chi era il nemico e, non avendolo visto di persona, ricordo che da allora per me tacere era una sfida.

Si può tacere per paura delle conseguenze dell’espressione del proprio pensiero in parole dette, scritte o solo immaginate. Diceva con ragione lo scrittore irlandese Oscar Wilde che ...’la società perdona spesso il criminale, non perdona mai il sognatore’. In effetti la prima cosa che ogni totalitarismo cerca di controllare, mutilare e mettere a tacere sono proprio i sogni e cioè la capacità tutta umana di immaginare un mondo differente da colui che il potere impone.

In questo caso si innesca un fenomeno sociale ben conosciuto che va sotto il nome di autocensura. Essa consisterà a espungere da ogni espressione pubblica quanto potrebbe sembrare contradditorio rispetto alla narrazione ufficiale. Ogni regime totalitario crea un ‘ministero della verità’ che aiuta i cittadini a privilegiare quanto è legittimo esprimere in publico e quanto invece sarebbe oggetto di biasimo e di conseguenze nefaste. L’autocensura è una paura preventiva che tace il vero.

Talvolta si tace per complicità rispetto alle menzogne imperanti del sistema. Lo si fa per interesse, per arrivismo, per una fetta di potere o semplicemente per vivere nella mediocre e tranquilla vita che ogni potere garantisce ai propri sudditi fedeli. Complicità e viltà sono compagni di viaggio e l’uno non sta senza l’altro. Chi opera nell’ambito della comunicazione, i sindacati, la classe intellettuale e, non ultimi, i ‘leader religiosi’, ognuno a suo titolo, entra appieno in questo deludente gioco delle parti.

O allora si tace perché si ha tradito, in qualche misura, ciò nel quale si è sempre creduto e sperato. E questo è quanto di più grave possa accadere a chi poi insegna ai propri figli a fare altrettanto. Il silenzio che ne scaturisce non è che tristezza e rimpianto per quanto di più sacro le scelte operate hanno smantellato e ridotto in macerie. L’immagine delle macerie sembra essere il tipo di mondo che ci troviamo tra le mani. Riparare i pensieri, le parole, le relazioni è il lavoro che, in silenzio, ci attende.      Mauro Armanino, Niamey, febbraio 2025


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