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sabato 22 ottobre 2022

ABRAMO, RIFUGIATO A NIAMEY di Padre MAURO ARMANINO

Icona di Abramo

Abramo, rifugiato a Niamey

Il primo e più famoso Abramo veniva, secondo la tradizione biblica, dalla Mesopotamia. Migrante per scelta o per destino diventò il capostipite del popolo ebreo e, in genere, dei credenti ossia i sottomessi al precetto divino di abbandonare la propria terra. In ogni migrante e migrazione c’è qualcosa di questo mistero primigenio che potrebbe aiutare a leggere diversamente i processi migratori. 

Profondamente umani e, nel contempo,  straordinariamente divini, almeno da Abramo in poi. Potremmo affermare, senza scostarci troppo dalla realtà, che la migrazione e dunque il migrante, nasconde o evidenzia qualcosa di teologico. Una sorta di promessa legata all’abbandono della propria terra. Abramo era un irregolare per scelta.

L’altro Abramo, che si trova a Niamey dall’anno scorso, è invece classificato e riconosciuto come ‘rifugiato’ e, seppur meno noto del primo, ha una storia più complicata e dolorosa della sua. Nella sua regione di origine, il Darfur nel Sudan, ha vissuto e pagato di persona le conseguenze di una guerra senza fine. Racconta che, il giorno stesso del suo matrimonio, la sua casa è stata bruciata e sua moglie violentata. Suo padre e sua madre hanno perso gli arti inferiori. Le milizie hanno ucciso i suoi fratelli e sorelle. Lui stesso è stato rapito e obbligato ad occuparsi del bestiame per alcuni anni e poi è fuggito in Libia con la moglie e il fratello gemello, unico superstite della famiglia. L’inferno, e non la benedizione, lo pedinava anche in Libia.

Contrariamente all’altro Abramo lui è stato imprigionato per cinque anni in Libia dove il gemello è stato bruciato e la moglie uccisa. Il visto umanitario che aveva potuto ottenere dall’apposita agenzia delle Nazioni Unite e che l’avrebbe condotto in salvo altrove, è stato ritirato e venduto dalle milizie libiche per cinquemila dollari. Durante il soggiorno è stato più volte torturato alle gambe, alle braccia e alle unghie di mani e piedi. È stato rimpatriato, per accordi umanitari, nel Darfur, dal quale è scappato perché perseguitato per motivi religiosi. Si era infatti, nel frattempo, convertito alla fede cristiana. Sostiene che milizie ben addestrate a questo scopo lo seguono ancora oggi per eliminarlo.

L’altro Abramo, il minore potremmo dire, è ospite in una delle case di accoglienza delle Nazioni Unite per i Rifugiati, gestite da COOPI, cooperazione internazionale, una ONG italiana che da anni opera nel Niger. Lui, l’altro Abramo, non è all’origine di un nuovo popolo e la sua progenie assai meno numerosa che le stelle del cielo e la sabbia del deserto. Si è vestito, per l’occasione, con un completo scuro come fosse invitato ad una festa di nozze.

      Mauro Armanino, Niamey, 23 ottobre 2022

Ndr. Danila: racconto mi ha riportato un vecchio ricordo: il canto ABRAM scritto tanti anni fa da Padre A. M. COCAGNAC. Il testo in francese potrebbe interessare i lettori del Niger e di ogni altro Paese francofono.

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