Nel cuore di una valle silenziosa, vivevano dodici monaci, ciascuno più umile dell’altro.
Ogni mattina, il fratello Elia si svegliava dicendo: “Beato il fratello Luca, che prega con purezza d’anima.”
Luca, invece, pensava: “Chi potrà mai eguagliare la pazienza di Tommaso?”
Tommaso, nel suo silenzio, ammirava la carità di Benedetto, che divideva il pane anche con gli uccelli. Così, ognuno vedeva negli altri la luce che non scorgeva in sé. Mai si udiva l’eco della vanagloria, ma solo il canto della stima reciproca.
Un giorno, un pellegrino chiese: “Chi è il più santo tra voi?”
I monaci si guardarono, e ognuno indicò un fratello diverso.
Il pellegrino pianse, dicendo: “Qui dimora il Regno, perché l’amore ha vinto sull’io egoista.”
E da quel giorno, chiunque varcava il monastero sentiva pace nel cuore.
Perché dove l’umiltà è comune, Dio si fa vicino.
E i monaci continuarono a stimarsi, come stelle che brillano l’una per l’altra.
Prima della caduta il cuore dell’uomo si esalta,
prima della gloria c’è l’umiltà.
(Da libro dei Proverbi 18,12)
“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore,
e troverete ristoro per la vostra vita»
(Vangelo di Matteo 11,29)
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“La vera umiltà consiste nell’essere disposti ad accettare con gioia
quanto il Signore vuole da noi, considerandoci indegni d’essere chiamati suoi servi.
Che se poi la contemplazione, la orazione mentale e vocale, la cura delle inferme, i diversi uffici della casa e perfino i lavori più bassi, concorrono tutti a servire l’Ospite divino che viene ad abitare, mangiare e ricrearsi con noi, che ci importa d’aver questo piuttosto che quell’altro ufficio?”.
(S. Teresa D’Avila)
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