AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 19 maggio 2019

DOBBIAMO IMPARARE DA MARCO - testimonianza di Giulys



DOBBIAMO IMPARARE DA MARCO

   Il prof. Andreoli parlò dell'esistenza della bellezza interiore del dolore a una trasmissione sull'importanza delle parole,  che ora è solo esteriore.
Non la capii, mi rivolsi a psichiatri e psicologi conosciuti ma nessuno di loro mi diede una spiegazione plausibile.

   Ieri, quando Marco è mancato, amico di mio fratello, una vita di sofferenza e mi è ritornata alla mente quanto sostenuto dal prof. Andreoli.

   Marco fin da piccolo era malato ai reni. Dopo varie operazioni subì un trapianto fino a ridursi su una sedia a rotelle , alternando periodi buoni a altri sempre peggiori.

   Ciò non gli ha impedito di studiare, di sfruttare e sviluppare le sue doti quale giornalista e radiocronista sportivo per i vari sport locali, fino ai suoi ultimi giorni.

   La madre lo accompagnava in auto al collegio Brandolini tutti i giorni perché potesse frequentare l'Istituto per Ragionieri, e poi a Udine le lezioni di Economia e Commercio che purtroppo ha dovuto interrompere per l'aggravarsi del suo stato di salute. Non avrebbe potuto recarsi da solo con autobus: lei pazientemente e con grande forza, che ha trasmesso al figlio non solo attraverso il suo DNA ma anche con la consueta pazienza, lo aspettava nel piazzale antistante gli edifici scolastici e universitari. In auto attendeva la fine delle lezioni, che ci fosse pioggia o vento, nebbia o sole, trascorreva il tempo a cucire, a ricamare pizzi, centritavola, tende, tovaglie, camicie, e a rammendare. A ogni buon esito medico e scolastico c'era un pizzo completato per qualcuno, spesso per la basilica della Madonna di Motta.

   Il padre Sergio, da bravo falegname, ha costruito la loro casa al fine di eliminare tutte le barriere architettoniche, fin da quando ancora non si parlava di agevolazioni fiscali al riguardo, o addirittura inventando adattamenti secondo le progressive difficoltà.  Accompagnava Marco a tutti gli appuntamenti sportivi che entrambi seguivano con l'entusiasmo pari ai quello dei tifosi più agguerriti. Non mancavano mai a cantare nel coro della parrocchia e della basilica, entrambi e sempre con presenza attiva e fervente.

   Marco aveva anche una bella voce e, oltre che radiocronista e cantore, era anche lettore durante la “messa granda delle dieci in Basilica, e si notava quanto fosse dispiaciuto se qualcuno gli toglieva incautamente il posto, non pensando che per lui era un'occasione  importantissima per la sua vita.

   Era una penna difficile, non largo di giudizi benevoli agli sportivi, graffiante e duro come spesso accade per chi si trova a dover lottare ogni momento per muoversi, mangiare, dormire, ciò che di solito  per chi non ha problemi di salute, fa senza rendersi conto di quanto sia fortunato. Ci metteva però sempre tanta volontà, come quando incitava e sosteneva gli animi delle sue pallavoliste preferite.

   E le vacanze? E perché no!  La montagna era una meta familiare cui non si doveva rinunciare, così come i pellegrinaggi a Lourdes e alla Terra Santa, quel sacro luogo che lui sperava di poter rivedere anche a giugno 2019.

   Durante una celebrazione  per il giubileo mariano alla quale partecipavano gruppi cristiani residenti nei dintorni, mi colpì il suo disappunto per le loro movenze esuberanti e canti rituali tipici africani. Quelle persone, socialmente in difficoltà, erano più simili a lui che alla platea per problemi di accoglienza e di integrazione: erano stranieri  e quindi emarginati, ma  li disapprovava per la diversità del loro modo di partecipare alla funzione religiosa,  secondo lui non attinente al rito religioso rigorosamente classico in cui era cresciuto.

   Un duro in tutti i sensi, anche nell'intransigenza di una fede che gli ha permesso di lottare fino alla fine, con la certezza di vivere ogni minuto immerso nella gratitudine, affidandosi alla volontà divina, nonostante le continue battaglie fisiche sempre più estenuanti.

   Ogni ricovero era un'incognita e i medici si stupivano per le subitanee riprese. Lo scorso anno gli riscontrarono una massa abnorme nell'addome infiltrata tra vari organi, tanto che l'equipe sanitaria si rifiutò di intervenire, poiché l'unico rene era malato e lo stato fisico debilitato.

   Il marito di una nostra amica, ricercatore oncologo a Trento, analizzò gli esami e lo propose a Verona, dove tentarono l'impossibile: Marco sapeva che non aveva scampo, ma comunque volle sottoporsi all’intervento chirurgico, pur col rischio di rimanere sotto i ferri o aspettare la fine precoce. Non sarebbe stato un’operazione decisiva e risanante, ma una prova, un esperimento.

   E anche questa volta, a dispetto di tutti, Marco reagì positivamente, poiché si affidava sempre alla Madonna, e anche i medici dissero che forse si era trattato di un miracolo.
Lentamente si riprese e riuscì a fare terapia riabilitativa, a uscire in carrozzina elettrica. Era un informatico di ultima generazione, guai a farsi sfuggire le pur costose novità tecnologiche che gli permettevano di muoversi un po'. Fece qualche vacanza ancora in montagna, anche lì  subì qualche ricovero in vari ospedali, per un mal di gola che peggiorò il respiro e la deglutizione, facendo uso di antibiotici sbagliati ma, ancora una volta, ne venne fuori.

   Seguiva sempre lo sport anche nei letti d'ospedale, e raccontava che aveva compiuto i quarant'anni in Terra Santa e ne andava fiero. Come ho già detto in precedenza, progettava di ritornarvi a giugno 2019, ma poco prima di Pasqua le sue condizioni peggiorarono precipitosamente e il giovedì Santo era di nuovo a Ca' Foncello.
  
   Le vene erano fragili e iniziarono a infilare il catetere per la dialisi su quella del collo,  le sue sofferenze divennero sempre più intense. Rifiutava gli antidolorifici perché non voleva dormire, desiderava stare sveglio per vivere ogni minuto,  prevedendo che  avrebbe potuto essere l'ultimo.

   A Pasqua il fratello mi disse che combatteva con tenacia, il morale alto,  come spesso dimostrava, ma stavolta  appariva stanco come mai prima d’ora. Iniziava a gonfiarsi e la pressione scendeva sempre più, e a metà settimana in Albis non si alzò più dal letto e non riusciva a parlare. Avendo perduto tutte le forze, la madre chiamò il Cappellano per la Comunione e lui muovendo un dito, fece intendere che la voleva ricevere.

   Sabato 27 aprile 2019 compì quarantasei anni. Lunedì 29 aprile 2019 all'alba ebbe un infarto, si agitò e chiamarono i familiari. Tentarono di rianimarlo, e la madre percorse velocemente in auto i 45 chilometri  che la separavano da Treviso. Arrivò in tempo prima che un secondo infarto lo portasse via da questa terra.  Ho avuto la fortuna di salutarlo, pochi giorni prima della sua scomparsa, nel piazzale della Madonna e mi aveva detto: “fin che la va!”.
   Giovedì Santo fioriva un giglio con un mese di anticipo, il famoso giglio della nonna materna, che preannunciò la morte di papà, e lo avvertii come un presentimento per Marco; il Sabato Santo fiorì un altro e lo associai  ad una cara signora che ebbe un infarto e il terzo per il marito dell'amica materna che si era aggravato.  Sembra stupido, lo so, ma ho iniziato a leggere queste fioriture come un segno, un legame invisibile tra terra e cielo, qualsiasi sia la natura, divina o ancestrale.

   Capitò durante giornate grigie, col ritorno del freddo vento invernale che di norma arresta i primi germogli primaverili. Eppure…i gigli fiorirono. In realtà questi gigli sono apparsi come angeli per Marco, perché alle cinque del 29 aprile 2019, lui spirava mentre la rosa ultracentenaria di mio nonno paterno fioriva. La mattina, quando mi alzai e la vidi fiorita, pensai subito a Marco, e ne ebbi conferma quando più tardi dai giornali lessi la dolorosa notizia . 

   E’ la rosa di Marco, “innamorato della vita”. I frati non usano nominare singoli soggetti durante le messe, invece per lui era da molto tempo che chiedevano preghiere, e furono pronti a dargli il saluto di commiato, tanto erano ammirati per il suo calvario vissuto con indubbia fede.

   I giornali e gli sportivi l’hanno voluto ricordare mentre la famiglia ha deciso di vestirlo con abiti sportivi e la maglia firmata da atlete dell'Imoco Volley per la quale stravedevano. La madre ha voluto deporre il suo corpo nella bara del Papa, di legno chiaro, come di compensato, semplice e ornata da un mazzo di calle, umili fiori di campo come lo era lui, rustico ma profondamente essenziale.

   Giace sereno, sembra un bambino con le piccole mani bianche e la grande testa, il viso ancora un po' abbronzato. Il fratello lo rimprovera già: guarda che lì hai fatto guai, guarda che devi fare questo, fare quello...

   La madre è come lui, forte, afferma che lui non ce la faceva più. E’ contenta quanto i social parlano di lui; era importante, non era solo un malato in carrozzella, un ultimo. Il padre tace, un uomo sempre a disposizione degli altri e l'ombra di Marco, non sa nascondere il suo abbattimento.

   L'epigrafe riassume il credo famigliare: E' in Paradiso. Stasera primo maggio si reciterà il S. Rosario, domani alle ore 11 non un semplice funerale, ma la liturgia di Resurrezione. Lui ha vissuto pienamente ed ho così compresa l'espressione del prof. Andreoli sulla bellezza del dolore. Sto piangendo ancora la dipartita del mio papà e ora lui è con Marco che gli farà di sicuro la telecronaca del Giro d'Italia.

   Il due maggio, giorno dell'ultimo saluto in terra, festeggerà con i nostri grandi eroi più intimi, insieme al tavolo di Leonardo da Vinci, brindando all’anniversario della scomparsa del grande artista, avvenuta 500 anni fa, nel 1519. E ditemi se sia solo una fatalità. Vorrei fermarmi qui a raccontare di Marco, ma il funerale, anzi la liturgia di Risurrezione scelta in tutto il rito dalla famiglia, mi spinge ancora, solo per fare memoria, a rileggerla per ricordarmi un buon esempio forte di vita.

   Il rosario è gremito di giovani, amici, sportivi: si recita il primo maggio così che tante persone possono parteciparvi. Il giorno dopo la chiesa è gremita, tanto che molta gente è dovuta rimanere fuori:  giornalisti, calciatori, pallavolisti che portano la lunga bara bianca spoglia per un corpo piccolo. Ma sono più adulti, tantissimi lo conoscevano e anche i suoi amici frati che leggono le letture pasquali e di Resurrezione.
   La fede famigliare in cui è cresciuto li sorregge nella certezza che non è stata una vita persa ma piena e ora in assoluta lucentezza. Le campane hanno suonato rintocchi di festa pasquale, gioiosi nell'accompagnare a piedi il feretro. Ho tentato trascrivere qualche passo dell'omelia del Parroco. Quando rileggerò i miei appunti, penso di trovare tante ripetizioni, ma chissà che possano tornare utili ...

    “I valori di Marco radicati in Cristo per non essere nullità, ma diventare dignità: anche nell'importanza di celebrare il rito (era molto attaccato alla tradizione severa, difficile) ...Era un terremoto per come si esprimeva nelle varie relazioni umane. Un cuore limpido per orientarsi verso le stesse che Dio offre e che attendono di esprimersi nella normalità: ciò dona il senso di Risurrezione e pienezza. Il corpo lascia vuoto da riempire in altra dimensione.

   Altro passo scritto nella vita di Marco: sua convinzione che chi cammina in fede, apre orizzonti per godere pienezza nel Signore. Ricordate l’entusiasmo per le sue tante passioni. L’amore concreto per la Terra Santa e lo sport. Lascia traccia di lievito consegnato per far lievitare la farina che in noi secca. Storia non scritta di emozioni di strada ma dentro di noi il Risorto matura dentro: il sole all'orizzonte al tramonto illumina ancora come il Sole che giunge a Pasqua. Il canto scelto da famiglia è Victimae Paschali Laudes, inno pasquale, perché lui ha vissuto con i segni della Passione. Cristo Risorto vi avvii sulla strada di Marco, che ci da' una mano da vittorioso, non dobbiamo vedere la sua dipartita come morte di una vita, ma di vincita, starà sempre con noi dandoci coraggio.

   Era un terremoto, lassù ne starà combinando una delle sue. Era anche battagliero come serve nello sport. La benedizione dell'acqua alla sua salma: come nel Battesimo che rigenera e la sua morte non deve sembrare una pianta spezzata ma potata per rigermogliare; l'incenso: resina che profuma e si espande similmente al suo fare e pensare; cero pasquale come la Luce di Cristo che arde per sempre.”

   Il canto finale è stato l'inno a Maria Regina Coeli che la folla ha ripetuto spontaneamente più d'una volta, Maria Maddalena che è stata la prima a trovare il sepolcro vuoto, sua Madre che corse in auto per essergli accanto per l'ultima volta, qui in terra. Un padre mi ha detto che devo far conoscere questa esperienza del dolore cristianamente vissuto da Marco che è preziosa eredità: anche se l'ho buttata giù di corsa e mi scuso per chi troverà tante ripetizioni e slittamenti nel fantastico, da modesta credente e scarsa scrittrice. Ognuno di noi perde tanti affetti nella propria vita che fanno nascere in noi sentimenti contrastanti di rabbia e timore. La dipartita di Marco trasmette invece un segno di speranza e di quiete.

                                                                                GIULYIS


   NdR: La testimonianza dell’autrice è un ottimo incentivo per aiutarci a vivere una vita veramente cristiana, così come l’ha vissuta Marco, e per comprendere che la morte terrena non è la fine di tutto, ma l’inizio di una nuova Vita.

   Il testo è stato rivisitato, per eliminare ripetizioni, e dare un senso ad appunti presi al volo o non molto chiari, ma il contenuto resta quello che Giulys ha voluto trasmetterci. E la ringraziamo di cuore per il racconto che ci ha trasmesso.




                                                                                             

Nessun commento:

Posta un commento

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi