AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 12 aprile 2018

PARLIAMO DEL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE con PAPA FRANCESCO


Da un po' di tempo sono costernata dall'atteggiamento di un Padre e sacerdote.
Ho riferito la cosa ad altro Padre, il quale mi ha detto di non badare a quel che dice, perché affetto da grandissima autostima. Gli ho risposto: "Da quando in qua  si chiama autostima ciò che è semplicemente superbia?
Un Padre che caccia un fedele dal confessionale. (Se non si trattava di una vera confessione, poteva dagli appuntamento per un dialogo fraterno in altra sede, fuori dal confessionale). E lo racconta come si fosse trattato di  un'azione lodevole.  Un Padre che non lascia raccontare una testimonianza, o porre domande inerenti alla piccola conferenza tenuta ad un gruppo di persone. Un Padre cui piace ascoltarsi, (leggendo da libri, senza aver fatto la minima fatica di prepararsi un discorso ad hoc. Un padre che alla richiesta: "Posso fare una domanda?", risponde con un secco "NO", prende la porta e se ne va senza nemmeno salutare. Gli ho detto, mentre usciva: "Non mi piace come si comporta", e lui si è messo a ridere.
Dunque mi sono arrovellata, chiedendomi se fosse giusto che "giudicassi negativamente" questo suo comportamento.  Oggi ho avuto la risposta, dal sito del Vaticano. Ho trovato un discorso di Papa Francesco, e l'ho fatto mio, perché corrisponde al mio pensiero. Quindi non ho sbagliato a pensare quel che mi ha fatto soffrire non poco. E non tanto per me, ma riguardo a tutti quelli che potrebbero essere trattati in questo modo da un uomo di Chiesa. Il discorso del Papa mi ha tranquillizzato. 
Dopo questa sua presa di posizione, ovvero chiusa la porta dietro di sé, i presenti hanno detto: "Ma che si vada a confessare lui, che ha ostentato superbia e con il suo comportamento rischia di allontanare i credenti dalla Chiesa stessa!"
Penso che attualmente ci sia molta confusione tra i cattolici, ognuno ha le sue idee sull'essere cristiani, ognuno dice la sua, che sia laico o appartenente al clero.
E quindi mi sembra normale che i laici che hanno idee confuse, chiedano spiegazioni, o espongano il loro pensiero - apparisse anche eretico per chi lo ascolta - a chi ritengono sia in grado di dare risposte certe. Chi ha studiato teologia ne sa senz'altro di più di che ne è a digiuno. 
Anche a me non piace l'indottrinamento, e l'ha detto anche Papa Francesco, che non  è questo il modo di rapportarsi con la gente. 
Se ho dubbi, mi rifaccio alla Parola di Cristo. Al Vangelo. E se quel che ascolto o i comportamenti che mi paiono esulare dagli insegnamenti di Gesù o non  trovo scritti nei quattro Vangeli Canonici,  semplicemente non li posso accettare.
Quel che mi aspetto da un sacerdote, oltre che la sua vita sia aderente alla sequela di Cristo, è che sappia dialogare con chi ha dei dubbi, anche con chi contesta i preti, i Vescovi e perfino il Papa.
Deve saper ascoltare, e con calma e un sorriso fraterno,  dica al dubbioso:
"Siediti qui, che ne parliamo con calma". E poi si aiuti con qualche lettura del Vangelo o con il Catechismo della Chiesa Cattolica, per chiarire le idee confuse del suo interlocutore. Ma sempre con grande accoglienza, non cacciandolo dal confessionale e andare perfino fiero di un gesto tanto poco cristiano.
Altrimenti non si lamentino i signori sacerdoti, se le chiese si svuotano. Le chiese devono accogliere non cacciare!
Ed ecco il discorso del Papa sulle confessioni, avrei voluto tagliarlo perché piuttosto lungo - se ne è scusato Francesco stesso - ma ogni sua parola va letta con molta attenzione. Perché io sto con il Papa, non contro di lui.
Il Papa: il confessore non deve inquisire o far vergognare chi si pente
Ai Missionari della Misericordia Francesco ricorda che «il figliol prodigo non è dovuto passare per la dogana». La Siria, la depressione e l’interrogativo sull’abbandono di Dio: «Il suo amore sconfigge ogni solitudine»
  
Pubblicato il 10/04/2018
Ultima modifica il 11/04/2018 alle ore 07:55
IACOPO SCARAMUZZI
CITTÀ DEL VATICANO
Non c’è bisogno di «far provare vergogna» a chi sa di avere sbagliato, non è necessario «inquisire» là dove la grazia del Padre è già intervenuta perché «non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio». Papa Francesco riceve i Missionari della Misericordia e torna a spiegare il senso profondo del «sacramento della riconciliazione» (confessione), indicando l’esempio di due grandi confessori di Buenos Aires e di un cardinale del Vaticano «Parliamo tanto male della Curia romana, ma qui dentro ci sono dei santi».  

Il «figliol prodigo» della parabola evangelica «non è dovuto passare per la dogana», ricorda Francesco, insistendo sul fatto che la Chiesa non deve «creare alcuna barriera o difficoltà che ostacoli l’accesso al perdono del Padre» o magari trascurare «i passi che una persona sta facendo giorno dopo giorno» per «difendere l’integrità dell’ideale evangelico». E di fronte ai drammi che «fanno sorgere in molti l’interrogativo sull’abbandono di Dio», dalla situazione di questi giorni in Siria ai problemi personali come la depressione, il Pontefice argentino sottolinea che «la misericordia prende per mano, e infonde la certezza che l’amore con cui Dio ama sconfigge ogni forma di solitudine e di abbandono». 

I Missionari della Misericordia, riuniti in questi giorni presso il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione guidato da monsignor Rino Fisichella, sono una figura di confessori che avrebbero dovuto svolgere il loro compito in giro per il mondo nel solo periodo del Giubileo straordinario della misericordia (8 dicembre 2015-20 novembre 2016). «Eppure», ha detto il Papa a 550 di loro che ha dapprima ricevuto e con i quali ha poi celebrato messa a San Pietro, «riflettendo sul grande servizio che avete reso alla Chiesa, e su quanto bene avete fatto e offerto a tanti credenti con la vostra predicazione e soprattutto con la celebrazione del sacramento della Riconciliazione, ho ritenuto opportuno che ancora per un po’ di tempo il vostro mandato potesse essere prolungato. Ho ricevuto molte testimonianze di conversioni che si sono realizzate tramite il vostro servizio».  (Quale testimonianza di conversione può dare un confessore che caccia dal confessionale il penitente?)

«Dobbiamo ribadire sempre, ma soprattutto riguardo al sacramento della Riconciliazione, che la prima iniziativa è del Signore; è lui che ci precede nell’amore, ma non in forma universale: caso per caso», ha sottolineato Francesco che ha ricordato un neologismo spagnolo a lui caro, quello di «primear», prevenire, «per esprimere proprio la dinamica del primo atto con il quale Dio ci viene incontro». Per questo motivo, «quando si accosta a noi un penitente, è importante e consolante riconoscere che abbiamo davanti a noi il primo frutto dell’incontro già avvenuto con l’amore di Dio, che con la sua grazia ha aperto il suo cuore e lo ha reso disponibile alla conversione», ha rimarcato il Papa. «Il nostro compito – e questo è un secondo passo – consiste nel non rendere vana l’azione della grazia di Dio, ma sostenerla e permettere che giunga a compimentoA volte, purtroppo, può capitare che un sacerdote, con il suo comportamento, invece di avvicinare il penitente lo allontani. Ad esempio – ha sottolineato Francesco – per difendere l’integrità dell’ideale evangelico si trascurano i passi che una persona sta facendo giorno dopo giorno. Non è così che si alimenta la grazia di Dio. Riconoscere il pentimento del peccatore equivale ad accoglierlo a braccia spalancate, per imitare il padre della parabola che accoglie il figlio quando ritorna a casa, significa non fargli terminare neppure le parole».  

Jorge Mario Bergoglio si è più volte soffermato, nel corso di un discorso intercalato da molti passaggi a braccio, sulla parabola evangelica del «figliol prodigo» accolto nonostante i suoi errori dal «padre misericordioso». «Il figliol prodigo non è dovuto passare per la dogana: è stato accolto dal Padre, senza ostacoli», ha detto, invitando i Missionari della Misericordia a essere «segno concreto che la Chiesa non può, non deve e non vuole creare alcuna barriera o difficoltà che ostacoli l’accesso al perdono del Padre». Nella parabola, «il papà neppure gli ha fatto terminare le parole, lo ha abbracciato. Lui aveva il discorso preparato, ma (il padre) lo ha abbracciato. Significa non fargli terminare neppure le parole che aveva preparato per scusarsi, perché il confessore ha già compreso ogni cosa, forte della esperienza di essere lui pure un peccatore. Non c’è bisogno – ha chiosato il Papa – di far provare vergogna a chi ha già riconosciuto il suo peccato e sa di avere sbagliato, non è necessario inquisire – quei confessori che domandano, domandano, dieci, venti, trenta, quaranta minuti… “E come è stato fatto? E come?...” –, non è necessario inquisire là dove la grazia del Padre è già intervenuta, non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio».  

Al proposito il Papa latinoamericano ha fatto «un esempio della Curia romana», che aveva già menzionato in passato: «Parliamo tanto male della Curia romana, ma qui dentro ci sono dei santi. Un cardinale, prefetto di una Congregazione, ha l’abitudine di andare a confessare a Santo Spirito in Sassia due, tre volte alla settimana – ha il suo orario fisso – e lui un giorno, spiegando, disse: quando io mi accorgo che una persona incomincia a fare fatica nel dire, e io ho compreso di che cosa si tratta, dico: “Ho capito. Vai avanti”. E quella persona “respira”. È un bel consiglio: quando si sa di che si tratta, “ho capito, vai avanti”».  

Bergoglio si è poi soffermato sulle conseguenze del perdono nato dalla misericordia divina. «Dio libera dalla paura, dall’angoscia, dalla vergogna, dalla violenza. Il perdono è realmente una forma di liberazione per restituire la gioia e il senso della vita», ha detto, e «la misericordia liberando restituisce la dignità. Il penitente non indugia nel compatirsi per il peccato compiuto, e il sacerdote non lo colpevolizza per il male di cui è pentito, piuttosto, lo incoraggia a guardare al futuro con occhi nuovi, conducendolo “alle sorgenti dell’acqua”. Ciò significa che il perdono e la misericordia permettono di guardare di nuovo alla vita con fiducia e impegno», ha insistito il Papa che, citando il fondatore dei gesuiti, sant’Ignazio di Loyola – «permettetemi un po’ di pubblicità di famiglia» – ha ricordato il concetto di «consolazione» interna che «scaccia ogni turbamento e attrae interamente all’amore del Signore» che corre il rischio di perdere con una «spiritualità delle lamentele».  

Il peccato, ha rimarcato ancora il Papa, è «abbandonare Dio, voltargli le spalle per guardare solo a sé stessi». Francesco ha ammesso: «Ci sono momenti in cui realmente si sente il silenzio e l’abbandono di Dio. Non solo nelle grandi ore oscure dell’umanità di ogni epoca, che fanno sorgere in molti l’interrogativo sull’abbandono di Dio. Penso adesso alla Siria di oggi, per esempio. Avviene che anche nelle vicende personali, persino in quelle dei santi, si possa fare l’esperienza dell’abbandono. Che triste esperienza quella dell’abbandono! - ha detto - Essa ha diversi gradi, fino al distacco definitivo per il sopraggiungere della morte. Sentirsi abbandonati porta alla delusione, alla tristezza, a volte alla disperazione, e alle diverse forme di depressione di cui oggi tanti soffrono. Eppure, ogni forma di abbandono, per paradossale che possa sembrare, è inserita all’interno dell’esperienza dell’amore.  

Ricordando le parole di Gesù in croce, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», il Papa ha ricordato che «le parole del Crocifisso sembrano risuonare nel vuoto, perché questo silenzio del Padre per il Figlio è il prezzo da pagare perché nessuno più si senta abbandonato da Dio. Il Dio che ha amato il mondo al punto di dare il suo Figlio, al punto di abbandonarlo sulla croce, non potrà mai abbandonare nessuno: il suo amore sarà sempre lì, vicino, più grande e più fedele di ogni abbandono». «La misericordia prende per mano, e infonde la certezza che l’amore con cui Dio ama sconfigge ogni forma di solitudine e di abbandono».  

«Di questa esperienza», ha detto ancora Francesco che si è scusato per la lunghezza del suo discorso, «i Missionari della Misericordia sono chiamati a essere interpreti e testimoni». Per questo li ha esortati a non mettersi «sopra gli altri quasi fossero dei giudici nei confronti dei fratelli peccatori», ad avere «uno stile di vita coerente con la missione che abbiamo ricevuto», e a coloro che nel frattempo sono stati nominati vescovi si è augurato che «non abbiano perso la capacità di “misericordiare”».  

Prima di concludere il discorso, il Papa ha ricordato, a mo’ di esempio, due grandi confessori di cui ha già parlato in altri discorsi del suo pontificato, Padre José Aristi, di cui «rubò» la croce del Rosario, e padre Luis Dri che, colto dallo scrupolo di concedere troppe assoluzioni, diceva davanti al crocifisso: «Signore, perdonami, oggi ho perdonato troppo. Perdonami… Ma bada bene che sei stato tu a darmi il cattivo esempio!». 

Non ho altro da aggiungere, ha detto tutto Papa Francesco

Danila Oppio


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