AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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lunedì 18 dicembre 2017

ANTOLOGIA PERSONAGGI IN CERCA DI STORIE: ULISSE a modo mio di Danila Oppio




Oggi ho ricevuto copie dell'antologia PERSONAGGI IN CERCA DI STORIE, promossa da Alcheringa Edizioni, nella quale è inserito il mio racconto ULISSE (a modo mio)
e la poesia PASSEPARTOUT IL SOGNATORE NOSTALGICO di Laura Vargiu che si trovano in compagnia di racconti e poesie di altri autori. Desidero condividere con voi il mio racconto:





ULISSE
( a modo mio)
Arnold Böklin - Calipso e Ulisse 1883

 Ho incontrato Ulisse. Passeggiava sconsolato lungo il viale sul quale si affacciano le finestre di casa mia. Molto probabilmente perché Penelope, dopo averlo atteso per vent’anni, venuta a conoscenza dei tradimenti del compagno, gli diede il benservito, lo mise alla porta e la chiuse a più mandate.

 Ho infilato il mio blazer preferito, quello marinaresco per restare in tema, un paio di scarpe da barca e, mi sono messa a correre, per poterlo raggiungere. Non capita tutti i giorni di avere un rendez-vous con un personaggio di tanto rilievo. Un po’ contestato, molto ammirato. Mi sono fatta un’idea su di lui e gliela voglio dire a brutto muso. Chi non lo conosce, per averlo studiato sui libri di scuola, o nel canto divinamente infernale di Dante?

Nella mitologia greca, dove appare protagonista di numerose avventure, Ulisse incarna il simbolo dell’uomo che riesce a superare le prove della vita con la forza dell’ingegno versatile e curioso. Il suo mito ha avuto enorme fortuna nella civiltà occidentale, ed è arrivato fino a me, incuriosendomi non poco.

Sempre in cerca di nuove avventure e amante del pericolo, è una sorta di eroe dell’astuzia, dai mille volti e dalle molteplici risorse. Odisseo (l’Ulisse latino nasce nel folklore antichissimo dei Greci come un personaggio molto particolare. Il suo nome, forse non greco, è stato accostato al verbo odùssomai «sono irato», poiché i suoi continui inganni provocano l’ira degli dei e degli uomini). E, a dire il vero, un poco irrita anche me!

Devo quindi fare attenzione a che non si arrabbi, non si sa cosa potrebbe accadere tra due che litigano tra loro, data la sua forza, di avere la peggio.  Ma, come Omero e Dante l’hanno cantato nelle loro liriche, qualche parola gliela vorrei cantare anch’io.

La letteratura occidentale si apre con i due poemi di Omero: in essi Odisseo ha un ruolo di spicco e rappresenta, nel nostro immaginario, l’eroe dell’astuzia accanto ad Achille, suo contro eroe dalla virtù militare. Già nell’Iliade, Odisseo, re dell’Isola di Itaca, dove ha lasciato la fedele, immensamente paziente moglie Penelope e il figlio Telemaco, si distingue dagli altri eroi: non ama combattere in duello e preferisce l’imboscata. Bene, allora non mi sfiderà a singolar tenzone.
Ora l’imboscata te la faccio io, Ulisse, attento!

In compagnia di Diomede, si rende protagonista di una sortita in campo troiano, durante la quale uccide, mentre dormono, numerosi guerrieri. L’impresa più nota è senz’altro l’inganno del cavallo, azione risolutiva della lunga guerra. L’ira degli dei favorevoli ai troiani, tuttavia, punisce duramente Odisseo, costretto a peregrinare per tutti i mari e a superare terribili prove prima di poter tornare in patria. Le sue avventure sono narrate e le ho lette, appunto, nell’Odissea.

Sfuggito alla crudeltà del popolo dei Ciconi, antichi abitanti della Tracia, Odisseo giunge tra i Lotofagi e riesce a evitare che i compagni dimentichino la loro patria mangiando il magico loto. Sbarcato su un’isola, s’introduce nella caverna del Ciclope Polifemo per sottrargli il cibo; il mostruoso gigante, al suo ritorno rinchiude nell’antro Ulisse e i compagni, divorandone alcuni. L’eroe riesce con un inganno a farlo ubriacare e quindi, resolo cieco, a fuggire. Il dio del mare Poseidone (Nettuno per i Latini), padre del Ciclope, scatena contro di lui furibonde tempeste. Peregrinando nelle lontane regioni occidentali, l’eroe incontra Circe, che trasforma i suoi compagni in porci, ed è costretto a evocare le ombre dei morti per conoscere il suo futuro. E ben gli sta!

Dopo aver superato il pericolo delle Sirene – che stregano i marinai con la loro voce ammaliante (ho ancora impresso un quadro di Herbert James Draper, che rappresenta in modo superbo questo episodio) - e di Scilla e Cariddi - mostruose creature che stritolano le navi al loro passaggio – approda, ormai solo, nell’isola di Calipso, una ninfa che s’innamora di lui e non lo lascia partire per lungo tempo. Ancora un’ultima sosta nell’isola dei Feaci e Odisseo potrà, su decisione degli dei, tornare a Itaca, dove dovrà affrontare i pretendenti della moglie che cospirano contro di lui. 

A proposito di pretendenti, aveva delle belle pretese, Ulisse, nel tornare a casa dopo vent’anni e trovare ancora la moglie in sua attesa. Se avesse accettato la corte di qualche pretendente, se si fosse ricostruita una famiglia con un altro uomo, non avrebbe avuto tutti i torti: vent’anni di vedovanza bianca non sono uno scherzo.  Ma lei lo amava, e lo ha aspettato, tessendo e disfacendo la tela, per tutto il tempo dell’attesa. Ancora una volta, con l’astuzia e con l’inganno, riuscirà a ristabilire il suo potere e compirà sui nemici una vendetta senza pietà.
Odisseo è l’eroe dai molti volti. 

Se nei poemi omerici sono evidenziate le sue qualità positive, nella letteratura e nell’immaginario successivo, si tende a mettere in luce quelle negative: l’inganno e la violenza, il cinismo e la perfidia. Così, nel teatro dell’Atene classica, Odisseo è spesso protagonista di episodi riprovevoli. Nel Medioevo, proprio sulla tradizione dei suoi inganni e delle avventure spregiudicate, Ulisse accentua il suo profilo sfavorevole. L’Ulisse dantesco, dannato nell’Inferno, rappresenta il simbolo di ciò che l’uomo osa contro i limiti fissati da Dio ma, al tempo stesso, anche  l’irresistibile sete di conoscenza. Il romanticismo rivaluterà Ulisse, vedendo in lui uno dei tanti eroi che si scontrano con il loro destino.

Nel Novecento, infine, sarà lo scrittore irlandese James Joyce, con il romanzo intitolato Ulysses, a indicare, nella figura del mito greco, il lontano archetipo delle peregrinazioni e delle angosce quotidiane dell’uomo contemporaneo.
Questa, la breve sintesi storico-letteraria, giusto per ricordare la figura dell’eroe cantato da Omero, che mi ha indotto a dedicare qualche pensiero su di lui e sulla sua paziente moglie Penelope.
Così, quando ho avuto l’occasione di incontrarlo, poiché lo raggiunsi e ci siamo fronteggiati, gli ho detto:

Itaca (o dell’inutile vagabondare lontano da Penelope)

− Che andavi cercando Ulisse, al di là dal mare, quando tutto il tuo mondo già ti  circondava? Illudendoti in quella ronda che giravi in tondo senza una meta.
Intorno all’isola e verso Itaca navigavi con fiacca vela. La tua barca nella risacca perse l’antica rotta nell’onda di ritorno, mentre in un miraggio sfumava il suo contorno.
Penelope attendeva invano, tessendo la sua tela, mentre la lucente luna illuminava la gonfia vela dall’impetuoso vento sospinta tra uragani e burrasche, in cerca di una rada sicura dove al fine approdare. E fu sempre Itaca quel porto che t’attendeva. Tu, che per anni fosti, ai suoi fari accesi, orbo, e ai suoi ripetuti richiami, volutamente sordo.

Odisseo mi fissò con occhi di brace. L’ho fatto infuriare davvero, ma gliele dovevo cantare. Così, non soddisfatta, presi le difese di Penelope. Tra donne dobbiamo sostenerci, o no?
Continuai, dicendogli di ascoltarmi attentamente.

(Uomini e ragni)

− Penelope paziente tesseva la sua interminabile tela e osservava Aracne, che intesseva la sua argentea ragnatela, facendosi reciproca compagnia. Tu, Odisseo, percorrevi mari reali o immaginari, inseguendo il sogno utopico di raggiungere lontane isole e terre sperdute, infine attraccando presso un ipotetico porto. Con quale nave? 

Mi risponde Ulisse:
− Gli affondamenti furono numerosi, quindi la galera fu ricostruita dozzine di volte. Sai bene l’aperta mentalità di alcuni marinai, definirli superstiziosi è poco. Al quinto naufragio l’equipaggio si ammutinò e mi costrinse a cambiare nome. Probabilmente partì da Troia come “Vittoria Suprema”, non ricordo bene, è trascorso tanto tempo da allora, e attraccò a Itaca come “La Zattera del naufrago”. Chi è schizzato in piedi urlando “La nave si chiamava Argo”, pensando alla crociera degli Argonauti, comandati da Giasone, ha vinto un botolo malconcio abbandonato nel canile di Vathy, che io stesso ho fondato in ricordo del mio amato Argo.

Proseguo imperterrita in difesa di Penelope.
− La mosca cadeva ignara nella rete del ragnonell’istante in cui Circedebole Ulisse, ti circuiva. Uomini come mosche e donne trasformate in aracnidi. Per amore o per fame, restano accalappiati nelle reti. Non sei stato capace di restare fedele alla tua donna. E’ questo che di te mi irrita.
Gli voltai le spalle, e tornai sui miei passi. Quel che da tempo volevo dirgli, finalmente l’ho sputato, come un rospo che mi stava nel gozzo.
E fu così che incontrai Ulisse un tempo. Nel dubbio che fosse realmente lui, e non un suo sosia, gli chiesi il suo nome. Mi rispose:
− Mi chiamo Nessuno. 
− Se sei Nessuno, non meriti attenzione, con te ero molto arrabbiata. Nonostante tutto, mi sei simpatico. Va, torna d Penelope, sono certa che ti perdonerà.

Dipanai la tela, e ripresi a filare.
Con molta soddisfazione, a distanza di quasi tremila anni, (le date presunte sulla vicenda di Ulisse sono discordi) sono finalmente riuscita a prendere le difese di Penelope. Eh, dobbiamo essere solidali tra noi donne! Ulisse è riconosciuto come un grande eroe, e la povera moglie invece è stata relegata in un angolino a tessere la tela nell’attesa del suo ritorno. Un vero eroe dovrebbe rinunciare alle ambizioni personali, e stare accanto alla moglie, sopportandola pazientemente. Questo è un vero atto di eroismo!  

Danila Oppio

Il mio racconto ULISSE è liberamente ispirato alle opere di Omero: Iliade e Odissea, e alla Divina Commedia  di Alighieri – Inferno - Canto XXVI

Pubblico con immensa gioia anche la poesia di Laura Vargiu, amica poetessa e scrittrice di grande talento, con lei ho condiviso le nostre opere in diverse antologie e, a mio avviso, è uno splendido modo per sentirci vicine



Passepartout il sognatore nostalgico

Del nostro giro del mondo
si serba ancor ricordo
Su piroscafi e treni
maestosi velieri
Mongolfiera ed elefante
ci trasportavano all’istante
Da Londra alle città d’Oriente
dalla jungla alle praterie d’Occidente
Si solcavan terre e mari
dispiegando forti le nostre ali
Ottanta lunghi intensi giorni
per scommessa previi accordi
Eh, fui un grande viaggiatore
al seguito del mio padrone
Che or non più lascia la dimora
stretto stretto alla sua indiana signora
Neppur brevi gite nei dintorni
presto esci presto torni
Invece per davvero bei tempi
quando sfidavamo i venti!
Vorrei esserci fra cent’anni
girar il mondo senz’affanni
Salire su nuove macchine volanti
arrivar magari fino agli astri
Vivo in questi fantasiosi sogni miei
d’un rapido futuro che vorrei
Chissà che un domani il giro del mondo
non si possa fare in un sol giorno!

Laura Vargiu

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