AFORISMA

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Nostra Signora del Carmelo

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lunedì 7 novembre 2016

Basilica di S. Nicola da Tolentino - di Danila Oppio ocds

Dopo aver ammirato le immagini con relative didascalie poetiche di P. Nicola Galeno OCS, ho avvertito la necessità di documentarmi su questa basilica. Dagli affreschi, avevo accennato a Padre Nicola la rassomiglianza con quelli di Giotto, che si trovano nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Quegli occhi allungati, dallo sguardo penetrante, quasi volessero leggere nell'animo umano, mi avevano profondamente colpito. Ne ho avuto conferma, entrando nel sito dei padri agostiniani, dove si desume che gli affreschi, nel suo interno, sono proprio opera di artisti di scuola giottesca. Nel testo sottostante l'ho voluto evidenziare in grassetto. La mia prima impressione non era quindi errata.
Qui sotto, un affresco di Giotto a Padova. 



E qui sotto, il particolare di un affresco a Tolentino
potete notare che perfino l'acconciatura dei capelli di Maria e dell'angelo musicante sono molto simili.




PROFILO STORICO DI NICOLA DA TOLENTINO
Una città un santo

Attorno al 1275 fu destinato stabilmente al convento dei Frati Eremitani di S. Agostino in Tolentino, che si veniva strutturando proprio allora, un giovane frate, da poco sacerdote, con su le spalle già la fama di un grande uomo di Dio, di grande pietà, di aspre penitenze, di intensa preghiera, di grande disponibilità nel servizio delle anime, persino favorito dal dono di introspezione delle anime, di manifestazioni mistiche e anche di prodigiosi miracoli.


Si chiamava Nicola, aveva sui trenta anni, era nato a Sant'Angelo in Pontano nel 1245, e resterà a Tolentino fino alla morte, avvenuta nel 1305.

Il Convento di Tolentino, e anche lo stesso Ordine Agostiniano, stavano consolidando le ossa proprio allora, e indubbiamente la figura di questo santo, pur così nascosto ed umile, ha costituito un punto fermo nella crescita dell'uno e dell'altro. Dopo la sua morte il complesso non verrà più dedicato a S. Agostino, ma a S. Nicola e diventerà punto di riferimento della grande devozione che si diffonde ben presto in tutto il mondo.

Il processo di canonizzazione si celebrerà a pochi anni dalla sua morte (1325) e il suo sepolcro verrà ornato con una serie di dipinti che danno testimonianza della sua vita e del culto verso di lui, culto che era collegato anche al legame con l'aldilà e alla speranza della vita futura, dato che egli era, fra l'altro, il patrono delle anime del Purgatorio.

In un tentativo di trafugamento delle braccia, perpetrato in epoca imprecisata, avvenne qualcosa che stimolò ancora di più il culto sempre così legato a fatti sensazionali: gli furono amputate le braccia, ma queste presero a versare tanto sangue fluido e fresco, che il tentativo fallì e quelle braccia divennero a loro volta oggetto di culto, dato anche il fatto che allora il corpo fu celato e sepolto sotto terra.

La devozione di S. Nicola nel mondo è stata sempre legata al segno dei panini benedetti che egli aveva mangiato dietro suggerimento della Madonna e ne aveva sperimentato l'efficacia guarendo repentinamente da una malattia mortale.

Egli è il patrono delle anime del Purgatorio, della Chiesa universale nei problemi riguardanti l'ecumenismo; e inoltre è efficacemente invocato dalle puerpere, sulle difficoltà dell'infanzia e dello sviluppo e in genere in ogni difficoltà. L'abbondanza di grazie e di miracoli stanno a indicare che la sua intercessione non lascia indietro nessuno.  


VICENDE STORICHE E COSTRUTTIVE

La figura di S. Nicola ha decisamente influito nello sviluppo e nella fama del complesso agostiniano di Tolentino e certo non soltanto di questo. Sono nati quasi contemporaneamente e si sono tenuti per mano nel loro sviluppo nei secoli.

Nicola dovette essere assegnato definitivamente alla comunità di Tolentino attorno al 1275. Ma gli Eremiti Agostiniani della Congregazione di Brettino si erano già attestati certamente fin dal tempo di quella che chiamano la "Grande Unione" (1256) e anzi probabilmente qualche tempo prima e avevano già cominciato a costruire gli edifici necessari alle esigenze della loro vita comunitaria.

Il centro propulsore era la chiesa, non grande, a pianta quadrata, dedicata a S. Agostino. Questa aveva sul lato verso ovest una porta che dava su una specie di corte, la cui estremità verso est si stava strutturando con colonne, tettoia e campate, che formassero da deambulatorio per l'utilità dei frati. Sotto questa tettoia, contigua alla chiesa, erano l'accesso alla sala capitolare e successivamente al refettorio con i servizi annessi (cucina, dispensa, ecc.). In uno di questi annessi si sviluppava la scala che portava al piano di sopra dove erano i dormitori.

Si può pensare che grosso modo questo sia stato l'assetto dell'edificio al tempo in cui viveva S. Nicola. Ma naturalmente l'idea degli Eremitani mirava a espandersi, e l'elargizione di Donna Bionda dei Franchi, che con data 1284 assegnava metà dei suoi beni per finanziare la fabbrica, attesta questa loro aspirazione.

Soprattutto sembra strano che il progetto degli Eremitani, così arioso in tutte le sue componenti, si contentasse di una chiesetta così contenuta. Essi dovevano già avere l'idea di una chiesa ben più grande, riservando quella primitiva per i servizi interni della comunità. Tant'è vero che non ebbero problemi di ridurne ancora la capienza, tumulandovi nel 1305 le spoglie di S. Nicola in un'arca di legno che non doveva essere molto più piccola di quella di pietra che vi è attualmente.

L'esplosione di devozione, quando il santo morì, e la ressa dei fedeli che si accalcavano costantemente attorno al suo sepolcro, costrinsero ad affrettare, se non a precipitare le cose. Si lanciò una campagna di affreschi per decorare la chiesa che prese ben presto il nome di cappella (più tardi Cappellone) di S. Nicola. E si cominciò a costruire la chiesa grande che doveva riempire tutto il lato nord insieme al portico che le fu addossato e che continuava il progetto di quello del lato est, e postulava il completamento sugli altri due lati, anche se questa non era l'esigenza costruttiva degli ordini mendicanti di quel tempo.

Attorno al chiostro furono sviluppati gli edifici che lo completavano, studiati non solo in vista dei bisogni della comunità eremitana, ma anche in vista dell'accoglienza dei devoti che affluivano sempre più da ogni parte del mondo (i grandi dislivelli di planimetria testimoniano che sono stati costruiti in tempi diversi).

Alla fine del XV secolo, e precisamente nel 1485, successe una cosa che, per difetto di documentazione, non si riesce ancora a decifrare esaurientemente. Gli Eremitani di S. Nicola, che appartenevano allora alla provincia della Marca di Ancona, furono messi abbastanza rudemente alla porta e al loro posto subentrarono Eremitani altrettanto agostiniani, ma che nell'Ordine appartenevano ad un altro raggruppamento che si chiamava "Congregazione Osservante di Lombardia". Entrarono cum fustibus et scutis (che è meglio non tradurre). E questi (i Lumbard!) restarono a Tolentino fino al 1810, quando a loro volta furono cacciati da Napoleone. La popolazione non ci andava troppo a braccetto, però bisogna riconoscere che ci stettero dignitosamente, che seppero promuovere grandemente la conoscenza e il culto di S. Nicola e curarono con grande impegno lo sviluppo del santuario. Disponevano di capitali e di maestranze veramente eccezionali - il semplice scalpellino era già un artista - e promossero molti lavori.

Nella "Restaurazione" (1815) vi ritornarono gli Agostiniani della Regione Picena, che si mostrarono altrettanto zelanti nella promozione del santuario.

Storia ormai dei nostri tempi è il rinvenimento del corpo di San Nicola (1926) per la tenace solerzia del benemerito padre Nicola Fusconi e la costruzione della Cripta (1932) in cui il corpo, ricongiunto finalmente con le sante braccia, è tornato ad essere il centro della devozione al santo che benché defunto continua ancora a parlare dal sepolcro.


La Basilica di S. Nicola da Tolentino
La basilica dedicata a San Nicola da Tolentino è uno dei santuari più importanti dell’Italia centrale. San Nicola da Tolentino (1245-1305) fu frate agostiniano, taumaturgo e grande predicatore. Visse nel convento dei frati Eremitani di S. Agostino nella città dal 1275 fino alla morte. Raggiunse una tale notorietà sin da vivo, soprattutto per le sue straordinarie capacità taumaturgiche, da essere venerato e canonizzato in breve tempo (1325).  San Nicola viene venerato come patrono delle anime del Purgatorio e come protettore delle puerpere e nelle difficoltà dell’infanzia. 

La Basilica venne consacrata nel 1465. L’interno rettangolare è a una navata con abside poligonale. Al Seicento risalgono il soffitto ligneo a cassettoni e le otto cappelle. Vi si  conservano pregevoli opere d’arte (S. Anna di Guercino, S. Tommaso da Villanova di G. Ghezzi). La grande cappella seicentesca del SS. Sacramento, sormontata da una cupola, si trova a sinistra dell’altare. La Cappella delle Sante Braccia custodisce le braccia di San Nicola. Un tentativo di trafugamento fu realizzato dopo la morte del santo, ma fallì perché dalle braccia amputate iniziò a sgorgare del sangue. Il miracoloso evento è rappresentato nella tela di G. Foschi presso l’altar maggiore. Nella cappella vi sono conservati due grandi quadri, ex voto: L’Incendio del Palazzo Ducale a Venezia di Matteo Stom e La peste a Genova (o a Venezia, secondo alcuni) di Giovanni Carboncino. Di particolare pregio è il Cappellone, i cui affreschi, realizzati da  pittori riminesi (Pietro, Giuliano, Baronzio) di scuola giottesca, rappresentano la più alta testimonianza della pittura del Trecento nelle Marche. La pianta è rettangolare e la volta è a crociera. Un’arca marmorea rinascimentale, avente al di sopra una statua di S. Nicola, è posizionata al centro del Cappellone. 
Tramite uno scalone, si giunge ai Musei della Basilica che ospitano numerosi dipinti e sculture, preziose ceramiche, ex voto e esposizioni presepistiche permanenti. 
Il chiostro è considerato tra i più interessanti delle Marche. Vi si trova la cella del santo, oggi trasformata in Oratorio della comunità agostiniana, che conserva ancora due lunette affrescate dei primi del Cinquecento, rappresentanti episodi della vita del santo. 
Aggiungo qualche immagine supplementare, ottenuta da una mia ricerca nel web, per completare il ciclo artistico-poetico di Padre Nicola Galeno.


















Danila Oppio

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