mercoledì 25 novembre 2015
domenica 22 novembre 2015
RINNEGARE DAESH
Non meravigliatevi se pubblico un testo scritto da una donna musulmana, direi invece che dovreste leggerlo, perché spesso si tende a confondere il fedele musulmano con quei terroristi dai quali gli stessi islamici ne prendono le distanze.
Se leggete tutto, anche la biografia della Professoressa Renata Rusca Zargar, entrerete nel clou del problema.
Continuamente, molte volte al giorno, sento dire che i musulmani (anch’io sono musulmana) devono pubblicamente rinnegare il gruppo Daesh (sedicente Stato Islamico o califfato) e dare prova di non aver nulla a che vedere con il terrorismo.
È una richiesta giusta e doverosa. Non c’è dubbio che chi possa eliminare moralmente Daesh siano solo i musulmani. Essi debbono essere chiari, in modo che quel gruppo mostruoso di potere non sia più fascinoso per i giovani. Chi vuole delinquere lo faccia senza avere l’alibi e la presunta giustificazione di una qualsiasi religione, ma solo quelle del denaro, della droga e del crimine.
I leader musulmani nazionali e locali, che si sono dissociati, a partire dall’11 settembre 2001, dal terrorismo, devono continuare a “convertire”, nelle loro moschee, chiunque possa mai avere un dubbio sulla questione, devono essere genitori e maestri, giorno dopo giorno, della loro comunità.
Ancora, si chiede ai musulmani che cosa farebbero se venissero a conoscenza che si sta preparando un attentato.
In Italia, per quel che mi risulta, ogni musulmano che frequenta la moschea è controllato dall’intelligence: chi è, dove va, cosa fa. I musulmani lo sanno e ne sono ragionevolmente contenti perché anche loro hanno paura: gli attentatori non chiedono, prima di ammazzare, la religione di appartenenza ma colpiscono nel mucchio. E i figli dei musulmani, con i tanti sacrifici dei genitori, spesso semianalfabeti, vanno a studiare all’estero, fanno l’Erasmus…
Daesh è come il nazismo: bisogna annientarlo. Non deve esistere un presunto punto di riferimento che si proclama “stato” o califfato, bestemmiando tutte le regole, persino di guerra, dell’Islam.
Infatti, molti politici e strateghi dicono che bisogna andare e combattere –scarponi sul terreno- i tagliagole, perché i bombardamenti non sono sufficienti (sono persino finiti gli obiettivi da bombardare) e i curdi, che sul terreno ci sono già, non possono farcela da soli.
A parte il fatto che qualcuno –nostro alleato- bombarda i curdi che noi –in qualità di nostri alleati- addestriamo e aiutiamo perché combattano Daesh, non sarà facile vincere un gruppo tanto feroce in una zona tanto complessa, anche se di proporzioni modeste. (Il territorio di Daesh è diviso in 33 «wilaya» — province — dal Nord Africa all’Afghanistan: in alcune la presenza è reale, come nel Sinai, in altre ha radici poco profonde. Secondo alcune fonti, nell’ultimo anno, il gruppo avrebbe in realtà perso il 10 per cento dei suoi territori.)
Soprattutto, non sarà facile vincere Daesh perché è enormemente ricco.
Io mi chiederei prima di tutto: ma vogliamo davvero eliminarlo?
Certo, la gente comune, musulmani e non, lo vuole. Ma i leader degli stati, i ricchi banchieri, i fabbricanti di armi, quelli che contano veramente, lo vogliono?
Perché, ancora oggi, c’è chi compra il suo petrolio facendogli guadagnare milioni di dollari? Chi vende loro le armi o permette che gli arrivino? Chi fa affari con loro? Chi compra le opere d’arte trafugate da siti patrimonio dell’umanità?
Se quel gruppo di assassini si trovasse senza soldi e senza armi, si farebbe presto a sconfiggerlo.
Credo, dunque, che sia giusto pensare che, prima di mandare dei soldati a morire in una guerra lunga e dolorosa contro uno stato che ha infinite risorse, bisogna avere un’idea, un progetto condiviso. Se abbiamo sanzionato la Russia per la questione ucraina dovremmo sanzionare gli stati –nostri alleati- che lucrano in quelle zone (non saranno, per caso, anche i fabbricanti di armi italiani?).
Ma, forse, non si può isolare Daesh perché faremmo tremare le nostre economie.
Allora, mentre la gente continua a morire dappertutto, grazie all’avidità dell’occidente (Medio Oriente, Africa, Asia, Europa), ci accontentiamo di uscite estemporanee, di bombardamenti mirati (a cosa?).
E, nel frattempo, continuiamo a insistere –la nostra coscienza, si sa, è a posto- perché i musulmani si dissocino dall’Isis.
Renata Rusca Zargar
Ho chiesto all'autrice dell'articolo, il permesso di pubblicarlo anche su questo blog, in quanto mi pare giusto far conoscere il pensiero di un musulmano vero, perché non si debba confondere i fanatici Jiadhisti, quelli dell'Isis, con chi pratica la religione islamica.
Danila
Ho chiesto all'autrice dell'articolo, il permesso di pubblicarlo anche su questo blog, in quanto mi pare giusto far conoscere il pensiero di un musulmano vero, perché non si debba confondere i fanatici Jiadhisti, quelli dell'Isis, con chi pratica la religione islamica.
Danila
Biografia
Renata Rusca Zargar, savonese, insegnante in quiescenza di italiano, storia, geografia, nelle Scuole Superiori, impegnata in ambito sociale, è Presidente dell’Associazione Culturale Savonese ZACEM e si occupa a tempo pieno di una Biblioteca di volontariato che raccoglie libri formativi sui paesi in via di sviluppo, popoli, migranti, pace, intercultura ecc. . Ha collaborato con varie testate giornalistiche tra cui Il Letimbro (allora settimanale della diocesi savonese). Ha pubblicato: “Manuale di Numerologia” (Bastogi 2004), “Per il domani sembra tutto possibile” (romanzo storico ambientato nell’antico Egitto, New Media Edizioni Didattiche, 2006), “Ti chiamerò Mimosa… e altre storie a tema femminile e due racconti di Zarina e Samina Zargar” (Associazione 25 Novembre contro la violenza alle donne, 2011); in formato e-book: “Cilnia Potetio” (romanzo storico ambientato a Pompei, Abel Books, 2011), “Amore Eterno cielo” (5 racconti d’amore, Chichili Agency, 2012), “Pietre e piante Influssi e benefici”, Abel Books, 2013). É presente in molti siti Internet, tra cui www.famigliazargar.com e http://www.zacem-online.org/ Insieme con Zahoor Ahmad Zargar ha pubblicato: “L’Islam possibile in Italia” (Bastogi, 2005), “Storie dell’India” (Progetto Cultura, 2007), “Paura dell’Islam” (Caravaggio, 2008), “Lettere da Nazir” (e.book, Società Editrice Dante Alighieri, febbraio 2012), “KASHMIR: DAL PARADISO ALL’INFERNO” (ebook, Società Editrice Dante Alighieri, settembre 2013).
martedì 17 novembre 2015
Rivista TALENTO - Recensione di CANTO A DUE VOCI
Questa silloge si è qualificata al secondo posto nella sezione POESIA ESPRESSIONISTA al premio Leandro Polverini.
Ora la Rivista Talento di Lorenzo Editore, ha pubblicato una bella recensione, che molto volentieri desidero condividere con voi.
Ecco il testo della recensione:
Danila Oppio e Tommaso Mondelli
domenica 15 novembre 2015
A proposito degli attentati a Parigi del 13 novembre 2015
Sento il dovere di divulgare quanto afferma questa scrittrice. Condivido il suo pensiero, perché il mio timore è lo stesso suo. Portare a credere che tutti i musulmani siano dei possibili assassini, e che il rischio di pensarla così, crei divisione e cancelli la convivenza pacifica tra le diverse religioni e popoli.
Facciamo un piccolo excursus culturale
Perché i kamikaze li chiamiamo assassini?
La lingua italiana è ricca di parole la cui etimologia deriva dall'arabo. Questa sorta di "infiltrazione" linguistica è dovuta, sostanzialmente, a quattro fattori fondamentali: le Crociate; la presenza degli arabi in Sicilia, (dove hanno governato dall'827 al 1091); il ruolo strategico giocato dai paesi arabi, che si affacciano sul mar Mediterraneo, nei rapporti commerciali tra Occidente e Oriente, dal medioevo fino all'epoca moderna e le numerose traduzioni dall'arabo al latino o nell'italiano volgare di opere religiose, filosofiche, letterarie e tecnico-scientifiche.
Assassino: questa parola deriva dall'arabo hashashiyuun, ovvero i fumatori di hashish. Loro erano i seguaci del gruppo ismaelita dei Nizariti di Alamut in Persia, e avevano costituito una sorta di organizzazione terroristica attraverso cui compivano azioni violente e assassini politici nei vari paesi del Vicino Oriente. Si dice che questi hashashiyuun, prima di una missione, s'inebriassero fumando grandi quantità di hashish. Col tempo il termine è stato esteso ad indicare l'omicida, nel vero senso della parola.
Il lavaggio mentale che viene sistematicamente adottato, per creare attentatori, inneggiando ad Allah akbar, in parte è sicuramente dovuto all'assunzione di droghe. Io non credo che un Dio, adorato da qualunque religione, possa essere un Dio che vuole far assassinare le proprie creature. Un Dio creatore non vuole che i suoi figli,ovvero le sue creature, si ammazzino tra loro. Non ama le guerre fratricide. E anche i islamici lo sanno. Quindi, in nome di quel dio si compiono e si fanno compiere azioni che sono solo generate dalla mente umana. Consiglio di leggere il seguente articolo, scritto da una giornalista e scrittrice musulmana.
Qui sotto, il link di Internazionale, da cui ho estrapolato l'articolo di Igiaba Scego, scrittrice http://www.internazionale.it/14
· NOV 2015 14.55
Igiaba Scego, scrittrice
Posso dare un consiglio a tutti? Lasciate perdere
gli sciacalli populisti nostrani e i loro tweet. Abbiamo cose più serie a cui
pensare.#Parigi#Beirut#Siria
Questo
è uno dei tweet che ho lanciato ieri sera dopo gli attacchi di Parigi. Non mi
va più di perdere tempo con chi odia. E secondo me non dovreste perdere tempo
nemmeno voi. Il tempo è prezioso. Non possiamo disperderlo inseguendo inutili
polemiche da pollaio italiano.
Per
una volta il titolo di Libero (”Bastardi islamici”) o le farneticazioni di odio
del fascista di turno non mi toccano. Certo non fanno bene alla nostra
democrazia, al nostro futuro, alla nostra digestione. Ma gli sciacalli che
pensano al voto locale mi sembrano così inutili e piccoli davanti a un evento
che cambierà il ventunesimo secolo.
Stanno
attaccando il nostro modo di vivere. Stanno attaccando la convivenza tra
musulmani, ebrei, cristiani e atei. Stanno attaccando la pace.
Non
ho tempo da perdere con chi fa calcoli da bottegaia (e mi scuseranno i
bottegai) per il voto di primavera. Non voglio disperdere energie con chi
definisce persone come me, musulmane e afrodiscendenti, complici della barbarie
che ha colpito Parigi. Io passo oltre. Li supero.
E lo dovrebbero fare
pure i mezzi d’informazione mainstream. Questo è il tempo della responsabilità.
Mi chiedo se la nostra informazione (dai talk show ai telegiornali) saprà
gestire questo delicato periodo con intelligenza. O se invece ci riempirà lo
schermo con i vari e noti professionisti dell’odio. Quelli che smaniano già di
aprire (malamente, direi) bocca. Quelli che “i musulmani tutti al rogo” o “i
rifugiati era meglio se annegavano”, per intenderci.
Se fossi il
direttore di un telegiornale, comincerei da una bella mappa. Sì, avete sentito
bene: una mappa
Mi
piacerebbe per una volta che da quel piccolo schermo – spesso brutto, sporco e
cattivo – uscissero notizie, approfondimenti, interviste dotate di un senso
logico. Non abbiamo bisogno del bla bla che ci assorda e ci stressa ancora di
più. Siamo tutti sull’orlo di un baratro, tutti sull’orlo di una crisi di
nervi. Ci serve una zattera in questo mare in burrasca, non altra acqua che ci
fa affondare.
Se
fossi il direttore di un telegiornale, comincerei da una bella mappa. Sì, avete
sentito bene: una mappa.
Spesso
– me ne sono accorta quando facevo l’assistente all’università e dovevo
interrogare i ragazzi – le persone non sanno collocare i paesi e le città in
una mappa. Il tg sciorina nomi: Siria, Libano, Arabia Saudita, Iran. Ma non
sono in molti a sapere dove stanno esattamente questi paesi. La situazione poi
peggiora quando si parla di Eritrea, Somalia, Sudan o Yemen.
Viviamo
in un’epoca globalizzata dove con un clic si può teoricamente conoscere tutto.
Ma in realtà nessuno conosce niente. E così il terrore diventa ancora più
terrore. Perché ti senti attaccato dagli alieni. Non capisci bene come si è
arrivati a questo punto. Ti sei perso le puntate precedenti. Ti sei perso
Beirut che era solo due giorni fa, Beirut dove 43 persone hanno perso la vita.
Ti sei perso l’intervento russo in Siria. L’attentato ad Ankara alla vigilia
del voto. I massacri in Sudan. Gli attacchi agli hotel a Mogadiscio. Non
capisci dove ti trovi. In che epoca stai vivendo. E il populismo di bassa lega
non ti aiuta. Anzi ti getta in un baratro ancora più profondo. La tua paura
aumenta. E la tua angoscia pure.
Certo,
una mappa non toglie la paura. Ma può rendere una persona consapevole di quello
che sta succedendo almeno. Come lo può fare una vera informazione, del resto.
Solo unendo i punti
del mondo si arriva a capire che siamo sotto attacco da un bel po’ e non da
ieri.
Quando ho visto le
immagini di Parigi ho pensato subito a Mogadiscio
Sono
di origine somala e purtroppo ho una certa dimestichezza con gli attacchi
kamikaze, e gli attacchi in genere. Sono anni che vedo il gruppo terroristico
somalo Al Shabaab colpire i luoghi della quotidianità, gli hotel soprattutto.
Quando ieri ho visto le immagini di Parigi ho pensato subito a Mogadiscio. La
città dei miei genitori, la città in cui si sono innamorati e sposati, ha
vissuto una delle guerre civili più devastanti di questo millennio. Ora,
lentamente, sta cercando di uscire da un incubo che sembrava interminabile, e
non a caso ha cominciato a ricostruire il suo scheletro a partire dai luoghi di
ritrovo.
L’hotel
a Mogadiscio è una struttura multitasking. Non serve solo per dormire o fare la
prima colazione. Ed è proprio lì che un paese intero sta cercando di
ricostruire, almeno in parte, se stesso. Lì si incontrano i politici, ma anche
la diaspora. Lì avvengono le celebrazioni e a volte, come quest’anno, si
organizzano fiere del libro. L’hotel è il nucleo di qualcosa che non c’è, una
vita normale che ci potrebbe essere. Di fatto è l’essenza di una quotidianità
possibile.
Ed
è lì nella nostra quotidianità, a Mogadiscio come a Parigi, che il terrorismo
colpisce. Mi ricordo ancora quando più di cento studenti in attesa del loro
diploma sono stati uccisi a Mogadiscio nel 2011. O come solo la settimana
scorsa una ragazza si è buttata dalla finestra dell’hotel Sahafi per scampare a
un attacco di Al Shabaab.
Vivere nell’angoscia
Viviamo tempi duri. Tempi in cui quello che è sempre sembrato normale è messo
in discussione. E non è la partita di calcio a cui i populisti vorrebbero
ridurre la faccenda. Non è musulmani cattivi contro il resto del mondo buono.
Siamo davanti a persone pericolose che hanno un piano preciso, un piano di
guerra, e sono contro tutti. Sono terroristi che sono contro la vita. Sono
contro i musulmani che considerano “finti” perché non violenti come loro e
quindi più infedeli degli infedeli. Sono contro gli altri perché rei di non
partecipare alla loro ideologia di morte.
Il
loro scopo è chiaro, quasi lampante, vogliono la nostra disgregazione, vogliono
suscitare paura, vogliono farci vivere nell’angoscia.Vogliono che ci guardiamo
in cagnesco, che cominciamo a odiarci, a darci mille e più coltellate. Quindi
capite che seguire un pensiero populista, fare di tutta un’erba un fascio,
odiare il prossimo, significa solo fare il gioco dei terroristi? Diventare
complici di chi vuole annientarci?
Ma
io, al contrario di chi predica il populismo, non voglio avere paura.
Voglio
che il prossimo resti mio fratello.
Come dice un
proverbio spagnolo, “Vivir con miedo es como vivir
a medias”, vivere con la paura è come vivere a metà. E farci vivere
a metà è quello che vogliono i terroristi. Sta a noi non permetterlo.
·
PARIGI
·
FRANCIA
sabato 14 novembre 2015
L'ANGOLINO
RIngrazio P. Nicola Galeno per avermi girato quanto sotto.1 - Quando vuoi colpire, colpisci prima te stesso,
per capire il dolore che daresti agli altri.2 - “La vera carità è senza ostentazioni,
simile alla rugiada del cielo, cade senza rumore
nel seno degli infelici.” ( Filippo Pananti (1776 – 1837 )
3 - " Cercare la propria felicità nelle cose materiali
è un modo sicuro per non essere felici." ( Papa Francesco)
4 - “Dove c’è più sacrificio, c’è più generosità."
San Padre Pio da Pietralcina (al secolo Francesco Forgione, 1887 - 1968 )5- "Bersagliare e distruggere la famiglia , è spargere mine anti-uomo"6- “Mogli, mariti e figli…
come so’ te li pigli” "
Mia madre,
“romana de Roma”,
dice:
se devo cambià Peppe co’ Peppe,
allora me tengo Peppe mio”.
7- Ha detto proprio bene il Signore :"Non desiderare coniuge d'altri"
Sai perché ? Perché tanto "romperebbe" più di quel di prima !!!...
A meno Tu non voglia soffrire di più.....
(Padre Mattia - Trinitario )
per capire il dolore che daresti agli altri.2 - “La vera carità è senza ostentazioni,
simile alla rugiada del cielo, cade senza rumore
nel seno degli infelici.” ( Filippo Pananti (1776 – 1837 )
3 - " Cercare la propria felicità nelle cose materiali
è un modo sicuro per non essere felici." ( Papa Francesco)
4 - “Dove c’è più sacrificio, c’è più generosità."
San Padre Pio da Pietralcina (al secolo Francesco Forgione, 1887 - 1968 )5- "Bersagliare e distruggere la famiglia , è spargere mine anti-uomo"6- “Mogli, mariti e figli…
come so’ te li pigli” "
Mia madre,
“romana de Roma”,
dice:
se devo cambià Peppe co’ Peppe,
allora me tengo Peppe mio”.
7- Ha detto proprio bene il Signore :"Non desiderare coniuge d'altri"
Sai perché ? Perché tanto "romperebbe" più di quel di prima !!!...
A meno Tu non voglia soffrire di più.....
(Padre Mattia - Trinitario )
I nervi sono l’arpa di
satana
Miei cari quanta verità in questa semplice
affermazione!
“Guarda oggi non è giornata ho dei nervi…” – e
manco di carità;
“Ho dei nervi che scattano come molle” – e altro
tonfo;
“Scusami sai ma avevo dei nervi ….” – e trovo delle
attenuanti;
“cerca di avere pazienza è così nervoso-a..” e
esprimo un giudizio su quella persona sentendomi tanto brava perché mi sembra
di essere operatrice di pace!
Questi nervi usati come capro espiatorio per ogni
nostra reazione eccessiva ed ecco che don Dolindo li presenta come l’arpa del
diavolo!!!
Come ha ragione…
E perché è caldo, e perché è freddo, e perché c’è
la coda da fare ed uno passa avanti, e perché il semaforo è rosso, e perché
quello mi frega il parcheggio…
Quante reazioni attribuite ai nervi e non ci
rendiamo conto che “quello di sotto” suona la sua musica infernale.
Qui non si parla di persone ammalate , ma di
persone che ad ogni istante attribuiscono al cattivo carattere delle
attenuanti.
Voglia il buon Dio farmi ricordare
spesso questa frase e smetterla di “dare colpa ai nervi”!
Aggiungo un altro piccolo aneddoto di questo caro
sacerdote perché è veramente bravo a capire l’umana natura.
Ricorda la sfida del vento e del
sole. Passava un viandante tutto intabarrato nel suo mantello, e il vento disse
al sole: «Tu non sei capace di togliere il mantello dalle sue spalle, la tua
luce non giova, è… fuori della realtà». E il sole disse: «Provaci Tu e poi ci
proverò io».
Il vento soffiò impetuosamente, ma il
viandante più si stringeva il mantello per non farselo sfuggire. Il vento si
dichiara vinto e desistette.
Allora il sole
dardeggia.. il povero viandante, vinto dal calore, si cava il mantello.
(da una fiaba di Esopo)
Non combattere con l’irruenza, renditi sole di amore con la pazienza e
la preghiera, e vincerai per la grazia di Dio le più ostinate volontà.
( Don Dolindo )
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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi