AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 22 luglio 2025

La chiesetta carmelitana a Brusson (Val D'Aosta)

 Ringrazio Alessandra Giusti per le foto che mi ha inviato scattate nell'interno della Chiesetta Carmelitana a Brusson. Gliene sono molto grata!"





Bellissimo luogo sacro, dedicato a Nostra Signora del Carmelo.

CICLO SUL PROFETA ELIA - PARTE SECONDA - foto e didascalie poetiche di padre NICOLA GALENO OCD

 






sabato 19 luglio 2025

I MIRAGGI DEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

I miraggi del Sahel

In senso proprio il miraggio è un fenomeno ottico che si verifica, in condizioni particolari, su ampie superfici piane, per cui è visibile l’immagine di oggetti lontani, apparentemente riflessi in una distesa liquida posta in basso o che sembra galleggiare in alto. In senso figurato il miraggio si presenta come una prospettiva tanto allettante quanto ingannevole, qualcosa di illusorio, un sogno irraggiungibile e irreale. Entrambi i sensi della parola miraggio sono attualizzati nell’affascinante e complesso spazio saheliano. I migranti, commercianti e contrabbandieri trasfrontalieri che attraversano, spesso senza ritorno le zone desertiche, fanno esperienza del senso proprio. Si possono notare in lontananza sorgenti d’acqua, laghi e fiumi inesistenti. Il resto dei popoli del Sahel, invece, incappano spesso e volentieri nel senso figurato del termine. Le promesse di sicurezza, benessere, giustizia e buon governo si rivelano come effimere illusioni, sostenute e nutrite da un’efficace propaganda totalitaria.

In un non lontano passato si sentiva il sordo e inconfondibile tuono dei ‘Mirages’, i Miraggi, ben noti caccia francesi all’opera nel Sahel. Al momento sono i droni che operano nel silenzio e, dopo la cacciata dei militari francesi, altri sono i militari sul posto. Noti o meno noti si trovano i mercenari russi del gruppo Africa Korps, soldati cinesi per evitare problemi all’oleodotto di loro proprietà, mercenari turchi e qualche centinaio di militari italiani ufficialmente adibiti all’addestramento degli omologhi nigerini. Sullo sfondo permane comunque la collaborazione mai rinnegata con le forze statunitensi che, tra l’altro hanno formato alcuni dei militari che hanno preso parte all’ultimo colpo di stato. La promessa di debellare in tempi rapidi le varie formazioni dei gruppi armati di ispirazione ‘djihadista’ si è gradualmente rivelata un tragico miraggio che continua a sfornare vittime, militari e civili nello spazio saheliano. I cimiteri e i lutti nazionali non si danno tregua alcuna.

Le bandiere dei tre Paesi federati del Sahel centrale, Niger, Burkina Faso e Mali, così numerose e fiammanti dei giorni del golpe e nelle varie tappe di costituzione dell’Alleanza degli Stati del Sahel, AES, sono sbiadite, sfilacciate o dimenticate alle rotonde della capitale. Persino i tricicli che, numerosi, esibivano con fierezza la bandiera nazionale, si trovano adesso oberati di mercanzie, passeggeri e animali da macello. La promessa e l’ambizione di una rapida, totale e radicale sovranità nazionale, autentico ‘mantra’ dei regimi militari dei Paesi citati, lasciano gradualmente il posto allo smarrimento, allo sconcerto e la disillusione del quotidiano, molto più complesso del previsto. Da un paio di mesi i funzionari statali non ricevono il salario, i prezzi elevati dei prodotti di consumo di base e l’ostinata chiusura della frontiera col confinante Benin, hanno trasformato il tutto in un miraggio senza limiti. La demolizione, infine, di negozi, abitazioni e laboratori informali, ha completato il disastro sociale.

Malgrado le retoriche panafricaniste, monetariste e antimperialiste dei Paesi in questione, il miraggio dell’Occidente non si è spento e sono ormai migliaia i migranti e richiedenti asilo ‘parcheggiati’ in insufficienti centri di accoglienza e di transito. Le espulsioni sistematiche e disumane dei militari algerini, tunisini e le milizie libiche non lasciano scampo a coloro che si trasformano in ostaggi di un sistema di compravendita umana. L’isolamento diplomatico ed economico del regime che ha chiuso i conti con numerose organizzazioni internazionali, ha comportato una brusca riduzione degli aiuti esteriori. Persino ‘potenze umanitarie’ come l’Alto Commissariato per i Rifugiati e l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, delle Nazioni Unite, sono in difficoltà finanziaria con ricadute drammatiche su migranti, richiedenti asilo e rifugiati. L’illusione di gestire con umanità questi movimenti di persone si rivela una missione impossibile. Il Paese ospita migliaia di sfollati interni.


Per convertire i miraggi non c’è terapia migliore della realtà che com’è noto è sovversiva. Chiamare le cose col loro vero nome è un gesto rivoluzionario, scriveva Rosa Luxemburg, filosofa socialista.

                         Mauro Armanino, Niamey, luglio 2025

sabato 12 luglio 2025

QUANDO L'IPOCRISIA E' AL POTERE di Padre MAURO ARMANINO

 




"Rappresenta  il messaggio insito nel dipinto: giustizia e pace si baceranno c'è scritto nel Salmo 84 .L'abbraccio ed il bacio tra Maria, madre di Gesù ed Elisabetta, madre di Giovanni Battista, è stato splendidamente raffigurato dal pittore francese Arcabas, da tutti riconosciuto come il maestro dell'arte sacra contemporanea 

Quando l’ipocrisia è al potere


Tutto o quasi assomiglia ad una grande finzione ben orchestrata.’Fingere’ è infatti l’etimologia greca della parola ipocrisia come atteggiamento con cui si ‘finge’ di avere sentimenti, opinioni, virtù morali che in realtà non ci abitano. Ciò per trarre in inganno gli altri sulle proprie reali intenzioni e trarne i benefici. Ci si spaccia dunque per benefattori, salvatori della patria, onesti fautori del bene comune, politici integerrimi e incorruttibili e soprattutto venditori di fugaci promesse di rinnovamento, rifondazione o novità. Non raramente si prende Dio come garante o ostaggio di quanto affermato dietro giuramento. Dalle parole mercenarie, svendute o, banalmente, manipolate, nasce l’ipocrisia.
Nel Sahel abbiamo la sabbia e la polvere che da essa è generata. La polvere si deposita nottetempo oppure nei momenti e luoghi meno opportuni. Si infiltra sorniona o, più raramente, domanda il permesso prima di entrare per accomodarsi nelle case e nelle cose. Si adagia e adatta ad ogni superficie e circostanza. A modo suo la polvere è democratica perchè non fa differenze di classe, religione o genere. Non è politicamente corretta perché assume un ruolo destabilizzante tanto nei regimi civili che in quelli militari. Ricorda agli imperi, alle diplomazie e agli strateghi che prima o poi dovranno fare i conti con lei. La polvere è il colore delle civiltà, della barbarie e dell’ipocrisia.
L’ipocrisia è l’applicazione e l’estensione della polvere alla vita personale, sociale e politica. Polvere e ipocrisia vanno assieme e si completano in una secolare complicità. Affinità elettive potremmo dire perchè un elemento abbisogna dell’altro per portare a compimento la propria peculiare identità. Ci sono infatti le grandi ipocrisie, le finzioni, le farse che si sviluppano nella diplomazia tra Paesi, nelle istituzioni internazionali, nell’uso della giustizia a seconda delle convenienze del momento. I premi Nobel per la pace affidati a guerrafondai, le guerre umanitarie e le giustificazioni per usare le armi contro inermi popolazioni civili. Non si tratta che di ipocrisie che la polvere copre di legittimità.
Arriviamo alle finzioni che, essendosi installate nella durata, sono state naturalizzate. In questo particolare ambito vanno inseriti buona parte dei politici, dei religiosi e degli intellettuali. Mentire, che non è una delle forme per applicare l’ipocrisia, non desta scandalo, stupore o sconcerto perché, com’è noto, le loro promesse impegnano solo chi le ascolta. I mezzi di comunicazione, con qualche lodevole eccezione, appartengono al settore citato perchè ciò che si comunica sarà funzionale al sistema che li finanzia. Inutile il codice deontologico che obbliga a cercare e trasmettere la verità.
Il sistema sanitario internazionale, di cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità è l‘espressione, non fa che confermare tristemente quanto appena rilevato. Chi finanzia questo ente onusiano ha il diritto e dovere di imprimere i finti orientamenti che organizzano i ‘loro’ interessi globali. Il sistema capitalista è nato dalla drammatica ipocrisia chiamata sfruttamento e così pure le ideologie che nel frattempo hanno dilaniato il mondo di guerre. Il nazionalismo, nelle sue diverse varianti, nasce e si perpetua con finzioni che continuano a mietere vittime e inneggiano agli eroi, morti con onore.
La grande ipocrisia e quella particolare non potrebbero vedere la luce senza le finzioni quotidiane che, in maniera capillare, attraversano persone, relazioni umane e la struttura sociale nel suo insieme. Parole, scelte, giudizi e azioni nella vita diaria, così come la polvere di cui sopra, sono spesso marcati da ‘micro-ipocrisie’ alle quali non si dà più importanza tanto sono parte del paesaggio. L’abbandono dei valori che reggono la democrazia, la censura della dimensione spirituale della persona, la riduzione di tutto e tutti a beni commerciali, costituiscono e perpetuano il quotidiano tradimento della non negoziabile dignità umana. Questo ed altro non sono che forme di ipocrisia.
Rovesciare il potere dell’ipocrisia non è difficile come si crede. Basta lasciar soffiare fratello vento di verità che, cominciando dalle parole, inventa un mondo libero dove pace e giustizia si baciano.

     Mauro Armanino, Niamey, luglio 2025


sabato 5 luglio 2025

A ZONZO PER NAPOLI di Padre NICOLA GALENO OCD : foto e didascalie poetiche

 






MITOLOGIE SAHELIANE MA NON SOLO di PADRE MAURO ARMANINO

 

           Mitologie saheliane ma non solo

Viviamo di miti e cioè di racconti o narrazioni che offrono credibili spiegazioni della realtà che ci circonda. Sono caratterizzati da eroi, dei o personaggi fantastici che influiscono sull’interpretazione del mondo e dettano scelte, comportamenti e visioni credibili della realtà. Ogni epoca e cultura, anche quelle ritenute ‘scientifiche’ o ‘tecnologicamente avanzate’, ha i suoli miti, evidenti o impliciti, riconosciuti o mascherati da apparente razionalità. Nella vita reale sono i miti accettati o subiti che orientano buona parte delle azioni che compiamo. I miti sono anche ciò che possono manipolare la realtà onde renderla funzionale al tipo di mondo e dunque di potere che ogni narrazione perpetua.

In Africa uno dei miti che va per la maggiore è quello della durata ‘divinamente voluta’ dei mandati presidenziali. La componente mitica del potere, pensato come espressione di un’elezione dai contorni divini, fa supporre che il capo non cerchi che il bene e la difesa del popolo. Non casualmente si allungano o trasformano la durata dei mandati che le costituzioni opportunamente avevano regolato per evitare abusi di potere. Quindi si cambia la costituzione o si inventano sistemi per aggirarne i limiti fino, se necessario, al colpo di stato istituzionale o a quello che passa attraverso le armi. Quest’ultimo mezzo apre la via al secondo e altrettanto allettante mito: quello della violenza e dunque delle armi che aiutano a tradurla in pratica come mezzo di trasformazione o di conquista del potere. Dietro questo mito si trova quello dei sacrifici umani che, soli, garantirebbero le fondamenta dello stato, della nazione e la sua identità. I cimiteri, le fosse comuni, i monumenti e le feste nazionali sono solo alcune delle espressioni di questo mito fondatore della storia. La facilità con cui si fabbricano, commerciano, usano e prosperano gli armamenti non è casuale. Il mito della potenza, nato con lo stato e da esso nutrito, non ha memoria. Il mese prossimo si  ricorda  che si realizzò la prima esplosione atomica a Hiroshima. Questa tragedia è volutamente dimenticata.

Mi permetto di inserire un testo col quale avevo partecipato ad un concorso indetto dalle Edizioni Pragmata di qualche anno fa, che richiedeva 100 parole per una foto / 100 palabras por una foto, ovvero si trattava di un Drabble, e che avevo titolato FUNGO MALEFICO:

Da anni desideravo rivedere la spiaggia di Marebello. Calma piatta, mentre i miei piedi, gonfi di atavica stanchezza, si lasciano accarezzare dalle languide onde del mare, che s’infrangono sulla battigia.

Arriva da lontano un vortice rabbioso, un ululare sordo, minaccioso, s’avvicina. Quella sua forma a fungo ricorda lo spaventoso evento del 1945 quando, il mattino del 6 agosto, alle ore 8,16, L’Aeronautica Militare Statunitense sganciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita, tre giorni dopo, dal lancio dell’ordigno "Fat Man su Nagasaki. Quanto dolore hanno provocato un ragazzino e un ciccione!La natura ricorda ancora, ribellandosi.

Danila Oppio

Questo racconto è pubblicato in una raccolta che si trova qui:

                                          

I regimi militari, che sembrano accompagnare la vita politica di una parte consistente dei Paesi del Sahel, sono anch’essi visti come ‘mitica’ soluzione alla corruzione del sistema politico organizzato attorno ai partiti e alle costituzioni. Sarà l’uniforme, le armi tenute in riserva, l’apparente o reale disciplina che sembrano incarnare, i militari come via di salvezza per il popolo si afferma come un altro mito che riesce ad aggregare ideali, giovani e aspirazioni sopite. La disciplina e l’uomo forte, dallo statuto simile a quello dello sceriffo gemellato con l’idea del re tradizionale, offrono ai militari una riserva quasi inesauribile di fiducia del popolo. I miti sono spesso e volentieri militarizzati e armati.

Infine, è la nazione, intesa come popolo che si identifica dentro uno spazio geografico e culturale prescelto per l’eternità, uno dei grandi miti creati della modernità. I confini, le bandiere, l’esercito, la cultura e la religione formano, così si pensa, un tutto omogeneo e coerente, frutto di una mitica discendenza fatti di eroi, navigatori e santi. Le competizioni sportive con l’inno nazionale, cantato con la mano sul cuore dagli atleti, rappresenta quanto di più emozionante ci sia nella vita. La nazione mitizzata si afferma come unico ambito identitario, e garanzia per usufruire dei diritti inerenti al cittadino. Alle frontiere si fa esperienza, spesso drammatica, di questo mito nazionale. 

Al confine, infatti, i ponti spesso diventano muri, reticolati, zone di non-diritto o di commercio transfrontaliero. I fiumi, i mari e i deserti si trasformano troppe volte in cimiteri non custoditi. Il mito che ne assicura il supporto simbolico sembra godere di un futuro assicurato. Ecco perché smitizzare l’immaginario ereditato e fare dei poveri e oppressi la propria ‘patria’ è l’unico sentiero da seguire.



              Mauro Armanino, Niamey, luglio 2025

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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi