AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 18 dicembre 2023

LO STILE DEI FIGLI - COME IL CUORE DI UN FRATELLO - BUON SAMARITANO - Nona conferenza di P. Claudio Truzzi OCD

 

Carissimi, ecco l'ultima conferenza per quest'anno. Il prossimo incontro sarà il 13 Gennaio 2014, sempre al sabato. Saranno altri quattro incontri.

Grazie per la vostra costanza! Ne approfitto per augurarvi un santo Natale e sereno Anno nuovo!

"Grazie Signore per essere venuto fra noi, e continua a volerci bene!!!!!!!!

P. Claudio

9 – LO STILE DI FIGLI

C – COME IL CUORE DI UN FRATELLO 

BUON  SAMARITANO

Secondo le tavole di quest’ingegnoso racconto che ci presenta Gesù, si stagliano due tipi di personaggi caratteristici della vita ordinaria.

* Il primo, ed il più numeroso, è quello dei “furbi” – non diciamo degli “intelligenti”, perché se lo fossero veramente non starebbero convertendo questa terra in un mondo poco meno che invivibile–. 

Essi si caratterizzano per il loro puntare unicamente, decisamente e sfacciatamente “a ciò che è loro interesse”.

– Fra questi occupano un posto specialissimo i “banditi”. Con o senza fucile. 

Si tratta di coloro che escono sulla via, su qualsiasi strada della vita. Sia che abbiano la faccia di facinorosi od ostentino guanti bianchi.

Rubano denaro o dignità umana.

– Di seguito vengono i “passeggeri”. Si tratta di coloro che “passano sempre alla larga”. Sono addirittura più furbi dei primi e sogliono camuffarsi sotto l’insegna dei “non interventisti”.

Questi non sanno mai niente, non contestano, non vogliono mettersi in mezzo. [Le tre scimmiette...]

quelli del: «Ce n'ho abbastanza con il mio problema», e «Lo farà un altro», e «Non bisogna aiutare tutti i vagabondi, gli ubriaconi e i delinquenti», ecc. 

Sono tanto perfidamente furbi che si “fanno tonti” per non vedere tanta tragedia come c’è oggi nel mondo.

– Possiamo inserire tra questi anche il padrone dell’osteria. Certo, non fa altro che guadagnarci. Ma proprio per questo, per non far nulla a pro del poveraccio, per limitarsi ad “incassare” dal buon samaritano.

*     Ed arriviamo al secondo dei gruppi: quello dei “buoni”, cioè quello di coloro che, persino, hanno dato – danno – adito, spunto ad essere classificati per “tonti”.

Notiamo che quel samaritano era uno straniero! Non conosceva i costumi del luogo! 

Già una volta Gesù disse ai suoi seguaci autentici: «Voi non siete di questo mondo». 

E certamente, quel buon uomo  – ed altra gente similare – che lascia i propri affari ed urgenze per attendere a quel disgraziato, non possiede la “furbizia”  degli altri.

Ma fermiamoci un attimo e gettiamo un’occhiata 

al tema di questa parabola…

«Un dottore della legge, volendo metterlo alla prova, si alzò e chiese:

– Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 

Gesù rispose: – Che cosa sta scritto nella legge? Che cosa vi leggi? –

Quell'uomo disse: – Ama il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente, ed ama il prossimo come te stesso –.

Gesù gli rispose: – Hai risposto bene; fa' questo e vivrai –. 

Ma il dottore della legge, volendo giustificarsi, chiese ancora a Gesù: – Ma chi è il mio prossimo?–. 




Gesù rispose: 

“Un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gerico, quando incappò nei briganti. Questi gli portarono via tutto, lo percossero e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. 

Per caso passò di là un sacerdote; vide l'uomo ferito e passò oltre. 

Anche un levita passò per quel luogo; anche lui lo vide e, scansandolo, proseguì. 

Invece, un samaritano che era in viaggio gli passò accanto, lo vide e ne ebbe compassione. Gli si accostò, versò olio e vino sulle ferite e gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino, lo portò ad una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo. Il giorno seguente tirò fuori due monete, le diede all'albergatore e gli disse: – Abbi cura di lui, e ciò che spenderai in più lo pagherò al mio ritorno –. 

Quale di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che aveva incontrato i briganti?”. 

Il dottore della legge rispose: “Quello che ebbe compassione di lui”. 

Gesù allora gli disse: “Va', ed anche tu fa' lo stesso”». Luca 10, 30.37

Dobbiamo essere grati al “dottore della Legge” che ha posto sul tappeto la questione più impegnativa. Lui non chiede, come ci saremmo aspettati: “Chi è Dio?”.

Evidentemente, nel mondo dell'invisibile, lui si sente perfettamente a suo agio, si ritiene già al sicuro. 

Dio, lo “possiede” (Tempio, funzioni, preghiere, pagamento delle decime, pratiche, osservanza scrupolosa della Legge). Dio non fa problema per lui. È in ottimi rapporti con il Cielo.

Il prossimo, invece, quello sì che fa problema. Proprio il prossimo, che si vede, si sente, che s'incontra, puzza, ci pianta i gomiti nello stomaco... è più difficile da amare che non Dio (che è pure invisibile!).

Più difficile “trovare” il prossimo che non Dio.

–  Ma fissiamo le due posizioni: quella del legalista e quella del Cristo.

•  Lo scriba: pretende una definizione di “prossimo”: sicura, precisa, in modo da sentirsi a posto in coscienza. Pone una domanda circa l'oggetto dell'amore (chi devo trattare come prossimo?).

Pensa a sé: – Devo garantirmi la “vita eterna”–. Quindi, dove e quando termina il mio dovere?

•   Gesù: evita di fornire una definizione di prossimo, perché la definizione lascia sempre fuori qualcosa o qualcuno. E, soprattutto – più che mettere a posto la coscienza – Gesù tende ad introdurvi la spina dell'inquietudine. Gesù fa capire che il prossimo non è un “oggetto”, ma l'incontro tra due soggetti. 

Non si tratta di trovare il prossimo già bell'e fatto, per scaricarci su un po' di pietà o elemosina, ma di “farci prossimo”, ossia avvicinare. Perché il prossimo è sempre lontano: lontano dalla strada dei nostri interessi, simpatie, idee, programmi. Il prossimo non si rende sempre amabile; anzi sembra fare di tutto per renderci estremamente arduo il comandamento dell'amore. Il prossimo è “lontano”. Difficile da vedere, da accettare, da sopportare.

••  Il prossimo diventa prossimo – ossia vicino –, quando siamo noi ad avvicinarlo. 

Prossimo è colui che “rendo vicino” io! È lui, allora, che ci sente “prossimi”, “vicini”.

In altre parole, non siamo noi che scegliamo il prossimo; ma è il prossimo che ci sceglie, ci provoca.

C'è una resistenza terribile da vincere, per accostarsi al prossimo. Amare vuol dire, precisamente, abolire le distanze. E sono distanze interiore, più che espresse in chilometri.

Per avvicinarsi, occorre spaccare il guscio del proprio egoismo, uscire dai nostri progetti, dai nostri schemi, dal tepore di una religiosità confortevole e gratificante. Soltanto così è possibile incontrare l'altro.

E l'incontro – attraverso l'esempio che offre il Samaritano – avviene tra due uomini. Non esiste più samaritano e giudeo, ortodosso ed eretico, ma due uomini che l'incontro casuale ha spogliato delle loro maschere, del loro ruolo, della loro razza. Solamente due uomini.

Il Samaritano non chiede chi sia l'altro, di che religione, di che partito. 

Dinanzi a lui c'è semplicemente un poveraccio che si trova in stato di necessità. 

L'avvicinamento è determinato da questo semplice connotato: un uomo. Senza aggettivi, senza titoli. Meglio, l'unico titolo è il bisogno.

Gesù fa notare allo scriba: è il tuo punto di partenza che è sbagliato. Tu parti da te stesso. Devi, invece, partire dall'altro. Non pensare a te, alle tue esigenze. Pensa a chi è nel bisogno; mettiti al suo posto; collocati nel sua prospettiva. Chiediti: Che cosa esige da me, che cosa si aspetta, che cosa vorrebbe avere uno che si trova in quella situazione? 

Allora ti renderai conto che il precetto dell'amore non tollera limiti restrittivi e “securizzanti”.

Non dire: “Fin dove sono obbligato?”. Ma: “Che cosa aspetta da me quel poveraccio?”.

– Se ti metti dal tuo punto di vista, ti creerai delle barriere di protezione.

– Se ti metti dal punto di vista dell'altro, ti si spalancherà davanti un orizzonte senza limiti.


* La lezione centrale della parabola consiste nell'insegnarci la prospettiva giusta.

Una prospettiva che in base al racconto “provocatorio” di Cristo, rappresenta un autentico capovolgi-mento delle posizioni. Da «Chi è il mio prossimo?», a «Chi è stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». È un rovesciamento radicale di prospettiva. Cristo invita a guardare, a giudicare, a definire partendo da “colui che è incappato nei briganti”.

Il dottore della Legge parte da se stesso, dalla propria coscienza, dalla propria esigenza di salvezza («Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»).

Gesù spariglia brutalmente le carte. Il problema principale è quello del ferito. Risolvendo quello, viene risolto anche il problema dello scriba. 

Il centro non è l'intellettuale che pone la domanda. Il centro è quel “sacco” abbandonato ai margini della strada. Di lì bisogna partire se non si vuole strumentalizzare la carità, ossia trasformare l'amore (che è il fine della vita cristiana) in un mezzo. (Pronzato, Il pane della Domenica C- 147)

«Va', ed anche tu fa' lo stesso».

Lo scriba, che interroga Gesù, all'inizio dimostra soltanto di voler “sapere”. Alla fine si ritrova con qualcosa da fare. Ossia, Cristo esige da lui, da noi, un sapere “diverso”. Un sapere per amare.

Chi è ... l“altro”

L“altro” è chi vive vicino a te, ed accanto a te, 

– lavora, gode e piange.

L“altro” è colui che odia od ama al tuo fianco:

chi t’incanta contemplare,

chi non puoi veder neppur dipinto,

o chi non t’interessa minimamente 

perché passi senza guardare e non l’hai visto.

Con tutto ciò, l’“altro” è colui con cui devi unirti per salvarti come Umanità,

per giungere ad esser il “fratello universale”.

L’ “altro”è il tuo prossimo, 

questo regalo che t’ha fatto Gesù: –

quel Gesù, che devi amare con tutto il cuore,  

con tutta l’anima e con tutte le tue forze;

Colui alla cui presenza sarai giudicato, 

e che ti chiederà conto del fratello.

L’ “altro” è il tramite per cui Dio si manifesta, 

per cui Dio c’invita,

per cui Dio ci arricchisce, 

per cui Dio misura il nostro amore.  

L’“altro” si chiama Luigi, Andrea, Stella, ...

Può anche chiamarsi Presidente, Vescovo, 

Sindaco o il “Tonto del villaggio”

Abita nella tua stessa città, 

lavora nella tua medesima officina,

prende lo stesso autobus,  

te lo trovi vicino alla stadio...  

 

L’ “altro” è né più, né meno che ... GESÙ!


“SAMARITANO” 

RIFLESSIONE/PREGHIERA

Signore, già ce lo dissero quegli angeli, 

il giorno stesso dell’Ascensione, appena una nube ti occultò:

«Che cosa fate qui, uomini di Galilea, 

imbambolati, guardando in Cielo?»

Che ci dobbiamo fare, Signore? 

Per quanto ci consta, è una tendenza ancestrale  

– di noi che ti seguiamo –, 

questa di ridurre tutto in “padrenostri” e “avemarie”...

Già, infatti, Tu avevi avvertito:  

«Non chiunque dice: – Signore, Signore,– entrerà nel Regno dei Cieli;

ma chi fa la volontà di mio Padre che sta nei Cieli».

Per questo non meni il can per l’aia, Signore.

Tu fustighi ogni formalismo ipocrita:

il mio e quello del vicino, quello dei nostri chierici e quello di tutte le religioni.

Tu ci prospetti crudamente il pericolo: 

convertire le religione in puro “stato”;

confondere la pratica con la conversione;

credere unicamente con la testa 

e non con le mani e con il cuore.

  Signore! Se esiste mai un ritornello

che percorre tutto il Vangelo, in ogni direzione

è che, ciò che facciamo al prossimo, lo facciamo a Te,

specialmente se si tratta di un povero disgraziato.

Per questo…. Ci sforzi ad aprire la tua Chiesa a tutti gli uomini della terra,

specie ai più disgraziati, abbandonati ed emarginati della storia.

Ricorda ad ognuno di noi 

–  credenti o no, praticanti o no –

l’obbligo che abbiamo di renderci prossimi di qualsiasi uomo 

che sia stato trovato ferito nel corpo o nel suo spirito,

e che sia stato abbandonato al bordo della strada.

Signore, premia generosamente 

tanti “buon samaritano”

[“volontari” – diremmo oggi]

che lavorano, oggi,  in tutti gli ambiti dell’emarginazione sociale.

E convincici del fatto 

che ognuno di noi deve scoprire  

il proprio ruolo di samaritano buono,

affinché il Regno dell’Amore 

germini sulla faccia della terra 

e non esistano più ormai

né greci né giudei, né credenti né pagani,

ma soltanto  

Figli dello stesso ed unico Padre.


*******



Nessun commento:

Posta un commento

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi