AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 15 gennaio 2019

A 100 anni dalla scomparsa di ELENA ROCCA: commemorazione trigesimale di Don Giuseppe Mazzanti




COMMEMORAZIONE TRIGESIMALE DI

ELENA ROCCA (1893-1917)

   Il 2 Febbraio 1919 nella Cappella del S. Cuore si commemorò il trigesimo dalla morte di Elena Rocca, con un'ora di Adorazione solennissima alla quale intervenne una moltitudine di amiche e conoscenti della cara defunta e di socie dell'Adorazione Perpetua.

   II M. R. D. Giuseppe Mazzanti tenne il Discorso che segue.


   È già trascorso un mese dalla morte e il rimpianto vive tuttora intenso nei cuori di chi la conobbe, di chi l'amò, di chi seppe le confidenze intime dell'animo suo.

   Elena Rocca, la mite e cara fanciulla, che, quale timida mammoletta, nascondeva le virtù più belle, nel suo breve soggiorno sulla terra diffuse intorno a sé il buon odore di Cristo.

   Elena era un Angelo! Il candore le traluceva dagli occhi, dai modi, da tutto l'assieme. Il suo volto diafano, quasi etereo, improntato sempre ad un sorriso di dolce mestizia beava chi la vedeva. Era una di quelle anime che rivelano una bellezza senza scorie mondane, la bellezza intima che soddisfa il cuore e non attacca i sensi; un vero sole che riscaldava di santi affetti quanti si lasciavano da esso illuminare.

   La purezza virginale era la sola virtù che non poteva nascondere. Tutte le altre le sapeva dissimulare, coprire col velo dell'umiltà, persuasa, anzi, di non possederne alcuna. Eppure le aveva tutte. Fortunati quelli che potevano avvicinarla e penetrate gl'intimi preziosissimi recessi dell'anima sua! Noi la credevamo buona, buona nel vero senso della parola, che fosse una santa no. -
L'abbiamo vista più volte qui nel Patronato, nella sala del laboratorio, o tra le pareti domestiche, intenta sul ricamo, l'arte sua prediletta. Dotata d'intelligenza e di fine gusto si rivelava un'artista. Singolarissima nella molteplice produzione di lavoro tanto da far stupire la sua stessa mamma che anche pochi giorni fa la sentii esclamare: Non so come la mia Elena riuscisse a sbrigare tanto lavoro; certo gli Angeli la dovevano aiutare. Sì, sì, buona mamma, non ti sei ingannata ; gli Angeli avevano famigliarità con l'Elena, ed Elena con gli Angeli. Ora che vive in Cielo gli Angeli non verranno più a terminare gl'incompiuti ricami!     

L'abbiamo vista in questa Chiesina, o nella Cripta della Cattedrale, accostarsi ogni giorno ai divini misteri con edificante fervore.             

   Coadiutrice del fratello parroco nel ministero, insegnava nella chiesa e più spesso ancora nella casa parrocchiale ai bimbi e alle fanciulle le prime verità della fede.

Sentiva pietà per gl'infelici, e molti, ignorandolo, venivano da lei soccorsi. Solo adesso me ne avvedo che di certi suoi atti in cui ella compariva come semplice istrumento era lei la causa. Adesso comprendo che quel danaro che ella metteva nelle mie mani per sovvenire certi indigenti era tutto suo; era il suo piccolo risparmio, era frutto prezioso del suo lavoro. Soavissima fanciulla, come sapevi magnificamente, generosamente nasconderti!
— Dare senza farsi vedere, dare senza fare arrossire, ecco il precetto pratico della carità di Cristo. Carità, purezza, umiltà, virtù fondamentali per chi vuoi raggiungere le supreme vette della perfezione cristiana.

  Ed Elena poggiava in alto, dove i sublimi misteri della fede rifulgono nella maestà della luce in armonia perfetta con la ragione umana. Ignorava la scienza, ma possedeva la sapienza. So che eminenti personaggi ecclesiastici interrogandola sulle verità più ardue del dogma cattolico dovettero convincersi che l'Elena percepiva il divino. Ho avuto occasione io pure di entrare con l'Elena in argomenti di fede; da prima sembrava schermirsi dichiarando che non capiva nulla, ma poi mi accorgevo che mi sorpassava e ragionava di Dio, dei suoi attributi con tanta sublimità che io non potevo più seguirla. Le cose della fede le vedeva, le toccava con mano, ne sentiva la dolcezza. Stupivo e non pensavo proprio che Iddio si rivela agli umili. " Ubi est humilitas, ibi est sapientia.

L'umiltà era la virtù precipua dell'Elena, e l'umiltà è il fondamento della fede. Più un'anima si umilia e più conosce Iddio, più si abbassa e più vede chiaro a misura che scopre la propria nullità. Dio rivela il suo tutto. Elena piaceva a Dio più per la sua umiltà che per il suo candore. Dio si abbassava a lei versandole i suoi tesori, rivelandole i suoi segreti, invitandola e attraendola dolcemente a sé. 

Nulla vi dirò delle grazie straordinarie che Gesù prodigava alla sua Elena. Sorvolo e taccio sui misteri di quell'anima nei divini amplessi con la Divinità. Temerei di conturbare lo spirito dell'Elena; temerei di sentirmi da lei rimproverato, da lei che tanto amava il nascondimento.

So che si sta raccogliendo quanto esiste di straordinario sulla sua vita; so che c'è chi s'occupa di farne la biografia, la quale ci dirà come la virtuosissima fanciulla meritasse qui in terra le rivelazioni, del divino amore.  Noi ci auguriamo che Iddio la glorifichi maggiormente facendo sì che il suo nome sia inserito nell' albo dei santi ; ma se anche a tanto non dovesse giungere, gli esempi dell'Elena e il suo nome vivranno perenni nella nostra memoria.

Io non ho che un rammarico di averla conosciuta troppo tardi, di averla conosciuta nella morte. Ma Ia morte è lo specchio della vita, e nella morte Elena mi si è rivelata santa. Non aveva che 25 anni, ma era già matura per le mistiche nozze con l'Agnello immacolato, e Io Sposo l'ha chiamata a sé quando sentimmo maggiore il bisogno di averla quaggiù!

Ammalò il giorno 27 dicembre. La mattina, ricevuta in Cattedrale la Comunione, fu costretta a sedersi; non si reggeva più e finalmente trascinandosi giunse a casa. Si mise subito in letto. Sembrava una cosa leggera, trascurabile, ma la sera del 29, il fratello Canonico Parroco, chiamatomi in disparte per non conturbare la mamma, “ Sa, mi disse, che la malattia dell'Elena è cosa seria! Si tratta di polmonite!”.

Proprio nella stessa sera anche il Canonico si coricava indisposto. Entrambi avevano contratto il morbo fatale! L'uno per dovere e carità di ministero, l’altra per sola carità, giacché l'Elena da lunghi mesi si portava qua e là dalle amiche inferme per iniezioni, che abilissima sapeva fare, e per conforto. Anche mia sorella nell'ottobre scorso poté avere benefici servigi di quella creatura caritatevole.

 La mattina del 31 mi recai dall'Elena. L'assistevano la sorella  Suor Colomba e il fratello Peppino. Essa mi guardò col suo immutabile e tranquillo sorriso, mi chiese di benedirla. Avrebbe voluto comunicarsi, ma Io stomaco si ribellava a qualunque cibo. Si confessò nello stesso giorno al suo Confessore ordinario. Il giorno appresso la vidi più sollevata e combinai di viaticarla portandole una minima parte di sacra specie. Ma quando, deposto il SS. Sacramento sul piccolo tavolo della stanza, mi accostai per chiederle se aveva bisogno di conciliarsi essa fermatomi il braccio : “Non mi comunico, disse, se prima non ho parlato a D. Rocco”.                   

Le altezze dell'Elena mi erano affatto ignote, e quel suo atto così brusco mi lasciò quasi mortificato. Io le osservai che il fratello febbricitante non si sarebbe potuto alzare. Tutto fu inutile; il rifiuto e il comando erano troppo recisi. "Sarà un sacrificio per lui, soggiunse, ma per me è un immenso beneficio „.

   Il povero Canonico volentieri lascio il letto e venne su a confortarla. Rimasero insieme circa 20 minuti ignorando noi tutti ciò che si dissero quelle due anime!

   II Canonico vide allora per l'ultima volta la sua Elena! Così confortata la giovinetta si comunicò edificandomi col suo portamento, con le sue infuocate preghiere.

Nella mia qualità di Cappellano, ma più ancora perché amico di quella ottima famiglia, mi proposi di non lasciare più l'inferma. Il male faceva rapidi progressi, senza toglierci però la speranza della guarigione.

Un'ora dopo ero ai nuovo dall'Elena. Aveva il volto raggiante. Mi prese la mano, me la baciò. Forse voleva ricompensarmi della mortificazione che innocentemente capiva di avermi cagionato.

" Sono contenta, mi disse, vado in Paradiso!„ .

Presagiva dunque la morte e presagiva anche il Paradiso!
— “Non troppa fretta, Elena, risposi io. Più tardi si andrà in Paradiso, ma adesso preghi Gesù di lasciarla a conforto dei suoi e a suo maggior profitto spirituale; del resto, soggiunsi, lei si piega a qualunque volere di Dio ? Accennò di sì col capo. Mi pregò poscia di non abbandonarla e che l'aiutassi a sostenere le tentazioni. Il nostro Vescovo volle degnarla di una visita e di una sua particolare benedizione. Mi disse poi quanto era rimasta soddisfatta.

   Del male fisico non si lagnò mai; anzi desiderava di averne molto per amore di Dio. Io le andavo leggendo preghiere e le suggerivo buone cose come lei desiderava.

Ai medici che vennero per un consulto — Va male, disse, non c'è bisogno d'ingannarmi, tanto io so di morire!”.

Verso le 19,30 c'era nella stanza il medico che sostituiva quello curante; poco dopo entrò pure quest'ultimo. Elena si era seduta sul letto; sembrava guarita. Con le mani in croce, stringendo appassionatamente il Crocifisso, disse a voce alta una lunga e bella preghiera, raccomandando ad uno ad uno tutti i suoi cari a Gesù.

Ricordò me pure ; non l'avvertii ; Io seppi poscia da Suor Colomba. Ciò mi fa contento. Tengo più alla preghiera dell'Elena che a tutte le ricchezze di quaggiù.
Buona Elena, ti ringrazio e ti benedico ! Possa la tua preghiera farmi degno del Signore!

L'atteggiamento dell'inferma, le espressioni nobili ed infuocate con cui pregava non potevano non commuovere. II medico curante singhiozzava! Fu costretto a lasciar la stanza, mentre rivolto a me diceva: “Non ho mai visto simile morte; è una santa, è una santa!”.      

  Più tardi Elena chiamò, il medico rimasto, e arditamente gli chiese se era cristiano. — “Senza dubbio, rispose l'interpellato. — Allora, soggiunse, lei deve sapere le preghiere, e volle senz'altro che le dicesse con lei. Gli fece recitare il Pater, l'Ave, il Gloria, l'Angele Dei, il Requiem.

 II buon dottore, curvo sull’inferma, docile come un bambino, la seguì parola per parola, scandendo le sillabe proprio come lei voleva. Terminatele, tese la  mano al medico come per ringraziarlo e dimostrare il piacere di avere accanto al suo letto un medico cristiano. Poinuovamente interrogandolo  — Ha dei bambini lei? — Sì, Elena, ne ho due. — Mi raccomando, dottore, disse con tutta l’effusione di carità, li educhi nella  religione cristiana. II medico era commosso! — Lo farò, rispose, te Io prometto, ma tu piuttosto, tu, Elena, prega per i miei bambini. — Quando?, soggiunse; poi ridendo allegramente: Ah sì, quando sarò in Paradiso!”.      .             .

Apostola durante la vita, tale volle essere nella morte!

Intanto succedevano in lei dei fenomeni ben strani. Non tardai a capire che quell'anima lottava, lottava con Io spirito d'abisso il quale sapendo di avere dinanzi una eroina tentava i più studiati assalti. I famigliari ebbero motivi di timore nell'udire l'Elena che si accusava cattiva, che non aveva mai fatto nulla di bene, che aveva finto sino allora come una commediante. 

   "Sì, sì, diceva con un riso sprezzante e  quasi disperato, ho finto sempre, e come ho saputo fingere!”.

Per me invece quelle espressioni erano lampi fulgidi di un'umiltà sentita e profondamente radicata nel suo cuore.

   La lotta divenne più violenta. L'inferma si raggomitolava, si contorceva, si dibatteva sul letto, e così per un'ora.
  
II fratello Peppino, con l'animo straziato, le reggeva la testa, le spalle. Suor Colomba, quasi spaventata, ma sempre serena, le rasciugava la fronte,l' accarezzava, le prodigava, ogni cura ; e la povera mamma era lì presente alle torture di quell'anima, al dissolvimento di quella creatura che formava l'immensa parte del suo amore!

   L'agitazione non aveva tregua, ma la fiducia in Dio non le venne mai meno. Così lottano i Santi ! Iddio non richiede tanto da noi; noi siamo deboli, paurosi, pieganti come canne palustri ad ogni soffio di vento. Al duro cimento Egli espone solo i forti. Elena era tra questi, e sostenne lealmente il suo combattimento fino alla vittoria, fino alla corona.

   “Coraggio, Elena, le dicevo. Gesù s'appressa e le vuol bene; più le dispiace di averlo offeso e più Gesù volentieri la perdona. “Sono all'inferno! - rispose una volta, poi afferrandomi un braccio, imperiosamente mi disse : "Voglio fare la confessione generale, se non la faccio non muoio „.          '  

I fratelli, la mamma, il medico s'allontanarono, ed Elena traendosi sulla sponda del letto mi pregò di sedermi e di non stancarmi ascoltandola. Volle confidarmi tutte le sue pene. Io non so dire ciò che passasse allora nell'animo mio. Ascoltavo quell’angelo che mi edificava; piangevo, sentivo la mia indegnità di esserle accanto. Mai avevo provato nel mio ministero di sacerdote tanta commozione e tanta soddisfazione ! Era un misto di confusione e di gioia che fluiva nell’animo mio ; era un sentimento che mi faceva godere e mi faceva sentire il bisogno di essere più buono.

La lasciai nella sua umiltà, mentre scoppiando in pianto le avrei detto : “Taci, Elena, taci ! Io sì che ho bisogno di perdono, ma tu!”...

Ricevuta l'assoluzione si acquetò. Erano le due di notte. Cominciai di nuovo le preghiere degli agonizzanti. Stavolta le recitavo in italiano. Elena mi seguiva, ed era così presente a se stessa che ad un tratto mi fermò chiedendomi di ripeterle un passo che forse, perché commosso, avevo letto male. A poco a poco vidi il suo volto coprirsi del pallore della morte. Sembrava già spenta e i fratelli in pianto allontanarono la povera mamma che pochi momenti prima aveva abbracciato teneramente infondendole coraggio. Alle 2,15 emise un lievissimo respiro, e I’anima candida spiccò il volo per i cieli.

II volto d'Elena sfolgorò un attimo improntandosi ad un sorriso così bello che in parte le rimase anche dopo la morte.

Non sapevo distogliere lo sguardo da quella salma ! Non mi sembrava morta l'Elena, ma che dormisse! Non era un sentimento di ribrezzo, ma di soavità gioconda che invadeva I'animo mio.. — In paradisum deducant te, angeli, andavo ripetendo ; ....in tuo adventu suscipiant te martyres, ....e intanto col singhiozzo alla gola meditavo la perdita irreparabile, che noi tutti avevamo
fatto!                      
Requiem aeternam... Sì, sono persuaso che il riposo eterno l’abbia avuto in quella stessa notte. — Se non mi avesse obbligato di raccomandarla al Signore, se non mi avesse imposto di dire alle amiche che non la dimenticassero con la scusa, che era buona, io sulla sua tomba m'inginocchierei come davanti all'altare.

Elena, tu lo sai, ogni giorno mi ricordo di Te! II primo memento nella mia povera messa è per te ! Non so più dimenticarti ! E come Io potrei ?... Ma tu guardami dal Cielo, e impetrami le grazie che io chiedo al Signore! –

   Guarda i tuoi cari rimasti nella desolazione e nel pianto! Guarda le tue amiche accorate, i tuoi concittadini, la nostra Associazione Eucaristica a cui tu appartenevi. — No, non ci puoi abbandonare, il tuo spirito è qui, aleggiante di bontà su dì noi. Ma tu adori beandoti nell'amore, mentre noi adoriamo incalzati dalla speranza e dalla fede. Tu ridi in Cielo e noi piangiamo sulla terra!              

   Oh come è divenuta brutta questa povera terra da che tu l’ài lasciata insieme al fratello tuo!... Dio mio! Due preziose esistenze così presto troncate!... Due tombe aperte che raccolgono il pianto di mille cuori!...

   Quando certi fiori sono divelti; quando certe anime ci lasciano, il mondo non à più sorrisi; è un deserto, e in questa solitudine di amarezza, un'immensa nostalgia ci pervade l'animo, la nostalgia del Cielo!


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