AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 12 luglio 2018

PADRE MARCELLO DELL'IMMACOLATA OCD . 13 LUGLIO - 34° ANNIVERSARIO DALLA MORTE DEL SERVO DI DIO



















NEL RICORDO DI P. GERARDO DI S. GIUSEPPE
(suo suo compagno di corso)


P. Marcello dell'Immacolata (Carlo Zucchetti); nato a Vighignolo Venino(MI) il 29.11.1914.

Entrò nel nostro Collegio di Monza a 12 anni nel 1926 ove iniziò gli studi del Ginnasio. Rettore era Padre Nostro Elia di S. Ambrogio (Macchi); Vice rettore P. Piertommaso di S. Dionisio (Tramelli); Professore e Lettore primo P. Brocardo della Madre di Dio (Balleria).

Al termine della IV Ginnasio in Concesa ricevette il Nostro Santo Abito il giorno 11.7.1930: erano in 7 compagni. Suo Maestro fu P. Onorato di S. Maria. L'anno seguente emise la sua Professione semplice il 17.7.1931, sempre a Concesa.

Nell'agosto del 1931 passò nella casa di studentato dei Carmelitani Scalzi presso il "Corpus Domini "di Milano.  Qui svolse gli studi liceali e filosofici fino all'agosto del 1934.  Nel Settembre del 1934 con i suoi compagni passò nel Collegio Teologico di Piacenza, dove attese agli studi, che preparano al Sacerdozio.  Il giorno 8.12.1935 si consacrò definitivamente all'Ordine di Maria con i SS. Voti Solenni.

Suddiacono il 19.12.1936; Diacono il 22.5.1937; Sacerdote il giorno 11.6.1938 per le mani di Mons.Ersilio Menzani, Vescovo di Piacenza, presso il Collegio "Cardinale Alberoni " in Piacenza.

Sciolto dagli studi, dai Superiori veniva inviato alla Comunità di Torino, allora anche Comunità Parrocchiale; dopo 6 mesi appena il 22.6.1939 veniva destinato al nostro convento di Parma, dove svolse il primo apostolato Sacerdotale, sotto la guida dell'indimenticabile P. Enrico Maria (Colombo) di S.Giuseppe.

Da Parma passò poi conventuale a Bologna, dove si fermò fino al maggio del 1948; in quell'anno fu nominato Sottopriore di Ferrara.  Quando P. Agostino del S. Cuore (Clavenna) rinunciò al Priorato per recarsi Missionario nel Kuwait, nel 1950 fu nominato Priore di Ferrara, riconfermato nel 1951 e nel 1954.

Nel 1957 eletto Sottopriore; come pure lo fu dal 1969 al 1972.  Durante questo periodo varie volte fu eletto Superiore di Ferrara, ma non accettò mai.

Da giovane lo ricordo come elemento di bontà e di unione cordiale e fraterna.  Sempre sorridente, sempre disponibile ad aiutare i propri compagni.


Era suo impegno particolare curare in tutti i modi le Funzioni Sacre secondo le Leggi Liturgiche; molto spesso era mandato a partecipare alle SS. Messe quale Suddiacono o Diacono.

La sua salute, da giovane, non era eccellente! Aveva "bisogno di particolari attenzioni, ma non faceva mai pesare su gli altri le proprie difficoltà della salute: né i Superiori mancavano al loro dovere di curarlo!  Per quanto non fosse una " cima " negli studi, (parlo sempre da studente) adempiva esattamente ogni obbligo e camminava "bene a pari passo con gli altri, in ogni materia di studio: ben contento di fare parte, a chi gli domandava un aiuto, di quanto aveva imparato ed approfondito.

Per quanto mai più ci siamo incontrati - se non pochissime volte - nel corso della nostra vita, destinati a mansioni tanto diverse ed in città molto distanti, abbiamo sempre avuto nel cuore un affetto profondo e sincero l'uno verso l'altro.

Era molto portato anche a studi di archivio e di storia dell'Ordine, particolarmente riguardo al nostro Convento di Ferrara: scrisse anche un fascicolo sulla sua storia, ma non volle mai firmarla con il suo nome....indice di tanta modestia ed umiltà.

Con i bambini malati della Divisione Pediatrica

Cosa è stato Padre Marcello per lei? come lo ricorda ? Questa è la domanda posta a diverse persone che hanno avuto con Lui consuetudine di vita ospedaliera; non bisogna dimenticare che per tanti anni P. Marcello è stato Cappellano della Divisione Pediatrica di Ferrara. Perché molti alla fine delle risposte avevano in mano il fazzoletto e si asciugavano il naso? Non certo per allergia a certi tipi di erbe che secondo i giornali locali colpirebbe In questi giorni gran parte dei ferraresi, allergia invece, se così si potesse chiamare, alla solitudine nella quale ci ha lasciati, nella consapevolezza di avere perso un amico, un padre, un fratello.

Cosa ha sempre caratterizzato la sua opera?: la sua presenza costante al di fuori di ogni sollecitazione, la bontà e disponibilità verso chiunque, la serenità che sapeva infondere, la mancanza assoluta di venalità, la grande carità e la grande fede. Riconosceva l'uomo come essere fallibile, ma non lo avviliva mai e di ognuno metteva in evidenza solo la parte buona, non predicava né in chiesa né fuori, a chi sbagliava lasciava sempre un messaggio di speranza, lanciava un salvagente ad ogni naufrago.

Veniva in ospedale due volte al giorno, silenzioso, visitava uno per uno i piccoli malati, si interessava ai loro problemi, Aveva saputo farsi accettare da tutti, anche da malati cronici, categoria difficile e per forza di cose più disposta a protestare contro tutto e contro tutti, compreso il clero ed i suoi rappresentanti.

Era amico di tutti compreso il gruppo dei medici, paramedici e di tutti i dipendenti della Divisione Pediatrica e tutti lo rispettavano indipendentemente dal credo religioso o politico professato. Celebrava la S. Messa in reparto ogni domenica ed ogni festa di precetto, in un punto del reparto scelto strategicamente per permettere ai pazienti ed ai loro parenti di assistere alla Messa senza ammassarsi o mescolarsi per evitare la diffusione di eventuali malattie infettive: non agiva mai contro il parere dei sanitari. Durante la celebrazione, spesso i bambini più piccoli, incapaci di stare fermi, gli correvano attorno e fin gli toccavano i paramenti: non si arrabbiava mai, amava i bimbi e non li allontanava.

Tutto quello che gli veniva regalato lo ridistribuiva ai «suoi bimbi o ai suoi poveri». È stato sempre poverissimo, di una umiltà estrema e di una disponibilità della quale tutti forse abbiamo abusato, tanto che negli ultimi tempi lo vedevamo stanco ed affaticato facendoci scorgere a volte il rimorso di avere contribuito alla sua fine immatura. Ci restano ancora nella mente le parole che spesso ci ripeteva: «coraggio, sempre coraggio, confidare sempre nell'aiuto del
Signore».

M. Grazia Nonato
   
Ricordo; ogni settimana al sabato pomeriggio


Sabato pomeriggio. Nella chiesa di S. Girolamo due file silenziose si allineano ai lati del confessionale. Si ode un bisbigliare, qualche colpo di tosse secca, sportelli che vengono aperti e chiusi. Così per settimane e per anni.

Le file si accorciano, perché la pratica della confessione si fa sempre più rara, ma non spariscono. Siamo ancora in tanti ad avere bisogno di P. Marcello. Siamo per lo più donne, non giovanissime e nessuna di noi ha probabilmente gravi peccati da confessare, ma piuttosto le solite cose, sempre le stesse, per anni, ma tutte, o quasi, abbiamo una pena da deporre nelle mani di P. Marcello: il dolore per la morte, la malattia, l'infedeltà di una persona cara, l'angustia per le difficoltà della vita, l'amarezza per l'incomprensione di chi ci vive accanto, la tristezza della solitudine, la volontà inceppata che non sa pregare, né pensare alle cose di Dio, il senso d'inutilità di una vita così scialba...

Non so e non ricordo quali fossero esattamente le parole di P. Marcello, so che si andava via perdonati e leggeri e non si sentiva più (almeno per un certo tempo) il senso d'inutilità della nostra povera vita.

Due cose ricordo: la raccomandazione a non preoccuparsi se non amiamo e soprattutto se gli altri non ci amano come vorremmo: il vuoto di affetti umani lascia più spazio al Signore, poi il monito incessante: «Andiamo avanti, con coraggio, con pazienza, con dolcezza, ma con perseveranza». «Avanti» dove? Nella via del Signore verso la sua gran luce, dove la nostra fiammella di fede e di speranza che ci siamo sforzati con fatica di tenere accesa, verrà assorbita fino a vivere in Lui.

Ora P. Marcello non c'è più, ma la sua sollecitazione ad «andare avanti» non possiamo dimenticarla, ancora ci accompagna e ci sorregge.

M. L. S.
PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE
DI PADRE MARCELLO DELL’IMMACOLATA
(La Voce di Ferrara 20-7-1985)

«Tre avemaria»

Padre Marcello dei Padri Carmelitani è stato uomo troppo buono e prezioso per tutti noi da essere ricordato, nella prima ricorrenza annuale della mort, con le parole ripescate dalla retorica corrente in circostanze di questo tipo: mi sembrerebbe davvero venir mero all'eredità da lui lasciata.

Confesso di sentirmi confuso, oggi come uri anno fa, nel timore di non essere all'altezza del compito. È assai difficile parlare di un sacerdote semplice, schietto, costante quale è sempre stato lui che non di un dotto, di un esperto in questo o in quel settore della scienza divina ed umana, di un grande organizzatore di opere di bene.
Padre Marcello non è stato nulla di tutto questo. Sostanzialmente egli si è moste, tra confessionale, scuola ed ospedale dei bambini. Sempre, sempre, per tanti anni. Non credo ci siano stati intervalli, parentesi, momentanei dirottamenti verso altre attività.

Ma tutti avvertiamo in lui un punta di riferimento costante, un porto sicuro in cui rifugiarci nelle avversità o nei giorni tristi, una direttrice tranquillizzante ed affidante di orientamento. Quanti a Ferrara e fuori Ferrara sono ricorsi a lui per consigli, conforto, appoggio morale! La realtà è che in lui la tede era limpida, trasparente, pura, non legata a complicati processi mentali né a casistiche di ascendenza libresca. Proprio quella fede gli consentiva, nell’assoluta dedizione alla regola e all’ubbidienza una libertà interiore invidiabile, la quale poi lo portava poi ad immedesimarsi nella varie e particolari situazione dei suoi penitenti con il massimo grado della comprensione e dell'affettuosa condivisione, ma al tempo stesso con quel distacco richiesto dalla viva coscienza della debolezza umana.

Le penitenze da lui assegnate erano sempre le stesse, almeno per mia esperienza ed anche per sentito dire: tre avemaria, E Padre Marcello era pronto a chiarire le motivazioni del criterio adottato: i nostri peccati, tutti dal più piccolo al più grande, sono qualcosa di terribile in quanto offesa a Dio creatore e redentore, ma, poiché Dio è immensamente buono e la distanza tra noi e Lui è infinita( e quindi non colmabile con la più macerante delle flagellazioni), basta un piccolo segno di buona disposizione quale può essere rappresentato da una preghiera semplice, breve, serena e sincera.

Ritrovare le fonti vive della fede: quel'eredità di Padre Marcello. In un mondo, dove oggi come ieri trionfano l’arrivismo, il parlicolarismo, l'alienazione nei rapporti umani, l'attaccamento alla gloria che passa, la contesa, c'è proprio bisogno di chi, senza ostentazione, anzi con umiltà naturale, indica una una strada ben diversa, costruita di dedizione, di sacrifìcio, di distensione, di pace, di quella che, come dice il Manzoni “il mondo irride ma rapir non può".
Un insieme di valori, per intenderci, da non reclamizzare con rutilanti ed assordanti mass-media. ma da coltivare nella discrezion e nel silenzio, da perseguire sempre quali che siano le circostanze contingenti, da comunicare al nostro prossimo confidando più nella grazia di Dio e un pochino nella forza della testimonianza che non nelle parole magniloquenti e rimbombanti. Fare il silenzio entro noi stessi; ma quanto e quale era il «silenzio» di Padre Marcello! È dal silenzio che muove poi, anche a parole, il più eloquente dei messaggi.

La figura di padre Marcello si inquadrava compiutamente entro la cornice di quella chiesa così suggestiva e raccolta che è S. Girolamo e rappresentava come una pietra miliare nella vicenda della spiritualità carmelitana. La pietra precedente fu quella di padre Onorato e, grazie a Dio, pare che gli attuali Padri
abbiano saputo raccogliere degnamente una tradizione così nobile e preziosa,

Mi viene spesso di pensare a ciò che porta in avanti effettivamente la Chiesa ed in genere il mio pensiero non si sofferma sulle cattedrali grandiose, sui ponderosi volumi delle biblioteche teologiche e neppure sulle grandi strategie pastorali. Vedo piuttosto quei poveri pretini di campagna, scalcagnati eppure traboccanti di speranza, quelle donne di casa costanti nella preghiera e fiduciose nella monotonia di una esistenza apparentemente grigia, quei fratoni di montagna rustici eppure solidi nella fede come le loro cime nevose, quei giovani semplici, talvolta impetuosi, ma così aperti nella loro generosità. E vedo gli uomini come Padre Marcello che hanno percorso strade di questa terra dando tutto di se stessi con il sorriso sempre aleggiante sulle labbra.

Luciano Chiappini






                       

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