AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 31 dicembre 2024

COME DISARMARE LE PAROLE di Padre MAURO ARMANINO

 


Come disarmare le parole

In conclusione, del suo diario di prigionia ‘Catene di libertà’, l’amico e confratello Pier luigi Maccalli invitava a ‘disarmare le parole’. Due anni da ostaggio nel deserto, tra pietre, sabbia, polvere e stelle, lo avevano convinto che il cammino della pace intesa come convivialità delle differenze’ non potesse che germogliare da mani nude. Disarmare le parole implica, appunto, andare in giro con le mani nude, liberi da preconcetti, ideologie di morte e frontiere da usare per inventare nemici a piacimento. 

Scriveva che, a parte le catene che mai l’avevano abbandonato, era stato in genere rispettato dai rapitori che si avvicendavano nel deserto. Ciò che invece l’aveva profondamente segnato e ferito erano state le parole dei rapitori. Parole come pietre che feriscono mentendo, insultando, rendendo in definitiva l’altro una ‘non persona’. Si sentiva una cosa indefinibile la cui esistenza è utile solo per quanto potrà dare in termini monetari con prezzo del riscatto. Una merce di scambio e nulla più.

Nell’introduzione a ‘Il libro del potere’ di Simone Weil, Mauro Bonazzi scrive...’L’unico modo per contrapporsi al dilagare della forza intesa come violenza è la ricerca della verità...e ciò significa prima di tutto, prendersi cura delle parole perché esse sono lo strumento di cui ci serviamo per capire noi stessi e il mondo. Ed è distorcendo le parole che ci creiamo, consapevoli o no, delle comode barriere per proteggerci dagli altri’. Prendersi cura delle parole e della loro verità significa ‘disarmarle’.

Dal Sahel, dove queste note sono scritte, siamo da anni assediati da gruppi armati ‘terroristi’, interessi strategici, venditori d’armi, di ideologie religiose e finanziamenti occulti. Gli sfollati e i rifugiati a causa dei conflitti armati si contano a milioni mentre le sofferenze sono incalcolabili anche per le cicatrici che lasceranno alle prossime generazioni. All’inizio di tutto questo dramma, ancora prima delle divisioni etniche, religiose o economiche stanno loro, le parole. Lo ricorda bene proprio Simone Weil.

Nel libro citato la Weil mette in evidenza che ...’Mettiamo la maiuscola a parole prive di significato e, alla prima occasione, gli uomini spargeranno fiumi di sangue, a furia di ripeterle accumuleranno rovine su rovine...niente di reale può davvero corrispondere a tali parole, poiché non significano niente. Il successo coinciderà esclusivamente con l’annientamento di uomini che lottano in nome di parole diverse’. La lista di parole con le ‘maiuscole’ sarebbe interminabile, così come le fosse comuni.

Mettere la maiuscola alle parole prive di significato che non sia quello imposto da chi detiene il potere è quanto si industria a fare la propaganda e soprattutto il silenzio complice ‘dei buoni e degli onesti’. Ogni comunità, struttura educativa, mezzi di comunicazione, famiglie, organizzazione politiche e religiose dovrebbe mettere come priorità quella di ‘prendersi cura delle parole’. Avremmo allora, come auspicava Pierluigi, parole disarmate da affidare al vento perché sussurrino la pace al mondo.

Padri Maccalli e Armanino

      Mauro Armanino, Niamey, 29 dicembre 2024

sabato 28 dicembre 2024

UN NATALE DELL'ALTRO MONDO di Padre MAURO ARMANINO

Un Natale dell’altro mondo


Le solite luci al neon nelle case e nelle chiese. Di alberi nemmeno l’ombra e meno male che nel Niger la festa di Natale fa parte del calendario festivo riconosciuto dal Paese. Assieme al lunedì di Pasqua sono i due giorni contemplati dalla tradizione prettamente musulmana delle feste religiose. Invece del bambinello di plastica, gesso o altri materiali simili qui abbiamo messo nel presepe un neonato vero di nome Daniele, battezzato un paio di settimane fa. Quanto alle campane e altri addobbi neppure a parlarne. Una recente manifestazione memoriale per la partenza dell’ultimo militare francese, la domenica 22 dicembre, ha visto una larga partecipazione di persone. L’elemento religioso islamico era in primo piano, così come è stato dall’inizio del colpo di stato il 23 luglio dell’anno scorso.
In alcune zone, neppure troppo lontano dalla capitale Niamey, i cristiani si sono riuniti clandestinamente, nelle case o in ripari di fortuna tra le migliaia di sfollati. Hanno preferito lasciare il villaggio pur di non tradire la fede che hanno professato in tempo di pace. Per loro il Natale era forse ancora più vero perché, come scrisse Antoine de Saint - Exupéry nel suo ‘Piccolo Principe’, ...’l’essenziale è invisibile agli occhi’. In effetti sono gli occhi dei poveri contadini, impossibilitati persino di coltivare la terra, che meglio sanno cogliere il mistero della Natività. Quanto alla porta aperta del Giubileo appena iniziato, da questi parti siamo in anticipo perché le porte, in molte zone, non esistono più. Sono state bruciate o abbandonate e pace in terra agli uomini che Dio ama è lontano.
Il Natale nella Casa di Arresto e di Correzione di Niamey ha visto la partecipazione dei cristiani detenuti, delle donne e dei bambini nel cortile interno della Casa. Tra l’alto muro di cinta coi chiodi infissi all’estremità e sotto lo sguardo vigile dei militari si è celebrato l’avvenimento natalizio che grida libertà. Due le mani presentate dai partecipanti, una con la luce, fioca, della speranza perduta e l’altra, nuda come il Natale, per fare della pace un cantiere permanente. Tra qualche giorno faranno dieci anni dalle chiese bruciate di Zinder e Niamey. Era il 16 e 17 gennaio del 2015, in seguito alle vicende della vignetta sul profeta dell’Islam apparse sul settimanale Charlie Hebdo. Il Natale si era trasformato in fuoco che ha consumato in un attimo anni di convivialità serena. Poi scese in fretta il perdono delle autorità religiose cristiane e, da allora, né mandanti né esecutori sono stati molestati. Un Natale dell’altro mondo era nato mentre le stelle stavano a guardare e i pastori sorpresero una lacrima, di gioia, negli occhi di Maria sua madre.


                       Mauro Armanino, Niamey, dicembre 2024


lunedì 23 dicembre 2024

MILLE ANNI PER L’ “AVE MARIA” Sesta conferenza di Padre Claudio Truzzi OCD – PREGA NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE


Raffaello Sanzio, deposizione di Cristo

MILLE ANNI PER L’ “AVE MARIA”

6 – PREGA NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE

Nonostante tutto, nessuno può negare che, fra tutte le “ora”, ce n’è una peculiare e decisiva: l’”adesso” della “ora della nostra morte”. Col pensiero a quel momento terminiamo ogni “Ave Maria”.
Però, o Madre, pensiamo sufficientemente a quel momento? “Passarono – si afferma convinti – quei tempi tetri in cui non si faceva altro che pensare alla morte!” Posti nel vortice della premura, del rumore, della pianificazione, della lotta per la vita, ci dimentichiamo troppo di tale realtà che si chiama morte. “Non è di buon gusto menzionare il tema”. S’impedisce al bambino di vedere il cadavere del nonno. 
«Si passa tante volte vicino al cimitero che alla fine si cade dentro» (proverbio russo). Sarà bene evitare questo rischio. Padre Kolbe ammoniva: «La morte non s'improvvisa. Si merita con tutta la vita».
La morte, quindi, sposta necessariamente il discorso sulla vita. Sul “perché “si vive, e come si vive. «Dio ha fatto bene a mettere la morte alla fine della vita, anziché al principio, in tal modo gli uomini hanno tempo per prepararvisi», (J. Le Gentil).  Resta da dimostrare che i più ci riescano...
La preparazione, manco a dirlo, non consiste nello stare ad aspettare. La vita non è una sala d'attesa in cui si rassegna, bene o male, ad accamparsi, finché non arrivi il treno che ci sbarca nell’ aldilà.
La vita è itinerario, impegno, amore. «Certuni, perché muoiono si sa che furono vivi» (L. Carrer).
Tutto sta nel non confondere “l'essere vivi” con “l'agitazione”, il progredire con il correre, la pienezza con l'agitazione, il crescere con l'accumulare. Osservava E. Fromm: «Morire è tremendo. Ma l’idea di dover morire senza aver vissuto è insopportabile».
Mi è sempre piaciuta questa preghiera di un credente: “Signore, fa' che la morte mi trovi vivo!". 
Ci può essere una morte apparente. Ma ci sono anche, purtroppo, numerosissime “vite apparenti”.
Il cristiano è prima di tutto, un “celebrante della vita”.
Cristo ha dato la vita affinché noi potessimo appunto avere il gusto della vita.
La morte, tuttavia, non solo esiste, ma è il momento della nostra metamorfosi definitiva, dalla nostra nascita a una vita senza fine. Siamo coerenti: se in ogni “venire alla luce” c’è una protagonista, questa è la madre. Maria, quindi, come Madre, non può essere esclusa da questo momento: Ella gioca in esso la propria ragione d’essere, il senso della sua maternità.
Che grande preghiera, questa, d’invocare che Maria interceda per noi “nell’ora della nostra morte”!
Non sappiamo ciò che succederà in quell’istante; che spazio misterioso si aprirà ai nostri occhi. 
Uno scrittore francese sostiene che in quegli ultimi momenti – istanti in cui l’uomo godrà di una visione molto distinta di Dio – giacché lo separerà solo una tenue frontiera – potrà, con una nuova luce, fare la sua elezione definitiva “per Dio” o “contro Dio”. Il Padre ci offre sino all’ultimo la sua grazia invisibile, grazie alla quale, l’uomo può elevare fino a Lui una preghiera perfetta.
È consolante sapere che l’incaricata di suscitare in quel momento chiave tale “grazia invisibile” sia lei, Maria, ricordando gli ostinati che siamo stati, lungo tutta la vita, nel chiederle che si ricordasse di noi in quel momento. Di fronte al pensiero di quell’ora, nulla può allargare tanto il nostro cuore timoroso come il saperla al fianco del nostro cuscino, presso il nostro respiro affannoso, di fronte allo sguardo appannato, vicina alla mente confusa. Maria, con il dono che promana da lei: quello della sua tenerezza materna.
• 
Il santo Curato d'Ars quel giorno trovò in chiesa una donna immersa nella più grande angoscia. 
Era rimasta tragicamente vedova! Il suo dolore era grande, perché aveva perso il marito: s'era buttato da un ponte ed era annegato! Il santo Curato si avvicinò dolcemente e, ispirato da Dio, le sussurrò: «Tuo marito è salvo!». Incredula e stupita, la povera donna domandò: «Com'è possibile, padre?». Rispose il santo: «Tra il ponte e il fiume, c'era Dio! Volarono insieme, e nel volo tuo marito e Dio si riconciliarono». «Ma com'è possibile, padre?», insisté la donna. «È una grazia della Madonna! – rispose il santo Curato d'Ars –. Tu non lo sai, ma tuo marito, un giorno, tornando dai campi, portò fiori all'effigie della Madonna, che è sulla strada di casa tua. Poteva Maria dimenticare quel gesto gentile?».
• 
Testimonianza del Vescovo missionario di Athabaska, nel Canada Settentrionale, nel suo giubileo episcopale.
«Quando avevo quindici anni i miei genitori si disperavano per la mia incorreggibilità. Né con le buone, né con le cattive si riusciva a nulla. Invece di andare a scuola, mi nascondevo e giocavo con i compagni. Una volta, di sorpresa, mio padre comparve in mezzo a noi, mi prese per mano e mi trascinò a casa.
Mentre passavamo davanti alla chiesa, mi condusse dentro, all'altare della Madonna e recitò una breve preghiera, come sanno fare gli uomini: “Madre di Dio, ti raccomando questo mio figliolo, che mi fa disperare. Se puoi, fanne qualcosa di buono. Io non possa fare più niente”.
Mentre così pregava guardai la statua e rimasi profondamente colpito dal volto di Gesù, che Maria teneva in braccio. Dopo tre anni, entrai in seminario. Divenni sacerdote e partii per le missioni. Mentre salutavo i miei genitori, mio padre mi disse, quasi celiando: “La Madonna prese allora le parole troppo sul serio. Ora sei tutto di Gesù! Maria, ora è tuo!».
Prega per noi, Madre, 
anche per quest’ultima “ora”. 
Per questo, perché sappiamo 
che la prima domanda che ci farà il Padre, 
al giungere alla sua Casa, sarà: 
«Dove sta tuo fratello?». 
Come a Caino.
*****
LA MORTE … buone mani!
Un contadino e il suo bambino erano in cammino verso un paese vicino, per la fiera annuale. 
La strada passava sopra un ponticello di pietra sgretolato e traballante per il fiume in piena. 
Il bambino si spaventò. "Papà, pensi che il ponte reggerà?", chiese. 
Il padre rispose: "La mamma di terrà per mano, figlio mio!".

E il bambino mise la sua mano in quella della mamma. Con molta cautela attraversò il ponte a fianco di papà e mamma, e giunsero a destinazione. 
Ritornarono che calava la sera. 
Mentre camminavano, il piccolo chiese: "E il fiume, mamma? Come faremo ad attraversare quel ponte pericolante? Ho paura!". “Ti affido a papà. Ci penserà lui; tranquillo!”

L’uomo forte e robusto prese in braccio il piccolino e gli disse: "Resta qui fra le mie braccia e sarai al sicuro!". 
Mentre il contadino avanzava con il suo prezioso fardello, il bambino si addormentò profondamente.
Il mattino seguente il piccolo si svegliò e si ritrovò sano e salvo nel suo lettino.
La luce del sole filtrava attraverso la finestra. 
Non si era neppure accorto di essere stato trasportato al di là del ponte, sopra il torrente impetuoso.

Questa è la morte.
– Pensate... di approdare sulla riva e scoprire che siete in Paradiso; 
di afferrare una mano e scoprire che è la mano di Maria;
 di respirare un’aria nuova e scoprire che è quella del cielo;
 di sentirvi rinvigoriti e scoprire che è l’immortalità;
 di passare dalla burrasca tempestosa a una calma sconosciuta;
 di svegliarvi e scoprire che siete arrivati a Casa! 

Innamorato che non desidera incontrare … 
Abramo, ormai vecchissimo, era seduto su una stuoia nella sua tenda di capo tribù,
quando vide sulla pista del deserto un angelo venirgli incontro.
Ma quando l'angelo gli si fu avvicinato, Abramo ebbe un sussulto:
non era l'angelo della vita, era l'angelo della morte!
Appena gli fu di fronte Abramo si fece coraggio e gli disse:
"Angelo della morte, ho una domanda da farti: io sono amico di Dio,
hai mai visto un amico desiderare la morte dell'amico?".
L'angelo rispose:
"Sono io a farti una domanda:
hai mai visto un innamorato rifiutare l'incontro con la persona amata?".
"Allora, Angelo della morte, prendimi"
****
NON SONO LI'
Un grande e santo abate giaceva sul letto di morte.
 Intorno a lui si erano raccolti i suoi monaci 
e decine di affezionati studenti che si erano ispirati alla sua vita e alle sue idee luminose.
I più vicini a lui sussurrarono:
«Maestro, quando tu sarai morto, metteremo una grande e magnifica pietra sul tuo sepolcro.
Che cosa vuoi che le scriviamo sopra?».
Il vecchio saggio tacque un po' e poi sorrise:
«Scrivete: 
lo non sono sotto la pietra».
Noi non saremo sotto la pietra…–
AMEN!
°°° Per riassumere – e non “sprecare” – l’“Ave Maria” ... AMEN! Così si conclude l’“Ave Maria”.
“Amen”, come espressione di abbandono filiale, di un atteggiamento tanto confidente quanto quello che da bambini adottavamo ogni volta che ci rannicchiavamo sul seno della mamma o cercavamo protezione aggrappati alla sua gonna... Il fatto è che dopo ogni “Ave Maria”, non può esserci altra attitudine.
Sin dalla fanciullezza, nel Catechismo ci insegnarono che il termine significa: “Così sia!”. Ora, con molta più esperienza su noi stessi e le nostre possibilità, limitiamoci a tradurla così: “Dio desidera che tu sia così”. Cioè, affermiamo d’essere d’accordo con la verità che racchiude.
Si racconta che un tale, discutendo con uno scrittore, gli avrebbe detto. “La messa in latino è più bella che in francese. Basta col citare semplicemente il “Kyrie eleison”, il “Credo”, il “Pater noster” e tutti gli “Amen”. Dimenticava l’interlocutore che tutti i “kyrie” sono greci e gli “amen” ebraici. Ignorava, soprattutto che l’amen è stato travasato tale e quale in molte lingue diverse, e persino in religioni ben distinte: come la cristiana, la giudaica, la musulmana. L’incontriamo, inoltre, in molti dizionari, e forma parte del linguaggio corrente, e non sempre religioso, di numerosi popoli. Può essere, persino, che l’utilizzo profano sia giunto a pregiudicare il suo significato religioso. Merita la pena, perciò, che dedichiamo alcuni minuti all’approfondimento del contenuto di tale espressione sino a convertirlo per noi in una vera attitudine orante.
Certo è che l’“Amen”, nel secolarizzarsi, ha assunto una sfumatura frequentemente peggiorativa. Per provarlo, basta ricordare tal espressione “Amen!” al termine di una discussione o discorso per ratificare – senza discernimento e come per timore o senza convinzione – tutto quel che succede o ciò che l’altro ha detto. In una cultura come la nostra, priva del discernimento personale – soprattutto quando giunge sino a noi la critica e persino la contestazione...– vale la pena porre l’“amen” al termine di qualsiasi decisione altrui, di qualsivoglia sermone o di qualunque discorso pubblico o privato? 
– O non sarà una prova in più del fatto che non ci rendiamo conto di ciò cui pretendiamo apporre la firma con il nostro “Amen”?: es. «Dacci, Signore, umiltà. Amen. Sana gli infermi. Amen. Ti ringraziamo per quanto ci succede. Amen. Per i secoli dei secoli. Amen…
Stranamente, molto più curioso appare quando lo traduciamo col “Così sia!”. In questo caso si dà la sensazione che tutto quanto ratifichiamo, sia soltanto un vago e pietoso desiderio da parte nostra.
•    Dobbiamo smetterla con le traduzioni ed iniziare a ricuperare tutta la forza espressiva che racchiude la parola originale. L’“Amen” deve ritornare a significare per noi come un rotondo: «Sì, te lo chiedo!», «Sì, l’accetto!», «Sì, mi impegno a ...».
Bisbigliarlo meccanicamente alla fine di una preghiera, è tradire quest’espressione e persino la preghiera stessa. L’”amen” è molto più che una semplice “Sì”.
Il vero “amen” assomiglia molto più ad una proclamazione, ad una lode vibrante, ad una decisione che impegna intelligenza, cuore e volontà. Ogni “amen” deve scoppiare sulle nostre labbra come prorompe l’“hurrah” che lancia una folla. Racconta san Gerolamo che al suo tempo – secolo IV – l’“Amen”, rimbombava nelle basiliche come un vero tuono celeste.
– Già nell’Antico Testamento si vincolava l’espressione “amen” con l’esclamazione di “Benedetto sia il Signore!”. Così il salmo 72. «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, l’unico che compie meraviglie. Benedetto per sempre il suo nome glorioso, e che la sua gloria riempia la terra! E tutto il popolo rispondeva: Amen, amen!».
– Non si tratta, quindi di una parolina appena sussurrata. È un grido, un clamore che sgorga dalla fede di un popolo riunito.
 • Simile “Amen!”, rotondo e giubilante, passa direttamente dalle sinagoghe alla prime comunità cristiane, e diviene parte della celebrazione eucaristica, dove l’assemblea lo proclama al termine d’ogni preghiera – la medesima cosa che facciamo noi, anche se con minor convinzione -.
– San Paolo lo utilizza nelle sue epistole come per porre la firma sotto un saluto, una supplica o ringraziamento: «Che la grazia di Nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi, “Amen!” (Gal 6, 18).
– Al tempo dei martiri l’“Amen” adotta la forma di “professione di fede”, e così passa alla liturgia, ricuperato con una “sazietà insaziabile”, secondo sant’Agostino.
– Santi e sante, come Giuseppe da Copertino o Teresa di Gesù sono molto devoti dell’“amen”. E “amen” ripeteva incessantemente Padre Foucauld, durante le sue prolungate meditazioni notturne.

L’"AMEN" di GESU’ e di MARIA
•    Non dobbiamo dimenticare, ma, anzi, tener presente che Gesù lo utilizza ripetutamente all’iniziare varie delle sue affermazioni. «Amen, amen dico Vobis», che qualcuno traduce: «In verità, in verità vi dico», o «Vi do la mia parola», oppure «Ecco la mia verità» ...
1 – Ma più ancora, teniamo presente che questo "Amen" è anzitutto una persona, Gesù. Egli lo è stato durante la vita terrena, e lo è per tutti i secoli dei secoli, l’“Amen" più chiaro e completo alla volontà del Padre. Tutte le promesse e i piani del Padre trovano la più esauriente attuazione proprio nell’“Amen” del Figlio. – San Paolo ce lo ripete molte volte –.
– Nell’Apocalisse, Gesù torna ad essere indicato come l’“Amen” ed il Testimone fedele e veritiero.
2 – Il nostro cuore può allargarsi se mai contempliamo in Lui l’“Amen” di Maria. Quest’espressione, in lei si riveste di traduzioni molto peculiari:
– alcune volte verbali, come: "Si faccia!",
– altre, gestuali, come quello "stare" ai piedi della Croce;
– la maggior parte delle volte, però, consistono in quel misterioso "far silenzio", così peculiari! – dell’accettazione e dell’impegno personale mariano.
Come seguaci di Gesù e figli di tal Madre, pure noi abbiamo la vocazione di essere successivi echi degli "amen" che loro pronunziarono.
Tutti i suoi significati e tonalità si completano. “Amen” è al medesimo tempo: ratifica, lode, azione di grazie, gioia, solidarietà, proclamazione di una verità, chiamata di Dio e risposta dell’uomo. 

Amen – INTERIORIZZAZIONE
Vedere, giudicare e agire. 
È lo schema più classico di un vivere impegnato. Osserva con questa lente trifocale,
– quanto sta succedendo a te, in questo momento concreto della vita, riguardo la salute o stato d’animo,
– quanto alla vita del tuo spirito,
– quanto alla tua vita familiare,
– quanto alle tue relazioni sociali,
– quanto al tuo studio o lavoro.
E considera quante volte dovresti dire "Amen".
Ed ora esaminati:
– Quante volte ti sei impegnato a mutare tale situazione, invece di pronunciare semplicemente “Amen”?
– Quante volte non hai potuto far altro che accettare e dire. “Amen”? – Quando ti è costato più sforzo per pronunziarlo?
•• Ognuno di noi è cosciente di quando pronunziamo "amen" in modo abitudinario, e di quanto ci costa il gridarlo, in certe occasioni.
Ebbene, bisbigliamola, cantiamola o gridiamola mille volte questa parola.
Volesse il cielo che com’epitaffio del nostro sepolcro figurasse un giorno solamente questo.
"Qui riposa un figlio/una figlia, dopo aver pronunziato sempre
"Amen" a Gesù e a Maria, sua madre ".
******
La testimonianza mariana della celebre famiglia austriaca von Trapp
«Siamo tornati dal 'vecchio paese', l’Austria, con la nostalgia della preghiera davanti agli oratori dei cammini dedicati a Maria. Dato che non se ne trovano qui, negli Stati Uniti, ne abbiamo semplice-mente costruito uno. Durante il mese di Maria, spesso vi andiamo in piccola processione, recitando il Rosario o cantando degli inni. (…) 
Dobbiamo perdere questo rispetto umano di ciò che i nostri amici e vicini di casa potrebbero pensare per tale esibizione della nostra fede: poiché noi viviamo negli Stati Uniti, abbiamo notato, in numerose occasioni, che l'americano medio è la persona più tollerante quando sente che quanto fate parte da una profonda convinzione interiore. 
Per esempio, tre volte al giorno, la campana della nostra cappella suona l'Angelus, e allo stesso tempo, tutti in casa smettono di parlare, lasciano il lavoro che stanno facendo e recitano la preghiera: “l'Angelo del Signore annunciò a Maria”. Alle parole: “E la Parola si fece carne”, facciamo una genuflessione. Dopo l'Angelus, facciamo il segno della Croce e riprendiamo le nostre attività. 
La maggior parte del tempo, abbiamo tra i nostri ospiti persone di diverse fedi religiose, ma non ho mai visto il minimo barlume di un sorriso, un segno di critica o di disprezzo, o qualsiasi altra cosa che noi, Cattolici timidi, ci aspettiamo di ricevere. 
Ogni musulmano ci copre di vergogna: in certi momenti della giornata, egli prende il suo piccolo tappeto di preghiera e si inginocchia rivolto verso est, per recitare le sue preghiere, senza preoccuparsi di che cosa la gente possa dire o pensare. Ciò che la preghiera in direzione dell'Oriente è per un musulmano, è ciò che può essere l'Angelus per noi Cattolici». [Tratto dal libro di Maria Augusta Von Trapp: Intorno al mondo con la famiglia Trapp, 1955, Pantheon Books]
*** Al termine di queste meditazioni su Maria, concludiamo con una preghiera che riassume tutto ciò che possiamo contemplare e gioire delle meraviglie che Dio ha elargito sulla sua e nostra Madre.

O Santissima Madre di Gesù 
permetti ch’io Ti saluti
 con quelle stesse parole con cui Ti salutò 
il giorno santo della Tua Annunciazione, 
l’Angelo di Dio.  
Permetti che Ti dica anch’io: «Ave Maria!». 
Oh, Vergine Immacolata, 
permetti ch’io ripeta come l’eco dell’angelica voce, 
le parole che risuonarono nella Tua casetta,  
quando sull’umanità sorse il giorno Tuo,  
il giorno di cui il mistico nome è «Ave Maria!».
In quel giorno in Te sono state benedette tutte le generazioni.
In quel giorno la storia del mondo ricominciò di nuovo 
con le arcane parole dell’Angelo, «Ave Maria!» 
Con l’Ave Maria iniziò una nuova epoca,  
Con l’Ave Maria sorse sull’umanità l’aurora della Grazia,  
con l’Ave Maria iniziò il Tuo regno, o Vergine benedetta.  
Permetti dunque che dica anch‘io: «Ave Maria!».  
Lasciami pronunziare, lo so, con le mie indegne labbra il Tuo santo nome, 
ch‘io ripeta ogni giorno, continuamente fino al mio ultimo respiro, 
«Ave Maria!». 
Fa’ che un giorno io canti in cielo 
insieme a tutti gli angeli e i santi di Dio, «Ave Maria!». 
Perché con queste parole Ti salutò quel giorno Gabriele, 
ambasciatore del grande Re che chiedeva la Tua mano,  
Te, o graziosissima figlia dell’uomo. 
Oh, bellissima Vergine, 
in te s’unì il cielo e la terra e nacque il Salvatore.  
Perciò anch‘io non mi stancherò di dire: 
«Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te!». 
Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto il frutto del ventre Tuo».  
O Maria, o santissima Madre di Dio, 
prega per noi peccatori. 
Custodiscici per tutto il corso della nostra vita, 
e quando sul declinare dei nostri giorni, 
vedremo con terrore cadere su di noi l’ombra della morte 
restaci vicino per scacciare con il Tuo dolce sguardo i fantasmi della notte. 
Oh, resta vicino a noi come stesti vicino alla Croce  
ed accogliesti del tuo Figlio l’ultimo respiro!
Nelle Tue mani raccomandiamo il nostro spirito 
dicendo: «Ave Maria!».
(Ave Maria, preghiera ortodossa)
***

BAMBINELL0 GESU' 2024 Foto e didascalie poetiche di Padre NICOLA GALENO OCD









sabato 21 dicembre 2024

LE MASCHERE DEL POTERE di Padre MAURO ARMANINO

(Alexander Zinoviev, filosofo e dissidente russo)

Le maschere del potere

Non c'è nulla di assolutamente autentico a questo mondo. La cosa da capire non è se siamo con una maschera o senza ma il tipo di maschera che indossiamo.
L'intera storia della civiltà si fonda sulla fabbricazione e sulla sostituzione di maschere.
                         (Alexander Zinoviev, filosofo e dissidente russo)
Certo l’uso e il senso delle maschere cambia a seconda delle culture. Ad esempio, in alcune etnie dell’Africa Occidentale la maschera diventa un simbolo di presenza e potenza spirituale, qualcosa di sacro che unisce il visibile e l’invisibile nelle cerimonie rituali. Altrove nel mondo la maschera si usa nelle rappresentazioni teatrali e in genere per nascondere e rivelare allo stesso tempo altre identità. Spesso diventa sinonimo di doppiezza, falsità, commedia o semplicemente come un gioco delle parti. In alcune culture le maschere sono le protagoniste della festa di carnevale.
Quanto scrisse Alexander Zinoviev va dunque interpretato nella seconda versione citata sopra e si capisce molto bene, sotto tutte le latitudini, ciò di cui sta parlando. La falsità, la doppiezza, il trasformismo, le promesse che impegnano solo coloro che le ascoltano...di tutto ciò e molto altro sono portatori i regimi politici e le ideologie, anche religiose che affollano la storia umana. Zinoviev, che ha vissuto in esilio in Germania, ha sviluppato una critica spietata nei confronti dell’Occidente che pure lo aveva accolto con le braccia aperte non disinteressate a suo tempo. Per lui il punto non è se si indossa o meno una ‘maschera’ ma piuttosto il ‘tipo’ di maschera che addobba il volto. L’amico Steven Ellis, prematuramente deceduto, scrisse un libro in relazione alla guerra civile in Liberia dal titolo ‘La maschera dell’anarchia’, sull’accaduto dei 15 anni di distruzione e morte in quel Paese.
Invece, qui come anche altrove, si parlerebbe piuttosto di ‘Maschere del potere’ ossia della costante, studiata e pianificata falsificazione della realtà. Si tratta di un progetto che accomuna ogni ideologia o progetto sociale che si vuole totalitario cioè mirato ad impadronirsi dell’identità della persona e della società per farla a sua immagine e somiglianza. Per questo Zinoviev parla di ‘fabbricazione e di sostituzione’ di maschere qualora ciò si renda necessario per il regime al potere. Il dominio sull’informazione appare cruciale perchè specie oggi esiste solo ciò che appare sugli schermi, grandi o piccoli essi siano o sulle onde delle radio. Il controllo delle notizie si avvale di giustificazioni ideologicamente motivate dall’adeguamento della realtà a quanto forma il mondo del potere. Coloro che influenzano il pensiero e la pratica del popolo sono temuti e se possibile arruolati al sistema di pensiero unico del sistema. Non casulmente i capi religiosi, assieme ad altri intellettuali, artisti o membri della società civile, saranno oggetto di particolare cura e ricompensa.
Ma la maschera della falsità si indossa anche in altri ambiti come la politica, l’economia, la gestione della sicurezza e soprattutto nell’uso della parola. Quest’ultima vale e conta tanto quanto è funzionale al progetto totalitario del regime. L’involucro esterno delle parole non corrisponde più al significato di cui esse sono portatrici. L’uguaglianza, la giustizia, i diritti umani, la libertà e la dignità sono termini il cui contenuto varia a seconda delle convenienze e della funzionalità al progetto di società che vuole instaurare. Tutto ha però un limite che è dettato dalla realtà stessa che, come sappiamo, è ostinata, insistente, pericolosa e fastidiosa. Soppressa o nascosta da una parte rispunta dall’altra perché mai totalmente controllabile e manipolabile dal sistema. Malgrado tutti i patetici tentativi dei regimi totalitari essa sfugge da un’unica spiegazione, lettura e asservimento. Arriva il giorno nel quale, talvolta senza alcun preavviso, le maschere cadono e il volto del potere appare nella sua nuda e menzognera verità.
            Niamey, Mauro Armanino, dicembre 2024

venerdì 20 dicembre 2024

SUORA BOTTEGO MADRE CELESTINA - PARMA- società missionaria di Maria

   Ringrazio Edi Morini per il testo che mi ha inviato, relativo alla suora che non conoscevo. 

Parma Celestina Bottego Sempre nei nostri cuori


A Parma, il bellissimo parco che si trova incastonato tra Via Pascal e Via Euclide, è dedicato a Suor Celestina Bottego, nipote del famoso esploratore Vittorio, tragicamente morto in Africa. Grazie a questa bella iniziativa comunale Celestina vive per sempre nel suo amato quartiere, San Lazzaro.

Giambattista Bottego, fratello maggiore di Vittorio Bottego (noto a livello mondiale come esploratore ed ufficiale, artigliere prima a Torino poi a Pinerolo, quindi in Eritrea), si era trasferito in America, dove aveva sposato Mary Healy. Celestina nasce il 20 dicembre 1895 a Glendale (Ohio) e vive fino ai quindici anni nello stato del Montana.

Quando Vittorio muore ucciso nel Continente Nero il 23 luglio 1897, Giambattista torna a Parma con due dei suoi figli, Maria e Vittorio, per occuparsi dei genitori anziani. Celestina e la mamma Mary raggiungeranno il resto della famiglia nel 1910.


A Parma, Celestina studia con profitto e diventa una prof molto amata dai suoi allievi. Esercita per circa vent’anni nelle scuole pubbliche.

In seguito, insegnerà l’inglese ai missionari saveriani.

Insieme alla sorella Maria, Celestina dedica molto tempo alla vita spirituale, guidata dall’abate benedettino Emanuele Caronti. Diventeranno suore ambedue. Celestina pronuncia i voti nel 1922, come suora oblata. Maria diventa missionaria francescana nel 1924.

Nel 1936, Celestina e Maria vanno in India per un breve periodo come missionarie.

Per chiunque si trovi nella tribolazione, Suor Celestina rappresenta un solido punto di riferimento pratico. Nel turbine della Seconda guerra mondiale, sa garantire ascolto e soccorso a chicchessia, senza distinzioni. Tutta Parma la stima e le vuole bene.

Nel 1945, terminato il conflitto, Celestina, cinquantenne, abbraccia pienamente la vocazione missionaria come Madre fondatrice delle Suore Saveriane di Maria. La gente le chiama affettuosamente “Suore Bottego”.

Direttrice generale, Celestina favorisce con indiscussa lungimiranza il nascere di tante fondazioni missionarie oltre frontiera: in Congo, in Burundi, in Brasile, negli Stati Uniti. E’ sensibile, intelligente, generosa, instancabile, di mentalità aperta. Capace di mediare e rasserenare. Forte di una fiducia illimitata nella Provvidenza divina. Muore il 20 agosto 1980.

Ma i parmigiani, e non soltanto loro, la ricorderanno per sempre. Vive nei nostri cuori. Nel 2013, la Chiesa l’ha dichiarata venerabile e ci auguriamo che presto sia dichiarata santa.







CHIESA PIU' BELLA DEL PORTOGALLO


Igreja matriz de Santa Maria de Válega

I lavori per la costruzione dell’edificio iniziarono nel 1746 e fu necessario quasi un secolo per il loro completamento.

In stile barocco e a pianta longitudinale, la chiesa presenta un’unica navata ed il corpo del presbiterio affiancato da due sacrestie volumetricamente distinte.

Il campanile quadrangolare a tre registri è posto sul lato sinistro della facciata ripartita da lesene, conclusa da un timpano e rivestita di maioliche policrome rappresentanti scene dell’Antico e Nuovo Testamento, datate tra il 1959 e il 1960 e dipinte a mano da Aleluia Cerâmicas di Aveiro.

I prospetti laterali e posteriori sono invece rivestiti con i tipici azulejos portoghesi bianchi e blu progettati dall'architetto Januário Godinho. Risale al 1942 la collocazione del pannello in maiolica sulla parete esterna de presbiterio raffigurante la Signora di Amparo, firmato dall'atelier di Jorge Colaço ed eseguito da Fábrica Lusitânia di Lisbona.


lunedì 16 dicembre 2024

MILLE ANNI PER UN'"AVE MARIA" "PREGA PER NOI PECCATORI" quinta conferenza d'Avvento di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 

Lorenzo Lotto, Natività, 1523, Washington, National Gallery of Art

5 – MILLE ANNI PER UN’ “AVE MARIA”
«PREGA PER NOI PECCATORI»


Sappiamo e crediamo che esiste la grande verità della “Comunione dei Santi”. Cioè, che tutti possiamo intercedere l’uno per gli altri davanti a Dio. E allora, quanto più lo potrà fare Maria, la Madre spirituale di tutti noi!
Non c’è spazio, né crediamo necessario dimostrare tale affermazione in queste pagine. Basterà precisare, e fare avvertenza a che si eviti un possibile errore d’interpretazione.
Quando affermiamo che Maria è la mediatrice universale di tutte le grazie, che è l’“onnipotenza supplicante”, ecc., non intendiamo affermare che Dio l’ascolta come se Lui fosse alla mercé delle volubili suppliche umane. No! Ricordiamo e confessiamo che il potere divino è stato “incorporato” in Maria dallo Spirito Santo che abita in lei, e dalla sua maternità divina di Gesù. In una parola, il “potere” di Maria le viene dalla sua intima unione con la Trinità. Possiamo dire che, in Lei è lo stesso Dio che “presenta” le nostre suppliche (Non è infatti, lo stesso Spirito Santo, Dio, che ci fa pregare – come ci ricorda S. Paolo –, che ci pone nel cuore le parole giuste, “gemiti ineffabili”, da rivolgere al Padre, Dio?). 
Nell’accogliere le nostre suppliche è lo stesso Dio che, in Maria, si volge pieno di bontà sui propri figli.

IL SIGNORE HA POSTO VICINO A NOI MARIA
«Il Signore, nel piano provvidenziale della creazione e della Redenzione, ha voluto porre vicino a noi Maria Santissima, che ci sta accanto, ci aiuta, ci esorta, ci indica con la sua spiritualità, dove stanno la luce e la forza per proseguire il cammino della vita».
Giovane ancora, padre Massimiliano Kolbe così già scriveva da Roma alla mamma: «Quante volte nella vita, ma particolarmente nei momenti più importanti, ho sperimentato la speciale protezione dell'Immacolata ...! Depongo in lei tutta la mia fiducia per il futuro».
UNA MADRE ALLA QUALE PUOI CHIEDERE TUTTO
Ci sono momenti in cui non ci si accontenta di pensare che Maria è lì, che ci guarda, ci protegge e fa crescere in noi la vita divina; si prova il bisogno di guardare a lei le nostre angustie o di presentarle con calma le nostre.
Santa Teresa di Gesù Bambino si ricollega alla grande tradizione della Chiesa che ci fa chiedere nelle feste della Vergine "la salute dell'anima e del corpo"; per la sua intercessione chiediamo a Dio "di essere liberati dalle tristezze di questo mondo e di gustare le gioie dell'eternità". Ad una mamma non piace di vedere i suoi bambini nella tristezza. Non è dunque normale chiederle di ottenerci gioia e salute?
Si trova la stessa atmosfera nella bella preghiera di padre De Grandmaison:
Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di bambino,
puro e trasparente come sorgente;
ottenetemi un cuore semplice, 
che non conosca la tristezza.
Teresa lo faceva con molta semplicità e spontaneità. Sapeva che ad una mamma si può dire tutto. Aveva compreso che non bisogna mai "pastorizzare" la propria preghiera, soprattutto quando ci si rivolge alla Vergine:
«Vorrei avere una bella morte per farvi piacere – dice alle sue suore il 4 giugno 1897 –; l'ho chiesto alla Madonna. Non l'ho chiesto al Signore Dio, perché voglio lasciarlo fare come vorrà. Chiedere alla Santa Vergine, non è la stessa cosa. Ella sa bene cosa deve fare dei miei piccoli desideri, se occorre che li dica o non li dica».
Due giorni più tardi, dopo una visita del medico che la trovava meglio, confessa che aveva molta voglia di andarsene. «Lo dico alla Madonna – continuava – che ne fa quello che vuole”.
Una riflessione analoga nella festa del 15 agosto: «Chiedevo ieri alla Madonna di non tossire più, perché suor Genoveffa possa dormire, ma ho aggiunto: «Se voi non lo fate, vi amerò di più».
Magnifica devozione mariana, la cui intensità non dipende dalle carezze ottenute, ma che osa chiedere le cose più semplici».
“PECCATORI”! 
La definizione, la qualifica che a noi calza a pennello!
Nessuno venga a sostenere che, in genere, noi uomini siamo restii ad aggiungere ai nostri rispettivi nomi degli aggettivi qualificativi. Li abbiamo, anzi, ricercati per tutti gli uffici e per tutti i gusti: 
– da imperatore, re, governatore, (i qualificati “i grandi”) ad un eccetera interminabile – per i politici
– a quello di pontefice, cardinale, patriarca, archimandrita, vescovo, e molti altri, per gli ecclesiastici.
– Si continua con il rettore magnifico, cattedratico, laureato e licenziato, tra i docenti; fino a quelli di maresciallo, ammiraglio, generale, capitano di corvetta o sergente, tra alcuni di carattere militare.
– E tutto ciò, senz’entrare nell’inestricabile ragnatela di titoli nobiliari, impresari, sociali, ecc. 
– Tutti lottiamo dalla mattina alla sera affinché, almeno, ci tengano per intelligenti, ricchi, amabili, educati, sportivi o belli… o “moderni”, al “passo coi tempi”, ecc, ecc.
Ebbene, lungo la sfilza dei secoli in cui, coscientemente o meccanicamente, si è venuta recitando la preghiera della “Ave Maria”, abbiamo dato, stavolta almeno, nel segno, affibbiandoci la qualifica che più ci va a pennello, che ci si descrive e ci s’inquadra: quella di “peccatori”.
Non è facile, però, riconoscerci tali!

sabato 14 dicembre 2024

LA GUERRA RIPUDIATA di Padre MAURO ARMANINO

 


La guerra ripudiata

‘io sono la guerra’, aveva quasi urlato Cisca, originaria della Democratica Repubblica del Congo. Una storia di esilio senza fine costellata da innumerevoli esperienze vissute sulla propria carne di donna.  Si trova adesso nel suo paese di origine e i contatti, fatalmente, col tempo si sono allentati. Potrebbe essere un buon segno perché lei voleva mettersi al servizio di donne, come lei, ferite dalla guerra. 

Una volta cominciate le guerre non finiscono mai. Lasciano paure, cicatrici, traumi, ferite, memorie di congiunti, amici e vicini uccisi o minacciati di morte. La fuga, l’esilio e, spesso, il lungo viaggio alla scoperta di una terra ospitale nell’inutile tentativo di dimenticare il dramma vissuto nella propria. Le immagini della casa abbandonata, bruciata e distrutta abiteranno per sempre i loro occhi.

Sono arrivate a Niamey non da molto. Le vedove e le madri i cui figli hanno perso la vita per le azioni terroriste di ‘Boko Haram’ o altri gruppi affini. Molte di loro avevano trovato lavoro nel Mali, cercando un improbabile riparo dalla violenza armata. Anche in quel Paese le cose si erano messe male e così, per vie traverse hanno raggiunto il Niger. Altre donne le hanno raggiunte per analoghi motivi.

Queste ultime, come le precedenti, sono scappate dal ‘gigante’ demografico e in parte anche economico dell’Africa, la Nigeria. Queste persone non sono che fastidiose incombenze statistiche per le Nazioni Unite e altre agenzie umanitarie. Vivono di nascosto in città col numero imprecisato di bambini ignari, per ora, del destino che li attende. Le guerre, quando incominciate, non finiscono mai.

Dopo la guerra, la violenza armata, l’esodo, la fuga e la scomparsa del mondo conosciuto comincia l’altra guerra. Quella che si continua a combattere per ricominciare a vivere una vita decente in mezzo a gente che troppo spesso non coglie il dramma che gli sfrattati del futuro si portano dentro. Alfredo è partito dal Cameroun dove aveva creato un’accademia di calcio. Ora gioca, di nascosto, con la vita.

I ricordi gli scivolano tra le dita. La figlia di cui non ha più notizie e la famiglia di cui ha perso le tracce. La guerra nella guerra continua per il cibo, un alloggio, i documenti, la salute e un lavoro che gli permetta di ridare vigore alle sue illusioni perdute. Prega, partecipa a convegni religiosi e, da qualche giorno, si è presentato alla Casa della Cultura Russa recentemente apertasi a Niamey. 

Vorrebbe cominciare a seguire i corsi gratuiti di lingua perchè spera, un giorno, di essere scelto per una borsa di studio in Russia. Difficile cogliere dove può condurlo la sorte. Nel frattempo, ha seguito corsi di informatica e spera di tanto di fondare un’altra accademia. In essa si imparerebbe come le spade possano diventano vomeri, le lance falci e l’arte della guerra sarebbe ripudiata per sempre.

 Mauro Armanino, Niamey, dicembre 2024


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi