5° giorno - Vita e
familiarità con Maria
Il servizio a Maria
è parte integrante e fondamentale della vita carmelitana. Fin dall’inizio i
Carmelitani l’hanno venerata come la Virgo Purissima, la Vergine e Madre
illibata e Immacolata, culto questo, che serve soprattutto l’aspetto
contemplativo: Maria come modello da imitare nel cammino mistico della
preghiera. Il Carmelitano, come ogni cristiano che seriamente vuole
incamminarsi per la via del Vangelo, vede nella Virgo Purissima, l’ideale di
santità che desidera raggiungere. Certo questo ideale è impossibile da
raggiungere se si guarda solo al dono-privilegio dell’Immacolatezza originaria
di Maria, ma il Carmelo la può e la vuole imitare nell’unione con Dio, in
quella libertà e purezza di cuore necessarie per intraprendere un cammino di
preghiera e di dialogo di amicizia profonda con il Signore Gesù, Amico,
Maestro, Sposo e Signore. Il servizio a Maria comprende in sé la vita di
intimità filiale di Gesù con Maria, cioè i sentimenti di amore e tenerezza
filiale che Gesù nutriva verso la sua Madre Maria; l’unione di sentimenti e di
desideri per la gloria di Dio nel servire il suo Regno, la partecipazione alle
sue sofferenze redentive per tutto il genere umano e la forte speranza della
resurrezione futura in un mondo rinnovato dall’Amore di Dio. In questo modo il
Carmelo partecipa e continua la vita affettiva di Gesù verso sua Madre Maria.
RIFLESSIONE
DALLE “ESORTAZIONI DELLA BEATA FRANCESCA D’AMBOISE, Capitoli VII e XIX: Modo di
resistere alle tentazioni e silenzio”.
Questa lezione è della Regola, ed è
un’esortazione che sarà molto utile considerare spesso. Vi mostra le tentazioni
e il modo di resistervi. Tra le altre cose: “il vostro petto sia fortificato
con pensieri religiosi” (Regola c. 14), Poiché secondo i pensieri sono le
parole che escono dalla bocca e dal cuore.
E’ necessario allontanare i cattivi
pensieri e ritenere i buoni. Vi ho detto sempre, che voglio vi abituiate a
osservare il silenzio e a parlare poco, poiché dal moto parlare non vengono le
sante meditazioni né i buoni pensieri.
Quando il cuore è ben regolato, lo
sono anche le parole, specialmente in tempo di silenzio. Nelle parole vane si
trova sempre il peccato. Quasi non si può parlare senza che vi sia peccato.
Vedete come i tempi sono pericolosi: la morte è dovunque. Dovete stare sempre
in guardia. Bisogna studiarsi di vincere le cattive inclinazioni. Dove ci
accorgiamo di mancare maggiormente, occorre ingaggiare la battaglia,
correggerci ed emendarci.
Vi sono alcune tanto scrupolose e
spaurite che quasi non parlano, e si fanno scrupolo di dire una parola oziosa.
Ogni parola che è di vantaggio per sé o per gli altri è oziosa e si dovrà
rendere conto (Regola c. 6).
Quelle che temono Dio e stanno
attente non saranno mai ingannate e sorprese. Le altre devono fate attenzione a
non lasciarsi prendere alla sprovvista, senza olio né fuoco nelle loro lampade.
Non è che non vengano spesso
avvertite al riguardo. Voi ascoltate tante pie esortazioni da quei buoni padri
che predicano tanto bene da sembrare che sia Dio stesso a parlarci.
Si parla sempre dell’obbedienza e del
silenzio. Anche la nostra Regola lo prescrive espressamente. Ci si lascia
andare senza necessità dopo compieta, in refettorio, nel chiostro e nel
dormitorio.
Al lavoro, mentre fate le vostre
faccende, non dovete parlare prima dell’ora Prima, e se proprio occorre farlo,
lo si faccia a voce bassa e brevemente per pura necessità. Parlare a voce alta
e ridere forte è scandaloso. Ci si può talmente rilassare nel comportamento da
arrivare al disprezzo: “l’abisso chiama l’abisso” (Sal 41, 8). Se cominciate a
parlare e a rilassarvi, da qui a venti anni sarà ancora peggio e perciò è
meglio trattenersi. Dobbiamo lasciare il buon esempio dopo di noi.
Niente ci turba come le cose del
mondo.
Durante il lavoro non bisogna parlare
invano, né come fa l’altra gente. Gli statuti prescrivono che chi vuol cantare
qualcosa di devoto deve chiedere il permesso, ma senza permesso si fa peggio
che a parlare. Avete inteso spesso come le madri di Liegi durante il lavoro
osservano il silenzio e non parlano senza il permesso o a ricreazione.
Guardatevi dal dire cose vane. Ci sono tempi forti, come l’Avvento e la
Quaresima, nei quali va osservato meglio il silenzio e sforzarsi di far bene.
Alle monache di S. Chiara il silenzio è prescritto non solo durante l’Avvento,
ma anche nei quaranta giorni tra Ognissanti e Natale, oltre all’altra
quarantena che è la Quaresima. Se a noi non è prescritto così strettamente, se
ci è ordinato di parlare poco, il silenzio della Regola ci è comandato
strettamente, e dopo compieta tutto deve essere fatto in silenzio (Regola c. 16),
come camminare, muoverci, parlare senza rumore, e non causare molestia alle
altre, in camera, in dormitorio o altrove. Tutto va fatto in silenzio. […]
[…] E’ rigorosamente proibito
divulgare i fatti e i detti della casa, del convento, delle persone all’interno
alla gente di fuori, chiunque sia, salvo il visitatore, al quale tutte possono
esporre ciò che ritengono sia da correggere. E’ detto che non bisogna rivelare
il segreto del capitolo a chi non vi ha partecipato, e come deve essere
castigata severamente quella che sarà trovata a parlarne fuori. Guardatevene
bene, come pure dall’ascoltare cattivi discorsi, perché si fa facilmente quello
che si ascolta.
La parole vane mostrano le coscienze
vane. Tale è la parola tale è l’animo, perché la bocca parla dalla pienezza del
cuore. Aspettate di essere interrogate e che la domanda vi apra la bocca. Le
persone non eccedono nel parlare, perché nel molto parlare non manca la colpa
né il peccato. Vi prego, custodite la bocca e abbiate perfetta carità
scambievole.
Come vi ho detto altre volte, la
professione la si fa presto e facilmente; basta dire quattro parole. Il
difficile è mettere in pratica ciò che contiene. Sarebbe meglio non obbligarsi
affatto che legarsi e poi non far nulla o molto poco.
Le disposizioni che io impartisco si
osservano per otto o quindici giorni, e dopo si dimenticano subito. Potrei dire
anch’io come il buffone di un re. C’era un malfattore al quale avevano
perdonato molte volte. Lui si comportava sempre peggio di prima e uccise ancora
un altro uomo dopo che ne aveva già uccisi molti. Il buffone disse al re:
“Sire, non è stato lui ad uccidere l’ultimo”. “Allora chi è stato?” chiese il
re. Rispose il buffone: “Siete stato voi, sire”. “Come?”, disse il re. Il
buffone rispose: “Se voi aveste fatto ciò che dovevate fare, esercitando la
giustizia, quello non lo avrebbe fatto”. Così è anche per me, secondo il mio
parere: mancano di far osservare gli statuti, si fanno molti sbagli.
Pensate che troppi discorsi sono
dannosi al prossimo. Le parole bugiarde sono proibite a tutti e specialmente
alle religiose. Anche le parole oziose vanno evitate. Ci si guardi bene dal
pronunciare parole che rompono la carità. Se una parola sfugge per leggerezza,
venga subito riparata, e non si rimanga adirate a lungo l’una contro l’altra.
Parlare poco è buono e vantaggioso.
Mantenersi nel timore di Dio, impegnarsi di tutto cuore e guardarsi
dall’offenderlo. Vi raccomando la pace.
Preghiamo:
O Maria, tu sei
veramente la più affettuosa fra tutte le mamme del mondo, perché anche
attraverso il tuo santo Abito ci hai ricolmato di favori e di grazie.
Non contenta di
chiamarci alla tua sequela hai voluto anche impegnarti a difenderci dai mali
che ci tormentano sulla terra.
Questa verità ci
conforta nelle nostre prove e ci rafforza nella certezza che il tuo Scapolare,
o Maria, è realmente pegno della tua materna protezione e segno di salvezza nei
pericoli dell'anima e del corpo.
Nessuno potrà
comprendere mai abbanstanza le grazie e i prodigi operati per mezzo del santo
Abitino a favore di quanti lo indossano con filiale devozione. Il nostro cuore
si riempie di gioia al pensiero di essere in ogni tempo sotto il tuo
patrocinio, o Vergine del Carmelo, nostra Madre e nostra avvocata. Ave Maria.
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