AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 22 febbraio 2021

Tentazioni di sabbia nel Sahel di P. Mauro Armanino

Tentazioni di sabbia nel Sahel

Il solo mezzo per liberarsi di una tentazione è quello di cedervi. È uno degli aforismi più noti di Oscar Wilde, discusso e spesso criticato scrittore irlandese morto nel secolo scorso. Le nostre tentazioni sono di sabbia e, come lei, si insinuano, come la polvere, nei meandri e snodi della vita personale e della storia collettiva. Alcune delle tentazioni sono più importanti e seducenti di altre. Spesso sono universali, semplicemente legate al fatto di essere umani, fragili e inermi dinanzi a fatue promesse o inedite opportunità. Le tentazioni sembrano aprire a ciò che appariva chiuso, sigillato, barricato dietro muri di cinta. I figli hanno le loro e così i padri di famiglia o le donne, in particolari stagioni della vita. A ognuno le sue tentazioni o, se vogliamo, occasioni per fare esperienza e talvolta pagare di persona le scelte operate per accedervi. Esistono tentazioni che assumono il colore e il sapore delle circostanze e del contesto in cui nascono, crescono, si sviluppano, maturano e infine si realizzano. Nel Sahel, non meno o non di più che altrove, abbiamo le nostre e, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di mettere in pratica l’aforisma di Oscar Wilde.

Ad esempio: la tentazione di svendere i propri ideali in cambio d’illusioni mercantili.  Come se il possesso di soldi e di merci siano la garanzia di dare un senso e una direzione alla vita. Gli intellettuali, i politici, buona parte dei comunicatori sociali e financo i profeti a buon mercato, entrano in questa speciale categoria. L’importanza del prestigio sociale, la carriera e l’opportunismo politico non sono altro che mezzi per un fine che, come l’orizzonte, si allontana quanto ci si avvicina. Le alleanze di convenienza, che si fanno e disfanno a seconda delle stagioni, ne sono uno degli esempi più illuminanti. Nè amici né nemici, solo provvisori complici di affari e voltagabbana se questo appare funzionale al sistema di rapina dei poveri. Quanto di più sacro, se ancora ne esiste la percezione, e costitutivo di valori ed esperienze fondanti, è semplicemente cancellato. Ciò che conta, in definitiva, è l’interesse che l’affare, la relazione o il progetto possono comportare per se stessi o il proprio circolo. Il trasformismo assomiglia paurosamente a quanto accade nel pianeta calcio del nostro tempo. Si cambia di squadra durante il campionato a seconda del montante dell’ingaggio e, con l’attuale assenza delle tifoserie, il processo appare ancora più semplice e indolore.

Oppure la nefasta tentazione di chiudere parole, porte e frontiere per chi. dove e come si trova,  il presente è diventato invivibile. Andare lontano dove ci sono le luci che brillano più forte e dove suona diversa la musica del tempo che passa. Guerre, carestie, cambiamenti climatici, demografia, pessimo governo della Casa Pubblica, cioè della Repubblica, sono altrettanti accorati inviti per cercare altrove ciò che qui non si trova o si è smarrito. Diritto di rimanere e diritto di partire camminano insieme e la tentazione della fuga è a volte l’unica realtà possibile. Il nostro Niger, chiamato a scegliere proprio oggi il suo nuovo ‘Timoniere’, dal penultimo posto nell’indice dello sviluppo umano, si è gradualmente trasformato in terra d’asilo per migliaia di persone. Perché c’è un partire e c’è uno scappare per salvare se stessi e la propria famiglia dall’orrore. Diverse migliaia di persone, con l’unico torto di essere nate nel posto e momento sbagliato, sono costrette a trovare un rifugio degno di questo nome, onde tentare di mettere assieme i pezzi sparsi di una vita spezzata. Sulle strade di Niamey e nei centri di transito c’è un’Africa di volti e storie che camminano nella sabbia. La tentazione di renderli invisibili è forte perché il peso del loro sguardo è insopportabile. Alcuni di loro hanno iniziato lunedì uno sciopero della fame. Questione di dignità.

L’ultima tentazione è nata da poco e consiste nel credere che ORMAI non c’è più niente da fare. Il mondo, l’Africa, la società e il Niger sono così e basta. Magari l’ha voluto Dio o se non l’ha voluto lo ha almeno permesso perché, dice il senso comune della gente, non c’è nulla che accada senza il suo esplicito consenso. Carestie, guerre, gruppi armati, contadini nel quotidiano, donne in lista d’attesa, giovani derubati del verbo coniugato al futuro, sindacati come soprammobili del potere, partiti tenuti in ostaggio dal potere, democrazia alimentare, elezioni consigliate e religiosi in cerca d’autore. Tutto sembra imbullonato, deciso, assodato e comunque inevitabile. E’ la tentazione più subdola, specie per i pochi e autentici militanti che credono ancora e sempre in un mondo differente. Nel frattempo la sabbia, silenziosa e tenace, sorride.

      Mauro Armanino, Niamey, 21 febbraio 2021

venerdì 19 febbraio 2021

JEAN THIERRY EBOGO - Carmelitano camerunese

La tomba di Fra Jean Thierry Ebogo a Nkolbisson (Camerun), dove riposano le spoglie mortali di Jean-Thierry

Oggi, Padre Federico Trinchero, Carmelitano della Provincia Ligure e missionario in Centrafrica,  dopo essersi recato per il 15° dalla morte del piccolo frate in odore di santità, mi ha scritto inviandomi la foto della sua ultima dimora terrena, che vedete qui sopra. Mi pare doveroso riportare la sua biografia affinché tutti possano conoscere il suo coraggio e la grande fede in Dio.

Jean-Thierry nasce il 4 febbraio 1982 a Mfou Awae, Cameroun, a 15 chilometri dalla nostra prima Missione in Cameroun – Nkoabang, secondo  figlio di otto fratelli.  La mamma è insegnante delle Scuole materne.

Il papà è guardiano di prigione e per questo suo lavoro sarà trasferito più volte nelle diverse località del Camerun, dal Centro, al Sud, al Nord del paese.

Jean-Thierry seguirà la famiglia in questi spostamenti.

Battezzato il 27 maggio 1982, riceverà la Prima Comunione il 29 maggio 1994 e il sacramento della Cresima il 18 febbraio 1996.

Nel giugno 1982 ottiene il Baccalaureato serie C (la nostra Maturità scientifica) e chiede di poter entrare nella nostra Comunità di Nkoabang: dove passa quasi due anni come aspirante e postulante.

Nel giugno 2004 viene approvato per il Noviziato in Burkina faso con altri due confratelli. Mentre si stanno facendo tutte le pratiche per la partenza, ecco che un dolore alla gamba viene a disturbare la sua vita. Si pensa a qualche insetto che lo ha punto e gli si mettono delle pomate. Ma poiché il male non scompare, ma aumenta sempre più, lo si porta da un ortopedico che dopo alcuni esami gli diagnostica un osteosarcoma. Il medico propone di amputare il più presto possibile la gamba.

Iniziano le consultazioni fra Camerun e Italia sul da farsi. Si trova finalmente in Camerun un chirurgo oncologo che inizia la chemioterapia preventiva, perché l’operazione abbia successo.

Fra Jean Thierry Ebogo

Jean-Thierry, anche se con dolore, dà il suo assenso per l’amputazione, dicendoci: “Se questo mio sacrificio è per il bene della missione carmelitana in Camerun, l’accetto volentieri. Mio unico desiderio è di poter diventare religioso carmelitano, se questo sarà possibile”.

Dopo l’amputazione della gamba e la chemio che ne è seguita, sembrava che tutto fosse a posto.

Gli venne anche costruita una protesi e dopo qualche tempo la sua vita divenne quasi normale.

Per questo nell’agosto del 2005 si decide, anche su consiglio del chirurgo che lo aveva operato, di portare Jean-Thierry in Italia, a Milano, perché prosegua la sua vita religiosa e gli studi di filosofia e teologia.

Mentre stiamo per concludere l’iter delle pratiche burocratiche, ecco che il nostro giovane camerunese comincia a sentire dolori alla schiena. Il viaggio in Italia fu per Jean-Thierry molto faticoso per i dolori.

Arrivato in Italia, i medici constatano che il male tumorale ha invaso il suo corpo. Dagli specialisti veniamo a sapere che l’esplosione del male è simile a una leucemia folgorante.

Inizia allora nell’Ospedale civile di Legnano, dove la scintigrafia e la TAC diagnosticano che il male tumorale ha ormai invaso molta parte del corpo, quel calvario che durerà fino al 5 gennaio 2006 quando alle ore 0,15 della vigilia della Epifania, dopo aver seguito la S. Messa  celebrata nella sua camera da P. Tommaso e le preghiere per gli ammalati e  i moribondi, Fra Jean-Thierry del Bambino Gesù e della Passione, rende lo spirito al Padre.

Ho detto un calvario da parte di Jean-Thierry, ma anche un cammino di luce per lui e anche per coloro che lo hanno visitato e sono stati dei brevi momenti o delle lunghe ore di giorno e di notte presso il suo capezzale.

Posso veramente affermare che quanti l’hanno incontrato in questi quattro mesi di malattia, dapprima a Legnano, poi nel Centro dei tumori di Candiolo, dove si era posto tanta speranza, nei 10 giorni di Troffarello, nella casa delle Suore Camilliane e infine di nuovo a Legnano nella terapia intensiva per le cure palliative, tutti sono rimasti colpiti dalla sua serenità con cui sopportava il male che gli stava distruggendo il corpo, dalle sue pacate, sempre pertinenti risposte che dimostravano una maturità ed una saggezza che non potevano venire solo dalla sua giovanissima età.

Le testimonianze sarebbero tantissime da raccontare.

Fra Jean Thierry Ebogo

Fin dai primi giorni del suo ricovero all’Ospedale di Legnano, la Dottoressa Annarita Braga, una mattina al mio arrivo all’ospedale, mi dice: “Ma chi ci avete portato qui all’Ospedale?”.

Pensando che fosse successo qualcosa di spiacevole, dissi: “Ma…un giovane camerunese…” e prima che potessi terminare la frase, mi disse: “Ma questo è un santo! Non è possibile soffrire dolori atroci in quel modo”.

Venne poi la partenza per Candiolo (Torino) nel centro specializzato per l’osteo-sarcoma.

Nonostante la fatica del lungo viaggio, il dolore sempre presente e forte e il grave pericolo della morte, arrivati in quel centro, dopo circa un’ora di permanenza in quell’ospedale, Jean-Thierry mi disse con un sorriso che dimostrava tutta la sua riconoscenza: “Ora so di essere stato portato in un luogo dove faranno di tutto per guarirmi”.

C’era in lui la forte convinzione di poter guarire servendo per tanti anni la Chiesa nel Carmelo.

Dopo più di un mese di terapia intensiva, in cui sembrava che il male dovesse regredire, arrivò un giorno di novembre in cui l’équipe medicale di Candiolo, per bocca del Professor Grignani, ci disse che purtroppo le cellule malate avevano progredito più celermente delle cellule sane e che la metastasi aveva invaso tutta la schiena e il fegato.

I tre medici presenti erano visibilmente addolorati per questo. Parlarono dapprima con me e poi  dissero le stesse cose a Jean-Thierry.

Mi impressionò, anche quella volta, la compostezza e la serenità con cui Jean-Thierry ascoltò e accettò quel verdetto. E a quei medici, ancora visibilmente addolorati, Jean-Thierry disse: “Grazie per tutto quello che avete fatto”.

Era il 14 novembre 2005.

Ritornò di nuovo all’Ospedale di Legnano nel reparto cure palliative. Da quel giorno Jean-Thierry mise tutta la sua fiducia nella guarigione in Dio.

Tanti amici di Candiolo e di Torino continuarono a venire a visitarlo e a stare con lui lunghe ore di giorno e di notte. A tutte quelle persone (cui va il nostro grazie più sincero e riconoscente) si aggiunsero le tante altre persone di Legnano.

Fra Jean Thierry Ebogo

Jean-Thierry aveva manifestato il vivo desiderio di emettere la sua Professione religiosa per essere carmelitano-teresiano con tutti i crismi e per sempre.

Chiesto lumi alla Casa generalizia di Roma, dopo aver ricevuto il verbale della Comunità del Camerun sul cammino formativo di Jean-Thierry, con la loro petizione di ammetterlo alla Professione religiosa e dopo aver ricevuto il permesso dalla Casa Generalizia di Roma per la Professione religiosa, nel pomeriggio dell’8 dicembre 2005, solennità dell’Immacolata, nella sua camera, rivestito dell’abito religioso e della cappa di Padre Giorgio Perruzzotti, superiore delle due case del Cameroun, fece la sua Professione religiosa con il nome di Jean-Thierry de L’Enfant Jésus et de la Passion.

Fu una cerimonia molto semplice, ma molto bella e toccante. Era presente anche la mamma di Fra Jean-Thierry, arrivata da qualche giorno dal Camerun che con lacrime di commozione e di gioia partecipò alla immensa gioia del suo figlio, in uno dei giorni più belli e significativi della sua vita.

Quello fu il suo ultimo trionfo qui sulla terra: con l’Immacolata, con Santa Teresina e tutti i santi del Carmelo.

Dopo qualche giorno in cui Fra Jean-Thierry sembrava essere rinato di nuovo, il male riprese il suo cammino demolitore.

Un giorno che ero solo nella sua camera gli chiesi perché aveva desiderato così intensamente la Professione religiosa. Perché, mi disse, il Signore con la Madonna, mi guarirà e io voglio essere carmelitano per servire i miei fratelli e sorelle per lunghi anni nella Chiesa. E aggiunse: “Anche se mi dovessero amputare l’altra gamba, io andrò in Chiesa in carrozzella e là nel confessionale porterò tante anime in Paradiso”.

Gli chiesi allora come poteva essere sicuro di vivere così lunghi anni. Mi rispose che da piccolo tante volte aveva sentito una voce che gli diceva che sarebbe vissuto a lungo e che la sua missione nella Chiesa sarebbe stata quella di portare tante anime al Signore attraverso il confessionale.

Fra Jean Thierry Ebogo

Alcuni giorni dopo quel colloquio, mi trovavo ancora solo con Fra Jean Thierry – quando arrivavo da lui, le altre persone presenti, con squisita delicatezza, uscivano nel corridoio – cominciammo a parlare di questa terra, ma anche del cielo.

Fra Jean-Thierry ritornò sul suo desiderio di servire a lungo la Chiesa nel Carmelo per lunghi anni, perché questa gli sembrava la sua missione. Gli risposi che avrebbe potuto compiere la sua missione e in modo più efficace e molto più grande, anche in Paradiso, come aveva fatto Santa Teresa di Gesù Bambino, la sua Patrona.

Fra Jean-Thierry rimase ammutolito di questa mia risposta. Passarono tre o quattro minuti di imbarazzante silenzio, poi pacatamente, ma anche con una certa ansia che non avevo mai notato in lui, mi rispose: “Sì, però, il mio desiderio sarebbe quello di servire per lungo tempo i miei fratelli, dapprima qui sulla terra”.

Si fermò alcuni istanti, poi riprese, quasi dolcemente: “Ma se il Signore vuole così, io accetto la sua volontà”.

E da quel giorno, vidi quasi sempre più scemare le sue forze fisiche fino alla notte del suo passaggio dalla terra al cielo.

Nonostante  gli ultimi giorni della sua vita terrena fossero molto duri e dolorosi (il respiro diventava affannoso, l’assopimento lo portava ad uno stato pre-comatoso) però era sempre contento e fin che poteva, cosciente e partecipante alle preghiere che si dicevano con lui.

Pareva ormai che solo il Paradiso e tutto ciò che si indirizzava là fossero le cose che gli interessassero.

Quante testimonianze molto belle e significative potremmo portare; e spero proprio che un giorno possano essere scritte da coloro che l’hanno avvicinato, conosciuto e amato nei quattro mesi della sua dimora in Italia.

Io posso dire che ogni volta che lo chiamavo per telefono, alla mia domanda sulla sua salute, mi rispondeva sempre così:”Bene, molto bene, assai bene”. Come se dovesse essere lui a rincuorare gli altri.

Fra Jean-Thierry de l’Enfant Jesus et de la Passion, sei stato un’anima benedetta qui in terra per tutti quelli che ti hanno conosciuto e sarai ancor più benedetto in Paradiso per la Missione che il Signore ti ha donato da compiere: per i giovani del Cameroun che tu desideravi portare al Carmelo, per l’Ordine Carmelitano e per tutta la Chiesa.

Questo articolo è stato pubblicato sul sito Carmelitano della Provincia Ligure, penso che l'articolo sia stato scritto da Padre Gabriele Mattavelli, allora Parroco e Padre Provinciale della Provincia Carmelitana Lombarda, che gli è stato sempre vicino. 

Altre notizie si possono leggere nel sito SANTI E BEATI a questo link:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/95631 insieme ad un articolo di Padre Antonio Sangalli, delegato per la beatificazione e canonizzazione.

L'allora Cardinale Scola, ha chiuso il processo diocesano milanese di beatificazione di Fra Jean Thierry Ebogo, a Legnano il 9 settembre 2014.

Anch'io, nel mio piccolo, ho avuto modo di conoscere questo giovane  beato, sia presso il Convento di Legnano, quando aveva già subito l'amputazione della gamba, che presso l'Ospedale cittadino, quando ormai il male lo aveva colpito così gravemente da non dare più speranza di guarigione. E anch'io posso testimoniare che il suo coraggio nell'affrontare un dolore tanto straziante, è già un segno di santità.

Ora chiedo di pregare anche per Padre Gabriele Mattavelli, l'allora Parroco e Padre Provinciale missionario per il Camerun, che ha seguito con affetto paterno il piccolo Jean Thierry in tutta la sua Via Crucis personale.
Da un po' di tempo Padre Gabriele è ricoverato all'Ospedale Sant'Orsola di Bologna, colpito da Covid. Dopo un certo periodo di coma farmacologico, i medici lo  stanno aiutando ad uscirne, ma presenta ancora pesanti sintomi per i quali speriamo tutti, pregando, ne esca guarito. 
Allora, chi meglio pregare, se non il piccolo frate africano, per la guarigione di chi si è occupato di lui? 
Grazie Jean Thierry se intercedi per un miracolo presso il Padre Celeste. 

Danila
Per un malinteso, avevo creduto che il piccolo carmelitano fosse già beato. La Congregazione per le cause dei santi non si è ancora pronunciata poiché in attesa di un miracolo. Preghiamolo perché questo accada!

QUARESIMA: LA PAROLA A SANTA MONICA - Niamey NIGER


E' bello ricevere da Padre Mauro Armanino, missionario della SMA di Genova (Società Missioni Africane) a Niamey (NIGER) gli esercizi spirituali in francese. Questo mi aiuta a riprendere la lettura sia della lingua francese, che ben conosco, che del Vangelo Quaresimale. Semplice, chiaro, con spunti di riflessioni. Spero che possa essere utile ai lettori di questo blog, come lo è per me. 
Grazie Padre Mauro, per i tuoi costanti invii. Buona Quaresima a te e ai parrocchiani della chiesa di Santa Monica a Niamey.

Danila

La Parole 83 à STE MONIQUE en février 2021

Carême- « Voici que nous montons à Jérusalem… » (Mt 20, 18).

Le Carême : un temps pour renouveler notre foi, notre espérance et notre charité.

Chers Frères et Sœurs, En annonçant à ses disciples sa Passion, sa mort et sa résurrection, accomplissant ainsi la volonté de son Père, Jésus leur révèle le sens ultime de sa mission et il les appelle à s’y associer, en vue du salut du monde. En parcourant le chemin du Carême, qui nous conduit vers les célébrations pascales, nous faisons mémoire de Celui qui nous a aimés « devenant obéissant jusqu’à la mort et la mort de la croix » (Ph 2,8). Dans ce temps de conversion, nous renouvelons notre foi, nous puisons « l’eau vive » de l’espérance et nous recevons le cœur ouvert l’amour de Dieu qui fait de nous des frères et des sœurs dans le Christ. Dans la Nuit de Pâques, nous renouvellerons les promesses de notre baptême pour renaître en hommes et femmes nouveaux par l’intervention du Saint Esprit. Le jeûne, la prière et l’aumône, tels que Jésus les présente dans sa prédication (cf. Mt 6, 1-18) sont les conditions et les expressions de notre conversion. Le chemin de la pauvreté et du manque (le jeûne), le regard et les gestes d’amour vers l’homme blessé (l’aumône), et le dialogue filial avec le Père (la prière), nous permettent d’incarner une foi sincère, une vivante espérance et une charité active.

(Pape François-message pour le carême 2021)

                                                                           Mc 1, 12-15

Ecouter

. Baptisé- Immergé…par Jean Baptiste au Jourdain

. L’Esprit le pousse au désert- Le même chemin de son peuple

. Dans le désert - Un lieu réel et symbolique à la fois : EPREUVE, INTIMITE, VERITE

. Quarante jours- Chiffre symbolique, le temps qu’il faut pour amener au bout l’action de Dieu

. Tenté par Satan- Diviseur, Menteur…qui symbolise et facilite le mal : il chercher des adeptes…

. Bêtes sauvages…les anges le servaient – La Providence est toujours là, à travers l’accompagnement des anges

. Après l’arrestation de Jean Baptiste- A cause de son message de vérité Hérode veut le liquider

. La Galilée- Où il avait été élevé, au NORD

. La Bonne Nouvelle de Dieu- L’évangile

. Le temps sont accomplis….- Nous avons médité cela : en Jésus le Règne se fait présent et il appelle à la conversion

OU- Désert + Galilée

QUAND- Après le baptême et l’arrestation de J.B.

QUI- Jésus, J.B., Satan

Messages

. Jésus a parcouru le chemin de son peuple et le nôtre : le désert et les tentations

. Il n’est pas seul : la présence de Dieu l’accompagne

. L’annonce de la Bonne Nouvelle est comme le fruit du temps de désert : après avoir vaincu les tentations il peut ANNONCER et TEMOIGNER

. Carême le temps de la conversion à l’action de Dieu comme Bonne Nouvelle qui transforme

Méditer

. Quel sont nos déserts et nos tentations ?

. Comment en sortir vainqueurs ?

. Comment vivre ce Carême 2021 en conversion ? 

                                                                                                                       Niamey, 21 février 2021


PROGETTO BORSE DI STUDIO CARMEL DI BANGUI

Mi scrive P. Federico Trinchero da Bangui (Repubblica Centrafricana).

Ciao!

In allegato troverete il "Progetto Borse di studio Carmel di Bangui 2021".
Un grande grazie a chi, nonostante il momento difficile per tutti, si è comunque ricordato del progetto e ha già voluto aiutarci.
E un grande grazie a chi potrà farlo ora o farà conoscere ad altri il progetto.
Se in Centrafrica il Covid-19 ha fatto solo 63 vittime, resta invece molto preoccupante la situazione politica.
Ci sono timidi segnali di miglioramento, ma il cammino verso la pace è ancora lungo.
In alcune città ci sono ancora scontri e il coprifuoco è ancora in vigore su tutto il paese. A causa delle milizie dei ribelli la libera circolazione è praticamente impossibile e i prezzi dei beni essenziali sono fortemente aumentati, se non addirittura raddoppiati, per le difficoltà nei trasporti.
Continuiamo a sperare! E ancora grazie del vostro sostegno!
Un abbraccio da Bangui

padre Federico Trinchero

PROGETTO BORSE DI STUDIO 
CARMEL DI BANGUI 2021
Missione dei Frati Carmelitani Scalzi nella Repubblica Centrafricana
 “Senza il vostro aiuto, sarei in giro con la moto, per le strade di Bangui, per guadagnarmi da vivere facendo il servizio taxi, come tanti miei coetanei. Invece ogni giorno vado all’università. Fatico anch’io a crederci”. 
Jordy, giovane universitario di 22 anni, ci ringrazia così. Fin da piccolo, grazie al vostro aiuto, ha potuto studiare e ora si trova al secondo anno di università. E quasi non gli sembra vero.
Il Progetto borse di studio Carmel di Bangui continua, nonostante la pandemia, nonostante i venti di guerra che di nuovo soffiano sul Centrafrica.
Grazie al vostro aiuto tanti bambini e tanti ragazzi possono studiare. Alcuni giovani sono diventati o stanno diventando medici, avvocati, ingegneri, insegnanti, infermieri… E ora, quasi 40 giovani stanno seguendo i corsi della nostra nuova Scuola Agricola Carmel da poco aperta a Bangui.
Contiamo ancora una volta sul vostro aiuto. Nella tabella qui sotto vi offriamo alcuni riferimenti di come potreste aiutarci. 
Ancora un grande grazie a chi ci ha già aiutato e a chi vorrà aiutarci per la prima volta!
padre Federico e i confratelli del Carmel di Bangui

missioni@carmeloligure.it – (0039) 010/912.66.51
p.federico.trinchero@gmail.com – 00236-72.29.60.22

SCUOLA BORSA DI STUDIO
SCUOLA ELEMENTARE €  50,00
SCUOLA MEDIA € 100,00
SCUOLA SUPERIORE € 150,00
SCUOLA AGRICOLA CARMEL € 250,00
UNIVERSITÀ di BANGUI € 500,00

Potete aiutarci facendo: 
1) un bonifico bancario a MISSIONI CARMELITANE LIGURI:
IBAN: IT 42 D 05034 31830 000000010043 (BIC/SWIFT CODE: BAPPIT21501); 
2) un versamento tramite Paypal indirizzato a: missioni@carmeloligure.it 
3) un versamento tramite CCP n. 43276344 intestato a AMICIZIA MISSIONARIA ONLUS.

Vi preghiamo di indicare nella causale: PROGETTO BORSE DI STUDIO CARMEL DI BANGUI 2021


giovedì 18 febbraio 2021

Ciclo di Parafrasi liriche su Pensieri di Teresa delle Ande

(Edizione IL PASSERO SOLITARIO 1987)


 
AMICIZIA GENUINA

Consiste l’amicizia genuina

nel reciproco perfezionamento.

Ci avviciniamo meglio al Creatore. (9)


AIUTARSI

Noi due ci aiutiamo per amare

e per servire meglio il Salvatore.

Il nostro conversare tende sempre

a meglio agevolar la perfezione. (12)


FRANCHEZZA

Ti prego: dimmi sempre i miei difetti!

Avendo compassione di me stessa,

a sufficienza non me li rinfaccio.

Sono molto orgogliosa e tu mi devi

far apprezzare meglio l’umiltà.


Non vedi che mi lascio con frequenza

vincere dalla collera e impazienza?

Ti prego d’avvisarmi quando vedi

anche un minimo accenno. Lo prometti? (13)


AMORE

Amore, sei la forza che consente

di compiere pur quanto suscitare

in noi sa sempre solo ripugnanza. (15)


STRANEZZA

Strane le creature: il loro cuore

un giorno  sa mostrare tanto affetto

e l’altro ostenta solo indifferenza…

L’Eterno mai non muta atteggiamento. (18)


CONTINUA MELODIA

Fa’ tutto per amore, sorellina!

Così saremo entrambe una continua

melodia d’amore per Gesù.

Non neghiamogli nulla:  il genuino

amore non vuol nulla riservarsi. (29)


APOSTOLATO

Pur nell’apostolato mescolare

si può dell’amor proprio, assaporando

delle vittorie, mentre la claustrale

un siffatto pericolo non corre.


Lei sempre ignorerà la cifra esatta

di quanti con preghiera e sacrifici

lei sta salvando. Forse dalla cella

sa superar gli stessi Missionari! (52)


IL MARE

Tutto quanto contemplo porta a Dio.

Il mare con la sua immensità

richiama l’infinita sua grandezza.

Sì: sono sitibonda d’infinito!


SUL TRONO DEL CUORE

Occuparsi del prossimo, servendo

pur quello che ci causa ripugnanza.

Allora scopriremo che sul trono

del nostro cuor si asside Gesù stesso,

che apprezza tanta nostra dedizione. (65)


OBLIO

L’oblio di noi stessi ci dovrebbe

portare a far sparir il nostro io -

il dio che adoriamo interiormente -,

ma questo costa e gemiti ci strappa….

Eppur Gesù ci chiede questo trono! (67)


IL CALVARIO DELLA CARMELITANA

Carmelitana, tu salendo stai

sovra il Calvario: là t’immolerai.

L’amor ti crocifigge. Morirai

a te stessa ed al mondo. Seppellita

verrai tu dentro il Cuore di Gesù.

Di là rinascerai a nuova vita,

spiritualmente unita al mondo intero. (72)


LA CELLA DELLA CARMELITANA

Carmelitana, sai che la tua cella

è il tempio dove tu t’immolerai?

Vedi una grande Croce senza il Cristo:

è proprio là che tu dovrai morire.


Soltanto tu nel tempio puoi entrare.

In esso tu vivrai in un completo

isolamento dalle creature

e dell’Eterno sol ti occuperai! (73)


LA MISSIONE DELLA CARMELITANA

Carmelitana, cosa ti proponi?

Pregar per peccatori e sacerdoti.

Santifichi te stessa perché possan

i membri della Chiesa esser raggiunti

dalla divina linfa. Sulla Croce

t’immoli ed il tuo sangue nel cadere

copiosamente sovra i peccatori

misericordia e pentimento invoca.


Cade sui sacerdoti. Sulla Croce,

essendo intimamente unita al Cristo,

avviene che il tuo sangue poi finisca

per mescolarsi a quello di Gesù! (74)


LA BETANIA DELLA CARMELITANA

Betania, la dimora prediletta

dal Cristo sulla terra! Là poteva

davvero finalmente deliziarsi.


Conosciuto da Lazzaro, servito

da Marta e da Maria pazzamente

amato! Tutto questo intimamente

sa la carmelitana rimpiazzare.


Assecondando il divino volere,

diventa il suo rifugio in mezzo al mondo.

Pur lei si fa dimora prediletta! (75)


IL CIELO DEL CARMELO

La  divina presenza

sa impregnar il Carmelo.

La si respira in tutto.

Scordo d’esser in terra.

Carmelo, sei già cielo! (77)


LA VERGINE E LA CARMELITANA

Della carmelitana sa la vita

a quella di Maria somigliare.

Ella solo pregò, soffrì ed amò.

Il tutto nel più fulgido silenzio! (83)


ALLEGRIA CARMELITANA

Mi parevan allegre le claustrali,

ma questo non è nulla in paragone

a quanto poi avviene realmente

nelle ricreazioni. Somigliamo

a delle ragazzine di collegio!


Mirabile l’unione e  l’apertura

da far sembrar che tutte apparteniamo

a una stessa famiglia veramente! (87)


CIELO IN TERRA

Viver con Dio non è il cielo in terra? (95)


IL PRIGIONIERO DEL TABERNACOLO

Del Tabernacolo sei prigioniero.

Noi dobbiamo pertanto avvicinarci

per offrirti nell’anima un asilo,

che ti ponga al riparo dai nemici! (107)


(Legnano 17-2-2021)

PADRE NICOLA  GALENO, OCD


18 e 19 febbraio, 
due piccioni con una fava:
regalo per il duplice compleanno di 
P. Carmelo (95) 
e quello del sottoscritto (77).

L'amministratore del Blog e i lettori di uniscono in coro per porgere gli auguri ai due Padri Carmelitani:
 BUON COMPLEANNO!    

BEATIFICARE I DRAGHI di MARIO PEZZELLA

MARIO DRAGHI, uno sguardo che ha un che di diabolico

Beatificare i Draghi

di Mario Pezzella

Il governo Draghi porta a compimento fenomeni già in atto da molto tempo: lo svuotamento della democrazia parlamentare, la messa in mora della nostra Costituzione, l’ingresso diretto della sovranità finanziaria nella gestione del potere.

Nei mesi scorsi, anche da molto a sinistra, si è accusato il debole e badogliano governo Conte, di “dittatura sanitaria”, di colpo di Stato, di attentato alle libertà, laddove invece si trattava di un timido, maldestro e probabilmente irrealizzabile tentativo di affrontare la crisi riproponendo alcuni temi classici della socialdemocrazia. Bene, a forza di gridare al lupo, il lupo è arrivato: ora in effetti la democrazia parlamentare è in stato di sospensione, e il potere commissario, non “sanitario” ma economico, è un dato di fatto.

C’è qualcosa di grottesco, il tipico sublime-grottesco all’italiana, nel tripudio generale con cui vengono portati sugli altari un opaco politico democristiano e un banchiere fedelmente affiliato ai poteri finanziari globali e italiani: così come è un esempio perfetto di servitù volontaria la rapida e irresistibile sacralizzazione mediatica dei due protagonisti di questa vicenda. Ricorda la celebre storiella dei titoli di giornale su Napoleone tornato dall’Elba.

La vita di Draghi viene raccontata nei particolari, ammirati e stupefatti testimoni ricordano le svariate circostanze in cui un lembo della sua veste li ha provvidenzialmente sfiorati, e insomma la sua biografia diviene molto simile all’agiografia di un taumaturgo (agiografia: termine usato a designare la letteratura, o più in genere quell’atteggiamento sentimentale che tende a svolgere narrativamente motivi leggendari intorno a una personalità della storia politica o religiosa, sentita ed esaltata miticamente; Enc. Treccani). Mentre Mattarella è il santo che lo ha evocato e destinato a sanare le piaghe del paese: come i sovrani dell’antica teologia politica, investiti di autorità divina, che curavano col tatto i brufolosi e gli storpi.

Gli uomini che comandano in Italia non basta che abbiano potere: devono elevarsi in una trasfigurazione religiosa, devono assumere una qualche caricaturale contraffazione del sacro. Ma questo era già vero per tanti altri duci e conduttori italiani. Per una democrazia la persona e la corporeità del capo dovrebbero essere poco influenti: ma in realtà la nostra politica non riesce a fare a meno di forme giubilatorie e pastorali di sovranità. Così stupisce oltre che la meccanica ripetitività della formula, la rapidità con cui avviene in questo caso - anche il nostro Draghi se non è proprio l’eletto e l’unto del Signore, diviene quella che Debord definiva una vedette, nella fantasmagoria immaginaria della società spettacolare, e cioè il surrogato immaginario di un potere che non potrebbe esibirsi nella sua scheletrica e astratta freddezza finanziaria.

Nelle sue serie dedicate a personaggi dello spettacolo o della politica (da Marilyn Monroe a Elisabeth Taylor, da Mao Tse Tung a Jackie Kennedy) Warhol ha analizzato, scomposto e messo allo scoperto la produzione artificiale e fantasmatica delle vedettes. Le serie riproducono «personaggi famosi: artisti, collezionisti, divi del cinema, politici e delinquenti. In una società dominata dai mass media la fama è un indicatore quasi naturale del successo sociale. Al Capone fu in vita uno dei personaggi più amati di Chicago».

3 La vedette offre se stessa al desiderio come feticcio. Il desiderio – all’interno del dominio del capitale – è orientato feticisticamente su immagini di sogno, le quali prefigurano un successo e un soddisfacimento totale. La vedette propone un modello di realizzazione dell’Io destinato a rimanere deluso e che tuttavia attrae un soggetto disposto a credere alla utopica felicità promessa dal capitale. Nel linguaggio di Freud, l’alienazione capitalistica nega il disagio della civiltà, il negativo da esso prodotto, la limitazione e la servitù del soggetto, nello stesso momento in cui li incrementa all’infinito: li produce e li maschera in una contraddizione protratta e sempre più lacerante. L’immagine di una vedette vale in quanto divenga fantasma modulatorio del desiderio: e come tale appare fittiziamente dotata di quell’irripetibilità e di quell’aura, che la persona reale non possiede affatto.

D’altra parte la vedette non potrebbe diventare tale se non suscitasse processi psichici profondi di identificazione e di pseudo riconoscimento. La società dello spettacolo non è repressiva, ma produce un regime del desiderio, una fantasmagoria euforizzante, e infine una forma particolarmente seducente di servitù volontaria. Il politico come vedette, che ha sostituito il politico come professione, permette di occludere il vuoto affiorante, la crisi della presenza di fronte alla cancellazione di ogni relazione corporea, sessuata, emotiva (che è il tratto ideal-tipico della nostra desolata condizione presente). Il sorriso sottile e indefinito di Draghi, inseguito da stupefatta e amorosa fascinazione, esprime perfettamente uno spirito del tempo diverso da quello di Berlusconi o di Renzi: quello di una fredda e rassicurante astrazione, che nella sua impassibile geometria sembra paradossalmente confortare i soggetti del potere attuale. Ci rassicura perché insieme riflette gli ectoplasmi che siamo diventati (esseri separati, privi di contatto emotivo e fisico) ed eleva la nostra miseria esistenziale a quantità trascurabile e calcolabile di un grande meccanismo sovrano e universale. Ecco: l’involucro immaginario fasciatorio con cui viene ricoperto il corpo mortale di Draghi è quello della scintillante e irresistibile potenza della meccanica finanziaria: un destino, irresistibile e imperscrutabile, un dio immanente, onnipotente, onniveggente. Magari ci annienta con un battito di ciglia, ma come è bello identificarsi in un aggressore superiore e sapiente, e che comunque sa: è il soggetto assoluto supposto sapere. E comunque sia: meglio allearsi e far parte della sua corte, di corsa, piuttosto che rimanere fra i dannati senza speranza, visto che la vedette Draghi ci si aspetta che duri (tra presidenza del Consiglio e presidenza della Repubblica) almeno una decina d’anni. In effetti questo è più che un potere commissario provvisorio: è una sospensione di fatto, e una messa sotto controllo della democrazia in maniera duratura (irreversibile?). Si tratta di un processo storico in atto da tempo, che la pandemia ha permesso di accelerare a dismisura.

Quanto alla terza vedette di questa storia, basterà citare un passo di Elsa Morante che a lui si attaglia, anche se l’oggetto originario era un altro:

Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso. Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob, e rispetta il denaro… Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare… Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare.

Anche se qui, più che di amanti, si dovrebbe parlare di cortigiani ossequienti.

L’esito più inquietante in questa di questa commedia all’italiana sarebbe se non l’alleanza almeno il compromesso tra quelli che finora ci erano presentati mediaticamente come opposti, vale a dire il neoliberismo finanziario e il populismo. Se questo accadesse potremmo assistere a una governance liberista in economia e con forti elementi autoritari e demagogici sul piano sociale. L’altra possibilità è una sorta di “welfare selettivo”, che ripartisca risorse comunque scarse tra i gruppi più influenti e sacrifichi gli insalvabili, depoliticizzi definitivamente il governo e contenga il sorgere di domande sociali che non sarebbero gestibili nell’attuale configurazione del capitale.

Di contro a ciò, occorrerebbe rilanciare il conflitto sociale per richiedere una ripartizione selettiva delle risorse non succube degli interessi di Confindustria e capace almeno di condizionare le scelte del prossimo governo. A giudicare dalla passività con cui anche i sindacati assistono agli eventi, questa sembra una speranza di difficile realizzazione.

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Note

1 Ma su questo hanno scritto già altri e bene, per cui non mi ci soffermo: cfr. Marco Revelli, Tommaso Montanari, Emiliano Brancaccio, Bruno Montesano.

2 «Il mostro corso è sbarcato»; «Il generale Bonaparte marcia su Parigi»; «L’imperatore è entrato alle Tuileries».

3 K. Honnef, Andy Warhol, Taschen, Köln, 2015, p. 66.

4 Questa pagina, datata 1° maggio 1945 e pubblicata su «Paragone Letteratura», 456, n. 7, del febbraio 1988, è ora nel Meridiano delle Opere, Milano 1988, vol. I, pp. LI-LII.

5 Ciò che Alberto De Nicola ha definito come «stabilizzazione conservatrice» del sistema.

domenica 14 febbraio 2021

IL FUTURO IMPOSSIBILE DI ALIYA PARTITA PRIMA di PADRE MAURO ARMANINO


Il futuro impossibile di Aliya partita prima

Aliya sarebbe senz’altro diventata una delle ultime principesse. La favola era stata scritta dai genitori. Lui di origine liberiana e lei di origine togolese. Le migrazioni combinano e sciolgono matrimoni, alleanze, fatue promesse ed eterne amicizie. La loro storia era nata a Niamey, nel Niger e più precisamente nel quartiere popolare chiamato Gamkallé.

 La mamma aveva due figli da una precedente unione e il papà di Aliya aveva accettato di tutto cuore di prenderli come suoi. Con lei, principessa di un regno di sabbia che ancora non era stato concepito da queste parti. Regno di un re qualunque, senza territorio e senza popolo da governare, un titolo nobiliare da annoverare tra le importanti inutilità della storia umana. Una principessa d’altri tempi con tanto di reggia e un parco per le visite degli altri dignitari del regno e dei principati vicini. I suoi genitori erano fieri di lei che li avrebbe ricompensati dei tanti sacrifici per farla crescere, studiare e soprattutto coltivare le doti che avevano scoperto in lei. Li avrebbe fatti felici e coeredi della sua fortuna.

Aliya, il cui nome di presunta origine araba significa ‘forza’ o ‘robustezza’. Questo nome potrebbe però anche avere radici linguistiche germaniche e, in questo caso, il nome vorrebbe dire ‘nobile’. Questo spiegherebbe la sua prima vocazione al titolo di principessa senza peraltro precludere altri cammini non meno nobili. In effetti Aliya sarebbe senz’altro diventata una migrante come i suoi genitori. Il papà liberiano, fuggito dalla guerra in Ghana e poi, una volta non tornata la pace, ha viaggiato più volte nei Paesi del Maghreb cercando, senza riuscirvi, di raggiungere l’Altro Mondo di cui così tanto gli avevano parlato gli amici. L’ultimo suo tentativo in Algeria era abortito perché aveva saputo che questo Paese ributtava indietro migranti e rifugiati. Si era convinto che sarebbe stato inutile continuare ed era tornato alla capitale Niamey, dove aveva infine trovato lei, la Sua Sola Terra, e si era sposato. Aliya avrebbe continuato il viaggio del padre e quello della madre che, di mestiere parrucchiera, aveva aperto un minuscolo e dignitoso salone per signore nel quartiere. Aliya sarebbe andata più lontano, fino al paese che ancora non si è inventato.

Aliya sarebbe senz’altro diventata donna e forse madre, un giorno. Avrebbe imparato a innamorarsi con la vita e poi ai tradimenti dell’amore. Avrebbe contato i giorni di festa, i vestiti secondo l’occasione e il trucco leggero agli occhi con il profumo che l’avrebbe resa unica tra le tante. Avrebbe scoperto che i giorni sono diversi a seconda degli occhi che la guardavano e che, da ragazza com’era, l’avrebbero fatta sentire una donna del tutto speciale per qualcuno. La prima volta le sarebbe capitato come per caso e poi avrebbe scoperto i misteri del suo corpo e dei sentimenti, come l’amore che si avvicina così tanto alla morte, le dicevano. L’avrebbero consigliata di sposarsi per diventare una donna come le altre e tra le altre. E un giorno sarebbe rimasta incinta senza saperlo e senza volerlo. Avrebbe avuto paura di trovarsi sola in quel momento e sentire timore di dirlo a sua madre e soprattutto a sua padre che l’avrebbe minacciata apertamente nel caso questo fosse accaduto. Contro tutto e tutti non avrebbe voluto separarsi dal frutto del suo grembo di madre.

Aliya sarebbe senz’altro diventata rivoluzionaria come solo le donne sanno esserlo quando possono. Era diventata una militante per i diritti delle donne da quando aveva scoperto che l’unico rivoluzionario degno di questo nome era Dio, differente da quello che gli avevano raccontato da piccola. Aliya sarebbe diventata senz’altro tutto questo e forse ancora più solo avesse potuto. Aliya è nata il 22 dicembre del 2020 e il mercoledì 10 febbraio scorso, non ancora due mesi di vita, è morta di disidratazione acuta alle 11,30 mandata da una clinica all’altra. Suo padre si chiama David e sua madre Yawa.

Due mesi di vita e un fiore di sabbia piantato sulla tomba.

    Mauro Armanino, Niamey, 14 febbraio 2021 

lunedì 8 febbraio 2021

POLVERE DI DEMOCRAZIA (E VENTO) NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO

                

Polvere di democrazia (e vento) nel Sahel

In questi giorni lei è dappertutto. Inutile prevedere, anticipare, pulire, sperare di esserne risparmiati o tenere chiuse porte e finestre notte e giorno. La polvere passa e si stende come un velo impercettibile e inesorabile su ogni superficie, abitata o meno, del pianeta Sahel. Si impone come una realtà tangibile allo sguardo, alle dita, negli strumenti di comunicazione, sui libri allineati nelle biblioteche e i dossier urgenti da classificare negli uffici. Penetra senza scampo negli anfratti incustoditi della casa e nelle istituzioni più autorevoli della Repubblica. La polvere è quanto di più quotidiano e feriale si possa immaginare. Non c’è nulla di quanto accade che possa rivendicare una qualche autonomia dal suo fascino discreto e pervasivo. Provare ad eliminarla è rasentare la temerarietà perché, qualche tempo dopo averla scacciata, tenuta a bada o eliminata, lei, tenace e combattiva, sicura di sé tornerà ad rioccupare lo spazio da cui era stata evacuata. La polvere si infiltra, si autogenera, prospera e, arrogante quanto basta, si rende indispensabile.

Per esempio in democrazia. Qui come altrove la democrazia è di polvere. Lo ricorda opportunamente l’ultimo rapporto sull’indice della democrazia globale nella rivista ‘The Economist’, basato a Londra. Detta autorevole rivista che classifica da anni i Paesi ‘democratici’, fonda la sua analisi su cinque parametri essenziali. I processi elettorali e il pluralismo, il modo di funzionamento del governo, la partecipazione politica, la cultura politica e le libertà civili. In questa tredicesima edizione il rapporto prende in considerazione, com’è evidente, l’impatto delle risposte politiche alla ‘pandemia’ della Covid sulle democrazie di polvere. 23 sono le democrazie ‘perfette’, 52 quelle ‘imperfette’, 35 i regimi ‘ibridi’ e, 57 Paesi, la maggior parte, sono stimate democrazie ‘autoritarie’. 

Si considerano sistemi ‘ibridi’ quando le elezioni non danno garanzie di trasparenza e affidabilità, la corruzione è diffusa, la società civile indebolita, i giornalisti non sono liberi e il sistema giudiziario non è indipendente. Nei Paesi classificati come ‘autoritari’ il pluralismo politico è assente o minacciato, le istituzioni esistono ma sono svuotate dal loro ruolo, le elezioni non sono né libere né trasparenti, gli abusi sui diritti umani e civili non sono perseguiti, vengono represse le voci dissidenti e il sistema giudiziario non è indipendente. La maggior parte dei paesi dell’Africa subsahariana, 22 per l’esattezza, si trovano in quest’ultima porzione di democrazia, tra cui il Niger che precede la Guinea, il Togo e la Guinea- Bissau.

La polvere non si ferma lì. La violenza di matrice jihadista, criminale o semplicemente ‘commerciante’, vive e propaga la polvere. La stessa che coinvolge la politica che si trasmette all’economia, che è appunto, ‘politica’. Coinvolge gli occhi e dunque la visione dell’altro e del suo eventuale Dio, la concezione della società e la maniera di profittare delle fessure create nel tessuto sociale dalla violenza armata e ideologica. Non saranno le armi o le guerre, che della polvere sono l’espressione massima nella storia umana, a riportare la convivialità nel Sahel. Non saranno né le alleanze né le strategie pan-militariste a ridare un volto plurimo a questo spazio tormentato dell’Africa Occidentale. La polvere di qui, autoctona,  è condivisa  e spesso confiscata da chi non cerca che il proprio neocoloniale interesse nelle risorse miniere e nelle geopolitiche di potere. Le diplomazie e i rapporti delle Commissioni sui Diritti Umani finiscono fatalmente nella polvere come la maggior parte delle inchieste che vedono inquisiti e condannati i regimi al potere. 

Di polvere sono le relazioni umane basate solo su interessi reciproci, finiti i quali, tutto finisce. Lo sgretolamento dei matrimoni che ogni sabato ci si industria a celebrare a Niamey trovano in essa conferma e contesto. Non mancano accorati tentativi di ridare vigore all’impolverata vita democratica del Paese. Ne è un esempio il recente manifesto di un centinaio di intellettuali nigerini che invitano i cittadini a condividere la loro indignazione e far proprio un ‘sussulto’ etico per le prossime e già decise elezioni. Poi la polvere, sorniona e tenace, torna e ricopre col suo manto dorato parole e velleità arrivate troppo tardi per scomodare il regime. Passerà questa stagione e tornerà a soffiare il vento che porterà la polvere lontano.

       Mauro Armanino, Niamey, 7 febbraio 2021


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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi