racconto di fantascienza
Maui
mi osservava. Sentivo il suo sguardo scivolare sul mio corpo. Quegli occhi,
enormi bottoni di luce gialla mi scrutavano ma, se lo guardavo, girava lo
sguardo altrove, con aria annoiata.
Arrivò dall’Oriente, con un lungo volo,
insieme ai bagagli dei passeggeri. Non subì shock particolari, come se fosse
normale per lui, dover affrontare un viaggio tanto scomodo. Forse era uso a
trasferimenti molto più impegnativi?
Era
un essere del tutto particolare: magnifico pelame grigio, schivo, non avvezzo a
coccole o complimenti di sorta. Si ritirava in qualche angolo nascosto della
casa, spesso occorrevano tempi lunghissimi per trovarlo, come svanito nel
nulla, quasi invisibile. Indipendente, indifferente, indisponente.
Gli
esseri umani ci inondano di parole, talora colme di cultura, più sovente,
sproloqui, pur di aprire la bocca e far uscire aria fritta. Maui invece taceva.
Mi piacevano quei suoi silenzi, e i suoi sguardi obliqui. Pare volesse osservarci, soppesarci,
come cavie da studiare, o animali da cui prendere le debite distanze. Maui si limitava a guardarci con
condiscendenza, e osservare di soppiatto tutto ciò che noi esseri umani
facevamo, pronto a prenderne buona nota. Un giudice inflessibile di
uomini-marionette, che si agitano rincorrendo chissà quale misterioso futuro.
Fu
così che una sera m’inviò questo messaggio criptico: “gli umani sono tanto
presuntuosi da immaginare gli alieni simili a loro, anche se in forme distorte,
pur se da millenni mandiamo chiari segnali, ma loro non li intendono”. I suoi
occhi divennero enormi ruote di fuoco e, come potenti reattori, portarono Maui
fuori dalla finestra. Tutto ciò che vidi, fu puntino un luminoso nella notte.
Sognai?
Ciò che è certo, fu che al mio risveglio il mattino successivo, Maui era
definitivamente scomparso.
Danila Oppio
Tu pensi che gli umani gli avessero fatto tanto schifo? È un racconto davvero carino, con finale a sorpresa: talora penso anch'io che me ne andrei volentieri da questo postaccio su qualsiasi astronave o che so io, poi i miei gattini mi chiamano da dietro la finestra del bagno, dove si sono fatti il letto in due scatoli di cartone sulla legnaia di mio cognato, a portata di pappa, acqua e coccole della padrona. E mi riappacifico. Questi non si nascondono e fanno molte fusa. Qualche amicizia sincera si salva dall'ammasso, un po' di fede c'è pure in questo anno della fede, l'astronave può aspettare.
RispondiEliminaBellissimo commento, Mimma!! Ti dico di questo racconto, che disegna il profilo del gatto persiano che mio figlio ha portato dall'Indonesia, dove insegnava inglese per il British Council. Ho descritto il carattere schivo di Maui. Difficilmente si fa coccolare, tanto meno viene a rannicchiarsi in braccio. Ed io adoro i gatti che lo fanno! Ma lui è timoroso, diffidente, esattamente come l'ho descritto. Mi avevano chiesto di partecipare ad un concorso con un brevissimo racconto surreale o fantascientifico. Non ho mai scritto di queste cose, ma Maui mi ha ispirato...come fosse un alieno che è venuto sulla Terra a spiare questi uomini che ancora non hanno capito di vivere in Pace!! Come fa lui che dà l'esempio con la sua tranquilla presenza. Ieri ho saputo che il mio racconto ha vinto un bel nagutin d'or (ovvero un bel niente d'oro) e così mi sono sentita libera di pubblicarlo sul blog, non essendo più vincolato al concorso.
RispondiEliminaUn abbraccio formato Paradiso!!!