Il Concilio, spartiacque della Chiesa del XX secolo, in un libro di Bernard Lecomte l'idea dell'aggiornamento giovanneo
GIACOMO GALEAZZI DA vatican insider - la stampaCITTÀ DEL VATICANO
Il pontefice, il futuro Beato Roncalli guardò lontano, molto lontano. Il Vaticano II doveva tornare alle radici evangeliche e togliersi le incrostazioni di secoli che avevano allontanato la chiesa dal suo Maestro.
"Non ci sarà mai un Pio XIII": per comprendere il senso della frase di Jean Guitton bisogna approfondire il radicale "aggiornamento" provocato nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, come fa "Il segreto dei papi" di Bernard Lecomte, attuale caporedattore di Figaro Magazine ed ex responsabile degli esteri di La Croix (edizioni San Paolo, 250 pagine, 16 euro) .
Un episodio commovente illumina la genesi dell'assise. Il 23 settembre 1962 Giovanni XXIII sta concludendo il suo ritiro spirituale nell'oratorio della torre di San Giovanni, a due passi dal palazzo apostolico,quando il suo medico personale chiede di vederlo. Nel massimo segreto, in quegli ultimi giorni il vecchio Pontefice si è sottoposto ad analisi mediche. Il risultato di quei test non lascia speranze e conferma la sua intuizione: è spacciato. Sicuramente non vedrà la fine del Conclio. Non ha più niente da perdere. Papa Roncalli si siede allora alla sua scrivania, al terzo piano del palazzo apostolico, e comincia a redigere il discorso che pronuncerà l'11 ottobre, giorno dell'inaugurazione del Conclio Vaticano II, nella basilica di San Pietro. Di filato, senza appunti. E senza collaboratori, ad eccezione di un abate che assicura la traduzione del testo in latino.
E' "con la farina del suo sacco", come egli dice, che Giovanni XXIII spiega che il Concilio deve permettere alla Chiesa di "dedicarsi risolutamente e senza paura all'opera che la nostra epoca esige". Egli fustiga i "profeti di sventura" che lo circondano ed afferma che la Chiesa "preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore". Papa Roncalli scrive senza paura. Deliberatamente, pieno di fiducia, il "papa buono" proietta i cattolici nell'avvenire.
"E' la storia della Chiesa che oscilla- osserva Bernard Lecomte-.Quel giorno, Pio XII muore per la seconda volta". La sera dell'11 ottobre 1962, giornata inaugurale del Concilio Vaticano II, «Giovanni XXIII era molto stanco, quasi si trascinava», racconta l'arcivescovo Loris Capovilla, all'epoca segretario del Papa. Questa circostanza spiega l'iniziale resistenza del Pontefice bergamasco, alla richiesta di salutare la folla che si era spontaneamente radunata in piazza San Pietro, e alla quale rivolse poi le parole più memorabili, partendo dalla presenza della Luna e finendo con l'inviare una carezza ai bambini rimasti a casa. Dopo il famoso discorso improvvisato, rivela il presule, «mi chiese come era andata, se ero soddisfatto. Lo rassicurai: nessuno si sarebbe atteso una meditazione tanto densa, tanto significativa. Dalla piazza veniva ancora l'eco degli applausi, dei canti, della preghiera.
Ma il Pontefice non sentiva nulla. Fece una smorfia e sussurrò solo: "dolore". Non si sentiva bene. Era sofferente. Mi preoccupai perché quella sera tirava un vento forte. Era rimasto esposto per troppo tempo. Lui noto' la mia espressione e mi sorrise. Poi mi disse: "Tutto è grazia. Il dolore è grazia di Dio, dunque non ti devi preoccupare". E mi ricordò gli ultimi istanti di santa Teresa di Lisieux quando rassicurò la sua infermiera che, avendola vista versare uno sbocco di sangue, cominciava ad agitarsi perché era notte e non avrebbe mai potuto trovare il soccorso di un medico. "Sorella disse non ti preoccupare: tutto è grazia di Dio".
Il Papa andò verso il suo letto continuando a ripetere:"Tutto è grazia di Dio"». Prima del Vaticano II la messa era celebrata in latino, che oltre ai sacerdoti nessuno capiva, e con il prete che volgeva le spalle alle persone. La Bibbia era un oggetto sconosciuto per i fedeli, praticamente nessuno l’aveva a casa o era capace di leggerla. I non cattolici e le altre religioni erano guardati talora con diffidenza, e gli ebrei visti con ostilità e sospetto, benché per volontà di Giovanni XXIII non fossero più definiti «perfidi» in una preghiera liturgica. Lo sguardo di speranza sul mondo di Papa Roncalli non aveva conformato in profondità la Chiesa e la discussione teologica e culturale non era in auge tra clero e fedeli. Le Chiese del terzo mondo e i poveri non erano al centro dell’attenzione della Chiesa di Roma. Fu un concilio ecumenico, tutti i vescovi del mondo cattolico in Vaticano, gli «stati generali» della Chiesa di fronte al mondo moderno. Ha modellato la Chiesa come la conosciamo oggi e come la vivono un miliardo di fedeli nel mondo.
E questo anche se non è nato dal nulla, ma ha affondato le sue radici nei movimenti biblico, liturgico ed ecumenico che già ai primi del Novecento avevano mosso passi significativi. Il Concilio ha prodotto un profondo rinnovamento nella liturgia, negli studi biblici, nel dialogo con le altre Chiese. Ha riaffermato i diritti e tra questi quello alla libertà religiosa. Ha investito i laici di un nuovo e più partecipato ruolo nella Chiesa. Sarebbe sbagliato ridurre il Vaticano II ai documenti approvati, seppure in alcuni casi assolutamente innovativi sul piano ecclesiale e culturale. La nuova Messa, con l’uso delle lingue parlate, il protagonismo dei fedeli nell’assemblea liturgica, l’adozione di mezzi musicali e linguaggi musicali talvolta di rottura, ha trasformato in profondità la vita dei cattolici in tutto il mondo. Con l’approvazione nel dicembre 1963 della costituzione «Sacrosantum Concilium» che riforma la liturgia, iniziò una nuova epoca. La Chiesa non poteva essere più la stessa. Insomma il Vaticano II è lo spartiacque che ha cambiato il volto della Chiesa.
Fu un evento grandioso: tremila vescovi (2090 da Europa e continente americano, 408 dall’Asia, 351 dall’Africa e 74 dall’Oceania) riuniti in San Pietro per dialogare con la modernità. Annunciata il 25 gennaio 1959, la più grande assise che la cristianità abbia mai conosciuto si aprì l’11 ottobre 1962. Il Vaticano II, il ventunesimo concilio della Storia della Chiesa, terminò tre anni dopo, l’8 dicembre 1965. Voluto da Giovanni XXIII, sarà guidato e concluso da Paolo VI. Su quasi tremila partecipanti ne sono ancora vivi 96. Ratzinger era assistente dell’arcivescovo di Colonia Frings, antagonista del cardinale Ottaviani, prefetto del Sant’Uffizio e presidente della commissione teologica, che cercava di frenare le riforme.
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