AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 7 marzo 2020

GESÚ PARLA IN PARABOLE - Parte Quarta -Conferenza di Padre Claudio Truzzi OCD


4 – LO  STILE  DI  FIGLI
a  – NON FARSI TROVARE “ADDORMENTATI”

1.   SERVI VIGILANTI
•   «Siate anche voi come quei servi che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per essere pronti ad aprirgli appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. Vi assicuro che egli prenderà un grembiule, li farà sedere a tavola e si metterà a servirli. E se arrivando nel mezzo della notte o prima dell'alba troverà i suoi servi ancora svegli, beati loro. … tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà quando voi non ve l'aspettate».                                                                  Luca 12, 34-40
•    «Sarà come di un uomo che, partendo per un viaggio, ha lasciato la sua casa dando ogni potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e al portinaio ha comandato di vegliare. Vegliate dunque, giacché non sapete quando il padrone della casa giungerà, se la sera o a mezzanotte, al canto del gallo o al mattino. Che egli giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati...».                                                         Marco 13, 33-37
Vengono proposte due parabole che sono tra le più brevi: un abbozzo di parabola.
I discepoli avevano posto due domande.
–   La prima riguardava il segno da cui è possibile discernere l'imminenza della fine del mondo, e Gesù  risponde  con la similitudine del fico:
«Imparate dal fico questa parabole: Quando i suoi rami diventano teneri e spuntano le foglie,
voi conoscete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate
che [la fine del mondo] è vicina, è alle porte».                                                    Marco 13, 28-31
–   La seconda pretendeva sapere quando, sarebbe successo. E Gesù risponde [meglio: non risponde] raccontando di un uomo che, dovendo assentarsi, affida la casa ai servitori. Su tutti, inizialmente, si staglia la figura del portinaio, che riceve l'incarico specifico di “vegliare”. Ognuno, però ha un compito particolare da svolgere, la propria precisa responsabilità.
Non è, quindi, precisata l'ora del “ritorno” (come vorrebbero i discepoli). Può essere «all'improvviso».
Ciò che importa è stare al proprio posto in senso attivo, compiere il proprio dovere.
Il più grave guaio che possa succedere è che qualcuno si trovi «addormentato». E ciò può accadere non solo di notte... Quindi non è soltanto il portinaio ad essere incaricato di vegliare. Lui non lo può fare al posto degli altri.
Ancora una volta, quindi, il Cristo si rifiuta di rispondere alla domanda sul “quando”; non soddisfa la curiosità. Ammonisce solamente che la venuta  è vicina, certa, “improvvisa”, e ... perciò occorre vegliare.
–  Da un punto di vista negativo: si tratta di non lasciarsi prendere alla sprovvista (ossia, di non farsi trovare “addormentati” al momento della venuta del Signore.
–  In senso positivo: bisogna “vigilare”.
«Vigilare significa essere costantemente allerta, svegli, in attesa. Significa vivere in atteggiamento di servizio, a disposizione del padrone che può ritornare in ogni momento. Implica lotta, fatica, rinuncia. Non è in alcun modo disimpegno o indifferenza». (B. Maggioni).
Si tratta, in altre parole, di acquisire una certa maniera di orientare l'attenzione su ciò che è veramente importante, e che non è altro che una certa arte di essere puntuali, ossia di non lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti decisivi dell'esistenza.
Il Padrone che parte non lascia degli individui che semplicemente lo aspettino, ma degli individui che hanno qualcosa da fare, ai quali è dato qualcosa da fare.
Quando ritornerà, non gli interessa tanto se lo stavano aspettando, ma se avevano svolto il compito per il quale li ha “lasciati”.
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•   Qui, il servo che si lascia sorprendere addormentato è l'equivalente di quel servo della parabole di Matteo,   che va a nascondere il talento ricevuto: [«In verità, io vi dico: non vi conosco!»]. Eccola:
«Allo stesso modo, infatti, un uomo in procinto di partire, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi: a uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno: a ciascuno secondo le proprie capacità; poi partì.
Senza perdere tempo, quello che aveva ricevuto cinque talenti andò a trafficarli e ne guadagnò altri cinque.
Allo stesso modo quello che aveva ricevuto due talenti, ne guadagnò altri due. Ma quello che ne aveva ricevuto uno solo, andò a scavare nella terra una fossa e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo viene il padrone di quei servi e li chiama al rendiconto.
Si presentò quello che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque dicendo:
“Signore, mi desti cinque talenti. Ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. Gli disse il padrone: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò il potere su molto: entra nel gaudio del tuo Signore.
Si presentò quello che aveva ricevuto due talenti e disse:
“Signore, mi desti due talenti. Ecco, ne ho guadagnati altri due”. Gli disse il padrone: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò il potere su molto entra nel gaudio del tuo Signore.
Infine si presentò quello che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, sapevo che tu sei un uomo severo, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per questo ho avuto paura e sono andato nascondere il tuo talento sotto terra. Ecco, prendi ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e infingardo, sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; per questo avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri, in modo che, al mio ritorno, avrei potuto ritirare il mio con l'interesse. Perciò, toglietegli il talento e datelo a quello che ne ha dieci.
Infatti a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza. Ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
E il servo infingardo gettatelo nelle tenebre esteriori là sarà pianto e stridore di denti”». 
Matteo 25,14-31  [cfr anche Luca 19, 11-26]
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Certo, il Signore capita all'improvviso: a sera, a mezzanotte, o alle prime luci all'alba.
Può darsi, però, che sia già arrivato. Con la prima venuta di Cristo, il Regno di Dio è già arrivato, è presente qui, adesso, in mezzo a noi, sulla terra.
Dunque c'è qualcosa di peggio che essere addormentati. È il non accorgersi di una Presenza.
Il testi del Nuovo Testamento che invitano alla vigilanza, si dividono in due categorie principali:
1. Occorre vigilare nell'attesa e nella speranza della venuta del Signore per essere pronti allorché si presenterà.
2. Bisogna ancora vigilare per far fronte ai gravi pericoli che minacciano l'esistenza cristiana.
Quasi che l'unica maniera per essere “contemporanei” del futuro consista nel vivere in pienezza il presente; l'unico modo per rimanere fedeli all'eterno consista nel non tradire il presente.
Il credente non è uno che viaggia con il calendario in mano. Semmai ha in mano una bussola.
Cristo dà la direzione del cammino. Non ci offre la descrizione anticipata di ciò che accadrà lungo la strada. «La sua parola – quella che non passa – non è la chiave magica per risolvere gli enigmi della storia, i rebus della cronaca quotidiana. È luce che permette di cogliere il significato degli avvenimenti».
Il cristiano non è affatto uno che sa già tutto prima. È uno che riesce ad afferrare il filo conduttore delle diverse vicende.
La colpa del cristiano non è quella di non essere informato, ma quella di non essere preparato.
Dunque, al posto della curiosità e delle informazioni, la vigilanza.
Gesù non ci dice: «State tranquilli»; ma ammonisce: «Badate!».
Non ci avverte: «Mettete la sveglia a quella determinata ora». Impone: «Non dormite!»
Bisogna riconoscere che fa un certo effetto l'insistenza di quell'imperativo: «Vegliate!».
Diamine, con tutto quel po' po' di fracasso provocato da guerre, persecuzioni, cataclismi, sconquassi cosmici, si sta svegli per forza. Invece, no! Non sono gli avvenimenti esteriori –  per quanto fracassoni e terrificanti! – che ci fanno stare svegli. Al massimo, quelli non ci lasciano dormire.
La vigilanza cristiana è un'altra cosa. E dipende da una realtà che c'è dentro.
Un'attesa vissuta nella speranza. «Sono i passi leggeri di una Persona quelle che ci tengono svegli, e si sta in ascolto in silenzio». (A. Pronzato)
PERDONAMI SIGNORE
Se, spossato, cado durante il cammino,
perdonami, Signore,
Se il mio cuore vacillerà un giorno davanti al dolore,
perdonami Signore.
Perdona la mia pusillanimità.
Perdona il mio indugio.
La meravigliosa ghirlanda
che ho offerto a Dio questa mattina, sta già appassendo;
la sua bellezza svanisce.
Perdonami, Signore!                                                                                      I. L.

2. LE DIECI VERGINI – (Le “sciocche” insegnano!)
«Così sarà il regno di Dio.
C’erano dieci ragazze che avevano preso le loro lampade a olio ed erano andate incontro allo sposo. Cinque erano sciocche e cinque erano sagge. Le cinque sciocche presero le lampade, ma non portarono una riserva di olio; le altre cinque, invece, portarono anche un vasetto di olio. Poi, siccome lo sposo faceva tardi, tutte furono prese dal sonno e si addormentarono.
A mezzanotte, si sente un grido: “Ecco lo sposo! Andate gli incontro!”.
Subito le dieci ragazze si svegliarono e si misero a preparare le lampade. Le cinque sciocche dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Ma le altre cinque risposero: “No!, perché non basterebbe più né a voi né a noi. Piuttosto, andate a comprarvelo al negozio”.
Le cinque sciocche andarono a comprare l’olio, ma proprio mentre erano lontane, giunse lo sposo: quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala del banchetto e la porta fu chiusa a chiave.
Più tardi giunsero anche le altre cinque, e si misero a gridare: “Signore, Signore, aprici!”.
Ma egli rispose: “Non so proprio chi siete”. 
State svegli, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».                                                Luca 25, 1-13
Nessuno e niente ci autorizza a pensare e giudicare le ragazze ‘sciocche’ della parabola meno che sciocche; e fin che si dice sciocco c’è poco male, perché è una cosa che può capitare a tutti, con l’aggiunta di quel detto scherzoso: “Quando non ce n’è [in testa!] quare conturbeas me!” [perché te la prendi con me?].
Forse e senza forse, queste poverette hanno insegnato più cose al mondo, delle altre cinque sagge e previdenti. Sì, perché l’umanità si trova immersa nelle cose sciocche e torna più facile accorgersi degli sbagli (tanto è vero che tutti ne parlano) più che delle cose buone e perfette.
Non si tratta di fare elogi fuori posto; ma di far tesoro e di ringraziare quelle cinque figliole sciocchine che da secoli son rimaste irrimediabilmente sciocche, ma punzecchiano affinché non facciamo noi la loro brutta fine.
Rimettiamole tutte insieme, le dieci, e seguiamole, mentre con la loro lampada, sul far della sera, si dirigono  verso la casa dove accoglieranno l'arrivo di un giovane sposo (d’una comune amica, forse) per far festa con lui.
Non è neppure da spiegare che, nell’economia della parabola, lo “sposo” è il Signore Gesù che ci ama e ci viene incontro per farci godere della sua familiarità. Egli considera così la vita dell’uomo: un andargli incontro e saperlo attendere sicuri che ci ama e tiene tutto pronto per la gran festa dell’amore.
Ma l’arrivo di Gesù non è cronometrato: si fa, talora, attendere.
Che volete, son disegni suoi! Qualche anno fa avevano un loro posto decorosissimo certe canzoni di Père Auval. Ce n’era una che non so più come fu presentata in italiano; in francese diceva: “Le Signeur reviendrà, il l’a promis: ne sois pas endormi cette nuit-là” [Il Signore ritornerà, l’ha promesso, non addormentarti in questa notte].  “Mio Dio, è forse per questa notte?”.
Siamo dunque avvertiti: è impossibile che ciò non avvenga.
Per farcela capire meglio, il Maestro divino s’è umiliato a presentarsi come “un ladro nella notte”.
Stoltezza somma sarebbe vivere così spensieratamente da non avvertire la necessità di prepararci il necessario per la partenza verso la casa dello ‘sposo”.
Verrà alla nostra morte e ci troveremo faccia a faccia con Lui, mentre il corpo sarà come un velo squarciato ed Egli apparirà nello squarcio del velo che tutta la vita è stato teso tra noi e Lui. Ma tutti i giorni è venuto a noi, quasi segretamente, ma sempre amorevolmente. E lì, dietro il velo, mentre lavoro, mentre parlo, mentre leggo, mentre incontrò questa o quella persona, nell’imprevisto, nel dolore, nel turbamento.
Una grossa questione che m'impegna a rivedere la mia vita, si affaccia ora improvvisa: e... se mi squarciasse il velo mentre sono... “fuori casa”, cioè mentre sono occupato in stoltezze, lontano dal mio dovere?
Se ci penso, mi vien freddo! Trovarmi faccia a faccia col mio Signore in posizione ambigua; mentre... l’olio è dal rivenditore e le buone opere son cariche di polvere o fango. Tragico!
Non si dice che sia possibile stare tutta la vita con la lanterna della vigilanza in mano: che non si possa vivere in onesto “impegno responsabile”.
L'importante non è vivere con la “morte” sulle labbra o con la valigia in mano, ma vivere con previdenza, raccogliendo, giorno dopo giorno, opere presentabili, vivendo perché non venga meno, nello spirito, la fiamma dell'amore.

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ENTRA NELLA MIA FELICITA'...
Dopo una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di una lunga e ordinata processione di persone che avanzavano lentamente verso il Giudice Supremo: Dio.
Man mano che si avvicinava alla meta, udiva sempre più distintamente le parole del Signore.
Udì così che il Signore diceva ad uno: – Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull'autostrada e mi hai portato all'ospedale, entra nel mio Paradiso –. Poi ad un altro: – Tu hai fatto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili, aiutandomi a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno –.
E ancora: – Tu hai fatto un prestito senza interessi ad una vedova; vieni a ricevere il premio eterno –. E così via.
La povera donna venne presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale. 
Cercò di lasciare la fila per avere tempo di pensare, ma non le fu assolutamente possibile: un angelo sorridente, ma deciso, non le permise di abbandonare la lunga coda.
Col cuore che le batteva forte, e tanto timore, giunse davanti al Signore.
Subito si sentì avvolta dal suo sorriso. – Tu hai stirato tutte le mie camicie...; Entra nella mia felicità –.
Ciò che conta non è fare grandi cose.
Ciò che conta non sono le grandi imprese.
Il valore di un gesto dipende esclusivamente dall'amore con cui è fatto.
Anche una piccola azione, fatta con amore, diventa grande agli occhi del Signore.
A volte è così difficile immaginare quanto possa essere straordinario l'ordinario...
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  •• Ripensiamo alle dieci ragazze. «Tardando lo sposo a venire, si assopiscono e dormono».
La linea di differenziazione tra vergini prudenti e stolte non passa attraverso il sonno. Il Vangelo sottolinea, infatti: «Si assopirono tutte...».
Poteva anche essere legittimo quell’addormentarsi, o, almeno, assai più legittimo del nostro addormentarci nella presunzione che, “per il momento”, sarebbe di cattivo gusto da parte del Signore venirci a risvegliare per chiamarci, così, sui due piedi, al Giudizio.
La linea di discriminazione è data dalla provvista di olio. La sagge si sono portate le riserve. Quelle altre non ne hanno a sufficienza, tanto da coprire il ritardo dello sposo.
Il «grido» non è avvertimento, ma un segnale improvviso.
È vero che “qualche giovane [le proporzioni non si conoscono] muore e che nessun vecchio campa sempre”; ma qualche eccezione, in fin dei conti, dimostrerebbe che Padrone è sempre Lui!
E ci si crogiola in questa stoltezza, confutabile come poche cose al mondo.
    Lo Sposo può ritardare. Ma non risulta che abbia mandato ad avvertire che non arriverà.
Ed è inutile arzigogolare sulla durezza della risposta delle “sagge”, che non vogliono imprestare un po' del loro olio alle imprevidenti. Siamo in prospettiva escatologica: non è più il tempo dei piccoli favori. Non sono consentite la “sostituzioni”. No! Nessuno può mettere la fede, le opere al nostro posto, pagare il biglietto per l'incontro decisivo. In quell'Ora, l'olio dev'essere nostro, la fedeltà opera nostra.
È una situazione già denunciata da Gesù:
«Come avvenne al tempo di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, nei giorni avanti il diluvio, si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e marito, sino a quando Noè entrò nell'arca e la gente non s'accorse di nulla, finché non venne il diluvio e travolse tutti». (Mt 24, 37-39).
Rimarca Gesù: «Non chi dice: “Signore, Signore!” entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio».
Scherzi a parte, è inutile che noi si continui a chiamare “sciocche” le cinque ragazze che non si provvidero l'olio per il tempo adeguato. Prendiamoci piuttosto il gusto – vista la nostra incostanza e come è facile partire... per la tangente delle cose serie e trovarci così distratti da sembrare addormentati … – prendiamoci il gusto di far quel che delicatamente ci suggerisce lo sposo del Cantico dei Cantici: «Io dormo, ma il mio cuore vigila».
Che il Signore possa almeno trovare accanto a noi una piccola lampada accesa, segno che abbiamo ben compreso che il Suo Amore non è uno scherzo.
Che', se non l’avessi riamato... «Non vi conosco!»

PERDONAMI SE...
         se non ti ravviso in colui che soffre
perché non desidero farmi carico delle sue pene;
         perdona la mia pochezza,
se rinuncio a riconoscerTi in chi mi tende la mano
perché non mi sento di condividere la sua indigenza;
         perdona la mia viltà,
se, anziché testimoniare la mia fede in Te,
preferisco tacere in presenza di chi Ti nega;
         perdona la mia scarsa disponibilità,
intrisa di supponenza e di povertà di spirito,
se mi rifiuto di dare comprensione al fratello che sbaglia
per offrire il suo errore a corale derisione;
         perdona la mia insipienza,
se evito di riconoscere il mio « prossimo »
in coloro che più mi sono vicini,

per ricercarlo solo lontano, in circostanze occasionali;
         perdona la mia incoerenza,
se rinnego i tuoi insegnamenti evangelici
e, anziché illuminare d’amore la mia vita,
mi sforzo di rattristare quella di chi mi ama;
         perdona la mia ingenerosità,
se non mi assumo neppure un grammo
del peso della Tua Croce redentrice,
ma mi unisco a coloro che ti hanno crocifisso
e continueranno a farlo fino al giorno del Giudizio;
         perdona la mia indifferenza,
se lascio inascoltata la Tua voce che mi chiama,
disattendo i segni che mi conducono a Te,
Ti offro silenzi, omissioni, fughe, dinieghi,
quasi diffidassi del Tuo Amore paterno;
         perdona la mia fragilità,
se. contando sulle mie sole risorse
e trovando arduo il cammino fra gli uomini,
preferisco rinunciare a qualunque lotta
pur di non riconoscere i miei limiti umani
e rimettermi alla Tua misericordia.                                       Silvano Salati 

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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi