AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 3 dicembre 2019

BEATITUDINI - VII parte - Conferenze di P. Claudio Truzzi OCD

      
7 (VI)     BEATI I PURI DI CUORE                                                                                                    PERCHé VEDRANNO DIO

Siamo di fronte ad una Beatitudine che tutti i traduttori della Bibbia formulano, in sostanza, nello stesso modo. Ma, non è che noi uomini siamo stati sempre troppo d’accordo su questo concetto di “purezza”. C’è sempre piaciuto, questo sì, credere d’essere “puri”: puri di sangue, puliti nel corpo, limpidi da peccato, immacolati di fama, privi di soprannomi, ecc. è, tuttavia, anche certo, che spesso ne abbiamo fatto una bella confusione, e non ci deve meravigliare il fatto di non avere chiare le idee sul contenuto di quest’espressione evangelica. 
Per questo ...
VEDIAMO …
A che “cuore” si riferisce l’evangelista?
Che tipo di “purezza” desidera il Signore?
a – Che cosa dobbiamo pulire – rendere puro?
È chiaro! Il nostro “cuore”.
Che cosa, però, s’intende con tal espressione?
Molto semplice.
Tanto in san Matteo – come nel linguaggio biblico abituale – per “cuore” s’intendeva il centro di tutta l’attività intellettuale, volitiva ed emotiva dell’uomo.
Il cuore è il luogo dove noi, come persone, prendiamo coscienza di noi stessi; dove nascono i nostri ragionamenti; dove assumiamo responsabilità e prendiamo decisioni.
Ed è pure il luogo dove nascono e confluiscono tutte le relazioni che noi, uomini, manteniamo con il nostro Dio, il nostro prossimo.
Amiamo e odiamo di “tutto cuore”. Siamo “di buon cuore” e pure di “cuore malvagio”.
Ugualmente “apriamo il cuore” alla persona di Gesù; e il cuore ci serve, come a Maria, per custodire e meditare la Parola del Signore.
Simili accezioni, è chiaro, il “cuore” le possedeva “a quei tempi”. Oggi preferiamo parlare di “coscienza”, “interiorità”, “intimità”, ecc.
bDi che specie di “purezza” parla il Vangelo?
Il concetto di “limpido” si oppone, naturalmente, a quello di “sporco”.
Però, la medesima aggiunta [“di cuore”] indica che non si tratta, qui, di una purezza meramente esteriore, ma interiore. In quest'ultimo senso, il cuore è una fonte che vizia o garantisce la purezza di quanto da lui scaturisce. Ricordiamo quella discussione di Gesù con i farisei. Questi criticavano i suoi discepoli per non sottoporsi alle abluzioni rituali prima di mangiare. Gesù risponde loro sottolineando che è “dal cuore” che nasce ciò che ci macchia: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando, possa contaminarlo; ma ciò che sale dall’intimo dell’uomo, questo sì che lo contamina» (Mt 7,15).
E più tardi lo spiegherà agli apostoli stessi: «È quello che sale dall’uomo che lo macchia; perché dall’interiore, dai cuori degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, rapine, assassini, adulteri, avarizia, malefatte, libertinaggio, frode, invidia, ingiurie, insolenza, stoltezza. Tutte queste malvagità escono da dentro e contaminano l’uomo» ((Mc 7, 21-22).
E, al contrario, sempre dall’intimo esce ciò che pulisce e nobilita; dal medesimo nostro cuore fioriscono pure i buoni desideri e le buone azioni.
Non è possibile, infatti, l’identificazione con la volontà di Dio, se non presupponendo un cuore puro.
*  C’è, tuttavia, anche un altro tipo di “purezza di cuore”, che conviene tener presente. È quella di un cuore che – si sia macchiato o no – Dio ha come ricreato con la sua grazia. Lo rammenta la supplica del salmista nel Salmo 50. «Ricrea in me un cuore puro; rinnovami interiormente con uno spirito fermo …, poiché … contro di Te, contro di Te solo ho peccato».
*  Ed ecco un’altra sfumatura ancora, sempre nel medesimo significato. È quella che invochiamo nel salmo 24: «Chi salirà al monte del Signore, chi potrà entrare nel suo sacro recinto? L’uomo di mani innocenti e di cuore puro; chi non si rivolge agli idoli, né giura il falso».
In concreto: chi adempie i comandamenti, questi è l’uomo di “cuore puro”.

MEDITIAMO
Quando entreremo a “contemplare il volto di Dio”?
Ora sappiamo di che “purezza” parla Gesù. Abbiamo pure ascoltato la promessa che ci fa se, con la sua grazia, otteniamo tale “purezza”: «Vedranno il volto di Dio».
Non ci rimane altro che unirci al coro di quei devoti israeliti che per generazioni – e già nell’Antico Testamento –, invocavano ad alta voce: «Quando vedrò il volto di Dio»? (Sal 42,3). «A te parla il mio cuore, te cerca il mio volto; il tuo volto, o Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto»  (Sal 27, 8-9).
Ebbene, tale possibilità di vederlo ci è negata se pensiamo che si tratti di contemplarlo nel suo splendore assoluto, definitivo, totale: quello, cioè, di cui ci parla san Giovanni, quando già «saremo simili a Lui, perché lo vedremo com’Egli è» (1Giov 3,2).
Sappiamo che simile visione la godremo soltanto una volta morti nel Signore.
Simile realtà, non inficia, però, la validità della promessa.
Sappiamo che se otteniamo un cuore limpido, il Signore ci concederà, già su questa terra, una certa esperienza del suo mistero. Ne abbiamo conferma nell’esperienza di tutti i nostri mistici. E più generalmente, se viviamo su questo stile, non mancherà la grazia di una presenza di Dio ogni volta più viva: la capacità, cioè, di contemplarlo e d'intravederlo in tutti ed in ognuno degli avvenimenti della vita, in ogni luogo e circostanza [«Persino fra le pentole cammina il Signore», ripeteva S. Teresa d’Avila].
Dio, dove abita?
Un giorno un maestro chiese ai suoi scolari: «Secondo voi, dove abita Dio?».
Gli scolari pensarono: «Ma che domanda semplice, che domanda facile!».  
E subito risposero: «Signor maestro, Dio abita dappertutto!».
«Eh, no! – corresse il maestro –: Dio abita dove lo si lascia entrare!».
Se non gli si fa spazio, se non si spalanca la porta del cuore, Dio resta fuori in attesa,
come un innamorato respinto.   Lo ha affermato lui stesso:
«lo sto alla porta e busso ... Se qualcuno mi apre la porta, verrò da lui e cenerò con lui» (Ap 3,20)

CHIEDIAMOCI ….
  Presto attenzione alla vita interiore con la mentalità d'un orefice o con quella d'un rozzo fabbro-ferraio?
  Siamo convinti che nulla può renderci più felici del fatto di possedere una coscienza limpida?
Sono un acceso sostenitore della necessità di combattere ogni tipo di contaminazione:
                   atmosferica, alimentare, lavorativa…
                   Sono, tuttavia disposto, poi nella pratica, a compromettermi sul serio affinché si consegua anche  tale “purità”, o mi fermo soltanto alle parole di condanna… altrui?
  So mettere mano ai mezzi soprannaturali che Dio pone alla mia portata per mantenere, apprezzare o    ricuperare un “cuore puro”: preghiera, sacramenti, sacrifici, amicizie con persone di limpida condotta...?
  Usufruisco o cerco consigli, suggerimenti in momenti o su aspetti importanti della mia vita  spirituale?
Mi sembra strano che mi spingano o mi propongano di avvicinarmi ad un Direttore spirituale?
Tuttavia, alla fin fine, anche la “purezza di cuore”,
è una grazia, un “dono dello Spirito”, che bisogna chiedere. Per questo…
• “I consigli di san Giovanni della Croce…”.
San Giovanni della Croce descrive magistralmente la “purezza di cuore”, ed i mezzi per raggiungerla. Facciamo una lettura “pregata” dei suoi seguenti “Detti di Luce e Amore”…
1.            Questo è ciò che Dio si aspetta da noi: «Dio desidera da te il più piccolo grado di purezza di coscienza che tutte le opere che tu potrai compiere».  (Avvisi e sentenze, 12).
2.            Ecco ciò che veramente c’insudicia: «L’anima che nel suo cammino verso Dio trova in sé il più piccolo desiderio di cose del mondo, ha un’impurità ed un’imperfezione maggiore che se fosse carica di tutte le turpi e moleste tentazioni e tenebre possibili, purché la sua volontà rifiuti di acconsentirvi». (18).
3.            “Test” per misurare la purezza della nostra intenzione: «Colui che agisce per Dio con purissimo amore, non soltanto non gli importa di essere veduto dagli uomini, ma non agisce neppure per essere veduto da Dio; anzi, se questi non dovesse saperlo, l’anima non cesserebbe di rendere a Lui gli stessi servizi con la medesima allegrezza e con la medesima purezza d’amore». (20)
4.             Nella purezza di cuore risiede l’efficacia e il frutto: «Un’azione compiuta interamente e pura-mente per Dio, con un cuore puro, crea tutto un regno per chi la fa» (21).
5.              L’impurità ha già in sé la penitenza: «Il passero che si è posato sul vischio, si affatica doppiamente: e nel distaccarsi e nel pulirsi. Soffre del pari in due maniere, chi soddisfa il suo appetito: nel distaccarsi e, una volta libero, nel purificarsi di quanto di esso gli è rimasto attaccato» (22).
6.              Il desiderio smodato di sapere e gustare le cose affatica l’intelligenza e il cuore, ed impedisce così di conoscere il Signore:
«Non ti conoscevo, o Signor mio, perché volevo ancora conoscere e gustare le cose» (30).
7.              La purezza di cuore richiede sforzo:  «Il povero che è nudo sarà vestito; così l’anima che si spoglierà dei suoi appetiti, dei suoi affetti, del suo volere e disvolere, sarà rivestita da Dio della sua purezza, del suo gusto e della sua volontà» ((Spunti d’amore, 19).
8.              La visione di Dio è direttamente proporzionata alla sofferenza accettata ed integrata nella propria vita in unione col Signore: «La sofferenza più pura porta seco una conoscenza più pura» ((id. 48).
9.              La purezza di cuore abbraccia tutto l’essere: criteri, sentimenti, parole…
          «Non contraddica: in nessuna maniera pronunzi parole sconvenienti» (id. 71).
PREGHIAMO  –– Chiediamo, Signore, “gente buona” …
Signore, ci riferiamo ai tuoi “puri di cuore”.
La gente, nonostante il cattivo che è la gente, di loro dice:
«Che uomo buono! Che donna santa! Che giovani stupendi!»
In cambio, essi assicurano che la gente esagera.
                La gente, però, durante secoli, fu quella che canonizzò i tuoi santi.
La voce del popolo è la tua voce, Signore.
E continuano dicendo: «Il signor Pietro?... Maria?... Più buoni del pane!».
E ci narrano di fila vita e miracoli.
La sfilza di favori d’ogni tipo che fanno alla gente.
        Noi, come vediamo i “Buoni”.
Bene. Innanzi tutto non come “del-tutto-buoni”.
Loro, infatti non si reputano buoni.
Non sono di quel tipo di “buon-uomo”,  che non può non essere tale
soltanto perché … non fa niente di male…
                No, i “Buoni” son di pasta buona, questo sì;
però una pasta ottenuta a base di ammassare sforzi e ancor sforzi con la grazia tua.
Sforzi per vincere il proprio egoismo, per allungare una mano al vicino,
per essere simpatici con ogni antipatico, ecc.
        Quello che certamente sono – e senza sotterfugi – è:
trasparenti, limpidi, onorati, aperti, comunicativi, generosi, servizievoli, calmi,
pazienti, costruttori di pace, con gran senso di sopportazione.
        O Signore, come se ti fossi proposto far con loro
tutto un catalogo illustrato delle tue … “Beatitudini”.
       Grazie, Signore, per tanta “gente buona”.
È il miglior regalo che tu potessi farci.
Ed i migliori protettori, difensori che potessi darci;
ed i migliori modelli da poter imitare.
Grazie, Signore per i “puri di cuore”.
Cristiani: non parole, ma fatti
«Basta! Non li sopporto proprio più!». Tutti, in Paradiso, trattennero il fiato. Nessuno aveva mai visto Gesù così arrabbiato. Ed era proprio lui che manifestava con voce tonante la sua divina collera.
«Sono stato 33 anni in mezzo agli uomini, ho detto loro migliaia di volte che le opere valgono immensamente più delle parole, e per questo sono stato crocifisso; ho spiegato in tutti i modi che non sono le tante parole e le cerimonie vuote a qualificare i miei discepoli, ma l'amore realizzato. Ma quasi nessuno lo ha capito! Predicano ai quattro venti, cantano inni commoventi, partecipano a celebrazioni coinvolgenti e toccanti, ma … fanno così poco!».
«Che cosa intendi fare?» – chiese timidamente un angelo.
«Toglierò loro la parola ... Come è successo a Zaccaria, il padre di Giovanni Battista!» – decise Gesù –, e tolse a tutti i cristiani la facoltà di parlare.
E così di colpo, in tutto il mondo, fra i cristiani calò un gran silenzio. In un primo momento si stupirono. Molti si precipitarono in farmacia a comprare sciroppi e pillole per il mal di gola; erbe officinali e miele andarono a ruba.
Poi cominciarono a preoccuparsi, ed infine si spaventarono.
Come potevano pregare senza parole? Come facevano a dire a Gesù e al prossimo che li amavano, senza parole?
I grandi teologi non potevano più dire neanche «transustanziazione» ed i predicatori senza parole forbite e profondi concetti, si sentivano disoccupati.
La gente comune non riusciva neanche più a litigare; ma quel che è peggio, non sapevano come esprimere solidarietà, conforto, sostegno, compassione, comunione...
A forza di pensarci giunsero ad una semplice conclusione:
«Quello che non possiamo più dire con le parole, possiamo comunicarlo con i fatti!».
Molti la pensarono allo stesso modo.
– I grandi maestri della parola divennero spontanei e sinceri, ed impararono ad esprimersi con lo sguardo, con il sorriso, con le carezze e gesti di servizio.
– Nelle università di teologia si aprirono mense e dormitori per i poveri e i disperati.
– Anche il catechismo divenne pieno di gioia e di giochi.
Molti si vergognarono ricordandosi di quanto era facile mentire con le parole.
Su qualche giornale apparvero articoli con il titolo: «Guardate come si amano!».
Sempre più gente trovò questa fede molto interessante, sentendosi attirata dall'atmosfera di dolcezza, pace,
serenità e vera accoglienza che si respirava tra i discepoli di Gesù .
Quando, dopo un po', Gesù restituì loro la possibilità di parlare, ne furono quasi rammaricati.
Nel tempo del grande silenzio avevano sperimentato quanta tenerezza – bontà c'è nella fede cristiana ...
«Figli miei, vogliamoci bene sul serio, a fatti. Non solo a parole o con bei discorsi!» (1° lett. di Giov. 3,16-18).
CHE NE PENSI?

Jimmy a rapporto
In quel momento si aprì la porta, il sacerdote inarcò il sopracciglio vedendo un uomo che si avvicinava; l’uomo aveva la barba lunga di parecchi giorni, indossava una camicia consunta, aveva una giacca vecchia, i cui bordi avevano iniziato a disfarsi. L’uomo s’inginocchiò, abbassò la testa, quindi si alzò e uscì. Nei giorni seguenti lo stesso uomo, sempre a mezzogiorno, tornava in chiesa con una valigia..., s’inginocchiava brevemente e quindi usciva.
Il sacerdote, un po’ spaventato, iniziò a sospettare che si trattasse di un ladro, quindi un giorno si mise davanti alla porta della chiesa e quando l’uomo stava per uscire dalla chiesa gli chiese: «Che fai qui?”.
L’uomo gli rispose che lavorava nella zona e aveva mezz’ora libera per il pranzo, ed approfittava di questo momento per pregare. «Rimango solo un momento, sai, perché la fabbrica è un po’ lontana, quindi m’inginocchio e dico:
«SONO VENUTO SOLO PER DIRTI, SIGNORE, QUANTO SONO FELICE
DA QUANDO TI HO INCONTRATO ATTRAVERSO I MIEI SIMILI E MI HAI LIBERATO DAI MIEI PECCATI...
NON SO MOLTO BENE COME PREGARE, PERò PENSO A TE TUTTI I GIORNI...
BEH, GESù ... ECCOMI A RAPPORTO!».
Il Padre si sentì uno stupido; disse a Jim che andava bene, che era il benvenuto in chiesa quando voleva.
Il sacerdote s’inginocchiò davanti all’altare; sì sentì riempire il cuore dal grande calore dell’amore ed incontrò Gesù. Mentre le lacrime scendevano sulle sue guance, nel suo cuore ripeteva la preghiera di Jim: «Sono venuto solo per dirti, Signore, quanto sono felice da quando ti ho incontrato attraverso i miei simili e mi hai liberato dai miei peccati … Non so molto bene come pregare, però penso a te tutti i giorni... Beh, Gesù... Eccomi a rapporto!».
Un dato giorno il sacerdote notò che il vecchio Jim non era venuto.
I giorni passavano e Jim non tornava a pregare. Il padre iniziò a preoccuparsi, ed un giorno andò alla fabbrica a chiedere di lui; lì gli riferirono che Jim era malato e che i medici erano molto preoccupati per il suo stato di salute, ma che tuttavia credevano che avrebbe potuto farcela
Nella settimana in cui rimase in ospedale Jim portò molti cambiamenti: egli sorrideva sempre e la sua allegria era contagiosa. La caposala non poteva capire perché Jim fosse tanto felice, giacché non aveva mai ricevuto né fiori, né biglietti augurali, né visite.
Il sacerdote si avvicinò al letto di Jim con l’infermiera e questa gli disse, mentre Jim ascoltava: «Nessun amico è venuto a trovarlo; non ha nessuno».
Sorpreso, il vecchio Jim rispose sorridendo: «L’infermiera si sbaglia...; però lei non può sapere che tutti i giorni, da quando sono arrivato qua, a mezzogiorno, un mio amato amico viene, si siede sul letto, mi prende le mani, s’inclina su di me e mi dice:
«SONO VENUTO SOLO PER DIRTI, JIM, QUANTO SONO STATO FELICE DA QUANDO HO TROVATO LA TUA AMICIZIA E TI HO LIBERATO DAI TUOI PECCATI.
MI è SEMPRE PIACIUTO ASCOLTARE LE TUE PREGHIERE; TI  PENSO OGNI GIORNO...
BEH JIM... QUI C’E’ GESÛ A RAPPORTO!».
••• Da oggi, ogni giorno, non possiamo perdere l’opportunità di dire a Gesù:“Sono qui a rapporto!”.
Non sempre è necessario essere o andare in una chiesa per farlo, anche dalla nostra cameretta, o in qualsiasi momento della giornata, ovunque siamo, possiamo rivolgere il nostro pensiero e la nostra preghiera a Dio.
….....
«Quante discussioni si sono fatte e si fanno ancora su Dio. Tu che nei pensi?»,
– chiese un giorno un discepolo al grande maestro.
«Vedi quell'ape? – rispose il maestro – Senti il suo ronzio?
Esso cessa quando l'ape ha trovato il fiore e ne succhia il nettare.
Vedi quest'anfora? Ora vi verso dell'acqua. Ne senti il glu-glu?
Cesserà quando l'anfora sarà colma.
Ed ora osserva questo biscotto che pongo crudo nell'olio bollente.
Senti come frigge e che rumore fa? Quando sarà ben cotto, tacerà.
Così è degli uomini.
Fino a quando discutono e fanno del gran rumore su Dio,
è perché non l'hanno ancora trovato.
Chi invece l'ha trovato, tace, e nel silenzio adora ed agisce».
– Anche in mezzo al mondo si può ascoltare Dio,
                  là, nel silenzio di un cuore che non vuole che essere suo –       
( S.Elisabetta della Trinità)
Dio, vederlo!
•• Un giovane era sinceramente e disperatamente alla ricerca di Dio, ma non riusciva a trovarlo.
Seppe da qualcuno di un uomo saggio e avanti negli anni che abitava proprio lì vicino.
Un giorno perciò si recò a casa di quest'uomo anziano per porgli la domanda che da tempo non trovava risposta. Entrò in casa e dopo averlo salutato gli chiese: «Come posso vedere Dio?».
Il vecchio, che nella sua lunga esistenza aveva imparato a conoscere Dio attraverso tante difficoltà, si fermò un momento a pensare poi disse: «Caro giovane, non so se ti posso aiutare, perché penso di avere un problema molto diverso dal tuo... Io, Dio, non riesco a non vederlo!».
Tutta la Terra può conoscere che c'è un Dio, perché tutto il Creato ci parla di Lui,
ma soltanto i puri di cuore riescono a comprenderlo.
•• Un uomo sussurrò: “Dio, parla con me!”. E un usignolo cominciò a cantare, ma l'uomo non l'ascoltò.
Allora l'uomo ripeté: «Dio, parla con me!». E si sentì l'eco di un tuono, ma l'uomo fu incapace di ascoltare.
L’uomo si guardò attorno e supplicò: «Dio, fa' che ti veda!». E una stella brillò nel cielo ma l'uomo non la vide. L’uomo cominciò a gridare: «Dio, mostrami un miracolo!». E nacque un bambino, ma l'uomo non sentì il battere della vita. Allora, l'uomo cominciò a piangere e disperarsi: «Dio, toccami e fammi sapere che sei qui con me!» E la farfalla si posò dolcemente sulla sua spalla. L’uomo spaventò la farfalla con una mano, e deluso continuò la sua strada triste. Solo, e con il cuore attanagliato di paura.
Dove c'è la vita, lì c'è Dio...; ma lo scopre soltanto un occhio limpido.

•• Dov'è Gesù  La mamma di Domenico, cinque anni, dice:  «Gesù è in cielo!».
«No, Gesù non è in cielo – protesta il bambino –. È nel mio cuore!». 
La mamma gli spiega che non c'è contraddizione, che il cielo non è un luogo e Gesù sta anche nel suo cuore.
«No, mamma, Gesù non sta in cielo, sta nel mio cuore. E nel mio cuore è il cielo».

••  BUON LADRONE MUSULMANO
Si chiamava Fodè. Era stato imprigionato a Freetown in Sierra Leone, accusato di omicidio. Non sappiamo molto della sua vita. Era musulmano, come la maggioranza della popolazione della Sierra Leone. In quella nazione africana vige ancora purtroppo la pena di morte, che viene eseguita per impiccagione all'interno del carcere, quasi in segreto. Il carcere, che ospita oltre mille detenuti, era visitato ogni domenica dal missionario saveriano, padre Franco Fiori, che raccoglieva gli ospiti – accettavano il suo invito circa un centinaio – per un po' di preghiera e qualche buona parola di speranza, che fosse di aiuto a tutti: cristiani, pagani, musulmani.
Il 23 settembre 1982 lo avevano avvertito che un condannato a morte – che il giorno dopo avrebbe dovuto essere impiccato – aveva chiesto di parlargli. P. Franco accorre e si trova davanti un giovane di vent'anni. Il condannato, il musulmano Fodè, gli chiede di pregare per lui e di essergli vicino il giorno dopo, nei terribili momenti della morte violenta. Il missionario e il condannato parlano a lungo. P. Franco cerca di ravvivare la sua fede in Dio, nella vita eterna, verità insegnata anche dal Corano.
La mattina fatale, P. Franco è per tempo nella cella del condannato. Manca poco più di un'ora all'esecuzione. Fodè dice: «Padre, non ho dormito questa notte: ho pensato a quello che tu ieri mi hai detto. Tra un'ora circa sarà davanti a Dio ... e Dio mi perdonerà?». P. Franco gli narra l'episodio del buon ladrone, e come Gesù non abbia scelto un santo, ma un malfattore pentito per accompagnarlo in Paradiso. Fodè si commuove e dice: «Padre, fa quello che vuoi di me, ma mandami in Paradiso». P. Franco, a questa richiesta, gli spiega in poche parole il significato del Battesimo, pur essendo persuaso che anche come musulmano pentito sarebbe stato salvo. Ma Fodè insiste – manca solo mezz'ora – e supplica: «Padre dammi quell'acqua e lavami con essa, che mi farà felice». È un desiderio ispirato dalla Fede, una richiesta come quella della Samaritana, come quella del buon ladrone. «Io ti battezzo...».
Entrano le guardie a prelevarlo, gli mettono la tunica bianca e il cappuccio del condannato.
Lo legano e lo accompagnano nella camera della morte. P. Franco è vicino a lui. Fodè non oppone nessuna resistenza. Prima che gli cali­no il cappuccio sugli occhi ed aprano la botola.
Fodè guarda per l'ultima volta P. Franco e gli dice: «Padre, saluterò il buon Dio per te». Pochi istanti dopo si compie il tragico rito. Fodè è in pace, nella gioia e nella gloria di Dio.
Come il buon ladrone. È stato cristiano solo un'ora, quanto gli è bastato, con l'accettazione del supremo sacrificio della vita – morire a vent'anni – per passare davanti a tanti cristiani che vivono solo fiaccamente  o male il loro battesimo.  
                                                                                                                                                E.B. Osservatore Romano della Domenica» 1983

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