7 (VI) – BEATI I PURI DI CUORE PERCHé VEDRANNO DIO
Siamo di fronte ad una Beatitudine che tutti i
traduttori della Bibbia formulano, in sostanza, nello stesso modo. Ma, non è
che noi uomini siamo stati sempre troppo d’accordo su questo concetto di
“purezza”. C’è sempre piaciuto, questo sì, credere d’essere “puri”: puri di
sangue, puliti nel corpo, limpidi da peccato, immacolati di fama, privi di
soprannomi, ecc. è, tuttavia,
anche certo, che spesso ne abbiamo fatto una bella confusione, e non ci deve
meravigliare il fatto di non avere chiare le idee sul contenuto di
quest’espressione evangelica.
Per questo ...
VEDIAMO …
A che “cuore”
si riferisce l’evangelista?
Che tipo di “purezza” desidera
il Signore?
a – Che cosa dobbiamo pulire – rendere
puro?
È chiaro! Il nostro “cuore”.
Che cosa, però, s’intende con tal espressione?
Molto semplice.
Tanto in san Matteo – come nel
linguaggio biblico abituale – per “cuore” s’intendeva il centro di tutta
l’attività intellettuale, volitiva ed emotiva dell’uomo.
Il cuore è il luogo dove noi, come persone,
prendiamo coscienza di noi stessi; dove nascono i nostri ragionamenti; dove
assumiamo responsabilità e prendiamo decisioni.
Ed è pure il luogo dove nascono e confluiscono
tutte le relazioni che noi, uomini, manteniamo con il nostro Dio, il nostro
prossimo.
Amiamo e odiamo di “tutto cuore”.
Siamo “di buon cuore” e pure di “cuore malvagio”.
Ugualmente “apriamo il cuore” alla persona di
Gesù; e il cuore ci serve, come a Maria, per custodire e meditare la Parola del
Signore.
Simili accezioni, è chiaro, il “cuore”
le possedeva “a quei tempi”. Oggi preferiamo parlare di “coscienza”,
“interiorità”, “intimità”, ecc.
b – Di che specie di “purezza” parla il Vangelo?
Il concetto di “limpido” si oppone,
naturalmente, a quello di “sporco”.
Però, la medesima aggiunta [“di cuore”] indica
che non si tratta, qui, di una purezza meramente esteriore, ma interiore.
In quest'ultimo senso, il cuore è una fonte che vizia o garantisce la
purezza di quanto da lui scaturisce. Ricordiamo quella discussione di Gesù
con i farisei. Questi criticavano i suoi discepoli per non sottoporsi alle
abluzioni rituali prima di mangiare. Gesù risponde loro sottolineando che è
“dal cuore” che nasce ciò che ci macchia: «Non c’è nulla fuori dell’uomo
che, entrando, possa contaminarlo; ma ciò che sale dall’intimo dell’uomo,
questo sì che lo contamina» (Mt 7,15).
E più tardi lo spiegherà agli apostoli stessi:
«È quello che sale dall’uomo che lo macchia; perché dall’interiore, dai
cuori degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, rapine,
assassini, adulteri, avarizia, malefatte, libertinaggio, frode, invidia,
ingiurie, insolenza, stoltezza. Tutte queste malvagità escono da dentro e
contaminano l’uomo» ((Mc 7, 21-22).
E, al contrario, sempre dall’intimo
esce ciò che pulisce e nobilita; dal medesimo nostro cuore fioriscono pure i
buoni desideri e le buone azioni.
Non è possibile, infatti, l’identificazione con
la volontà di Dio, se non presupponendo un cuore puro.
* C’è,
tuttavia, anche un altro tipo di “purezza di cuore”, che conviene
tener presente. È quella di un cuore che – si sia macchiato o no – Dio ha come “ricreato”
con la sua grazia. Lo rammenta la supplica del salmista nel Salmo 50. «Ricrea
in me un cuore puro; rinnovami interiormente con uno spirito fermo …, poiché …
contro di Te, contro di Te solo ho peccato».
* Ed
ecco un’altra sfumatura ancora, sempre nel medesimo significato. È quella che
invochiamo nel salmo 24: «Chi salirà al monte del Signore, chi potrà entrare
nel suo sacro recinto? L’uomo di mani innocenti e di cuore puro; chi non si
rivolge agli idoli, né giura il falso».
In concreto: chi
adempie i comandamenti, questi è l’uomo di “cuore puro”.
MEDITIAMO
Quando entreremo a “contemplare il
volto di Dio”?
Ora sappiamo di che “purezza” parla
Gesù. Abbiamo pure ascoltato la promessa che ci fa se, con la sua grazia,
otteniamo tale “purezza”: «Vedranno il volto di Dio».
Non ci rimane altro che
unirci al coro di quei devoti israeliti che per generazioni – e già nell’Antico
Testamento –, invocavano ad alta voce: «Quando vedrò il volto di Dio»? (Sal
42,3). «A te parla il mio cuore, te cerca il mio volto; il tuo volto, o
Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27, 8-9).
Ebbene, tale possibilità di vederlo ci è negata
se pensiamo che si tratti di contemplarlo nel suo splendore assoluto,
definitivo, totale: quello, cioè, di cui ci parla san Giovanni, quando già «saremo
simili a Lui, perché lo vedremo com’Egli è» (1Giov 3,2).
Sappiamo che simile visione la godremo soltanto
una volta morti nel Signore.
Simile realtà, non inficia, però, la validità
della promessa.
Sappiamo
che se otteniamo un cuore limpido, il Signore ci concederà, già su questa
terra, una certa esperienza del suo mistero. Ne abbiamo conferma
nell’esperienza di tutti i nostri mistici. E
più generalmente, se viviamo su questo stile, non mancherà la grazia di
una presenza di Dio ogni volta più viva: la capacità, cioè, di
contemplarlo e d'intravederlo in tutti ed in ognuno degli avvenimenti della
vita, in ogni luogo e circostanza [«Persino fra le pentole cammina il
Signore», ripeteva S. Teresa d’Avila].
Dio, dove abita?
Un giorno un maestro chiese ai suoi scolari:
«Secondo voi, dove abita Dio?».
Gli scolari pensarono: «Ma che domanda
semplice, che domanda facile!».
E subito risposero: «Signor maestro, Dio abita
dappertutto!».
«Eh, no! – corresse il maestro –: Dio abita dove
lo si lascia entrare!».
Se non gli si fa spazio, se non si spalanca la
porta del cuore, Dio resta fuori in attesa,
come un innamorato respinto. Lo ha affermato lui stesso:
«lo sto alla porta e busso ... Se qualcuno mi
apre la porta, verrò da lui e cenerò con lui» (Ap 3,20)
CHIEDIAMOCI ….
– Presto attenzione
alla vita interiore con la mentalità d'un orefice o con quella d'un rozzo
fabbro-ferraio?
– Siamo convinti che nulla può
renderci più felici del fatto di possedere una coscienza limpida?
– Sono un acceso
sostenitore della necessità di combattere ogni tipo di contaminazione:
atmosferica, alimentare, lavorativa…
Sono,
tuttavia disposto, poi nella pratica, a compromettermi sul serio affinché si
consegua anche tale
“purità”, o mi fermo soltanto alle parole di condanna… altrui?
– So mettere mano ai mezzi
soprannaturali che Dio pone alla mia portata per mantenere, apprezzare o ricuperare un “cuore puro”:
preghiera, sacramenti, sacrifici, amicizie con persone di limpida condotta...?
• Usufruisco o cerco consigli,
suggerimenti in momenti o su aspetti importanti della mia vita spirituale?
Mi
sembra strano che mi spingano o mi propongano di avvicinarmi ad un Direttore
spirituale?
Tuttavia, alla fin fine, anche la
“purezza di cuore”,
è una grazia, un “dono dello Spirito”,
che bisogna chiedere. Per questo…
• “I consigli di san Giovanni della
Croce…”.
San Giovanni della Croce descrive
magistralmente la “purezza di cuore”, ed i mezzi per raggiungerla. Facciamo una
lettura “pregata” dei suoi seguenti “Detti di Luce e Amore”…
1. Questo
è ciò che Dio si aspetta da noi: «Dio desidera da te il più piccolo grado di
purezza di coscienza che tutte le opere che tu potrai compiere». (Avvisi e sentenze, 12).
2. Ecco
ciò che veramente c’insudicia: «L’anima che nel suo cammino verso Dio trova
in sé il più piccolo desiderio di cose del
mondo, ha un’impurità ed un’imperfezione maggiore che se fosse carica di tutte
le turpi e moleste tentazioni e tenebre possibili, purché la sua volontà
rifiuti di acconsentirvi». (18).
3. “Test”
per misurare la purezza della nostra intenzione: «Colui che agisce per Dio
con purissimo amore, non soltanto non gli importa di essere veduto dagli
uomini, ma non agisce neppure per essere veduto da Dio; anzi, se questi non
dovesse saperlo, l’anima non cesserebbe di rendere a Lui gli stessi servizi con
la medesima allegrezza e con la medesima purezza d’amore». (20)
4. Nella purezza di
cuore risiede l’efficacia e il frutto: «Un’azione compiuta interamente e
pura-mente per Dio, con un cuore puro, crea tutto un regno per chi la fa» (21).
5. L’impurità ha
già in sé la penitenza: «Il passero che si è posato sul vischio, si affatica
doppiamente: e nel distaccarsi e nel pulirsi. Soffre del pari in due maniere,
chi soddisfa il suo appetito: nel distaccarsi e, una volta libero, nel
purificarsi di quanto di esso gli è rimasto attaccato» (22).
6. Il desiderio
smodato di sapere e gustare le cose affatica l’intelligenza e il cuore, ed
impedisce così di conoscere il Signore:
«Non ti conoscevo, o Signor mio,
perché volevo ancora conoscere e gustare le cose» (30).
7. La purezza di
cuore richiede sforzo: «Il povero che
è nudo sarà vestito; così l’anima che si spoglierà dei suoi appetiti, dei suoi
affetti, del suo volere e disvolere, sarà rivestita da Dio della sua purezza,
del suo gusto e della sua volontà» ((Spunti d’amore, 19).
8. La
visione di Dio è direttamente proporzionata alla sofferenza accettata ed
integrata nella propria vita in unione col Signore: «La sofferenza più pura
porta seco una conoscenza più pura» ((id. 48).
9. La
purezza di cuore abbraccia tutto l’essere: criteri, sentimenti, parole…
«Non contraddica: in
nessuna maniera pronunzi parole sconvenienti» (id. 71).
PREGHIAMO –– Chiediamo, Signore, “gente buona” …
Signore, ci riferiamo ai tuoi “puri di cuore”.
La gente, nonostante il cattivo che è la gente, di loro dice:
«Che uomo buono! Che donna santa! Che giovani stupendi!»
In cambio, essi assicurano che la gente esagera.
La gente, però,
durante secoli, fu quella che canonizzò i tuoi santi.
La voce del popolo è la tua voce, Signore.
E continuano dicendo: «Il signor Pietro?... Maria?... Più buoni del
pane!».
E ci narrano di fila vita e miracoli.
La sfilza di favori d’ogni tipo che fanno alla gente.
Noi, come vediamo i “Buoni”.
Bene. Innanzi tutto non come “del-tutto-buoni”.
Loro, infatti non si reputano buoni.
Non sono di quel tipo di “buon-uomo”, che non può non essere tale
soltanto perché … non fa niente di male…
No, i “Buoni”
son di pasta buona, questo sì;
però una pasta ottenuta a base di ammassare sforzi e ancor sforzi
con la grazia tua.
Sforzi per vincere il proprio egoismo, per allungare una mano al
vicino,
per essere simpatici con ogni antipatico, ecc.
Quello che certamente sono – e senza sotterfugi – è:
trasparenti, limpidi, onorati, aperti, comunicativi, generosi,
servizievoli, calmi,
pazienti, costruttori di pace, con gran senso di sopportazione.
O Signore, come se ti
fossi proposto far con loro
tutto un catalogo illustrato delle tue … “Beatitudini”.
Grazie, Signore, per tanta “gente buona”.
È il miglior regalo che tu
potessi farci.
Ed i migliori protettori,
difensori che potessi darci;
ed i migliori modelli da
poter imitare.
Grazie, Signore per i “puri
di cuore”.
Cristiani: non parole, ma fatti
«Basta! Non li sopporto proprio più!». Tutti,
in Paradiso, trattennero il fiato. Nessuno aveva mai visto Gesù così
arrabbiato. Ed era proprio lui che manifestava con voce tonante la sua divina
collera.
«Sono
stato 33 anni in mezzo agli uomini, ho detto loro migliaia di volte che le
opere valgono immensamente più delle parole, e per questo sono stato
crocifisso; ho spiegato in tutti i modi che non sono le tante parole e le
cerimonie vuote a qualificare i miei discepoli,
ma l'amore realizzato. Ma quasi nessuno lo ha capito! Predicano ai quattro
venti, cantano inni commoventi, partecipano a celebrazioni coinvolgenti e toccanti,
ma … fanno così poco!».
«Che cosa intendi fare?» –
chiese timidamente un angelo.
«Toglierò loro la parola ... Come è successo a
Zaccaria, il padre di Giovanni Battista!» – decise Gesù –, e tolse a tutti i
cristiani la facoltà di parlare.
E così di colpo, in tutto il mondo, fra i cristiani calò un
gran silenzio. In un primo momento si stupirono. Molti si precipitarono in
farmacia a comprare sciroppi e pillole per il mal di gola; erbe officinali e
miele andarono a ruba.
Poi cominciarono a preoccuparsi,
ed infine si spaventarono.
Come potevano pregare senza parole? Come facevano a
dire a Gesù e al prossimo che li amavano, senza parole?
I grandi teologi non potevano più dire neanche
«transustanziazione» ed i predicatori senza parole forbite e profondi concetti,
si sentivano disoccupati.
La gente comune non riusciva neanche più a litigare; ma
quel che è peggio, non sapevano come esprimere solidarietà, conforto, sostegno,
compassione, comunione...
A forza di pensarci giunsero
ad una semplice conclusione:
«Quello che non possiamo più dire con le parole, possiamo
comunicarlo con i fatti!».
Molti la pensarono allo
stesso modo.
– I grandi maestri della parola divennero spontanei e
sinceri, ed impararono ad esprimersi con lo sguardo, con il sorriso, con le carezze e gesti di
servizio.
– Nelle università di teologia si aprirono mense e
dormitori per i poveri e i disperati.
– Anche il catechismo divenne pieno di gioia e di giochi.
Molti si vergognarono
ricordandosi di quanto era facile mentire con le parole.
Su qualche giornale apparvero articoli con il titolo:
«Guardate come si amano!».
Sempre più gente trovò questa fede molto interessante,
sentendosi attirata dall'atmosfera di dolcezza, pace,
serenità e vera accoglienza che si respirava tra i discepoli
di Gesù .
Quando, dopo un po', Gesù
restituì loro la possibilità di parlare, ne furono quasi rammaricati.
Nel tempo del grande silenzio avevano sperimentato quanta tenerezza
– bontà c'è nella fede cristiana ...
«Figli miei, vogliamoci bene sul serio, a fatti. Non
solo a parole o con bei discorsi!» (1°
lett. di Giov. 3,16-18).
CHE NE PENSI?
Jimmy a
rapporto
In quel momento si aprì la porta,
il sacerdote inarcò il sopracciglio vedendo un uomo che si avvicinava; l’uomo
aveva la barba lunga di parecchi giorni, indossava una camicia consunta, aveva
una giacca vecchia, i cui bordi avevano iniziato a disfarsi. L’uomo
s’inginocchiò, abbassò la testa, quindi si alzò e uscì. Nei giorni seguenti lo
stesso uomo, sempre a mezzogiorno, tornava in chiesa con una valigia...,
s’inginocchiava brevemente e quindi usciva.
Il sacerdote, un po’ spaventato, iniziò a
sospettare che si trattasse di un ladro, quindi un giorno si mise davanti alla
porta della chiesa e quando l’uomo stava per uscire dalla chiesa gli chiese: «Che fai qui?”.
L’uomo gli rispose che lavorava nella zona e
aveva mezz’ora libera per il pranzo, ed approfittava di questo momento per
pregare. «Rimango
solo un momento, sai, perché la fabbrica è un po’ lontana, quindi m’inginocchio
e dico:
«SONO VENUTO SOLO PER DIRTI, SIGNORE, QUANTO SONO
FELICE
DA QUANDO TI HO INCONTRATO ATTRAVERSO I MIEI
SIMILI E MI HAI LIBERATO DAI MIEI PECCATI...
NON SO MOLTO BENE COME PREGARE, PERò PENSO A TE TUTTI I GIORNI...
BEH, GESù ...
ECCOMI A RAPPORTO!».
Il Padre si sentì uno stupido; disse a Jim che
andava bene, che era il benvenuto in chiesa quando voleva.
Il sacerdote s’inginocchiò davanti all’altare; sì
sentì riempire il cuore dal grande calore dell’amore ed incontrò Gesù. Mentre
le lacrime scendevano sulle sue guance, nel suo cuore ripeteva la preghiera di
Jim: «Sono venuto solo per dirti, Signore, quanto sono felice da quando ti ho
incontrato attraverso i miei simili e mi hai liberato dai miei peccati … Non so
molto bene come pregare, però penso a te tutti i giorni... Beh, Gesù... Eccomi
a rapporto!».
Un dato giorno il sacerdote notò che il vecchio
Jim non era venuto.
I giorni passavano e Jim non tornava a pregare.
Il padre iniziò a preoccuparsi, ed un giorno andò alla fabbrica a chiedere di
lui; lì gli riferirono che Jim era malato e che i medici erano molto
preoccupati per il suo stato di salute, ma che tuttavia credevano che avrebbe
potuto farcela
Nella settimana in cui rimase in ospedale Jim
portò molti cambiamenti: egli sorrideva sempre e la sua allegria era contagiosa.
La caposala non poteva capire perché Jim fosse tanto felice, giacché non aveva
mai ricevuto né fiori, né biglietti augurali, né visite.
Il sacerdote si avvicinò al letto di Jim con
l’infermiera e questa gli disse, mentre Jim ascoltava: «Nessun amico è venuto a trovarlo; non ha nessuno».
Sorpreso, il vecchio Jim rispose sorridendo: «L’infermiera si sbaglia...; però lei non può
sapere che tutti i giorni, da quando sono arrivato qua, a mezzogiorno,
un mio amato amico viene, si siede sul letto, mi prende le mani, s’inclina su
di me e mi dice:
«SONO VENUTO SOLO PER DIRTI, JIM, QUANTO SONO
STATO FELICE DA QUANDO HO TROVATO LA TUA AMICIZIA E TI HO LIBERATO DAI TUOI
PECCATI.
MI è
SEMPRE PIACIUTO ASCOLTARE LE TUE PREGHIERE; TI
PENSO OGNI GIORNO...
BEH JIM... QUI C’E’ GESÛ A RAPPORTO!».
••• Da oggi, ogni giorno, non
possiamo perdere l’opportunità di dire a Gesù:“Sono qui a rapporto!”.
Non sempre è necessario essere o andare in una
chiesa per farlo, anche dalla nostra cameretta, o in qualsiasi momento della
giornata, ovunque siamo, possiamo rivolgere il nostro pensiero e la nostra
preghiera a Dio.
….....
«Quante
discussioni si sono fatte e si fanno ancora su Dio. Tu che nei pensi?»,
– chiese un giorno un discepolo al grande
maestro.
«Vedi quell'ape? –
rispose il maestro – Senti il suo ronzio?
Esso cessa quando l'ape ha trovato il fiore e
ne succhia il nettare.
Vedi quest'anfora? Ora vi
verso dell'acqua. Ne senti il glu-glu?
Cesserà quando l'anfora sarà colma.
Ed ora osserva questo
biscotto che pongo crudo nell'olio bollente.
Senti come frigge e che rumore fa? Quando sarà
ben cotto, tacerà.
Così è degli uomini.
Fino a quando discutono e fanno del gran
rumore su Dio,
è perché non l'hanno ancora trovato.
Chi invece l'ha trovato, tace, e nel silenzio
adora ed agisce».
– Anche in mezzo al mondo
si può ascoltare Dio,
là,
nel silenzio di un cuore che non vuole che essere suo –
( S.Elisabetta
della Trinità)
Dio, vederlo!
•• Un giovane era sinceramente e disperatamente
alla ricerca di Dio, ma non riusciva a trovarlo.
Seppe da qualcuno di un uomo saggio e avanti negli anni che abitava
proprio lì vicino.
Un giorno perciò si recò a casa di quest'uomo anziano per porgli la
domanda che da tempo non trovava risposta. Entrò in casa e dopo averlo salutato
gli chiese: «Come posso vedere Dio?».
Il vecchio, che nella sua lunga esistenza aveva imparato a conoscere
Dio attraverso tante difficoltà, si fermò un momento a pensare poi disse: «Caro
giovane, non so se ti posso aiutare, perché penso di avere un problema molto
diverso dal tuo... Io, Dio, non riesco a non vederlo!».
Tutta la Terra può conoscere che c'è un Dio,
perché tutto il Creato ci parla di Lui,
ma soltanto i puri di cuore riescono a
comprenderlo.
•• Un uomo sussurrò: “Dio, parla con me!”. E un usignolo cominciò a
cantare, ma l'uomo non l'ascoltò.
Allora l'uomo ripeté: «Dio, parla
con me!». E si sentì l'eco di un tuono, ma l'uomo fu incapace di ascoltare.
L’uomo si guardò attorno e supplicò:
«Dio, fa' che ti veda!». E una stella brillò nel cielo ma l'uomo non la
vide. L’uomo cominciò a gridare: «Dio, mostrami un miracolo!». E nacque
un bambino, ma l'uomo non sentì il battere della vita. Allora, l'uomo cominciò
a piangere e disperarsi: «Dio, toccami e fammi sapere che sei qui con me!» E
la farfalla si posò dolcemente sulla sua spalla. L’uomo spaventò la farfalla
con una mano, e deluso continuò la sua strada triste. Solo, e con il cuore
attanagliato di paura.
Dove c'è la
vita, lì c'è Dio...; ma lo scopre soltanto un
occhio limpido.
•• Dov'è Gesù –– La mamma di Domenico, cinque anni, dice: «Gesù è in cielo!».
«No, Gesù non è in cielo – protesta il bambino –. È nel mio cuore!».
La mamma gli spiega che non c'è contraddizione, che il cielo non è un luogo e
Gesù sta anche nel suo cuore.
«No, mamma, Gesù non sta in cielo, sta nel mio cuore.
E nel mio cuore è il cielo».
•• BUON
LADRONE MUSULMANO
Si chiamava Fodè. Era stato imprigionato a
Freetown in Sierra Leone, accusato di omicidio. Non sappiamo molto della sua
vita. Era musulmano, come la maggioranza della popolazione della Sierra Leone.
In quella nazione africana vige ancora purtroppo la pena di morte, che viene
eseguita per impiccagione all'interno del carcere, quasi in segreto. Il
carcere, che ospita oltre mille detenuti, era visitato ogni domenica dal missionario
saveriano, padre Franco Fiori, che raccoglieva gli ospiti – accettavano il suo
invito circa un centinaio – per un po' di preghiera e qualche buona parola di
speranza, che fosse di aiuto a tutti: cristiani, pagani, musulmani.
Il 23 settembre 1982 lo avevano avvertito che un
condannato a morte – che il giorno dopo avrebbe dovuto essere impiccato –
aveva chiesto di parlargli. P. Franco accorre e si trova davanti un giovane di
vent'anni. Il condannato, il musulmano Fodè, gli chiede di pregare per lui e di
essergli vicino il giorno dopo, nei terribili momenti della morte violenta. Il
missionario e il condannato parlano a lungo. P. Franco cerca di ravvivare la
sua fede in Dio, nella vita eterna, verità insegnata anche dal Corano.
La mattina fatale, P. Franco è per tempo nella
cella del condannato. Manca poco più di un'ora all'esecuzione. Fodè dice:
«Padre, non ho dormito questa notte: ho pensato a quello che tu ieri mi hai
detto. Tra un'ora circa sarà davanti a Dio ... e Dio mi perdonerà?». P. Franco
gli narra l'episodio del buon ladrone, e come Gesù non abbia scelto un santo,
ma un malfattore pentito per accompagnarlo in Paradiso. Fodè si commuove e
dice: «Padre, fa quello che vuoi di me, ma mandami in Paradiso». P. Franco, a
questa richiesta, gli spiega in poche parole il significato del Battesimo, pur
essendo persuaso che anche come musulmano pentito sarebbe stato salvo. Ma Fodè
insiste – manca solo mezz'ora – e supplica: «Padre dammi quell'acqua e lavami
con essa, che mi farà felice». È un desiderio ispirato dalla Fede, una
richiesta come quella della Samaritana, come quella del buon ladrone. «Io ti
battezzo...».
Entrano le guardie a prelevarlo, gli mettono la
tunica bianca e il cappuccio del condannato.
Lo legano e lo accompagnano nella camera della morte.
P. Franco è vicino a lui. Fodè non oppone nessuna resistenza. Prima che gli
calino il cappuccio sugli occhi ed aprano la botola.
Fodè guarda per l'ultima volta P. Franco e gli
dice: «Padre, saluterò il buon Dio per te». Pochi istanti dopo si compie il
tragico rito. Fodè è in pace, nella gioia e nella gloria di Dio.
Come il buon ladrone. È stato cristiano solo
un'ora, quanto gli è bastato, con l'accettazione del supremo sacrificio della
vita – morire a vent'anni – per passare davanti a tanti cristiani che vivono
solo fiaccamente o male il loro battesimo.
E.B. Osservatore Romano della
Domenica» 1983
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