AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 24 maggio 2013

I CARMELITANI E LA CARITA'

A Milano, da tantissimi anni esiste la Mensa dei Poveri, così come da un decennio, anche a Legnano. Ma i Padri Carmelitani non si limitano ad offrire un pranzo caldo a chi non ha di che vivere, anche una calorosa accoglienza, e tutto quel che il povero, il bisognoso, possa aver bisogno: abiti, un riparo, la possibilità di un lavoro, qualora la persona che ne è priva, sia in grado di rendersi utile e di integrarsi nella società. Il nostro Fra Maurizio, da qualche settimana è andato a dare un mano ai volontari che si occupano di nutrire i loro ospiti, presso la mensa del Corpus Domini, di Via Canova a Milano,
Eccolo, con alcuni degli amici che ogni giorno bussano al convento!





"Ogni volta che avete fatto
queste cose a uno solo
di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me"
(Mt 25,40).



            Nel momento in cui Pilato, riferendosi a Gesù, condannato come malfattore, fa la nota affermazione "Ecce homo" (Gv 19,5b), non indica in quel momento un uomo, ma l'Uomo-Dio e, in lui, l'intera umanità.
            Non finiremo mai di cogliere le conseguenze concrete del dogma dell'Incarnazione. Il Verbo di Dio fatto uomo, Cristo Gesù ha assunto la natura umana, per renderci partecipi della sua vita divina. Che significa questo per noi, nella nostra vita di tutti i giorni, nelle nostre relazioni quotidiane? Significa che ogni uomo e ogni donna sono indissolubilmente uniti a Cristo, al punto tale che in ogni prossimo possiamo incontrare Gesù.
            Amare l'altro è allora amare Cristo, secondo la nota affermazione di Gesù: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt25,40). Il discorso relativo al giudizio finale spiega quest'affermazione.

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,31-40).

Il giudizio finale sarà dunque basato unicamente sull'amore verso Gesù presente nel prossimo incontrato in ogni attimo della nostra vita.
Impariamo, allora, a vedere, con gli occhi della fede, Gesù presente in ogni persona che ci passa accanto, senza badare alla sua condizione sociale, al suo credo o alla sua religione, o al colore della sua pelle.
Ricca o povera, dotta o semplice, ammalata o sana, ogni creatura umana ha un'immensa dignità, quella che le viene dal sangue di Cristo sparso per lei.
Qualunque cosa facciamo al fratello o alla sorella, con cui ci imbattiamo, è a Cristo che la facciamo.
Gesù, nel Vangelo, ci esorta ad amarci scambievolmente, è la legge del comandamento nuovo da lui datoci; a tale reciprocità possiamo giungere se impariamo a fare il primo passo nell'amare il prossimo, con gratuità e libertà.
L'amore vero è universale, non fa differenza di persone: Nicodemo, la Maddalena, la Samaritana, Marta, Maria, Pietro, Giacomo, il cieco nato, Zaccheo… tutti sono stati oggetto dell'attenzione e delle cure amorose del Maestro, nonostante la loro differenza di età, di condizione, di situazione.
Se ameremo sinceramente, avverrà che, prima o poi, qualcuno incomincerà a corrisponderci e l'amore diventerà vicendevole, permettendoci di sperimentare, concretamente, gli effetti del comandamento nuovo di Gesù: "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi" (cfr. Gv 15,12).
La reciprocità è la caratteristica dell'amore cristiano, esso ci domanda di donarci perdendo anche le nostre idee, i nostri gusti, il sonno, il tempo e persino le nostre ispirazioni, per andare incontro al prossimo, che ci chiede pane, istruzione, soccorso, o semplicemente attenzione e ascolto.
Amiamo e rendiamoci amabili, fino a suscitare nell'altro una risposta. Finché non stabiliremo una vera relazione, non sarà possibile instaurare, concretamente,  un'autentica comunità cristiana.
L'amore reciproco, aperto, dichiarato e vissuto esplicitamente nel nome di Gesù, fa di coloro che sono così uniti, in Cristo, una cellula viva del Corpo mistico.
Per contribuire all'edificazione della comunione non c'è una via diversa da Cristo e dall'amore del prossimo.
L'eutanasia, l'aborto, il terrorismo, la violenza, la guerra…, questi e tanti altri sono i mali che affliggono l'umanità in cerca di speranza.
La pace di Cristo si fonda sull'amore concreto e si realizza nell'amore a Gesù nel fratello e nella sorella che incontriamo; il prossimo con cui entriamo in relazione,  però, non va amato come uno fra i tanti, ma come l'unico.
Nella Trinità Gesù è il Figlio Unigenito; il Padre celeste ha per termine del suo amore il Figlio e ci ama tutti in lui. Anche noi dobbiamo amare tutti in Cristo, tutti in lui, lui in tutti e in ogni prossimo come fosse l'unico: in ognuno è presente Cristo.
La nostra fede ci fa riconoscere in ogni persona la presenza dell'Unigenito Figlio del Padre, fatto uomo e indissolubilmente unito a ciascuno di noi; basta, allora, un solo fratello o una sola sorella per incontrare Cristo e l'intera umanità. Non occorre amare un numero infinito di persone per dilatare il nostro cuore alla carità di Cristo, basta amare chi ci sta davanti con la certezza, dataci dalla fede, che ci fa scorgere in ognuno Cristo Gesù e tutti in lui, membra gli uni degli altri, suo mistico Corpo. Non è la quantità, ma la qualità delle nostre relazioni che ci apre alla carità.
L'amore evangelico, inoltre, è chiamato a crescere e durare nel tempo attraverso la fedeltà, che ci apre ad accogliere la persona amata nelle varie stagioni della vita, fino alla vecchiaia e alla morte.
Non basta amare l'altro di sfuggita, alla festa da ballo o al caffè, nell'età giovanile e in buona salute, la comunione vera esige la comunanza di vita, la condivisione della fatica, la capacità di crescere insieme; lo sanno bene gli sposi, i genitori, i membri delle comunità religiose o delle varie realtà ecclesiali o sociali…, lo sa chiunque conosce il vero amore.
Amiamo, allora, ogni prossimo come fosse l'unico, sapendo che il rapporto con una sola persona amata in Cristo ci mette in comunione con Gesù e con tutto il Corpo mistico; non si può amare veramente in Dio senza entrare in comunione con l'intera umanità.
Il fratello, la sorella è il sacramento del nostro incontro con Dio e con l'umanità.
      Restandovi unita, nell'Amore bello,
                                    sr. Nunziella Scopelliti

Istituto Religioso Suore del Bell'Amore


Nessun commento:

Posta un commento

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi