AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 23 maggio 2013

SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI

Il Santo della settimana
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi
1566 – 1607
Il nome della nobile famiglia fiorentina si ricollega ancor oggi alla congiura che nel 1478  aveva provocato la morte di Giuliano de’ Medici e il ferimento di Lorenzo. Caterina di Geri de’ Pazzi nacque a Firenze, la madre Maria di Lorenzo Buondelmonti la educò nella fede cristiana e le fu di esempio per la coerenza con cui viveva. Anche la presenza dei Padri Gesuiti ,confessori fissi di casa de’ Pazzi, contribuì alla sua formazione. Dal p. gesuita Andrea Rossi apprese la pratica della preghiera meditata e ad amare l’Eucarestia. Non aveva ancora dieci anni. Della fanciullezza si ricorda la sua generosità nel donare quello di cui disponeva ai bambini del contado,  mentre nel silenzio delle sue stanze amava  meditare la Passione di Cristo. Nel 1574 fu “messa in serbo” presso le educande del monastero di San Giovannino de’ Cavalieri per essere convenientemente educata; ne uscì dodicenne per rientrarvi quando il padre fu inviato a Cortona come commissario governativo. In questa seconda permanenza Caterina tradusse la sua intensa vita di preghiera in un quotidiano umile servizio prestato con gioia e dedizione alle suore anziane e malate. Questa  condotta costituì un tacito rimprovero per alcune monache  mediocri e tendenti al lassismo che non le nascosero la loro avversione.  Nel 1581 raggiunse il padre a Cortona, nel 1582, dopo forti resistenze da parte dei familiari che sognavano per lei il  matrimonio e un brillante futuro nella società fiorentina, Caterina entrò nel convento carmelitano di Santa Maria degli Angeli per un periodo di verifica al termine del quale iniziò il noviziato  prendendo il nome di Maria Maddalena. Fu afflitta da una misteriosa malattia con altissime febbri e tosse tremenda, il perdurare della malattia e la sua gravità indussero la madre priora ad abbreviare i tempi del noviziato cosicché il 27 maggio 1584, festa della Santissima Trinità, Maria Maddalena  emise i voti solenni. Iniziò per lei, guarita miracolosamente, un periodo di esperienze mistiche eccezionali che si concentrarono principalmente proprio dal 27 maggio 1584 al 9 marzo 1591. In questo periodo, chiamato estatico, ella percorse l’itinerario completo dell’esperienza mistica nella misura in cui è possibile a un essere umano: ebbe lunghissime estasi, visioni, rapimenti. Dal 27 maggio al 6 luglio 1584, i famosi quaranta giorni, rimase estatica ogni giorno per due o tre ore dopo la santa Comunione provando impeti irrefrenabili d’amore che la portavano a ripetere: “Amore non sei conosciuto, né amato” rivolgendosi a Dio.  L’8 giugno 1584 sperimentò visibilmente tutto il dramma della Passione di Cristo, mentre il 15 aprile 1585 ricevette le stigmate.  Il 28 aprile Gesù le donò l’anello delle nozze mistiche, simbolo dell’ unione perfetta con Lui. Queste sono solo alcune  delle sue esperienze eccezionali. Visse momenti di indicibile felicità. Per accertarsi che non si trattasse di illusioni o di isterismi il confessore le comandò di mettere tutto per iscritto, ma poiché dichiarava che non riusciva a descrivere con umane parole le esperienze che viveva, tre sue consorelle furono incaricate di trascrivere tutto quello che diceva nelle estasi. I manoscritti vennero accuratamente esaminati e si rivelarono ricchi di una profonda dottrina spirituale. Al termine del periodo estatico, nel 1585, per Maria Maddalena iniziarono terribili prove e tentazioni. La grande prova, chiamata il “lago dei leoni”, la portò alla tentazione della disperazione, della fuga dal monastero e del suicidio. Era la purificazione passiva che perfeziona ogni esperienza mistica e che è tanto più severa quanto più perfetta. Anche in questo periodo la sua fede rimase ferma e il coltello per il suicidio fu deposto ai piedi della statua di Cristo. Maria Maddalena preferiva la carità fraterna ai doni eccezionali e tutta la sua vita quotidiana fu animata da una eccezionale carità ed umiltà. Questi aspetti non possono essere sottotaciuti perché la sua santità non è consistita nell’avere visioni ed esperienze mistiche straordinarie, ma nell’aver praticato le virtù cristiane e religiose che le hanno permesso di amare Dio, il prossimo e la società nei momenti comuni della normalità. Nel 1604 si ammalò di nuovo, dopo essere stata priora, trascorse gli ultimi tre anni come una semplice suora in tutta umiltà, nel nascondimento e fra prove fisiche e morali. Questo fu il periodo del “nudo patire”, morì il 25 maggio 1607 consumata nell’inseguimento di quell’Amore che sapeva non amato e che voleva fare amare da tutti come quando si era attaccata alle campane e aveva suonato a lungo fra la meraviglia del popolo di Firenze gridando: “Venite ad amare l’Amore!” 


Roberto Arioli

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