MASSIMO
GRAMELLINI
Buongiorno,
mi chiamo Gabriele Francesco. Sono nato a Novara l’11 aprile 2013 e oggi avrei
un mese, se fossi ancora vivo. Invece sono morto lo stesso giorno in cui sono
nato. Adesso tutti starete pensando che mamma e papà non si sono comportati
bene: in effetti mi hanno lasciato solo, sotto un cavalcavia, con indosso pochi
stracci e senza un biberon nei paraggi. Ma io non mi permetto di giudicarli.
Certo è che noi neonati siamo indifesi: ci buttano dai ponti, ci fanno esplodere
sotto le bombe, ci vendono per pochi soldi. Siamo carne da telegiornale. Prima
di chiudere gli occhi, mi sono raggomitolato tra i rifiuti per cercare conforto
e ho pensato: ma è davvero così brutto questo mondo che sto già per lasciare?
Poi mi sono sentito sollevare e sulla nuvola da cui vi scrivo ho visto che la
bellezza c’è ancora. C’è bellezza nel camionista che mi ha trovato e
nell’ispettore che mi ha messo questo nome meraviglioso: è importante avere un
nome, significa che sei esistito davvero. C’è bellezza nei poliziotti che per
il mio funerale hanno fatto una colletta a cui si sono uniti tutti, dai
pompieri alle guardie forestali. E c’è, la bellezza, nella ditta di pompe
funebri che ha detto «per il funerale non vogliamo un euro», così i soldi sono
andati ai volontari che in ospedale aiutano i bimbi malati. Dove sono nato io,
metteranno addirittura una targa. Allora non sono nato invano. Mi chiamo
Gabriele Francesco, e ci sono ancora.
(Liberamente
tratto dal testo inviatomi ieri, giorno del funerale di Gabriele Francesco, da
un lettore di Novara che ha chiesto di restare anonimo. C’è tanta bellezza
anche in lui).
Sono sempre sbalordita dalla capacità umana di miseria e d'amore.
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