AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 27 marzo 2023

"UN MODELLO DI SANTITA' MODERNA" - 11 conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

«UN MODELLO DI SANTITÀ MODERNA»

Questa è già l'impressione di Pio XII , dopo i suoi predecessori affascinati da questa ragazza, che con un semplice libretto autobiografico, un po’ manierato – secondo lo stile del tempo – aveva conquistato un'intera generazione di cristiani, ... e non solo cristiani.

Ma non era semplicemente “fascino”: «È l'unico esempio di missione principalmente teologica del secolo XIX..., e fino ad oggi è rimasto l'ultimo» (Von Balthasar).
«Sebbene alunna di un Ordine religioso in cui il serto dei dottori è vanto del “sesso debole” [Carmelitane scalze] non fu nutrita da forti studi; eppure ebbe tanta scienza che conobbe per sé e seppe additare anche ad altri, la via della salute» (Benedetto XV).

«Fatta parola di Dio» (Pio XI), l'ha trasmesso e trasmette sempre al mondo un messaggio di una stupenda penetrazione spirituale».
Dunque a «ragione si osa proclamarla «La più grande santa dei tempi moderni» (Pio XII).
E l’UNESCO ha proclamato 2022-2023 l’anno di santa Teresa del Bambino Gesù.

• Ma che cosa significa: «La più grande santa dei tempi moderni»?

Questa ragazza è in qualche modo “una di noi”: cioè, Teresa fa parte della nostra medesima epoca socio-culturale. Nonostante la relativa distanza geografica e cronologica, noi partecipiamo sostanzialmente dello stesso momento storico: la “modernità”. Cioè, il nuovo modello di uomo e di società, che si è imposto come modello dominante in tutto l'Occidente.

Teresa è contemporanea dei poeti ed artisti “maledetti”, dei “maestri del sospetto”, in un sistema socio-economico di capitalismo già ben avviato, che sarà inarrestabile; in uno stato laico totalmente separato ed ostile o, peggio, indifferente alla Chiesa. La sua è una generazione che ha avuto tarpate le radici e le ali ed ha reagito con passione e disperazione, finendo talora – nei suoi esiti più simbolici e rappresentativi, nella morfina e nella tisi ...

Questo nuovo modello culturale (la modernità):
– Innanzitutto proclama che la persona «è prima di ogni cosa e tutto è relativo ad essa».
– Quest'uomo, libero”, “gestore” delle proprie azioni e attore della propria vita, ha dentro di sé la segreta convinzione che ogni progresso tecnico determini in modo sicuro, presto o tardi, un miglioramento umano e morale. Conseguentemente conclude [e ne facciamo esperienza ogni giorno...]: «Ciò che è tecnicamente possibile, perché non si dovrebbe fare?».

– Tutto questo è causa e conseguenza, assieme, di un altro aspetto essenziale del tempo 'moderno': la secolarizzazione. Un fenomeno, cioè, culturale che sostiene il principio della separazione o della differenza: tra Creatore e creatura, tra Chiesa e Stato, tra individuo e gruppo sociale, tra coscienza personale e legge o cultura sociale..

Conseguenze?

* Sul piano della nuova consapevolezza che l'uomo è l'artefice della sua vita, si è come atrofizzata nella coscienza la forza dell'ideale altruista e solidale; si è legittimato il diritto insindacabile a preoccuparsi soprattutto, o solamente, di sé o (subordinatamente all'io stesso) del proprio “io dilatato” (la famiglia o il partito o la patria o la razza... la religione).

* Sul piano del progresso tecnologico si è “civilizzato” il mondo, sfruttando senza scrupoli intere fasce (o classi) sociali, poi intere popolazioni e territori, perché fondato su un meccanismo letteralmente perverso (cioè, che «porta fuori strada») e riferito, in più, ad un unico criterio che è il suo nutrimento, il suo obiettivo e il suo motore: il proprio profitto.

* Sul piano della secolarizzazione, Dio è «morto», almeno come soggetto pubblico in questa società. La fede è abbastanza in discredito come proposta “evangelica” di vita nuova.

L'uomo moderno, però, corre così il rischio di ritrovarsi sempre più sprovveduto e spaurito di fronte alle immani sfide da lui stesso provocate nella sua storia e nella natura.

Già nel tempo di Teresa, “la modernità»” è stabilmente instaurata come una “super-cultura” onnicomprensiva, che lentamente e inesorabilmente pervade tutte le culture per svuotarle dall'interno: com-presa la “cultura religiosa cristiana”.

••• Teresa del Bambino Gesù, come ha incarnato tutto questo nella sua esperienza religiosa? * Autenticità e coerenza

«Autenticità», è la volontà e capacità di gestire la propria vita da sé, come attore e signore, e farla combaciare con la “propria” verità, in totale coerenza. Come la esprime Teresa?

– Da parte sua Teresa vuole “realizzarsi”, cercando con tutte le forze di far coincidere la propria vita con i propri ideali religiosi. Lo scopo che Teresa persegue è il medesimo fine dell' “io moderno” [ = la propria realizzazione], anche se tradotto nel proprio contesto culturale religioso.
Qui, le sollecitazioni che accoglie ed assorbe, si manifestano così:

«Voglio realizzarmi!; «Voglio essere una santa!»;

«Ho visto l'altro giorno parole che mi piacciono molto... Non sono perfetta, ma VOGLIO diventarlo!». [E, non soddisfatta di sottolineare la parola «voglio», la scrive in caratteri maiuscoli!
Questa forse è la caratteristica di partenza in cui Teresa si mostra più “moderna”.

Ma tale desiderio intenso di “autenticità” – assunta dalla “cultura” del nostro tempo – sarà anche la sua “croce”, proprio perché il dinamismo che pone in atto la obbligherà ad una coerenza spietata con se stessa.

Sin dall'infanzia, infatti, Teresa si addossò uno sforzo titanico per superare lo scarto tra ideale e realtà, tra immaginario e quotidiano, senza lasciarsi tentare dalla “necessità” del compromesso – che media le tensioni più gravi, annacquando la radicalità della “chiamata” col cosiddetto “buon senso”–.

– Teresa, inoltre, fa parte, ovviamente, dell'universo culturale del proprio tempo. E perciò: proprio e soprattutto contro di lei si rivolta tale sua spietata volontà di autenticità.

Ella proviene, infatti, da un ambiente piccolo borghese, impregnato di un cattolicesimo non senza lacune, ma estremamente serio a livello familiare, dove l'atmosfera è così carica di religioso che è quasi “naturale” darsi tutti alla “vita religiosa”. In simile ambiente Teresa è indubitabilmente “regina”, ma anche prigioniera di una ragnatela – di affetto e stima, certo, ma pure di legami e inibizioni – che appaiono bene nel racconto delle varie tappe e “conversioni”, miracoli e lacrime, sconfitte e vittorie – lungo il percorso della sua intensa adolescenza, come lei stessa la descrive –.

• Fattasi monaca, la fedeltà incrollabile all'autenticità la porta a voler vivere a tutti i costi ciò cui si sente chiamata. «Nel Carmelo non è permesso coniare monete false» – afferma – compiaciuta che il “mercato” la costringa a battere soltanto monete valide per tutti. E scopre così che la verità è azione, cioè prassi e realizzazione: «Le parole non bastano..., bisogna donarsi senza riserve».

E a chi la guarda con meraviglia, ribatte:
«Chi non vuol sentire la verità, non deve rivolgersi a me».

Vicina ormai alla morte confesserà dirà di se stessa:
«Sì, mi sembra di aver cercato sempre soltanto la verità»

È con la passione coerente della verità che lei ha corroso qualsiasi barriera di ambiguità, meschinità, opacità si frapponesse nella felpata vita monastica, nella spiritualità inconsistente, nei discorsi devoti ma fantasiosi, nell’agiografia immaginifica e deviante, nella direzione spirituale paternalistica e afona.

Ma – proprio per questa sua consapevole ricerca per la verità – ha rischiato inconsciamente di credere che ci si potesse “disinquinare” col semplice ritirarsi “dentro di sé”, in “clausura”, come tante proposte “spirituali” suggerivano!

* La salvezza “propria” non salva nessuno! 

L’alto ideale – che Teresa ha la “presunzione” santa di conquistare – la spinge ad una dedizione al limite del “patologico”. La parola “impossibile” le sembra sconosciuta; il desiderio di soffrire (come se la sofferenza rappresentasse la più totale possibilità di donazione) le sembra la strada adeguata. La santità, in definitiva, le sembra dipendere tutta dalla propria capacità di sofferenza. E dunque, in definitiva, ancora, da lei stessa! Teresa cita volentieri lo slogan: «La santità bisogna conquistarla sulla punta della spada!».

Ma si ritrova inesorabilmente riportata alla dolorosa 'esperienza dell'impotenza, tanto da giungere ad affermare il contrario del suo grande ideale giovanile:

«No! Io non mi ritengo una grande santa; penso di essere una piccolissimo santa!» ... E ancora: «Io non sono una santa. Non ho mai compiuto le azioni dei santi».

• Che cosa successe? Come giunse a tale convinzione?
Pian piano Teresa scopre quanto Dio sia al di sopra delle proprie forze: la giovane entusiasta, “incrollabile”, comprende che non può farcela da sola se non falsando le cose...

Non per questo, però, si rassegna ed abbassa al proprio livello le esigenze della chiamata, rinnegando così la verità. Capisce, in altre parole, che ci si “realizza” veramente soltanto accettando la vanità dei propri sforzi umani, per dedicarsi unicamente a «far piacere a Dio».
Non è più il suo sforzo (in altre parole, lei stessa) il punto di partenza:

«Sentii che l'amore [la carità] mi entrava nel cuore col bisogno di dimenticare me stessa

per far piacere agli altri; e da allora fui felice». 

L'ardore ascetico si tramuta in «compassione», sia verso Dio che verso gli altri.
Ciò rende automaticamente se stessi e la propria realizzazione un problema secondario.

E questo la purifica da quanto rimane in lei del “Dio di Giustizia” [che esige che noi “ripariamo”] e la convince, invece, che «l'amore è tutto», «... ma per accoglierlo è necessario rimanere sempre poveri e senza forze: ecco la cosa difficile».
Realtà difficile e “rifiutata”, proprio perché, dopo così lungo e arduo percorso, la riporta al punto di partenza evangelico, il punto zero, dove il Regno e i suoi misteri sono donati in regalo ai poveri, ai bambini, ai peccatori...

* Abbandonata da Dio... in compagnia dei fratelli

Simile percorso interiore – che Teresa conduce pressoché da sola: senza maestri, senza libri [solo il Vangelo e un po' di san Giovanni della Croce], affezionatissima e amata... ma “distaccata” dalle sue sorelle –, ha dentro in sé una dinamica eversiva. Dinamica che da sé sola, e malgrado Teresa stessa, porta a conseguenze impensate – seppur accolte da lei molto lucidamente –. 

• E dopo un secolo e mezzo si vede chiaramente quanto fossero coerenti col cammino del “mondo moderno”. È stato Papa Giovanni XXIII ad affermare che lei ci ha fatto passare dalla «Chiesa del diritto e della giustizia» alla «Chiesa del dialogo e della misericordia».

Ebbene, una delle più potenti promotrici di simile cambiamento nell'humus cristiano è stata proprio questa ragazza morta a ventiquattro anni praticamente all'inizio del secolo scorso.
E l'ha pagato caro tale cambiamento (“conversione”)! Sembrerebbe una vendetta del «dio della giustizia», come è pensato e fatto proprio da una spiritualità ascetica, volontaristica, morale.
– Nella visione “contrattuale” del rapporto con Dio [«Io osservo i comandamenti, e Dio mi dà il Paradiso»] l'uomo ha un ruolo grande (è lui il vero protagonista!).
Ma poi, l’uomo si ritrova, invece, inaspettatamente “impotente” e sprovveduto di fronte ad un «Dio mendicante di amore», «bisognoso di aiuto». Da “simile” Dio, infatti, egli – l’uomo – non può attendersi nulla sul piano dell'efficacia e della potenza, e ... neppure della santità.

L'unica cosa che l'uomo possa fare è «convertirsi», cioè mutare radicalmente 1'atteggiamento... per attendere tutto sul piano della povertà: – [si tratta di ricevere, quindi, non di dare...] – ; e nonostante ciò, rimanendo sempre nell'estrema penosa insufficienza! Insufficienza tanto grave da rischiare la disperazione, perché (sembra strano, ma è nella logica del Vangelo!) il desiderio di dedizione e di amore, di «fare qualcosa per gli altri» – dilatato dalla compassione e dalla fame di misericordia per sé e per tutti – diventa sempre più grande, intenso, struggente....

È da simile travaglio che sgorgano i lamenti o le espressioni più “scandalose” per la spiritualità e il linguaggio religioso corrente – ma tanto vicine alle “sensazioni” dell'uomo d'oggi:

«I ragionamenti dei peggiori materialisti affiorano al mio spirito...
È mai possibile pensare simili cose, quando si ama tanto il Signore? ...
Una voce maledetta mi sussurra: “Sei poi sicura che Dio ti ami ancora? Te lo ha detto lui?” – “Non è l'opinione di qualche persona, che ti giustificherà ai suoi occhi?”».

•• E infine, per esprimere quanto sia totale la sua solidarietà esistenziale con il mondo e gli uomini di oggi – cioè, quanto sia vero che lei ne condivide la situazione interiore desolata e affamata – , la drammatica confessione:

«Non credo più alla vita eterna»; mi sembra che dopo questa vita mortale non ci sia più nulla. Tutto è scomparso per me.
Non mi resta che l'amore!» 

•• Forse, all’interno di tale drammatico cammino dell'uomo moderno nel suo deserto, sono più comprensibili proprio il contrasto che affiora dalle confidenze di Teresa, poiché nascondono una tensione tanto drammatica e dolorosa, da farle provare sulla propria pelle che la disperazione può portare al suicidio.
Il motivo segreto e potente di tale costanza «a soffrire pur nella debolezza, senza coraggio e nella tristezza ... » nell'amore al suo Signore che sembra dimenticarla – è la solidarietà con le varie categorie degli uomini.

Già presente, e, anzi, “motivo” della sua entrata al Carmelo, la solidarietà (proprio come “finalità apostolica”, nel suo linguaggio!) diventa sempre più totalizzante: ne coinvolge vita, sentimenti, e corpo, che da questa passione viene consunto: Teresa stessa diventa “una di noi”. Non per niente muore di tisi: l'AIDS del suo tempo!

Dai sentieri difficili e dai castelli impervi (riservati a pochi) della spiritualità e della mistica, Teresa passa ai «sotterranei» della storia, che diventano sempre più “casa sua”, con lo stesse lacrime e lo stesso pane amaro degli ultimi:

«Gesù mi ha preso per mano e mi ha fatto entrare in un sotterraneo ddove non fa né caldo né freddo; dove il sole non risplende, né cade la pioggia, né tira vento; un sotterraneo dove non distinguo altro che un indistinto chiarore ... Poiché il nostro viaggio avviene sottoterra, non vedo se la meta si avvicina... Sono disposta a rimanere per tutta la mia vita religiosa in questo passaggio sotterraneo».

Non è, tuttavia, sola in tale sotterraneo, e se ne accorge.
«Dio ha permesso che l'anima mia fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del cielo, per me dolcissimo, non fosse più se non lotta e tormento».

«Ma, Signore, la vostra figlia ha capito ...
Vi chiede perdono per i suoi fratelli...; accetta di nutrirsi per quanto tempo vorrete del pane di dolore e non vuole alzarsi da questa tavola colma di amarezza, alla quale mangiano i poveri peccatori...; ma anche lei osa dire a nome proprio e dei suoi fratelli: “Abbiate pietà di noi, Signore!”... La sola cosa che vi chiedo è di non offendervi mai».

Teresa s'immedesima ormai nella preghiera ultima di Cristo in croce, dove pure Lui – dato spazio alla misericordia del Padre come unica soluzione – rimane dov'è – sulla croce –, anche se «abbandonato»: rimane solo per amore: a a costo di rimanere senza il 'suo' DioÈ una grande sfida per il nostro mondo!

CONCLUSIONE

– I primi anni di Teresa sono un periodo dolce, caldo, di crescita, di affermazione alla vita, (1-4 anni)
– il secondo è caratterizzato da una progressiva chiusura in se stessa, da insicurezza, estrema fragilità psicologia (5-14 anni).

– Segue periodo di superamento del suo infantilismo, di apertura alla realtà.

Tale ritardata, difficile, prolungata maturazione e liberazione dalla sua infanzia ha però lasciato in lei la "possibilità di riflettere" sulle caratteristiche tipiche dell'infanzia, quella dell'abbandono, quella dell'ingenuità, quella del "volere tutto"... Peculiarità che Teresa, purificandole, ha trasposto nella vita spirituale, in quella che lei ha chiamato la "Piccola via", cioè il camino dei piccoli passi, dei quotidiani doveri, delle ordinarie virtù e sofferenze, la via della gente "comune".

Sentimentalismo infantile?
In Teresa [sembrerà strano, ma è accertato] non ricorre neppure il termine di "Infanzia spirituale" – come talvolta viene indicata la sua spiritualità. La sua visione, che si conclude nell'amore, è piuttosto la concretezza della rivelazione evangelica che afferma: "La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato in noi per mezzo dello Spirito che ci è stato donato" (Rom. 5,5).

Ed è una "via", che nella sua semplicità non è meno difficile ed eroica di quella dei "grandi santi".
La sua via è "piccola" ma non meno esigente della scorciatoia diritta ed avventurosa da scalatori di san Giovanni della Croce. Anche lei, infatti, afferma che vuole praticare il "nulla per avere il tutto". Ha sempre cercato, sin da bambina, ostinatamente, il "tutto"; ma ha imparato a perseguirlo con le piccole cose, con gli atteggiamenti quotidiani, con le "piccole vittorie" su se stessa, in una famiglia, in uno sviluppo fisico- psicologico e in un ambiente religioso “normali” (con i suoi pregi e difetti ) ....
In realtà i traguardi raggiunti sono stati grandi.

Teresa ha avuto l'intuizione di "come" diventare lei santa, e poi, "come" l'esperienza umana e spirituale fatta sulla propria pelle, potesse diventare d’insegnamento, di esempio vivo da porgere agli altri.

Ed ha avuto la capacità di vivere tutto questo fino in fondo.

Il suo segreto, il segreto della sua attrattiva, è che li fa sembrare alla nostra portata! Anzi, ci assicura che sono – questi traguardi – alla nostra portata!

*** 

E qui, come conclusione, viene da chiedersi quale sia l'ultimo richiamo, l'ultima espressione che giunge a noi da Teresa: la speranza fiduciosa dell'uomo o l'amore misericordioso di Dio?

Ebbene, la "speranza fiduciosa" è soltanto la penultima parola dell'esperienza di Teresa e del suo messaggio per l'uomo d'oggi. L'ultima parola, quella in cui tutto si risolve e che tutto risolve, è l'amore, l'amore misericordioso di Dio, Cristo!

Infatti, la fiducia c'è, perché ci è stato dato l'amore; e la speranza può sussistere nel cammino di oggi sino all'estremo sospiro e desiderio, perché, sempre e prima, c'è la presenza dell'amore di Dio. Afferma con forza Teresa: "Solo Gesù è; tutto il resto non è" (Lt 96).

Non è pessimismo sui valori umani, ne tanto meno nichilismo... È "la piccola via", che in tutti i livelli ruota attorno al fondamento intaccabile ed insostituibile: l'amore di Dio per noi.

E così l'amore di Dio per l'uomo rimane veramente l'ultima parola per la vita dell'uomo, sia a livello individuale che a quello collettivo.

Tutto ciò costituisce l'estrema sicurezza per il cammino stesso dell'uomo.
Specie in un tempo come il nostro [in cui molti sperimentano i limiti delle forza fisiche e morali" e le certezze dei sistemi politici, sociali ed economici subiscono il più grave ed umiliante sfascio]
risentire che ancora si può contare sull'amore misterioso, ma vivo ed operante di un Dio
– che è sempre con l'uomo e dalla parte dell'uomo,
– che permette all'individuo ed anche alla società di continuare il cammino.

                                       *************

Legnano 25 marzo 2023 – padre Claudio Truzzi 

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