AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 5 marzo 2023

LE "PAURE" DI TERESINA - ottava conferenza di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

 LE “PAURE” di TERESINA

“La vita di un uomo è la storia delle sue paure”. (A. S. Neill)

Attraverso le sue paure noi possiamo addentrarci nella personalità di Teresa, come per una porta di servizio da cui accedere alla sua anima. Non tanto nascosta, dal momento che lei stessa, quasi senza pretenderlo, ci dà una mano per accompagnarla nelle autoanalisi: involuzione spaventosa del suo carattere espansivo, motivazioni della sua timidezza e referenze obiettive dei suoi timori e delle sue paure.. [Tralasciamo i “I timori dell’infanzia: Orfana e timidezza, già esposti nei capitoli precedenti].

1 – Tormento degli scrupoli

– Teresa fa la Prima Comunione l’8-5-1884. Ha undici anni e mezzo, e l’ha molto desiderata. La preparazione non poteva essere migliore. La sua ipersensibilità annota, però, due osservazioni del ritiro che precede il grande giorno [Li predica l’abate Domin

, il cappellano, sacerdote integro ed “integralista” sino agli ultimi giorni].

Da una parte, Teresa: «desidero essere molto buona per non trovarmi impreparata alla mia morte».  In puro stile giansenista, la morte repentina di una bambina della Prima Comunione portava come minimo al purgatorio... E ciò che era peggio, se la comunione fosse stata “sacrilega” portava all’inferno.  «Ha detto cose che mi hanno molto spaventata» – confessa. Proprio lei che dalla prima confessione, «temeva molto di offendere Dio nelle minime cose», e che era tanto delicata da piangere sconsolata, dicendo «ho peccato e fatto peccare».

– Dopo la Cresima, il ritiro per rinnovare la prima comunione (17-21-85) tenuto dal medesimo cappellano, le causa una reazione spaventosa: «Ciò che il signor cappellano ci ha detto era spaventoso; ci ha parlato del peccato mortale; ha dipinto lo stato dell’anima in peccato di morte».

•  Ciò fece scoppiare il detonatore dell’infermità degli scrupoli: «Fu durante il ritiro della mia seconda comunione quando mi vidi assaltata dalla terribile infermità degli scrupoli». Tale slogatura della coscienza sul bene e sul male, rinserra il timore soggettivo di offendere Dio, con ogni specie di dubbi e preoccupazioni. – In lei ha il significato di “regressione emotiva allo stato di affettività infantile” (neurosi benigna) –.

Un “martirio” che dura – per ora – un anno e mezzo, e che inquina pensieri ed azioni, anche le più semplici. 

Si confida con fatica a Maria mentre la pettina, eccetto su quelli «più stravaganti che si riferivano a lei stessa». Depositato il fardello dei supposti peccati sulle spalle di Maria, Teresa riposa per obbedienza fino alla seguente confessione. Così sino all’entrata di Maria al Carmelo, o poco più (15-10-86).

Però le manca la conferma della Chiesa. Essa arriverà più tardi, quando, già postulante nel Carmelo, apre la sua anima nella confessione al P. Pichon. che le dice le parole più consolanti della sua vita: “Alla presenza di Dio, della Vergine e di tutti i Santi, dichiaro che non hai mai commesso un solo peccato mortale".

Dopo tale liberazione del “passato “sparì il grande timore d’aver macchiato la veste battesimale. (Tuttavia, se dobbiamo dar conto alla corrispondenza con P. Pichon, rimase un po’ scrupolosa fino al 1893).

** Dall’esperienza dolorosa degli scrupoli, Teresa trarrà subito conclusioni pedagogiche. Ancora novizia, dirà con autorità alla cugina Maria Guèrrin: 

«Non hai commesso neppure l’ombra di un peccato. Conosco così bene questa specie di tentazioni, che posso assicurartelo senza timore. Anche “ella” (io) è passato per il martirio degli scrupoli... Vai avanti, non ascoltare il demonio, bùrlati di lui e vai senza timore a ricevere il Gesù della pace e dell’amore... Chiedigli che gli anni più belli della tua vita non passino tra timori chimerici “.

–  Era necessario essere passati nell’esperienza dolorosa delle paure del peccato per poter comprendere, a 17 anni, le altre anime che più tardi si apriranno alla sua direzione spirituale.

2.  Timori nel Carmelo

 «Ora è difficile che mi spaventi di nulla»., afferma Teresa nel redigere il primo manoscritto [A], ricordando la sana pedagogia della sorella Maria nella sua infanzia.

“Difficile”, ma non impossibile

I suoi primi passi nella vita religiosa comportano «più spine che rose» – confessa.

Dopo l’effetto protettore che l’avvolge durante il postulandato, seguono molti giorni di sofferenza durante l’anno e mezzo di noviziato – «noviziato di dolore» (lettere 82, del 89) – specialmente per il martirio dell’infermità del papà, infermità che le trafigge il cuore appena un mese dopo aver ricevuto l’abito.  

Al dolore intimo si aggiungono i «colpi di spilli» di certe chiacchiere, come se fosse stata lei la causa della perdita di senno del padre. Nel ricordare più tardi tale periodo, preferirà conservare il silenzio e non aprirci il suo spirito tribolato: «Queste pagine non si leggeranno giammai su questa terra».

Esteriormente, nulla trapela: la foto di novizia ce la presenta paffutella. Il cuore piange; però, in silenzio.  Nonostante ciò, le lettere a Celina in questo tempo vanno per un sentiero sicuro: 

«Perché ti spaventi di non poter portare la croce senza venir meno? Gesù cadde ben tre volte andando verso il Calvario».. (Anche se: «Ah, quanto costa dare a Gesù quello che chiede! E che fortuna il fatto che costi!».). La disposizione al martirio non è un “sogno”, ma un’accettazione: «Lasciamo che Gesù ci strappi tutto ciò che ci è caro, e non neghiamo nulla… Invece di morire di spada, moriamo di punzecchiature!»..

•  Possiamo enumerare fra questi “colpi di spillo”, qualche tipo di timori o di paure? 

Teresa conserva il suo segreto; però, intanto dà consigli a sua cugina Maria di non far caso degli scrupoli. Non è possibile supplire al suo silenzio in questo periodo del noviziato. Cela la pena dietro il Volto di Cristo, velato di lacrime e di sangue, che la spinge a considerare la sofferenza umana alla luce dell’amore oblativo. Mentre, infatti, lei soffre i suoi scrupoli ad intervalli, la sua coscienza di “povero granello di arena” si nasconde qualche volta nel Volto di Cristo per dimenticare certi timori: 

«Lì, il povero atomo non avrà nulla da temere; sarà sicuro di non tornare a peccare». 

A – Il timore FILIALE

Abbiamo alluso alle paure che Teresa soffrì a causa dei suoi scrupoli. La coscienza scrupolosa ha le radici essenzialmente nella pretesa auto-giustificazione davanti a Dio, considerato come “giustiziere”, e di cui sente sempre la minaccia per il male reale o fittizio della condotta deficiente.

Teresa si sapeva «debole, molto debole». E lo era realmente.

Per liberarsi di simile corsetto paralizzante, ella impara «la scienza di gloriarsi delle proprie infermità», ed intuisce la relazione tra “giustizia e misericordia” divina, salvando l’una e l’altra e si fa scudo di s. Paolo per la sua ultima convinzione: Dio non paga salari, ma ama e salva gratuitamente. 

La sua dinamica di confidenza non esclude, però, il genuino “timore filiale”, il non-contristare Dio-Padre. In tal modo la giustizia di Dio è contemplata sotto l’alone della “misericordia” salvifica infinita. “.

•• La frontiera fra una coscienza scrupolosa e un’altra delicata, non è sempre così chiara.

La seconda, però, fruttifica nella pace confidente dell’abbandono, entro una “rettitudine fedele” alla volontà di Dio. È proprio tale “fedeltà” alle piccole cose che piacciono a Gesù, ciò che va maturando a poco a poco Teresa, dalla sua entrata al Carmelo. Suo desiderio ultimo è di essere «dimenticata, e non solamente dalle creature, ma anche da sé medesima»..

[L’eroicità delle “virtù”, che Teresa dissimula e persino nega, sorprende più tardi chi che visse con lei e ne lesse il messaggio. Questo, forse, colpisce chi semplifica troppo la sua “piccola via”. È però necessario arrendersi: l’unico cammino di santità è Cristo crocifisso e resuscitato. 

• Prima del 1895 Teresa si è forgiata un carattere spirituale a base di “piccoli’ sacrifici, “piccoli dettagli” di amore a Dio e agli altri – «piccole virtù», dirà lei –. Ecco un elenco esemplificativo:

* Non si smarrisce nell’obbedienza, neppure quando questa viene                dalla  parola continuamente diversa di Madre M. Gonzaga – che                 tanto pure le voleva bene dagli anni 9 e verso cui si sente                         naturalmente    attratta. 

* Puntualissima nell’osservanza regolare.

* Attenta nel rapporto con alcune sorelle, non sempre gradevoli.

* Forte di fronte alle contrarietà che la provano, specie davanti alla               “angustia” per la malattia del padre.

* Squisita con le “malate”. Umile fino a nascondersi ed a sparire.

* Scrupolosa nel silenzio religioso.   

* Accetta gli spruzzi di acqua sporca senza protestare;

* non si lamenta mai del freddo, che tanto la fa soffrire; né degli                   avanzi di cucina vecchi di una settimana.

* Supera il desiderio di esercitare certi uffici che le vanno più  a genio.

* Non fa caso ai giudizi umani sul suo modo di essere e di badare o no          alla salute.

* Non fa un problema l’essere senza il rango capitolare di professa.

* Fedele fino al dettaglio nella pietà liturgica e personale: semplice,              povera, delicata 

* Non dà importanza al fatto che molte volte passi per la ‘bambina                tonta’ della comunità, se

il suo portamento signorile non la distingueva agli occhi di estranei, o

–  se l’attenzione quotidiana alle novizie e la condivisione con le altre non la trovassero disposta a servire con sollecitudine le richieste d’ascoltare, consigliare, dipingere, scrivere di notte le ricreazioni devote, poesie e biglietti di consolazione spirituale...

* Nel suo interiore vive costantemente la presenza di Dio.

* Sviluppa il suo spirito cristologico sull’infanzia e passione del Signore, il suo marianesimo sull’imitazione realistica della Madre “amabile”.

* Coltiva il suo anelito apostolico per le anime dei sacerdoti,                         missionari,  peccatori.

Va così maturando lo spirito per affrontare le prove che Dio le invierà come crogiolo finale.

•• Allora se questo è tutto vero, come inserire in tale trama di “fedeltà al limite”, qualsiasi specie di timore?

Perché, i timori affiorano precisamente come contrappeso della forza motrice di simile “amore confidente” in Dio-Papà, cui lei corrisponde con la sua tenerezza filiale, lontano da qualsiasi infantilismo sentimentale! Certe comparazioni letterarie possono ingannare il lettore disattento: «la pallina, il granello di arena, la piccola canna, il passerottino, l’agnellino», ecc... 

Bisogna distinguere chiaramente tra il linguaggio letterario, molte volte imprestato, dalla realtà spirituale, vissuta molto al di là dell’immaginazione umana.

B – Timore di essere INFEDELE A DIO 

Fin dalla prima Comunione Teresina chiede a Gesù che le tolga la sua “libertà”, perché essa la spaventava. È un giudizio retrospettivo, di un adulto. È la semplice confessione della nostra più grande ricchezza personale e pure della nostra responsabilità morale: «Ti supplico che tu mi tolga la libertà di dispiacerti», chiede nell’Offerta vittima all’Amore misericordioso.

La stessa cosa si dica del componente basico della decisione umana, la “volontà”: 

«Non desidero essere santa a metà, non mi spaventa soffrire per voi, Solo temo una cosa: conservare la mia volontà: prendila, poiché scelgo tutto ciò che tu desideri».

È conformità delle volontà – non negazione della propria, ma soltanto di ciò che disgusta Dio, l’egoismo: 

«Ho paura che Gesù mi dica che sono una egoista»

Si tratta in realtà di una sana emulazione. Quando, però, scopre la vocazione ad essere “la più piccola” e “povera”, chiederà a Leonia preghiere per poter continuare ad essere «molto fedele»., e così realizzarsi come “l’ultima” delle sorelle.

Il fondo della paura della libertà e volontà nelle sue decisioni, si radica nella triste possibilità di concentrarsi solo «in un amore egoistico ed infruttuoso», cioè, “amor proprio”, o amore “avvelenato” verso le creature. Alla fin fine, amore disordinato che si focalizza nel timore di Teresa verso il “peccato”.

Una volta rassicurata la coscienza sul fatto di non aver commesso nessun peccato mortale, il suo interesse s’incentrerà in qualsiasi mancanza volontaria che possa sporcare la veste battesimale dopo la professione religiosa: «Non macchiare mai l’abito di innocenza che mi darai il giorno della mia professione»

E il suo spirito troverà pace soltanto nell’ottobre del 1891 quando il P. Alejo Prou l’assicurerà che le «mie mancanze non dispiacciono a Dio...! Come fui felice di ascoltare queste parole consolanti. Non avevo mai sentito dire che ci fossero mancanze che non dispiacevano a Dio!».

* Tuttavia, pur constatando la sua “incapacità” per pregare o praticare le grandi virtù o “acquistare meriti”, non smette di alimentare il fuoco dell’amore a Dio con le «pagliuzze» alla sua portata: «Celina, temo di non aver ciò che è necessario; qualche volta crederai che faccio sempre ciò che dico. Ma non è così, non sono sempre fedele! Però non mi perdo mai di coraggio, mi abbandono nelle braccia di Gesù». 

* Un’esperienza di timore spirituale svanita dalla confidenza nel valore dei piccoli dettagli di amore.

Chi fa ciò che può, sa che Dio non le chiede di più e, soprattutto, la convinzione che Dio è onnipotente quando perdona. Teresa non ha sbagliato strada:

«Gesù stesso si è accontentato dei miei desideri del mio abbandono totale».

C – Timore di essere di peso agli ALTRI

La lotta contro il timore d’essere infedele la mantiene vigile nel rapporto agli altri. È qui, nell’amore del prossimo, dove maggiormente se ne capta la delicatezza spirituale, espressa in piccoli timori:

«Dire alcune parole meno delicate» alle novizie.

«Aver detto qualcosa che non dovevo».

«Non essere delicata» o «essere indiscreta nel chiedere qualcosa».

Che la madre priora non sia contenta «di certe cure», «di aver fatto soffrire la sua piccola madre» …

«Che suor Maria del S. Cuore si veda come forzata a dirmelo» ...

Timore che frena positivamente, in qualsiasi dei casi accennati, la possibile audacia che lei usa – con Dio, sì – però mai con i suoi simili, per quanta confidenza le diano: 

«Insegnami a rinunciare sempre a me stessa per far piacere alle mie sorelle».. Anche non fosse altro che «un sorriso, una parola amabile, quando avrei voglia tacitarle o di mostrare un atteggiamento irritato»..

– Bisognerebbe far eccezione nei casi in cui la Santa esprime il suo sano umorismo, e persino un certo ‘umorismo nero”, alla fine dei suoi giorni e con le sue sorelle di sangue: quando prende in giro suor Genoveffa per il suo pianto («Si vede bene che è essa – la morte – che ti scende dal naso: l’avete lì, piena di paura». (UV 27,7-9), o quando in un contesto simile, dialoga con le sorelle, tristi per la sua prossima dipartita: «Finirete per farmi sentire nostalgia della vita! – “Oh, ci spiacerebbe tanto!” – «È VERO... Ve l’ho detto per mettervi paura!»

Sono non più di due esempi di questa ironia gustosa con cui ella ride di se stessa.

Per altro, non possiamo accettare una Teresa come pusillanime o dubbiosa di fronte a ciò che lei crede vero amore all’altro. Un esempio di forza: l’atteggiamento dinanzi alla sofferenza per l’infermità del padre. 

La stessa cosa bisogna affermare della forza per guidare le novizie; o per dissentire dal giudizio della maestra ufficiale quando questa si lascia portare da capricci vanitosi: «Ci sono prove che non si debba fare»., risponderà Teresa con decisione di fronte a tutta la comunità. [Unico caso di giusta discrepanza con madre Gonzaga, che voleva ritardare la professione a due novizie, per darla allorché fosse “rieletta” priora.]

4 – Angustie nella prova di FEDE

La fede, per la nostra Santa è sostanzialmente «confidenza nella misericordia infinita di Gesù». 

Ma, è pure risposta alla parola di Dio che ci promette ciò che non vediamo [per esempio, il Cielo].

Ci fu un tempo in cui Teresa godette di una fede tanto viva, che le sembrava impossibile l’esistenza di  «empi» che non credessero (C 5). Non era certo cieca, dal momento che conosceva l’ambiente e certi casi d’increduli, molti vicini a lei [il cugino collaterale Tostain]. Pensava, però, che Dio avesse esaurito ormai tutti i mezzi per purificarla nella tranquillità di spirito: «Che mezzi troverà Gesù per provarmi?». Il Signore è così buono che «.mi risulta impossibile temerlo» – confessa.

Quindi, fino alla Pasqua del ‘96, il pensiero del «cielo mi rendeva totalmente felice».

Nonostante ciò, il «suo abbandono in Dio», ha una storia progressiva: «Fin dall’infanzia mi hanno incantato queste parole di Giobbe: “Anche se Dio mi uccidesse continuerei a sperare in Lui”. Però ci ho messo molto tempo prima di giungere a tale grado di abbandono. Ora ci sono».

Per giungere, tuttavia a questa “ora”, dovette attraversare molti momenti amari. 

• Di fatto, nella Pasqua del 1896, Gesù le dimostrò che «Colui che io amo, non manca di mezzi» per mettere alla prova la sua fedeltà. Eccola crocifissa dentro e fuori fino alla morte.

– Primo, l’avviso eloquente della doppia emottisi (3-4.4.96); [trattato già]

– quindi, la sua entrata nelle «dense tenebre» della fede.

Dopo le due emottisi, senza quasi il tempo per tirar fiato, giunge l’esperienza di una fede “oscura”, in cui vien meno persino l’esistenza di un «paese luminoso» verso cui aspirare: è il “tunnel” che chiude la pupilla all’eterna ricompensa del cielo, che è Dio medesimo. La crisi di fede.

«Se non ci fosse una vita eterna, oh, allora si!. Però c’è, talvolta..., sicuro che c’è!» (NV 5,9-I).

Già prima aveva sperimentato «grandi prove interiori di ogni specie». [Aridità nell’orazione, siccità di spirito, l’oscurità del deserto nelle tenebre della notte e nella tristezza dell’esilio]. E la fine di queste tenebre non terminerà se non con la sua vita 

Teresa partecipa i dolori e le tristezze nella “mensa sporca” dei suoi “fratelli” peccatori: grida pregando con loro: «Abbi pietà di noi, Signore, che siamo poveri peccatori!». Ed accetta di mangiare da sola questo pane della prova fino a che Egli non si degni introdurla nel Regno luminoso. Però il coro dei peccatori, invece di unirsi a lei che prega, canta l’inno della “morte” e della “notte del nulla”: «Sogna... sogna!”. Inutile l’intento di far chiaro quando «le tenebre oscurano la mia anima». «Non voglio scrive di più, temerei di bestemmiare…; temo di aver detto troppo».

Ogni commento è superfluo. Quanto aveva scritto sul cielo fino ad allora, non le serve di nessuna consolazione, né gioia: «poiché canto solamente ciò che desidero credere».

•• Non c’è da meravigliarsi che qualche religiosa fosse sorpresa di simile prova della fede: 

“Mi fece una confidenza che mi colpì molto – ricorda suor Teresa di sant’Agostino: «Se sapesse – mi disse – in che tenebre mi trovo immersa. Non credo nella vita eterna; mi sembra che non ci sia, dopo questa vita, nulla. Tutto è sparito per me, non mi resta che l’amore». 

Parlava di questo stato di spirito come di una tentazione”. 

• Teresa deve bere da sola il calice amaro. Un confessore la spaventa ancor più parlandole del pericolo che comporta tale situazione [don Youf]; un altro le impone di recitare con frequenza il Credo. Lei lo scrive con il suo sangue e fa più atti di fede allora che in tutta la sua vita. Fra le tenebre, giunge a «credere di essere condannata». 

Meglio «rimanere nella notte della fede» che desiderare “vedere” in terra ciò che è impossibile:

 «State tranquille – mormora alla sorella Agnese – non mi voglio rovinare il cervello tormentandomi».

E alla fine, abbandonata da Dio e dai Santi, emerge il grande paradosso: 

«Dal momento in cui permise che soffrisse tentazione contro la fede è aumentato nel mio cuore lo spirito di Fede». «È necessario abbandonarsi». 

NOTA. Dio invia la prova della “notte oscura passiva” quando la sua anima possiede già «forze per   sopportarla: – confessa Teresa – se fosse avvenuta prima, credo che mi sarei disperata».

Le tentazioni sull’esistenza del Cielo promesso sono costanti. Teresa le sopporta con l’esercizio di un amore che sale a gorgoglii dal suo “cuore”. In effetti: “La fede la porta alla confidenza, e la confidenza all’amore”. Ad un “amore fraterno”, su cui scrive e che procura di rendere vita propria.

D’altra parte, fidandosi solo di un potere superiore, «la mia anima, nonostante le sue tenebre, si mantiene in una pace ammirabile», conclude sei giorni prima di morire.

3- IL MESSAGGIO PEDAGOGICO CONTRO I TIMORI E LE PAURE

Teresa è cosciente che la sua maniera di soffrire e di amare può servire a molti: «Dovrà farlo sapere alle anime», dirà. L’intenzione è di “animarci”, cioè, dare un senso alle nostre vicissitudini, come ha fatto lei. Per questo la sua dottrina è illuminante. In concreto vale per i nostri timori più profondi davanti ai misteri della vita presente e in quelli della futura.

Assiomi Teresiani

È un fascio di principi che riassume il pensiero teresiano sul “non temere Dio” e “niente che si interponga fra Lui e lei”.

[Alcuni sono copiati dalle sue letture: «Gli eletti, confermati nella gloria, sono inaccessibili al timore». La maggior parte sono frutto della sua esperienza e necessitano maggior esplicazione che quella di tener presente il contesto, per non sfigurarli]. 

Eccone un saggio:

* Dio mio, io ti scelgo tutto. Non desidero essere santa a metà: non mi fa paura soffrire per te; temo solo una cosa: conservar la mia volontà. Prenditela, perché io scelgo tutto ciò che vuoi.

* Vedi, cara madre, come sono lontana dall’essere condotta per il cammino del timore. So trovare sempre la maniera d’essere felice e di approfittare delle mie miserie..

* Sono di un tal carattere che il timore mi fa retrocedere, mentre l’amore non solo mi fa correre, ma volare.

* Credo che se tutte le anime avessero avuto le grazie che ho ricevuto io, Dio non sarebbe temuto da nessuno, ma amato fino alla follia.

* Questo cammino è l’abbandono del bambino che dorme senza timore nelle braccia di suo Padre.

* Dio mi ha fatto la grazia di non temere la battaglia; è necessario fare il proprio dovere, costi quel che costi.

* Il Signore è tanto buon amico, che non posso temerlo; sempre mi ha dato quello che desideravo; o meglio, mi ha fatto desiderare quello che voleva darmi”.

* Ogni nuova sofferenza, ogni angustia del cuore è come un leggero zefiro che porta a Gesù il profumo del suo giglio.

*    Le lacrime di Gesù sono il sorriso di un’anima. Che cosa posso temere?”.

*   È solo la confidenza, null’altro che la confidenza, ciò che ci deve portare all’Amore. Il timore non ci porta alla Giustizia (severa?).

*   Dal momento che ha concesso anche a me di comprendere l’amore del cuore di Gesù, le confesso che Lui ha strappato il timore dal mio cuore.

*    La vostra anima è sorella della mia, poiché è chiamata ad elevarsi a Dio attraverso l’“ascensore” dell’amore, invece di dover salire la dura scala del timore.

*   Dio mi permette di soffrire ancora per suo amore. Ah, che dolce è abbandonarsi nelle sue braccia, senza timori e desideri!

*   Io non posso temere un Dio che s’è fatto così piccolo per me! Io l’amo..., poiché egli è solamente amore e misericordia!

*   Anche se soffro molto ed ogni giorno di più, non ho paura... Dio mi darà la forza, non mi abbandonerà!

*   Una piccola vittima di amore, non può trovare spaventoso ciò che il suo Sposo le invia.


3 - APPLICAZIONI PEDAGOGICHE

La lista delle sentenze segnala una contrapposizione evidente tra “paura-timore e “amore-confidenza”.

La Santa non dovrà sforzarsi molto per dedurre le conseguenze più concrete di quest’antitesi. Specie nelle relazioni spirituali, dove le virtù fanno fede dell’amore a Dio (preghiera) e verso gli altri (carità fraterna). 

Tale sintesi pedagogica si basa sulla teologia dell’apostolo san Giovanni, che le è familiare: “In ciò è giunto alla perfezione l’amore che è in noi: nel non temere il giorno del giudizio... Non c’è timore nell’amore; ma l’amore perfetto scaccia il timore” (IGv 4,17-18). Qui si radica il segreto definitivo della confidenza teresiana e della sua vittoria sopra tutte le paure:

«L’amore che non teme, perché “vivere di amore è dissipare tutti i timori».

*  Ammette che ci sono persone che «vedendosi in così grande povertà», hanno timore, 

«e pare loro di non essere utili in nulla, poiché ricevono tutto dagli altri, 

e non possono ricambiare in nulla, però non è così: l’essenza del loro essere lavora in segreto”

Questa è l’essenza dell’umiltà: la confidenza del fatto che il seme del Regno fruttifica persino mentre dormi” (Mt 4,26-27). Solo il timore paralizza il porre a frutto i talenti, ed è causa di condanna (Lc 19,21).

* La paura sul piano spirituale può venire anche dalla eccessiva preoccupazione delle difficoltà future: rea-zione molto comune in tipi apprensivi e ipocondriaci. La Santa affronta tali paure davanti al male supposto ed applica a se stessa la ricetta: «Perché turbare la nostra dolce pace? Perché temere la tormenta quando c’é il sereno? –  scrive a Celina -. «Perché temere prima del tempo. Per soffrire aspettate almeno che giunga l’ora!».

–  La sua pedagogia non è tanto il frutto di una “prudenza umana”, che «trema ad ogni passo e non osa, per così dire, fermare il piede»; quanto da una osservazione caritatevole: «È molto brutto che temiate troppo le conseguenze» dell’agire – dice alla sorella Agnese. Se si bada solo al giudizio degli altri, è facile titubare. Per questo afferma con una certa audacia: «Io non ho mai temuto nessuno».

*    Un’altra delle applicazioni più realistiche si riferisce all’esercizio della carità fraterna. Teresa osserva:

– da una parte come le sorelle adempiano questo mandato evangelico dell’amore nei suoi confronti:

 «Stanno praticando con me ciò che ho appena terminato di scrivere: non temono far duemila passi quando ne basterebbero venti».

– dall’altra, ci descrive gli aspetti “più delicati” del comandamento nuovo nella convivenza religiosa, attiva-mente e passivamente, come le suggeriscono i passaggi del N.T.: «Non è sufficiente amare, bisogna dimostrarlo». Ora autocritica la sua imperfezione di novizia:

«Mi affliggevo per ben poco; ora me ne rido. Ora non mi spaventano tutte le reti tesimi dai cacciatori».

Ed insiste sulla necessità di avvicinarsi a tutti, farsi tutto a tutti, superando antipatie, con una indovinata osservazione che sappiamo aver lei vissuto personalmente: 

«Non si cercano le anime imperfette; le si tratta certamente in modo conforme alle regole dell’educazione religiosa, però, per timore di dir loro qualche parola meno delicata, le si evita».

Simile carità – contraria al timore giansenista –, la porterà ad avvertire la stessa madre M. Gonzaga, contraria alla comunione giornaliera delle religiose [nonostante la prescrizione della Santa Sede]: 

«Madre mia, quando sarò in cielo, vi farò cambiare opinione». 

E a suor Maria di s. Giuseppe, la difficile guardarobiera: «Chiuda gli occhi; faccia a proposito- intenzionalmente il sacrificio che le chiedono, e quindi attenda il sonno… La notte non potrà più spaventarla.... Il bambino si abbandonerà, crederà che lo porti Gesù, accetterà di non vederlo e lascerà molto lontano quel timore sterile d’essere infedele». (timore improprio, di un bambino).

[Persino l’obbedienza religiosa, frutto della fede teologale, è un antidoto alla paura e fonte di pace per coloro che la vivono].

Ella la visse così, senza timore di nessun “lupo” [Madre Maria Gonzaga – come la soprannominavano le Novizie], e guardando dal punto di vista della fede la mediazione della “bussola”: 

«Che fortunate sono le semplici religiose.. Non hanno motivo di temere di sbagliarsi, anche quando sembra loro certo che i superiori sbaglino».

CONCLUSIONE

Alla fine di quest’analisi delle “paure di Teresa”, non è difficile rilevare alcune osservazioni.

1 - Teresa ha coniugato nella sua vita tutti i tempi dei suoi timore, angustia, persino terrori. Il secondo spazio della sua vita – dei tre in cui la divide – è marcato da una eccessiva timidezza tipologica e referenziale,

2 - La vittoria sulla timidezza coincide con la presa di coscienza della sua relativa maturità personale, cioè, quando smette d’essere una “bambina ipersensibile” [notte di Natale] e si apre ad una vocazione in cui primeggiano gli altri: peccatori, sacerdoti, missionari, anime del purgatorio, ecc.

3 - Quanto più prende sul serio la vita religiosa, tanto più si esercita in un esercizio rigoroso di virtù eroiche. Però tale attitudine spirituale le risulta incompatibile con le sue imperfezioni e debolezze. La fanno a pugni la sua volontà di essere santa e la sua povertà.

4 - Da questo scontro scatta la scintilla che incendia la fiamma della confidenza e dell’amore misericordioso, cui si consacra pienamente e di cui si fa messaggera per le “anime ordinarie” che desiderino seguirla per il medesimo cammino (“Piccola Via”).

5 - Da questa riscoperta attitudine di “infanzia spirituale”, facendo o subendo le medesime cose, ella perde il timore verso il peccato. Disfa il dilemma giustizia-misericordia divina ed affronta qualsiasi ostacolo che si frappone alla vita di santità. Il suo “Atto di offerta all’amore” – così come lo spiega alla sorella Maria – esclude precisamente il “timore della sofferenza”. Le croci interiori ed esteriori che l’accompagnano e gli eventi futuri che potrebbero intimorirla (la morte e la sua sorte) si convertono in tante altre occasioni per esercitare i suoi desideri di “abbandono-confidenza” in “Dio-Papà”.

6 - La spiritualità di Teresina si caratterizza, a differenza di quella di altri santi (basta ricordare s. Teresa d’Avila), per il debole rilievo che esercita il “timore di Dio”, tanto in voga in tempi giansenisti, incluso dentro la propria comunità.

7 - Se non è sempre originale nel suo pensiero, l’importante è notare come lei rende ‘vita propria’ la verità rivelata dell’amor che scaccia il timore” e come desideri ardentemente trasmetterlo come messaggio.

La maggioranza dei suoi scritti testimoniano non solo la lotta, ma anche il “cambiamento”

•  da uno spirito scrupoloso nell’osservanza delle piccole cose,

•   allo stato di “fedeltà ed abbandono” liberatori,

• fino alle sue “pazzie di amore” e “temerità più audace”.


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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi