Che cosa significa convertirci? Diventare come Dio vuole.
Che cosa Dio desidera con tutto il cuore? Che assomigliamo a suo Figlio.
Che cosa bisogna allora fare? Accoglierlo, amarlo, seguirlo...,
imitarlo!
In che cosa imitarlo? Quali sono le attitudini e gli atteggiamenti
pratici che il discepolo suo deve far
sue perché sia sicuro che Gesù lo riconosca e se ne compiaccia? Le ha
elencate Gesù stesso nel Discorso della Montagna: “Beati i poveri in
spirito...; beati..., beati...beati...”.
Quale modo migliore di sfruttare l’invito a
convertirci e alla conseguente gioia, se non confrontarci con le BEATITUDINI, farle un po’ più nostre?
In questi incontri ne presenteremo una ogni sabato: le mediteremo, le
“pregheremo”, implorando dal Signore la grazia di “farle nostre”.
Una..., due..., tre..., fino a otto. Tutte rotolarono giù fino al lago, in
cui produssero un tale sconvolgimento che gli effetti di quei tonfi e i loro
suoi spruzzi giunsero fino ai giorni nostri.
Ci riferiamo a quelle “parole del Signore” che conosciamo come le sue ... “Beatitudini”.
La morale delle beatitudini non è una morale di
ubbidienza, ma di grazia” (Wilder). Dio vi appare come donatore all’insegna
della gratuità, e l’uomo come umile “accoglitore” di questi doni.
Le beatitudini si trovano già - sia pure in forma isolata - nell'Antico
Testamento, soprattutto nei Salmi, nella letteratura sapienziale e
apocalittica. Non si tratta di benedizioni o di semplici auguri, ma della
costatazioni di uno stato di felicità che è già in atto o si sta realizzando.
Nel Sermone sul monte,
le nove beatitudini hanno una struttura letteraria ben definita:
• dichiarazione di felicità
(“beati”),
• descrizione dei destinatari:
ossia chi è beato viene evidenziata la qualità, la condizione richiesta per ottenere la felicità proclamata
(“beati i poveri in spirito”);
• indicazione della causa che
giustifica la dichiarazione iniziale: perché si è beati (“Perché di loro è il
Regno dei cieli”).
– San Luca [6, 20] situa il sermone di Gesù, non su un monte, ma in
pianura. Trasmette soltanto quattro beatitudini, e descrive situazioni
personali e reali, dirigendosi direttamente ai suoi discepoli: si limita
ad una constatazione (“Chi è beato”).
– Secondo S. Matteo [5,3], invece, Gesù
le proclama dall’alto di un monte, e sono otto. Esprime con esse distinte
attitudini da adottare, e i suoi destinatari sono tutti gli uomini.
In Matteo, infatti, si sottolinea anche la risposta concreta da parte
dell’uomo al dono di Dio (“come
si diventa beati”: agendo da miti, misericordiosi, puri di cuore, artefici di
pace, perseguitati a causa della giustizia).
Ancora una nota da tener presente: non si tratta
di otto tipi di uomini diversi. Quasi che Cristo ci offrisse una possibilità di
scelta: se non vuoi essere puro di cuore, puoi farti operatore di pace; se non
te la senti di vivere nella povertà, hai sempre la possibilità di esercitare la
misericordia...
Si tratta, invece, della personalità cristiana, che è vista da
otto-nove diverse angolature. Una beatitudine ne richiama un'altra. E tutte si
armonizzano e completano a vicenda.
Tuttavia, le differenze fra i due Evangelisti non c’interessano in questo
momento. Se scegliamo quelle di Matteo è perché l’Evangelista le ha sviluppate
maggiormente; perché dai tempi dei Padri della Chiesa sono state le più
commentate e perché si confanno meglio al nostro proposito.
E, qual è il nostro intento? Si tratta di convertirle, non in
oggetto di esegesi, ma in strumento di preghiera. Vorremmo pregare le
Beatitudini. Il nostro fine è soltanto quello di porci in loro ascolto
come Parola del Signore diretta a ciascuno di noi; d'interiorizzarla. Dopo, con
l’aiuto dello Spirito, daremo la nostra risposta.
Perché:
1 - Le
Beatitudini sono il primo “test attitudinale” cui Gesù sottomette
i suoi discepoli per vedere se saranno capaci di seguirlo verso il suo Regno.
Condensano lo spirito del Vangelo e sono passate alla storia come il
“Manifesto di Gesù”. Significativo che il programma di vita destinato ai
figli del Regno sia presentato non con un perentorio “dovete”, ma con un
sorprendente martellamento di “beati..., beati...”.
Nel
Vangelo leggiamo che Gesù confessa il fine della rivelazione e della sua opera:
«Affinché la vostra gioia sia piena»!!! Per cui il codice della “nuova giustizia” promulgato dal
Cristo non è altro che un grandioso, insistente appello alla felicità. La
vocazione del cristiano è una vocazione alla gioia. La sua strada non è
punteggiata di minacce, ma scandita da ripetute offerte di motivi di esultanza.
La felicità non è assicurata soltanto per il Regno definitivo (dimensione
escatologica), ma riguarda anche il presente. La beatitudine è anche per
l’oggi, è una possibilità attuale.
2 – Le
beatitudini vanno ben oltre l’etica e la morale.
Le beatitudini si possono comprendere soltanto se teniamo
conto di un avvenimento essenziale: il Regno di Dio è arrivato, è presente
nella persona di Gesù. Le beatitudini vanno lette in una prospettiva
cristologica. Gesù che le proclama, lo fa con autorità, perché è il Signore. Si
può aderire al suo messaggio, accogliere le sue “felicitazioni” soltanto se si
aderisce e si accoglie nella fede, la Sua persona.
Occorre, tuttavia, tener presente che il Cristo non si è
limitato a proclamare le beatitudini, ma le ha vissute. È Lui il povero,
il mite, il puro di cuore, il misericordioso, l'artefice di pace, il
perseguitato, E noi guardiamo a Lui con soltanto come Maestro, ma come Modello.
Tale novità, questa realtà decisiva, simile annuncio che il Regno di Dio è
già qui, ora, capovolge tutti i valori comuni e i criteri abituali
di felicità.
Certo, si tratta di una felicità differente. Che non viene
dal mondo, ma dalla sequela di Cristo. Il nostro concetto di felicità va
in frantumi; il nostro modo d'intendere la vita è completamente sconvolto,
perché ci mostrano come stiamo andando in direzione totalmente contraria: Dio
dice sì a coloro cui il mondo dice no. Dio si congratula con quelli che il
mondo compatisce.
E proprio questo giustifica la paradossalità delle Beatitudini.
Infatti esse proclamano “fortunate”, dal punto di vista di Dio, precisamente
quelle persone che si trovano in situazioni che, secondo una valutazione umana,
sono tutt’altro che piacevoli.
Perché? Perché la nostra società – almeno quell’occidentale – continua a porre la
fonte della felicità nell’“avere” (denaro, fama, sapere, potere) e nel
“benessere”. Non nel “darsi”, cioè, nell’amore cristianamente inteso.
3 - Infine, lungi dall’essere semplici
massime di sapienza, esse sono e sempre saranno la miglior espressione ed il
criterio più chiaro per capire che la “buona notizia” che
Gesù è venuto a portare, si sta attuando. Esse pretendono
d'essere segni del valore supremo testimoniato da Gesù: l’AMORE. Cioè, che “Il regno di Dio è vicino”.
Dove, e quando sperimentiamo la presenza
e l’effetto dello “spirito delle Beatitudini”,
stiamo certi che Lui è presente!
COME PREGARLE?
Seguendo l’esempio della Parabola del seminatore,
- Iniziando a preparare il nostro terreno, raccogliendoci alla Presenza del
Signore e chiedendo la grazia dello Spirito Santo:
«Vieni, o Spirito Santo, sana, lava e irriga i
nostri cuori sino a convertirli in terreno soffice e accogliente, affinché la
semente della tua Parola dia il cento per uno.
Dilata lo spazio della nostra interiorità,
affinché possano germinare le “attitudini” descritte nelle tue “Beatitudini”.
Disegna in noi il profilo dell’autentico uomo
evangelico.
Facci uomini nuovi, capaci di una nuova
presentazione del Vangelo per un mondo nuovo.
E che tua Madre e Madre nostra, Maria,
interceda per noi, affinché da questo momento di preghiera sgorghi un nostro
“Sì” impegnato. Amen.
– Quindi facciamo una lettura calma, “pregata”, del commento alla
Beatitudine: meditando, contemplando, partecipando ...
► Utilizziamo, per questo, tutti i mezzi
abituali: tempi, luoghi, simboli, gesti, canti e testi complementari che
seguono il commento ad ognuna di esse.
CATECHISMO
359. Come raggiunge
l'uomo la beatitudine?
L'uomo raggiunge la beatitudine in virtù della grazia di
Cristo, che lo rende partecipe della vita divina. Cristo nel Vangelo indica ai
suoi la strada che porta alla felicità senza fine: le Beatitudini. La grazia di
Cristo opera anche in ogni uomo che, seguendo la retta coscienza, cerca e ama
il vero e il bene, ed evita il male.
360. Perché le Beatitudini sono importanti per noi?
Le Beatitudini sono al centro della predicazione di Gesù,
riprendono e portano a perfezione le promesse di Dio, fatte a partire da
Abramo. Dipingono il volto stesso di Gesù, caratterizzano l'autentica vita
cristiana e svelano all'uomo il fine ultimo del suo agire: la beatitudine
eterna.
361. In che rapporto sono le Beatitudini col desiderio di
felicità dell'uomo?
Esse rispondono all'innato desiderio di felicità che Dio
ha posto nel cuore dell'uomo per attirarlo a sé e che solo lui può saziare.
362. Che cos'è la beatitudine eterna?
È la visione di Dio nella vita eterna, in cui noi saremo
pienamente «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4), della gloria di
Cristo e del godimento della vita trinitaria. La beatitudine oltrepassa le
capacità umane: è un dono soprannaturale e gratuito di Dio, come la grazia che
ad essa conduce. La beatitudine promessa ci pone di fronte a scelte morali
decisive riguardo ai beni terreni, stimolandoci ad amare Dio al di sopra di
tutto.
1 – GIOIA NEL CUORE
Sopra un ponte, dice l’amico all’amico: «Guarda la gioia
di quei pesci nel torrente!».
L’altro, però, replicò: «Come fai tu, che non sei un
pesce, sapere che i pesci sono contenti?!».
Lui gli risponde: «Per la gioia che provo io, sopra il
ponte». Apologo cinese
«Vi dono la mia gioia. Desidero che possediate la mia
gioia, e che la vostra gioia sia piena» (Gv. 15, 11).
Il Vangelo è ‘buona notizia’, ed inizia con un’immensa
gioia per tutti coloro che attendono e necessitano un salvatore. Il cristiano
dev’essere messaggero di letizia e testimone della risurrezione.
La gioia che sgorga dal suo cuore, rivela la presenza di
Qualcuno in cui confida e che è fonte di gioia, di pace e di tutto ciò che è
buono. Pertanto il sorriso non è finto, ma un dono che regala Dio a tutti
quelli che lo cercano con cuore sincero: «Si rallegrino tutti quanti che
confidano in te, esulteranno per sempre» (Sal. 5, 12).
«Trabocco di gioia nel Signore e mi rallegro col mio Dio»
(Is. 40, 10).
Dio è causa di gioia, e Lui colmerà tutte le aspirazioni
dell’essere umano.
Chi pone gli occhi ed il cuore nel Signore, potrà godere
di tutto il buono della creazione, senza cono-scere il timore, la tristezza,
l’angustia. Il rallegrarsi col Signore porta a condividere la gioia con gli altri,
desiderando e procurando la felicità del prossimo.
Dio sta con noi; sta dalla nostra parte. Il nostro sforzo
consisterà nel credere che Lui può renderci completamente felici, se l’amiamo.
Per ciò che portiamo dentro, «per la nostra gioia sopra il ponte», potremo
scorgere la gioia dei pesci nel torrente. (da
‘Parabolas para orar y amar’ – ed. Monte Carmelo – Burgos)
Felicità
– Dio è vicino
Un giorno fu ricoverato in
un reparto di terapia intensiva un paziente di nome Carlo.
Era un uomo grande e grosso affetto da cancro alle ossa.
Sebbene avesse molti dolori, si lamentava raramente.
La moglie lo seguiva con immenso amore e faceva in modo
che ricevesse il miglior trattamento possibile.
Dopo essere stato ricoverato diverse volte
per la chemioterapia, le energie di Carlo si erano esaurite.
L'ultima volta che fu ricoverato soffriva così tanto che
era difficile prendersi cura di lui, perché anche i medici sapevano bene che
non c'era più molto da fare.
Era ormai in fase terminale e il suo dolore
era così intenso che nessuna medicina bastava più a calmarlo.
Sua moglie riusciva a malapena a passare qualche minuto
da sola con lui.
Una notte, verso la fine del turno,
l'infermiera fece un ultimo giro per il reparto e andò a dare un'occhiata anche
a Carlo. Aprì piano la porta della sua camera per non svegliarlo. Uno spiraglio
di luce entrò dal corridoio ed illuminò la camera come chiaro di luna.
L'infermiera guardò verso il letto e non riuscì a trattenere un gemito di
sorpresa.
Carlo era steso sulla schiena, nella posizione che era
più scomoda e dolorosa per lui. Stesa vicino a lui c'era sua moglie che gli
teneva la testa appoggiata sulla spalla, rannicchiata al suo fianco come un
piccolo cerbiatto vicino alla madre.
Dormiva così profondamente che si sentiva il respiro
uscirle dalla bocca con un sibilo leggero.
L'infermiera rimase in piedi sulla porta sentendosi
un'intrusa.
Quando fece per andarsene Carlo aprì gli
occhi e rise come se volesse dire: «Va tutto bene!»
Una felicità vera, ma fragile:
"Perché sei così felice?" – chiese la donna.
"Perché tu sei qui, al mio fianco" – rispose
l'uomo.
Una felicità vera ed eterna:
"Perché sei così felice?" – chiese
Dio.
"Perché tu sei qui, al mio fianco"
– rispose l'uomo
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