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– Trinità – Dogma fondante la nostra
fede
La Trinità è un mistero
della fede in senso stretto, uno dei «misteri nascosti in Dio, che non
possono essere conosciuti se non divinamente rivelati». Indubbiamente Egli ha
lasciato tracce dell'essere trinitario nell'opera della
creazione e nella sua Rivelazione lungo il corso dell'Antico
Testamento. Ma l'intimità del suo Essere
come Trinità Santa costituisce un
mistero inaccessibile alla sola ragione, come pure alla fede d'Israele, prima
dell'Incarnazione del Figlio di Dio e dell'invio dello Spirito Santo.
«SENZA MISTERO NON SI CAPISCE NULLA»
Anche oggi troppi cristiani si trovano a disagio con questo
mistero. O anche, semplicemente, col mistero. Per molti il mistero rappresenta
un insulto alla ragione. Richiama qualcosa d'incomprensibile, di oscuro, una
specie di rompicapo contro cui la nostra mente va a cozzare inutilmente. Pochi
sospettano che il mistero sia «qualcosa che non può essere posseduto e compreso
in modo immediato e definitivo, che chiede alla ragione umana di stare aperta
ad una sempre maggior penetrazione. Il mistero quindi non va contro la ragione
umana: la nostra fede non è infatti un'esperienza irrazionale; anzi, il mistero
fonda la possibilità del crescere del
sapere umano, è lo sfondo su cui si gioca la nostra umana comprensione» (G.
Ravasi). –
Ancora più patetici quei
predicatori che pretendono di spiegare tutto, di “chiarire” il mistero.
Meritano l'ironia di G.V. Rossi che in una sua
celebre pagina sbotta: «La religione non è fondata sulle spiegazioni; la religione è fondata sul
mistero... Ho letto giorni fa una spiegazione del perché Dio ha creato il
mondo; e pareva che Dio avesse creato il mondo adoperando la testa di quello
che faceva la spiegazione».
Il mistero non è limite,
frontiera: è apertura sull'illimitato.
Dio
rimane il trascendente, il «Totalmente altro», l'«Indisponibile» (Pascal). Non
saranno certo i grimaldelli dei nostri sillogismi a far saltare la serratura di
Colui che «abita in una luce inaccessibile». Noi non potremo mai «possedere»,
catturare Dio. Non riusciremo mai a tenerlo ostaggio nei nostri schemi mentali,
ad incasellarlo nei nostri concetti. Di fronte a Lui non resta che confessare,
come Isaia: «Veramente, tu sei un Dio misterioso». O, come Giobbe «Ecco,
sono ben meschino... Mi metto la mano sulla bocca» (40, 4-5).
D'altra parte il mistero, che pur costringe a
tapparsi la bocca, è offerto all'uomo affinché lo esplori, vi
s'introduca, pudicamente, spoglio d'ogni presunzione, alla luce della fede più
che della propria razionalità, soprattutto sotto la guida dello Spirito. Allora le scoperte diventano una realtà
veramente esaltante:
«...Quelle cose che occhio non vide, né orecchio non udì, né mai
entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ma
a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta
ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così
anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di
Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio
per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non
con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito...» (1 Cor 2, 9-13).
è
questione di preghiera, contemplazione, adorazione, più che di elucubrazioni
filosofiche e discussioni intellettualistiche. Nel campo del mistero, meglio le
pagine di una s. Teresa d'Avila che quelle di parecchi eruditi. I mistici si
trovano più a loro agio nelle profondità
del mistero che non gli studiosi.
Eppure tale atteggiamento di poca considerazione del
mistero Trinitario da parte dei cristiani è veramente deleterio e mortificante. Esso conduce –
come ha fatto notare la Congregazione della dottrina della Fede
– «ad una specie di “agnosticismo” [= Dio e tutto ciò che riguarda lo spirituale non
può essere conosciuto, e quindi neppure parlarne] inaccettabile...
Se
Dio, infatti, è più grande di tutto ciò
che possiamo sapere di Lui, la Rivelazione cristiana ci assicura che questo “di
più” è sempre trinitario.
«La verità incorrotta di questi misteri è di somma importanza per tutta la rivelazione di
Cristo, perché essi [i “due”
misteri] fanno talmente parte del suo nucleo, che, se vengono alterati,
viene falsificato anche il restante tesoro della Fede. La verità di questi stessi misteri non è meno
importante per la vita cristiana, sia perché niente
manifesta così bene la carità di Dio, di cui tutta la vita dei cristiani deve essere
una risposta..., sia perché gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne,
hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina
natura». (Congreg. Dottrina della fede, 1972)
LA SANTA TRINITà NELLA DOTTRINA DELLA FEDE
1 – La formazione della dottrina
trinitaria
La verità rivelata della Santa Trinità è stata, fin dalle origini, alla radice della
fede vivente della Chiesa, principalmente per mezzo del battesimo. Trova
la sua espressione nella regola della fede battesimale, formulata nella
predicazione, nella catechesi e nella preghiera della Chiesa.
– Simili
formulazioni compaiono già negli scritti apostolici, come ad esempio
questo saluto, ripreso nella Liturgia eucaristica: «La grazia del Signore
Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti
voi» (2 Cor 13,13).
– Nel corso dei primi
secoli, la Chiesa ha cercato di formulare in maniera più esplicita
la sua fede trinitaria, sia per approfondire la propria intelligenza della
fede, sia per difenderla contro errori che l'alteravano. Fu questa l'opera degli antichi Concili,
aiutati dalla ricerca teologica dei Padri della Chiesa e sostenuti dal senso
della fede del popolo cristiano.
– Per la formulazione del dogma della Trinità ,
la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia propria ricorrendo a nozioni di
origine filosofica: “sostanza”, “persona” o “ipòstasi”, ecc. Così facendo, non
ha sottoposto la fede ad una sapienza umana, ma ha dato un significato
nuovo, insolito a questi termini assunti ora a significare anche un Mistero
inesprimibile, «infinitamente al di là
di tutto ciò che possiamo concepire a misura d'uomo».
La Chiesa adopera
– il termine «sostanza»
(reso talvolta anche con «essenza» o «natura») per designare l'Essere divino
nella sua unità,
– il termine «persona» o
«ipòstasi» per designare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro reale
distinzione reciproca,
– il termine «relazione»
per designare il fatto che la distinzione tra le Persone divine sta nel
riferimento delle une alle altre.
2 – Il dogma della SS. Trinità
La Trinità è una.
Noi
non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre Persone: «La Trinità consustanziale».
Le tre Persone divine
non si dividono l'unica divinità, ma ciascuna di esse è Dio tutto intero:
«Il Padre è tutto ciò che è il Figlio, il Figlio è tutto ciò
che è il padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il Padre e il Figlio, cioè un
unico Dio quanto alla natura».
«Ognuna
delle tre Persone è quella realtà, cioè la sostanza, l'essenza o la natura
divina».
Le tre Persone divine sono
realmente distinte tra loro.
«Dio è unico ma non solitario».
“Padre”, “Figlio” e “Spirito Santo” non sono semplicemente nomi che indicano
modalità dell'essere divino [eresia modalismo]; essi infatti sono realmente distinti
tra loro: «il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, e lo Spirito
Santo non è il Padre o il Figlio».
Sono distinti tra loro per
le loro relazioni di origine: è il Padre che “genera”, il Figlio che “è
generato”, lo Spirito Santo che “procede”». L'Unità Divina è Trina.
Le Persone
divine sono relative le une alle altre.
La distinzione reale delle
Persone divine tra loro – poiché non divide l'unita divina – risiede
esclusivamente nelle relazioni che le pongono in riferimento le une alle altre:
«Nei nomi relativi delle Persone, il
Padre è riferito al Figlio, il Figlio al padre e lo Spirito santo all'uno e
all'altro; quando si parla di queste tre persone considerandone le relazioni,
si crede tuttavia in una sola natura o sostanza». «Per questa unità
il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto
nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo
Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio».
Ai catecumeni di
Costantinopoli san Gregorio Nazianzeno consegna questa sintesi della fede
trinitaria: «Innanzitutto conservatemi questo prezioso deposito per il quale
io vivo e combatto,... che mi rende capace di sopportare ogni male e di
disprezzare tutti i piaceri: intendo dire la professione di fede nel Padre, nel
Figlio e nello Spirito santo. Io oggi ve la affido. Con essa fra poco vi
immergerò nell'acqua e da essa vi trarrò. Ve la dono, questa professione, come
compagna e patrona di tutta la vostra vita. Vi dono una sola divinità e
Potenza, che è Uno in Tre, e contiene i tre in modo distinto. Divinità senza
differenza di sostanza o di natura, senza grado superiore che eleva, o
inferiore che abbassa... Di Tre infiniti è l'infinita con-naturalità. Ciascuno
considerato in sé è Dio tutto intero...: Dio, le Tre persone considerate insieme...
Ho appena incominciato a pensare all'Unità ed eccomi immerso nello splendore
della Trinità. Ho
appena iniziato a pensare alla Trinità, ed ecco che
L'Unità mi sazia...».
Le “Operazioni” divine e le
“Missioni” trinitarie
Dio è eterna beatitudine, vita immortale, luce senza
tramonto. È amore: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dio
liberamente vuol comunicare la gloria della sua vita beata.
Tale è il disegno di benevolenza, disegno che ha concepito
prima della creazione del mondo nel Figlio diletto, «predestinandoci ad
essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5), cioè «ad
essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8,29), in forza
dello «Spirito da figli adottivi» (Rm
8,15).
Tale progetto è una «grazia che ci è stata data... fin
dall'eternità» (2 Tn 1,9-10) e che ha come sorgente l'amore trinitario.
Esso si dispiega nell'opera della creazione, in tutta la storia della salvezza
dopo la caduta, nella missione del Figlio e in quella dello Spirito,
che si prolunga nella missione della Chiesa.
•• Tutta
l'Economia divina è opera comune delle tre Persone divine.
Infatti la Trinità , come ha una sola e
medesima natura, così ha una sola e medesima operazione.
«Il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sono tre
principi della creazione, ma un solo principio».
Tuttavia, ogni persona divina compie l'operazione comune secondo la sua
personale proprietà .
Così la Chiesa, rifacendosi al Nuovo
Testamento, professa: «Uno infatti è Dio Padre, dal quale sono tutte le
cose; uno il Signore Gesù Cristo,
mediante il quale sono tutte le cose; uno è lo Spirito Santo nel quale sono
tutte le cose». Le missioni divine
dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo
sono quelle che particolarmente manifestano le proprietà delle Persone divine.
Tutta l'Economia
divina – opera comune e insieme personale –
svela tanto la proprietà delle Persone divine, quanto la
loro unica natura.
approfondimento
Tre persone di un’unica natura
La rivelazione
del mistero trinitario ci eleva alle cime della trascendenza divina.
Al concetto di Dio – inaccessibile, ineffabile, “totalmente altro”, che
pone l’uomo serio e riflessivo in uno stato d’adorazione e di sconcertato
stupore –, si aggiunge l’idea di una pienezza misteriosa di
pluralità di persone, che si distinguono per l’opposizione delle
loro relazioni (Il Padre è tale [cioè, padre] in relazione al
Figlio, soltanto in quanto esiste il Figlio; ugualmente il Figlio è tale,
figlio, perché esiste il Padre, e così lo Spirito Santo in relazione ai primi
Due) sussistenti nell’unica ed identica natura.
[Simile
esposizione teologica è certo difficile e richiederebbe un'ampia trattazione in
modo più comprensibile ai “non–addetti ai lavori”, ma non è qui il luogo. E...
non è che poi i teologi stessi ne capiscano molto altro.]
Per quanto
riguarda noi, tuttavia, il mistero si riduce ad alcuni punti
precisi, che toccano il nucleo della nostra Fede: tre Persone distinte,
pienamente e perfettamente uguali; un solo e unico Dio – o, come proclamiamo –
“Credo in un solo Dio, in Tre Persone uguali e distinte” –.
Così si esprime
la Liturgia, nel prefazio della Messa della SS. Trinità, quando si dirige al
Padre:
«Con il tuo
unico Figlio e lo Spirito Santo, sei un solo Dio, un solo Signore;
non nell’unità
di una sola Persona, ma nella Trinità di una sola sostanza [natura divina].
Quanto hai
rivelato della tua gloria, noi lo crediamo,
e con la stessa
fede, senza differenze, lo affermiamo pure del tuo Figlio e dello Spirito
Santo.
E nel
proclamare Te, Dio vero ed eterno, noi
adoriamo la Trinità della Persone,
l’unità della
natura, l’uguaglianza nella maestà divina».
In Dio, la vita si
manifesta in un reciproco possedersi, in un mutuo darsi, in una comunione
per-fetta. La Trinità
sgorga dalle radici più profonde dell’essere divino:
Il Padre è la “fonte di
tutta la Trinità”. È il “silenzio”: non ha parlato, perché non è mai venuto
“fra noi uomini”. Ha pronunziato una sola Parola, questo suo Figlio
“prediletto”, e si rivela ancora attraverso lo Spirito Santo. Il Padre si
esprime interamente nel suo Figlio e si contempla in Lui con una compia-cenza
infinita, donandosi e generandolo dall’infinita pienezza della sua vita divina.
Ugualmente il Figlio è «Dio
da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, della stessa sostanza del Padre»
[Credo]. Nella Scrittura il Figlio è detto anche (in Gv, 1) “Logos” in greco,
“Verbum” in latino, “Parola” o “Verbo” in italiano, per esprimere soprattutto
la spiritualità e l’immanenza della generazione divina.
Il Padre e il Figlio donano
la pienezza della vita divina allo Spirito Santo. Padre e Figlio
si donano reciprocamente, come frutto della più intima comunione. Lo Spirito
Santo è l’amore personale del Padre e del Figlio, il loro mutuo bacio,
eterno movimento, ineffabile estasi del loro amore.
• In tal modo,
con un triplice soggetto, si rinchiude il cerchio della comunione di vita e
d’amore in Dio, sigillato dallo Spirito Santo. Tutta la vita divina sgorga
dalla fonte primeva, il Padre, che non ha origine; con flusso eterno si
riversa nel Figlio. A partire dai due, il flusso giunge allo Spirito
Santo, per rifluire nel Padre nell’infinito amore di tutti. Così, nel Dio
Trino non esiste una fredda e rigida solitudine, ma un amore caldo
e un’eterna donazione.
– La vita
trinitaria è semplice e perfetta, eterna e infinita, immanente e
onnipresente in ognuno dei suoi attributi divini, che rende immensi col
proprio mistero ed espande nel silenzio del suo cielo.
– La vita
trinitaria è creatrice e conservatrice dell’essere, trascendente e al
contempo immanente nell’universo: nelle stelle, nel granello d’arena,
nell’uccello, nella rosa, nella coscienza dell’uomo e soprattutto nel cuore del
cristiano.
– Questo
mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo è una realtà che ci trascende
infinitamente e nello stesso tempo una realtà che ci penetra nel più intimo
dell’essere («creati ad immagine e somiglianza di Dio»), vivificandolo e
santificandolo.
• Raramente il cristiano – noi
stessi – cerca e trova il tempo e la forza di scendere nelle profondità della
sua coscienza, d'inabissarsi nell'intimo della sua anima per incontrare il Dio
vivo che vi inabita. È proprio lì, tuttavia, e solamente lì dove potrebbe incontrare ciò che cerca inutilmente in altre parti.
• Si
deve insistere molto non soltanto sulla trascendenza del mistero divino, ma
anche e soprattutto nella partecipazione reale dell’uomo nella stessa vita
trinitaria.
TRIMURTI
La Trimurti (aggettivo sanscrito che letteralmente significa: che possiede "tre forme" o
"tre aspetti").
Essa è una nozione delle culture religiose dell'India che indica i
"tre aspetti" di una divinità (deva) o della divinità suprema.
In quest'ultimo caso si suole indicare nella Trimūrti la forma
triplice dell'Essere supremo
dell'Induismo, che si manifesta nelle tre divinità di Brahamẫ (il
creatore), Visnu (il preservatore) e Siva (il
distruttore), ed esercita il suo potere salvifico per mezzo degli avatāra (i più importanti sono gli eroi Rāma e Krishna).
A questa trinità di divinità maschili
corrisponde la Tridevi, trinità di divinità femminili (di
nuovo Tre Persone distinte e una sola): Sarasvati, Lakshmi e Parvati; manifestazioni, forme, che può assumere Mahā Devī (Grande Dea o Grande Madre).
Quindi, 2 Trinità (Trimurti e
Tridevi), 2 Persone distinte e non unite, entrambe Una e Trina: una
Persona-Trinità maschile, una Persona-Trinità femminile.
• Mistero insondabile. Nasce il desiderio di celarsi dietro leggende, immagini,
parabole ed allegorie:
1– La Trinità e s. Agostino
A tale proposito è interessante leggere
quanto scritto da sant'Agostino nel De Trinitate ed in altre opere per
tentare una chiarificazione del concetto di unica Sostanza e tre Persone.
Nell'uomo, ragiona
Agostino, si possono distinguere la sua realtà corporale (essere), la
sua intelligenza (conoscere) e la sua volontà (volere).
Se Dio ha creato l'uomo
a propria immagine e somiglianza è allora necessario che questi tre
aspetti appartengano anche alla Divinità, anche se in modo perfetto e divino,
non imperfetto e umano: così Dio è Essere (Padre), Conoscenza (Verbo-Figlio),
Volere-amore (Spirito Santo).
2 – Osserva quella fonte che sgorga dal profondo
della terra, strappo nel terreno ricco d’acque vive. Tra il suolo e lo spazio,
un solo ed unico punto di contatto: immagine dell’unità di Dio. Però in quel punto di contatto si dà una presenza
simultanea del suolo, dell’apertura e dell’acqua. Il suolo che si apre:
immagine del Padre; l’apertura-espressione: immagine del Figlio; e
l’acqua che sgorga: lo Spirito Santo. I Tre nell’Uno.
3 – O pensiamo al sole
abbagliante, fonte di vita, immagine dell’unità di Dio, perché il sole,
unico in sé, è simultaneamente quel corpo solare (immagine del Padre)
che, nell’esplodere incessante, si apre, si esprime, si comunica
(immagine del Figlio), in un’energia che è luce e calore (immagine dello
Spirito Santo).
4 – Prospettiva esistenziale
«La
Trinità è un mistero che “tormenta”, e non soltanto da oggi, tanti uomini,
cristiani e non. Una specie di rompicapo. Il fatto è che ci lasciamo
invischiare in una specie di esercizio banale di algebra: Uno = Tre.
Non è certo col
grimaldello della logica che possiamo venire a capo di questo mistero. Esso va
affrontato, piuttosto, da un punto di vista esistenziale.
Un noto scrittore
francese – Jean Claude Barreau – ha proposto un'interpretazione estremamente
suggestiva, anche se non nuovissima, del mistero trinitario, appunto in una
prospettiva esistenziale. In breve.
• L'uomo autentico, vero, completo, vive in tre
dimensioni: verticale, orizzontale, e di profondità. Possiamo esprimere tutto
ciò in tre termini: – sopra – attorno
– dentro.
– Attraverso la dimensione
verticale l'uomo viene posto in relazione con ciò che sta “al di sopra”
di lui: ad esempio il padre, o la madre, i superiori, e, comunque ogni
autorità. Vi riconosce i valori che sono incarnati specialmente dal padre: obbedienza,
docilità, dipendenza, ordine.
Se
accetta di vivere in questa dimensione, l'uomo è figlio. Se la
rifiuta radicalmente, rimane adolescente, in sterile rivolta contro i padre, e si dibatte in una
contestazione confusa ed anarchica.
– La dimensione orizzontale aggancia l'uomo a ciò
che gli sta “attorno”: fratelli, sorelle, amici, compagni …: insomma
tutti i propri simili. I valori essenziali sono quelli di fraternità ed
uguaglianza.
La persona che vive
questa dimensione orizzontale diventa fratello. Se la rifiuta,
rimane un bambino egoista e capriccioso, chiuso nel proprio piccolo
mondo, preoccupato esclusivamente del proprio benessere (anche spirituale),
estraneo alle esigenze del mondo che lo circonda, insensibile al problema della
giustizia.
– Finalmente c'è la dimensione interiore,
mediante la quale l'uomo entra in rapporto, in sintonia, con ciò che “sta
dentro” di lui, col suo essere profondo. È il mondo dell'anima, dello
spirito, dell'intuizione, delle creatività. La persona scopre i valori d'interiorità,
silenzio, riflessione, libertà, contemplazione, poesia..., arriva alle proprie
sorgenti sotterranee, alle proprie radici. Diventa un essere spirituale.
E, notiamo bene, lo spirituale non è una creatura che vive nelle nuvole,
disincarnata. È semplicemente, un uomo profondo.
La persona priva di
questa dimensione interiore, si condanna alla superficialità, alla vanità,
all'agitazione esteriore: rimane alla superficie di tutto.
Quindi, l'uomo completo deve vivere in una relazione
con ciò che sta “al di sopra”, “attorno” e “dentro” di lui. Queste tre dimensioni vanno accettate
e sviluppate contemporaneamente. Chi vive una sola dimensione,
eliminando o minimizzando le altre, diventa un essere unidimensionale.
Così:
– Chi è soltanto “figlio”, è portato ad assumere
atteggiamenti conservatori, preoccupato esclusivamente dell'ordine – o
disordine – costituito. Non partecipa alle lotte per la giustizia. Non ama la
novità. Non sa guardare avanti.
– Chi è soltanto “fratello”, contesterà o valori di
disciplina, sacrificio, autorità, oltre a quelli dello spirito (preghiera,
adorazione, silenzio).
– Chi si limita ad essere “spirituale”, considererà il
proprio mondo interiore come una comoda evasione dagli impegni concreti per la
trasformazione del vasto mondo. Insomma, sarà un “imboscato”.
• Il guaio del mondo d'oggi, deriva appunto dal fatto
che si pongono in opposizione, vorrei dire in concorrenza, queste dimensioni.
Invece di farle convivere affinché si armonizzino e si completino a vicenda.
Ma che cosa c'entra tutto ciò con la Trinità?
Ecco, il credente non
trova in Dio un essere “unidimensionale”. L'incontra, invece, nelle sue tre
dimensioni fondamentali. Così, aprendo il Vangelo,
– il
cristiano fa conoscenza con un Dio che sta “al di sopra”. È il Padre. Il
Padre nostro: Padre tenero, misericordioso, rispettoso delle libertà dei
propri figli (padre, non paternalista!). Sempre pronto ad accogliere il
prodigo. Sempre disposto a perdonare.
– Ma trova
anche un Dio, che in Gesù, ha assunto un volto umano, fraterno; un
Dio che è “attorno” a noi. Un Dio “nostro fratello”. «Ho avuto fame...,
sete,... ammalato...».
– E, infine,
Dio si trova nella dimensione “interiore”, nelle profondità del nostro
essere. Dio è “dentro di noi”. «Dio mi è più intimo di quanto io lo sia a me
stesso» (sant'Agostino).
Quindi: Dio nostro Padre, nostro Fratello, nostro
Spirito.
Di conseguenza, più che abbordare il mistero della
Trinità servendoci d'immagini e di paragoni insufficienti, oltre che abusati –
il famoso triangolo! – penso sia più utile per la nostra vita riflettere sulla
Trinità in una prospettiva di “comunione”.
In questa linea è andato molto lontano un bambino che ha
detto candidamente: «Dio è... una famiglia!».
Ne risultano illuminate le nostre relazioni umane.
Il cristiano che crede
nella Trinità, si sforza di vivere questo mistero, rigettando ogni egoismo,
ogni ripiega-mento su se stesso.
Diventa l'immagine autentica
di un Dio che è “comunità”, relazione, comunione di Persone (A. Pronzato, il Pane della Domenica, C, 93-95)
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