In cammino verso la Pasqua
con Edith Stein
Deuteronomio 26, 1-11
1Quando sarai entrato nella terra che il Signore, tuo Dio ti dà in eredità e la possederai e là ti sarai stabilito, 2prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà,
le metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore, tuo Dio, avrà scelto per stabilirvi il suo nome.
3Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: “Io dichiaro oggi al Signore, tuo Dio, che
sono entrato nella terra che il Signore ha giurato ai nostri padri di dare a noi”. 4Il sacerdote prenderà la
cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, 5e tu pronuncerai queste parole
davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. 6Gli Egiziani ci maltrattarono,
ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. 7Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e
il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; 8il
Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando
segni e prodigi. 9Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. 10Ora,
ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al
Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio. 11Gioirai, con il levita e con il forestiero che
sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore, tuo Dio, avrà dato a te e alla tua famiglia.
“Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo”. Le primizie sono i primi frutti. Sono l’inizio e la
promessa. Il gesto d’offerta è vissuto come un gesto
di riconoscenza: tutto ciò che abbiamo, tutto ciò
che siamo, è dono di Dio. Portare le offerte, non è concedere a Dio qualche cosa che ci apparterrebbe,
è riconoscere che tutto proviene da lui. Il rito dell’offerta delle primizie è vissuto primariamente come
un gesto di memoria che suscita la professione di
fede. La liturgia rende ogni figlio d’Israele contemporaneo alla storia divina del passato. Recarsi al santuario per portare i frutti della terra significa appropriarsi dell’avvenimento del popolo che “il Signore
condusse in questo luogo” e al quale “diede questa
terra, dove scorrono latte e miele”.
La più grande preoccupazione del libro del
Deuteronomio è questo invito: “Guardati dal dimen-ticare” (Dt 6,12; 8,11; 11,16). Ritrovate la memoria, ri-
cordatevi l’opera di Dio a vostro favore sin dai tempi
antichi. Dimenticare è segno dell’orgoglio poiché
la prosperità del presente può allontanare da Dio.
“Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: «La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato
queste ricchezze». Ricòrdati invece del Signore, tuo
Dio, perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze,
al ne di mantenere, come fa oggi, l’alleanza che ha
giurato ai tuoi padri” (Dt 8,17-18). Questi sono i rischi
di un paese troppo bello, la seduzione dei culti dei
Cananei: “Non seguirete altri dèi, divinità dei popoli
che vi staranno attorno” (Dt 6,14). Non è lo stesso
pericolo di una società del consumo?
Esercizio spirituale
“Se tu conoscessi il dono di Dio ...” (Gv 4,10)
“Gioirai, con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore, tuo
Dio, avrà dato a te e alla tua famiglia”. Ciò che la Sacra Scrittura ci ricorda all’inizio del nostro
cammino verso Pasqua può essere riassunto in una frase molto semplice: tutto ciò che abbiamo,
tutto ciò che siamo, è dono di Dio. Il gesto d’offerta che Mosè ci invita a fare è un gesto di
riconoscenza. “Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne
vanti come se non l’avessi ricevuto?” (1Cor 4,7). Il tempo di quaresima ci invita a (ri)prendere
coscienza dell’assoluto primato della grazia. La fede con la quale crediamo in Dio non viene da
noi. È un dono di Dio.
La riconoscenza per i bene ci ricevuti da Dio s’attenua in una società del benessere dove per
molti tutto sembra andare da sé. Grazie ai 40 anni nel deserto, il popolo d’Israele ha capito che
la sua vita dipendeva da Dio.
Il gesto d’offerta è un gesto di riconoscenza. È ciò che ci ricorda ugualmente il rito dell’offertorio durante ogni santa Messa: “Benedetto sei tu Signore, Dio dell’universo, dalla tua bontà
abbiamo ricevuto questo pane ... abbiamo ricevuto questo vino ...”. Ricordo il cammino per-
corso con il Signore sin dalla mia infanzia. Riconosco i doni che mi ha fatto tutti i giorni della
mia vita. Lo ringrazio. Domando “con la celebrazione di questa quaresima [...] di crescere nella
conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”.
2. Tre testi di Edith Stein sulla nostra condizione storica
Di fronte all’attualità (Lettera del 19 febbraio 1918 a Roman Ingarden)
Contesto della lettera: All’inizio della guerra, Roman Ingarden ha prestato servizio nella Legione
polacca di Josef Pilsudski. Edith Stein è stata fortemente scossa dalla morte, nel novembre 1917,
sul fronte delle Fiandre, del suo professore e amico, Adolf Reinach, braccio destro di Husserl.
Durante la terribile esperienza della realtà delle trincee, dal novembre 1915 all’ottobre 1916, Rei-
nach è stato catturato dall’esperienza di Dio. Nel corso di un permesso, il 9 aprile 1916, assieme
alla moglie, domanda il battesimo nella chiesa evangelica. Edith Stein sta camminando verso la
verità che le sarà propria.
“Caro Signor Ingarden,
mi sento molto a disagio da quando tra me e Lei si frappongono i confini del Reich e la settimana scorsa se ne sono avvertite nuovamente le conseguenze. In un certo senso mi ritengo
corresponsabile di quanto sta accadendo (non posso disapprovarlo perché suppongo dipenda da motivi gravi), e di conseguenza mi sento indignata così come certamente lo è Lei. D’altra
parte comprendo benissimo il Suo stato d’animo, anzi, talvolta mi sorprendo a guardare gli
eventi così come vengono visti lì da Lei. Non mi sento in grado di giudicare, poiché penso
che le cause e le conseguenze che ne derivano siano sempre imprevedibili. Emotivamente mi
trovo in un confl tto interiore insolubile. Mi sforzo sempre di capire inutilmente il ruolo degli esseri umani nella storia del mondo. Recentemente mi sono imbattuta nel versetto del vangelo
di Luca: «Il Figlio dell’uomo se ne va, come è stato stabilito. Ma guai a quell’uomo per mezzo
del quale egli è tradito» (Lc 22,22). Queste parole valgono per tutti? Noi causiamo gli eventi e
ne siamo responsabili. Eppure non sappiamo quel che facciamo, né possiamo fermare il corso
della storia anche se lo ri utiamo. Certamente non è facile da capire. Inoltre, secondo me, la
religione e la storia convergono sempre di più, e mi sembra che i cronisti medievali, i quali rite-
nevano che la storia del mondo fosse compresa tra il peccato originale e il giudizio universale,
siano stati più saggi degli specialisti di oggi, i quali basandosi su fatti scientifi amente provati
hanno perso il senso della storia.
(Lettere a Roman Ingarden (1917-1938), LEV, 2001, p. 81)
L’uomo, essere storico e sociale, persona spirituale alla ricerca di Dio
L’abbigliamento dell’essere umano, il suo modo di parlare e di muoversi ecc. ci rivelano,
spesso a prima vista, il suo stato sociale, la sua professione, in breve: la sua posizione sociale. In alcuni casi questo ci risulta chiaro senza bisogno che ci riflettiamo su e, senza che
lo vogliamo, dà una direzione al nostro comportamento. Il mondo degli esseri umani è un
mondo sociale in cui ognuno gioca il suo ruolo determinato – spesso anche parecchi ruoli.
Vediamo però l’essere umano non solo in quanto essere umano, non solo per quello che ha
in comune con gli altri esseri umani e neanche solo per la posizione che occupa nell’ordine
sociale; con maggior o minor forza, spesso già al primo incontro, ci si manifesta anche ciò
che un essere umano è in quanto persona individuale e come egli è, la sua particolare natura, il suo carattere. [...] Se consideriamo non più un incontro isolato ma una vita in comune
che dura, allora il più delle volte ciò che è esteriore e universale arretra sempre di più dinanzi
a ciò che è interiore e personale. [...] Nel confronto entra pian piano sempre di più qualcosa
della ‘storia’ dell’essere umano, del suo ‘destino’ e, in relazione a ciò, una coscienza della
responsabilità reciproca.[...]
L’essere umano sperimenta esistenza umana e umanità negli altri, ma anche in se stesso. [...]
L’esperienza che egli fa di se stesso è totalmente diversa da quella che fa di tutto il resto.
[...] L’esistenza dell’uomo è dischiusa verso l’interno., un’esistenza aperta per se stessa, ma
proprio per ciò è anche esistenza dischiusa e aperta verso l’esterno, che può accogliere in
sé un mondo. [...]
[...] Nel suo intimo come nel mondo esterno, l’essere umano trova rimandi a qualcosa che
è al di sopra di lui e di tutto ciò che esiste, da cui egli e tutto ciò che esiste dipendono. La domanda circa questo essere, la ricerca di Dio appartengono all’essere dell’uomo.
(La struttura della persona umana, Città Nuova Edizioni OCD, 2013, p. 42-44)
L’urgenza di donarsi a Dio
“Viviamo oggi di nuovo in un’epoca che ha un bisogno urgente di quel rinnovamento che
proviene da fonti nascoste di anime unite a Dio. E molti pongono l’ultima speranza in queste
fonti nascoste della salvezza. L’esigenza è grave: un dono senza riserve al Signore che ci ha
chiamate, ecco ciò che ci è richiesto perché possa essere rinnovata la faccia della terra. Con
una ducia piena di fede dobbiamo consegnare le nostre anime al potente impulso dello Spirito Santo”.
(Scritti spirituali, Vita nascosta)
Riflessione
Che sguardo rivolgo alla storia contemporanea? Quali avvenimenti del mondo considero
portatori di speranza?
Rileggendo la mia storia personale, che cosa ha fatto il Signore per me attraverso gli avvenimenti della mia vita? Se siamo genitori o nonni, quando e come raccontiamo la storia famigliare ai nostri gli e/o nipoti?
fr. Philippe di Gesù, ocd (Convento d’Avon)
3. Pregare ogni giorno della settimana con Edith Stein
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Lunedì 11 marzo: superare il rancore
«Vierge de miséricorde»
Piero della Francesca
“Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i gli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore” (Lv 19, 18)
“Non dobbiamo giudicare e dobbiamo darci dell’insondabile misericordia di Dio”. (Lettera del 16 febbraio 1930) Il rancore è ciò che chiude di più il cuore alla grazia. Signore, vieni a liberarmene. Perdonare non significa cancellare il male; signi ca augurarci di ritrovarci tutti, convertiti e perdonati, nell’Ultimo Giorno. |
Martedì 12 marzo: la via del perdono
“E rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6, 12) “Ognuno è responsabile della propria salvezza nella misura in cui essa può essere ottenuta con la cooperazione della sua propria libertà, e mai senza di essa. Ognuno è al contempo responsabile per la salvezza di tutti gli altri nella misura in cui ha la possibilità d’implorare la grazia con la sua preghiera per ognuno” (Libertà e grazia). Perdonare non significa provare simpatia; significa rifiutare la logica della rappresaglia e pregare perché si apra una via di Dio nel cuore di ognuno. Ricordo il perdono accordato e ricevuto, quelli che sono stati importanti per me. Che cosa posso fare oggi? |
Mercoledì 13 marzo: gridare a Dio
“Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani” (Giona 3, 8) “Ciò di cui sono responsabile, lo sono davanti a Dio. Che cosa sia, cioè quale sia il mio dovere, me lo dice la mia coscienza. Seguirla è una questione di libertà” (Il castello dell’anima). La misericordia di Dio mi permette di cominciare una vita nuova scegliendo Dio. Tutto ciò si traduce in azioni. Vedo la strada che mi si apre davanti? Ho voglia di seguirla? |
Giovedì 14 marzo: amare quotidianamente
“Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri gli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7, 11-12) “In condizioni ordinarie di esistenza, non esiste nessun altra possibilità di rendere a Dio amore per amore dello svolgere con fedeltà i propri doveri quotidiani, sino al minimo dettaglio; non perdendo alcuna occasione di servire gli altri per amore” (Fonte nascosta). Il Padre ci dà in abbondanza il suo Spirito e questo Spirito è irradiamento d’amore. Farò, mettendoci molto amore, invocando lo Spirito, un gesto quotidiano che normalmente mi fa arrabbiare. |
Venerdì 15 marzo: Guardar Lo
“Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio” (Mt 5, 22a) “Accettare la nostra propria impotenza e abbandonare con tanto maggiore fiducia all’amore onnipotente, è la grande saggezza che dobbiamo continuamente penetrare, sempre più profondamente” (Lettera a Elly Dursy) Gesù, il mite, il misericordioso, ci pone davanti alle esigenze radicali dall’Amore divino. Senza di lui sono incapace di fare ciò che mi domanda. Mi prendo il tempo di guardarlo, lui, il Crocifisso, che ha amato con totalità, e mendico il suo Spirito ... |
Sabato 16 marzo: essere così come sono stato creato
“Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.” (Mt 5, 48) “Dio guida l’essere umano in modo da renderlo essere umano autentico. [...] Colui che pone la propria vita nelle mani di Dio, e questi soltanto, può star sicuro che diverrà totalmente se stesso, cioè diverrà ciò che Dio ha predisposto per lui in modo del tutto personale” (Verità e chiarezza nell’insegnamento e nell’educazione). Come essere perfetti come Dio? Forse semplicemente lasciandomi essere così come mi ha creato ... |
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