6 – DIO PADRE e SPIRITO SANTO in Teresa (185-189)
o
Teresa
presenta la Paternità di Dio in stretta relazione con Gesù Cristo – come
sempre. Come pure bisogna rilevare le coincidenze del suo pensiero con i
Vangeli.
o
Forse
l’origine di tutto si deve ad una rivelazione che ebbe un grand'impatto in
Teresa: in essa le si rappresentò l’intimità reale tra il Padre e il Figlio.
Scrive:
«Vidi la
sacratissima Umanità in mezzo a tanta gloria come non l’avevo mai vista. In
modo chiaro ed ammirabile vidi Cristo nel seno del Padre, ma non so dire in che
modo, perché mi parve di essere alla presenza della divinità senza nulla
vedere. Rimasi così stupita e fuori di me che passai vari giorni senza
rinvenire. Mi pareva d’aver sempre innanzi la maestà del Figlio di Dio…, e lo vedevo
bene» (V 38,17).
Rimase fuori di sé al vedere la maestà del Figlio, compenetrato con la
stessa sostanza della Divinità, simboleggiata dal petto del Padre.
o
Non
è strano che Teresa parli con tanta unzione del Padre, poiché un giorno udì
dalle stesse labbra del Signore che il Padre si dilettava nell’anima sua.
Un giorno, mentre era molto preoccupata per la riforma dell’Ordine, il
Signore le disse:
«Tu fa’ quello che puoi. Per il resto
lascia fare a me, senza inquietarti. Godi il bene che ti è dato, che è molto
grande. Il Padre mio si compiace di te, e lo Spirito Santo ti ama» (Rel 13 – Favori
celesti).
In un’altra occasione vedrà come Gesù Cristo la portava al Padre e gliela
consegnava.
«Fui presa da un grande rapimento, nel quale mi sembrò che nostro Signore
mi portasse l’anima dinanzi al Padre e gli dicesse: “Colei che mi desti, ecco
io ti do”. E mi parve che il Padre mi attirasse a sé» (Relazioni 15- Favori celesti).
o
Da simile esperienze s’intuisce pure la tenerezza con cui ella
abborda tutto ciò che riguarda il Padre. L’esperienza, tuttavia, si fa ancor più intima e sublime
quando è il Padre stesso che dichiara il suo amore a Teresa e le parla di tutto
ciò che Lui ha fatto per lei. Un giorno stava meditando sul mistero trinitario,
Teresa vide ed udì ciò che segue: «Mi parve che la Persona del Padre mi
attirasse a sé, dicendomi parole molto soavi. Mi disse, fra l’altro,
mostrandomi il gran bene che mi voleva: “Io ti ho dato mio Figlio, lo Spirito
Santo e questa Vergine. E tu, che mi vuoi dare in cambio?» (Rel 25 –
12/1/1572, Avila – Fav. Cel.).
Il Figlio, lo Spirito Santo e la Vergine costituiscono il regalo del
Padre a Teresa. Appare così chiara-mente che dal Padre ha origine tutta la
vita cristiana.
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Teresa,
però, non ci offre soltanto una dottrina consolante su Dio Padre; lei ci offre
pure, c’insegna ad entrare in comunione
con Lui. Nel “Cammino di Perfezione” stende uno stupendo commento
all’orazione di Gesù [il Pater], lasciandovi impressa un'immensa tenerezza e
delicatezza verso il Padre.
o
In
questa preghiera, il cristiano – così come Gesù – esprime il desiderio di
sommergersi nel petto del Padre. Ebbene, per conseguire ciò il credente deve seguire
in tutto Gesù, suo inviato, con cui si pone in intima comunione: «Come
si vede bene, Signor mio, che siete il Padre di un tal Figlio, e che vostro
Figlio è Figlio di un tal Padre!» (CP 27,1). E tutto ciò – vale a dire,
questa intercomunicazione di sentimenti – le sono rivelati, a Teresa, nella
contemplazione del Padrenostro, dove, secondo il suo parere, si racchiudono
tutti i misteri dell’orazione.
o
Per comprendere il senso profondo della prima invocazione
della preghiera del Signore, “Padre”, sarebbe bene chiedergli di donarci la
perfetta contemplazione, giacché in questa parola si racchiudono tutti i nostri
desideri e sogni. Esclama
Teresa:
«Non bastava, Signore, che ci accordaste
di chiamarvi nostro Padre alla fine della preghiera? Ma voi ce ne favorite e ce n’empite le mani fin dal
principio! Il nostro intelletto dovrebbe andarsene così rapito e la nostra
volontà così compenetrata da non essere più capaci di pronunciare parola. Oh, figliole mie, come verrebbe bene
parlarvi qui, della contemplazione perfetta!» (CP 27,1).
o
La
contemplazione gustosa dei misteri racchiusi nella parola “Padre”, che Gesù ci
ha rivelato nella sua preghiera, suscita in noi desideri di vedere il suo
volto, di salire al cielo e dimenticare la terra. Il Padre vive nel cielo e noi
ci troviamo ancora lontani da Lui; per questo, l’opinione di Teresa è che:
«Abbandoniamo la terra, figliole mie! Non è
ragionevole che dopo aver conosciuto l’eccellenza di un tal favore, ne facciamo
ancora così poco conto per voler restare quaggiù» (CP 27,1).
Come, abbandonare? Vivendo ogni
momento come visse il Figlio, con la brama di compiere il mandato del
Padre, però con desideri ardenti di tornare quanto prima davanti a Lui. “Padre”
è quella parola preziosa che riempie di miele la bocca di Teresa e pone in
tensione tutto il suo essere. Per questo esorterà le sue monache così:
«Giacché il buon
Gesù vi ha dato un Padre così buono, non nominatene altri. Procurate,
piuttosto, d'esser tali da gettarvi tra le sue braccia e godere della sua
compagnia» (CP 27,6).
o
Secondo
Teresa, il Padre ci dona ciò che ha di più prezioso: lo Spirito, suo Figlio
e la Vergine. Queste tre realtà portano l’aroma del suo essere e ci offrono
il profumo della sua persona da diverse angolature.
o
Teresa considera Gesù come un regalo del Padre a
nostra misura, e adatto alla nostra conoscenza.
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Cristo ci rende figli del Padre e ci sospinge a
dirigerci a Lui proprio da simile dignità e grazia. Teresa esclama:
«Volendo che vostro Padre ci
ritenga per figli, ci date tutto quello che potete, e siccome la vostra paro-la
non può mancare, obbligate vostro Padre ad esaudirci. E questo non è da poco
per Lui, perché in tal modo ci deve sopportare…, perdonare come al figliol
prodigo tutte le volte che ritorniamo ai suoi piedi, consolarci nei nostri
dolori e procurarci di che vivere, come si conviene ad un buon padre» (CP 27, 2).
Il testo trasuda tenerezza non soltanto verso il Padre, ma
pure verso Gesù Cristo Gesù: è lui che ce lo ha fatto conoscere! Il ricordo
della parabola del figlio prodigo tinge di gioia le sue parole; è come se
dicesse: il Padre, lo è pure per il peccatore, che perdona e consola.
o
Gesù
Cristo, però, non soltanto ci rende figli del Padre, ma al Padre chiede il
poter rimanere con noi. Non è, infatti, Lui il suo regalo per il mondo?
Tutto un capitolo del “Cammino di perfezione” è dedicato alla meditazione di
questo fatto inaudito (CV 33). Teresa conclude le sue riflessioni con queste
laconiche parole, di grand’espressività: «Oh mio Dio! Qual eccesso d’amore
in quel Figlio. E che eccesso pure in quel Padre!» (CP 33,3).
In tutta la
storia di Gesù, secondo Teresa, è implicita la presenza del Padre. Lei non
aveva sentito parlare di ciò che oggi si chiama il “dolore” di Dio.
Questa teoria [ancor da approfondire teologicamente], è stata accolta
favorevolmente dal pensiero cristiano, poiché ci offre un’immagine di Dio più
umana, più distante dal Dio “motore primo” e più prossima al buon Padre che
soffre per la sorte dei suoi figli. Ecco un testo che non demerita in nulla fra
le spiegazioni che attualmente si danno al dolore di Dio nella donazione del
Figlio per noi. «Ma voi, Eterno Padre, come
avete potuto acconsentire? Perché avete voluto che vostro Figlio fosse ogni
giorno in balìa di gente così perversa come noi? L’avete già voluto una volta
con acconsentire alle sue domande, e avete visto in che modo fu trattato. Ed è
possibile che la vostra tenerezza permetta che sia esposto ogni giorno – sì,
dico, ogni giorno – a tanti maltrattamenti? Oh, quanti se ne devono fare ai
nostri giorni, a questo divinissimo Sacramento!» (CP 33,3).
Teresa suppone chiaramente
l’esistenza del dolore di Dio: Dio soffre ogni volta che gli uomini disprezzano
il Figlio.
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Teresa si sente tanto impressionata dall’amore del Padre e
del Figlio agli uomini che si perita di supplicare il Padre in favore del
Figlio, affinché non gli permetta di soffrire tanto! Gli chiede, soprattutto,
che poiché Egli rimase con noi nel SS. Sacramento, non sia disprezzato questo
mistero d’amore (cfr CP 33).
o
Come
vediamo, la persona del Padre acquista un rilievo speciale contemplandola
compromessa nell’opera di Gesù Cristo. [Anche questo è “moderno”, in quanto la teologia tende a leggere il mistero
trinitario non tanto dalla speculazione, quanto dalla sua attività e presenza
nel N. Testamento].
o
Per
Teresa, la nostra aspirazione suprema dev’essere il Padre: «Dio introduce
l’anima nella sua stessa mansione che è il centro della medesima anima!»
(7M 2,9); ma per ascendere sino a Lui, non abbiamo altra via che Gesù Cristo:
«Se abbiamo bisogno di trattare, pensare ed
accompagnarci con chi, pur essendo come noi, compie per Dio
delle magnifiche imprese (i Santi), a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla
sacratissima Umanità di ns. Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio» (6M 7,6).
L’incontro col Padre non necessita di superare una gran distanza, giacché
Egli si trova unito al Cristo ed allo Spirito nel cuore del credente:
«Posso assicurarvi che vi troverete presto contente
(del Pater), comprendendo di aver in voi questo Padre celeste, cui potete
rivolgervi senza bisogno di affaticarvi per cercarlo altrove» (CE 50,2).
TERESA e lo
SPIRITO SANTO
➢ Le allusioni allo Spirito Santo sono
numerose negli scritti di Teresa e la sua figura si trova perfettamente incastonata nel suo
sistema dottrinale.
➢ Innanzitutto la Sua presenza si lascia sentire nel saluto
all’inizio delle sue lettere. Ai suoi lettori, Teresa augura la grazia dello
Spirito. Come Gesù dopo la Pasqua, anche lei intende comunicare lo Spirito.
Questo fatto è molto significativo, poiché indica che in tale grazia vede
concentrati tutti i beni che uno possa desiderare ai suoi parenti ed amici.
➢ Come in tutta la tradizione della Chiesa, Teresa attribuisce
allo Spirito il carisma dell’illuminazione per comprendere e captare le verità di Dio o, meglio, la verità di Dio e la grazia
di poterle comunicare. Lei stessa, non poche volte, testimonia la
necessità che abbiamo dello Spirito per poter trasmettere i misteri divini.
Così leggiamo agli inizi delle IV Mansioni:
«Per poter parlare … devo raccomandarmi … allo Spirito Santo e
supplicarlo che parli in luogo mio … per poter dire e far capire qualche cosa
delle mansioni che rimangono» (4M 1,1).
Non meno espressiva si dimostra in
questo senso, poco dopo:
«Piaccia
a Dio che di un argomento così difficile sappia almeno dire qualche cosa! Certo
che se Egli e lo Spirito Santo non muovono la mia penna, ne sarò affatto
incapace». (5M
4,12).
Teresa è convinta che i suoi libri
debbano molto alla Spirito Santo (cfr. 6M 1, 1):
«Con
l’aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle VI mansioni …»).
➢ L'illuminazione raggiunge pure confessori e
direttori:
«Queste parole mi
s’impressero così profonda-mente che mi
parvero dettate dallo Spirito Santo a mio spirituale rimedio, e ne rimasi molto
confusa» (V 23,16).
➢ La Santa attribuirà allo Spirito il perfezionamento della
fede. Nel capitolo 22 della “Autobiografia” sostiene che la fede
degli apostoli divenne autentica solamente dopo la venuta della Spirito. La
parola “fede” qui si riferisce in pratica al mistero dell’Incarnazione.
➢ Non è, quindi, strano che lo Spirito sia Colui che illumina
il cristiano dalle sue prime esperienze fino alle più sublimi, giacché è
l’autore della Scrittura.
L’INCONTRO CON LO SPIRITO
➢ Pensiamo che, come successe con Gesù Cristo, tutta una serie
di avvenimenti prepararono Teresa all’incontro con lo Spirito. Ella ricorderà sempre con nostalgia quel
fatto che la portò alla scoperta del ruolo dello Spirito nel suo processo di
santificazione. L’avvenimento ci è narrato da lei stessa con profusione di
dettagli. Ecco le linee principali.
Nel vespro di un giorno
di Pentecoste, dopo la messa, stava leggendo in un libro i diversi segni che
accompagnano i cristiani, secondo il loro grado di perfezione. Il libro si
soffermava specialmente nella presenza dello Spirito Santo. Teresa era,
quindi, in piena sintonia con la festa che stava per esser celebrata.
[Prima di
proseguire conviene segnalare qualcosa – a nostro giudizio, rivelatore –, ed è
che il giorno di Pentecoste suole essere denominato da lei “Pasqua dello
Spirito Santo”].
«Mentre
m’indugiavo in considerazioni, fui sorpresa da un gran rapimento senza che ne
capissi il motivo. Incapace l’anima di trattenersi in sé, sembrava volesse
uscire dal corpo per l’impazienza di raggiungere quel bene: era un trasporto
diverso dagli altri, così impetuoso da non sapermi dominare. E la mia anima,
n’era tanto alterata che non capivo cose avesse o volesse. Non potendo reggere,
neppure seduta, cercai di appoggiarmi, perché le forze naturali mi stavano
abbandonando».
Si tratta, quindi, di un’autentica
estasi. Immediatamente dopo avvenne la visione dello Spirito:
«In
questo stato mi vidi sul capo una colomba molto diversa dalle nostre, senza
penne e con ali come a scaglie di madreperla che davano splendore. Era più
grande delle colombe ordinarie, e mi sembrava di udirne il fruscio delle ali.
Avrà volato per lo spazio di un’Ave Maria, ma io la perdetti presto di vista,
perché, immersa nel rapimento, mi andavo smarrendo a poco a poco».
Il sentimento fu tanto forte e
l’impatto che causò nel suo spirito tanto elevato, che Teresa parlerà di “gran
pace” e “spavento”. Riassume l’esperienza di tal avvenimento così:
«Lungi dal turbarsi ed empirsi di terrore, come avrebbe
dovuto, il mio spirito si raccolse in gran pace, in compagnia di quell’Ospite
così amorevole; bandì ogni senso di paura e, pur rimanendo nel rapimento,
cominciò a godere quiete e soavità. Non è a dire la gioia di quel rapimento:
passai la maggior parte della festa così sbalordita e fuori di me da non sapere
cosa facessi, incapace di persuadermi di essere stata oggetto di tanta
grazia». (V 38,9-10).
➢ È evidente che si tratta di una grazia speciale.
Teresa aveva sperimentato molte visioni. Nel porre in evidenza in tal modo
quest’ultima ci sta indicando che bisogna situarla tra le più sublimi. Chi la
conosce sa bene come lei stessa faccia notare notevoli differenze tra questi
fenomeni mistici.
Tra gli effetti più rilevanti che questa grandiosa
visione produsse nella sua anima, si enumerano i seguenti: stordimento – la Santa dirà che restò come imbambolata
–, esperienza di un godimento
interiore molto intenso ed aumento dell’amore di Dio e di tutte le virtù.
Non è strano, quindi, che molti anni dopo, ricordi con nostalgia
quest’avvenimento, e che, sempre allorquando parla dello Spirito, alluda ad
esso.
➢ Si sentì amata,
protetta avvolta dallo Spirito. Un giorno udrà dalla bocca di Gesù stesso: «Godi
del bene che ti è dato, che è molto grande. Il Padre mio si compiace di te, e
lo Spirito Santo ti ama» (R 13).
LA PRESENZA DELLO SPIRITO
➢ Quando parleremo
dell’esperienza trinitaria, vedremo che Teresa percepiva, insieme alle altre
Persone divine, lo Spirito Santo dentro il proprio io. Ricordiamo un testo
ormai classico:
«Qui
le tre Persone si comunicano con lei, le parlano e le fanno intendere le parole
con cui il Signore disse nel Vangelo che Egli col Padre e con lo Spirito Santo
scende ad abitare nell’anima che lo ama ed osserva i suoi comandamenti” (VII M. 1, 7).
➢ Teresa crede che allo Spirito Santo competa la trasformazione
del cristiano. Utilizzando il simbolismo del fuoco, ci dirà che è Lui che
lo accende per consumare i figli di Dio in
ardori divini. Così che, parlando nelle Mansioni di questo (5M 2,3), seguendo
il filo del suo discorso con l’immagine del “baco da seta”, scrive:
«L’anima – di cui quel verme [baco da seta] è
l’immagine – comincia a prender vita quando per il calore dello Spirito Santo
inizia a valersi dei soccorsi generali che Dio concede ad ognuno, ed a servirsi
dei ri-medi che Egli ha lasciato alla sua Chiesa, come le frequenti
confessioni, le buone letture e le prediche».
➢ In modo simile si pronuncia nelle “Meditazioni sul Cantico
dei Cantici”:
«Credo che lo Spirito Santo faccia da
mediatore tra l’anima e Dio. Egli, infatti, muove l’anima con ardenti desideri,
e fa che s’accenda di quel fuoco sovrano a cui è tanto vicina» (PdA 5,5).
È lo Spirito, quindi, per Teresa, colui che realizza la santificazione
del credente.
Nella tradizione era sempre stato considerato come l’agente
della santità.
Da parte sua, Teresa, seguendo questa
tradizione, cerca di determinare l’attuazione di questa santità nella vita
soprannaturale.
Così [cfr
citazione precedente] lei ci parla di chi è colui che muove i
nostri desideri e li accende affinché s’elevino a Dio. Per questo gli
attribuisce l’innamoramento della volontà. Parlando del caso in cui
l’immaginazione [“pensiero”, dice lei] sia distratta, turbando la quiete
dell’anima, per consolazione degli spirituali scrive:
«Per instabile che possa essere la vostra immaginazione,
troverete sempre, tra il Padre ed il Figlio, lo Spirito Santo. Egli infiammi la
vostra volontà, e se non basta ad affascinarvela la considerazione di un così
grande interesse, ve la incateni Lui con il suo vivissimo amore» (Cammino. 27,7).
Il testo è
prezioso, dal momento che Teresa intende l’orazione come un’immersione intra-trinitaria,
dove il credente entra in comunione vitale con le Persone divine. Allo Spirito
Santo tocca l’innamoramento della volontà, luogo dove la Santa situa l’essenza della
santità.
➢ Riassumendo potremmo
dire che lo Spirito Santo è l’anima della santità.
Quando Teresa afferma
ciò, sta parlando della propria esperienza.
Conviene non dimenticare che la sua
conversione definitiva e totale si consumò dopo una preghiera allo Spirito
Santo. In quell’istante si sentì trasformata ed interiormente divinizzata.
L’accaduto si
riferisce a quel momento in cui ella, bramando d’esser tutta di Dio, notava che
qualcosa in lei ancora poneva resistenza. Su proposta del suo confessore iniziò
a recitare il “Veni, Creator”. Cadde in un rapimento ed udì quelle parole: «Non
voglio più che conversi con gli uomini, ma soltanto con gli angeli» (V
24,5).
Teresa noterà che, da
quel momento, si ritrovò interiormente incentrata in Dio; quel giorno, e grazie
allo Spirito, oltrepassò l’atrio della santità.
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