AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 24 marzo 2019

TRINITÀ - Conferenza di Padre Claudio Truzzi OCD - parte sesta



6 – DIO PADRE e  SPIRITO SANTO in Teresa (185-189)
o              Teresa presenta la Paternità di Dio in stretta relazione con Gesù Cristo – come sempre. Come pure bisogna rilevare le coincidenze del suo pensiero con i Vangeli.
o              Forse l’origine di tutto si deve ad una rivelazione che ebbe un grand'impatto in Teresa: in essa le si rappresentò l’intimità reale tra il Padre e il Figlio. Scrive:
«Vidi la sacratissima Umanità in mezzo a tanta gloria come non l’avevo mai vista. In modo chiaro ed ammirabile vidi Cristo nel seno del Padre, ma non so dire in che modo, perché mi parve di essere alla presenza della divinità senza nulla vedere. Rimasi così stupita e fuori di me che passai vari giorni senza rinvenire. Mi pareva d’aver sempre innanzi la maestà del Figlio di Dio…, e lo vedevo bene» (V 38,17).
Rimase fuori di sé al vedere la maestà del Figlio, compenetrato con la stessa sostanza della Divinità, simboleggiata dal petto del Padre.
o            Non è strano che Teresa parli con tanta unzione del Padre, poiché un giorno udì dalle stesse labbra del Signore che il Padre si dilettava nell’anima sua.
Un giorno, mentre era molto preoccupata per la riforma dell’Ordine, il Signore le disse:
«Tu fa’ quello che puoi. Per il resto lascia fare a me, senza inquietarti. Godi il bene che ti è dato, che è molto grande. Il Padre mio si compiace di te, e lo Spirito Santo ti ama» (Rel 13 – Favori celesti).
In un’altra occasione vedrà come Gesù Cristo la portava al Padre e gliela consegnava.
«Fui presa da un grande rapimento, nel quale mi sembrò che nostro Signore mi portasse l’anima dinanzi al Padre e gli dicesse: “Colei che mi desti, ecco io ti do”. E mi parve che il Padre mi attirasse a sé» (Relazioni 15- Favori celesti).
o           Da simile esperienze s’intuisce pure la tenerezza con cui ella abborda tutto ciò che riguarda il Padre. L’esperienza, tuttavia, si fa ancor più intima e sublime quando è il Padre stesso che dichiara il suo amore a Teresa e le parla di tutto ciò che Lui ha fatto per lei. Un giorno stava meditando sul mistero trinitario, Teresa vide ed udì ciò che segue: «Mi parve che la Persona del Padre mi attirasse a sé, dicendomi parole molto soavi. Mi disse, fra l’altro, mostrandomi il gran bene che mi voleva: “Io ti ho dato mio Figlio, lo Spirito Santo e questa Vergine. E tu, che mi vuoi dare in cambio?» (Rel 25 – 12/1/1572, Avila – Fav. Cel.).
Il Figlio, lo Spirito Santo e la Vergine costituiscono il regalo del Padre a Teresa. Appare così chiara-mente che dal Padre ha origine tutta la vita cristiana.
o            Teresa, però, non ci offre soltanto una dottrina consolante su Dio Padre; lei ci offre pure, c’insegna ad entrare in comunione con Lui. Nel “Cammino di Perfezione” stende uno stupendo commento all’orazione di Gesù [il Pater], lasciandovi impressa un'immensa tenerezza e delicatezza verso il Padre.
o             In questa preghiera, il cristiano – così come Gesù – esprime il desiderio di sommergersi nel petto del Padre. Ebbene, per conseguire ciò il credente deve seguire in tutto Gesù, suo inviato, con cui si pone in intima comunione: «Come si vede bene, Signor mio, che siete il Padre di un tal Figlio, e che vostro Figlio è Figlio di un tal Padre!» (CP 27,1). E tutto ciò – vale a dire, questa intercomunicazione di sentimenti – le sono rivelati, a Teresa, nella contemplazione del Padrenostro, dove, secondo il suo parere, si racchiudono tutti i misteri dell’orazione.
o               Per comprendere il senso profondo della prima invocazione della preghiera del Signore, “Padre”, sarebbe bene chiedergli di donarci la perfetta contemplazione, giacché in questa parola si racchiudono tutti i nostri desideri e sogni. Esclama Teresa:
«Non bastava, Signore, che ci accordaste di chiamarvi nostro Padre alla fine della preghiera? Ma voi ce ne favorite e ce n’empite le mani fin dal principio! Il nostro intelletto dovrebbe andarsene così rapito e la nostra volontà così compenetrata da non essere più capaci di pronunciare parola. Oh, figliole mie, come verrebbe bene parlarvi qui, della contemplazione perfetta!» (CP 27,1).
o              La contemplazione gustosa dei misteri racchiusi nella parola “Padre”, che Gesù ci ha rivelato nella sua preghiera, suscita in noi desideri di vedere il suo volto, di salire al cielo e dimenticare la terra. Il Padre vive nel cielo e noi ci troviamo ancora lontani da Lui; per questo, l’opinione di Teresa è che:
«Abbandoniamo la terra, figliole mie! Non è ragionevole che dopo aver conosciuto l’eccellenza di un tal favore, ne facciamo ancora così poco conto per voler restare quaggiù» (CP 27,1).
Come, abbandonare? Vivendo ogni momento come visse il Figlio, con la brama di compiere il mandato del Padre, però con desideri ardenti di tornare quanto prima davanti a Lui. “Padre” è quella parola preziosa che riempie di miele la bocca di Teresa e pone in tensione tutto il suo essere. Per questo esorterà le sue monache così:
«Giacché il buon Gesù vi ha dato un Padre così buono, non nominatene altri. Procurate, piuttosto, d'esser tali da gettarvi tra le sue braccia e godere della sua compagnia» (CP 27,6).
o                Secondo Teresa, il Padre ci dona ciò che ha di più prezioso: lo Spirito, suo Figlio e la Vergine. Queste tre realtà portano l’aroma del suo essere e ci offrono il profumo della sua persona da diverse angolature.
o                Teresa considera Gesù come un regalo del Padre a nostra misura, e adatto alla nostra conoscenza.
o                Cristo ci rende figli del Padre e ci sospinge a dirigerci a Lui proprio da simile dignità e grazia. Teresa esclama: 
«Volendo che vostro Padre ci ritenga per figli, ci date tutto quello che potete, e siccome la vostra paro-la non può mancare, obbligate vostro Padre ad esaudirci. E questo non è da poco per Lui, perché in tal modo ci deve sopportare…, perdonare come al figliol prodigo tutte le volte che ritorniamo ai suoi piedi, consolarci nei nostri dolori e procurarci di che vivere, come si conviene ad un buon padre» (CP 27, 2).
Il testo trasuda tenerezza non soltanto verso il Padre, ma pure verso Gesù Cristo Gesù: è lui che ce lo ha fatto conoscere! Il ricordo della parabola del figlio prodigo tinge di gioia le sue parole; è come se dicesse: il Padre, lo è pure per il peccatore, che perdona e consola.
o                Gesù Cristo, però, non soltanto ci rende figli del Padre, ma al Padre chiede il poter rimanere con noi. Non è, infatti, Lui il suo regalo per il mondo? Tutto un capitolo del “Cammino di perfezione” è dedicato alla meditazione di questo fatto inaudito (CV 33). Teresa conclude le sue riflessioni con queste laconiche parole, di grand’espressività: «Oh mio Dio! Qual eccesso d’amore in quel Figlio. E che eccesso pure in quel Padre!» (CP 33,3).
In tutta la storia di Gesù, secondo Teresa, è implicita la presenza del Padre. Lei non aveva sentito parlare di ciò che oggi si chiama il “dolore” di Dio. Questa teoria [ancor da approfondire teologicamente], è stata accolta favorevolmente dal pensiero cristiano, poiché ci offre un’immagine di Dio più umana, più distante dal Dio “motore primo” e più prossima al buon Padre che soffre per la sorte dei suoi figli. Ecco un testo che non demerita in nulla fra le spiegazioni che attualmente si danno al dolore di Dio nella donazione del Figlio per noi. «Ma voi, Eterno Padre, come avete potuto acconsentire? Perché avete voluto che vostro Figlio fosse ogni giorno in balìa di gente così perversa come noi? L’avete già voluto una volta con acconsentire alle sue domande, e avete visto in che modo fu trattato. Ed è possibile che la vostra tenerezza permetta che sia esposto ogni giorno – sì, dico, ogni giorno – a tanti maltrattamenti? Oh, quanti se ne devono fare ai nostri giorni, a questo divinissimo Sacramento!» (CP 33,3).
Teresa suppone chiaramente l’esistenza del dolore di Dio: Dio soffre ogni volta che gli uomini disprezzano il Figlio.
o                Teresa si sente tanto impressionata dall’amore del Padre e del Figlio agli uomini che si perita di supplicare il Padre in favore del Figlio, affinché non gli permetta di soffrire tanto! Gli chiede, soprattutto, che poiché Egli rimase con noi nel SS. Sacramento, non sia disprezzato questo mistero d’amore (cfr CP 33).
o                Come vediamo, la persona del Padre acquista un rilievo speciale contemplandola compromessa nell’opera di Gesù Cristo. [Anche questo è “moderno”, in quanto la teologia tende a leggere il mistero trinitario non tanto dalla speculazione, quanto dalla sua attività e presenza nel N. Testamento].
o                Per Teresa, la nostra aspirazione suprema dev’essere il Padre: «Dio introduce l’anima nella sua stessa mansione che è il centro della medesima anima!» (7M 2,9); ma per ascendere sino a Lui, non abbiamo altra via che Gesù Cristo:
«Se abbiamo bisogno di trattare, pensare ed accompagnarci con chi, pur essendo come noi, compie per Dio delle magnifiche imprese (i Santi), a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di ns. Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio» (6M 7,6).
L’incontro col Padre non necessita di superare una gran distanza, giacché Egli si trova unito al Cristo ed allo Spirito nel cuore del credente:
«Posso assicurarvi che vi troverete presto contente (del Pater), comprendendo di aver in voi questo Padre celeste, cui potete rivolgervi senza bisogno di affaticarvi per cercarlo altrove» (CE 50,2).
TERESA e lo SPIRITO SANTO
   Le allusioni allo Spirito Santo sono numerose negli scritti di Teresa e la sua figura si trova perfettamente incastonata nel suo sistema dottrinale.
   Innanzitutto la Sua presenza si lascia sentire nel saluto all’inizio delle sue lettere. Ai suoi lettori, Teresa augura la grazia dello Spirito. Come Gesù dopo la Pasqua, anche lei intende comunicare lo Spirito. Questo fatto è molto significativo, poiché indica che in tale grazia vede concentrati tutti i beni che uno possa desiderare ai suoi parenti ed amici.
   Come in tutta la tradizione della Chiesa, Teresa attribuisce allo Spirito il carisma dell’illuminazione per comprendere e captare le verità di Dio o, meglio, la verità di Dio e la grazia  di poterle comunicare. Lei stessa, non poche volte, testimonia la necessità che abbiamo dello Spirito per poter trasmettere i misteri divini.
Così leggiamo agli inizi delle IV Mansioni:
«Per poter parlare … devo raccomandarmi … allo Spirito Santo e supplicarlo che parli in luogo mio … per poter dire e far capire qualche cosa delle mansioni che rimangono» (4M 1,1).
Non meno espressiva si dimostra in questo senso, poco dopo:
«Piaccia a Dio che di un argomento così difficile sappia almeno dire qualche cosa! Certo che se Egli e lo Spirito Santo non muovono la mia penna, ne sarò affatto incapace». (5M 4,12).
Teresa è convinta che i suoi libri debbano molto alla Spirito Santo (cfr. 6M 1, 1):
«Con l’aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle VI mansioni …»).
   L'illuminazione raggiunge pure confessori e direttori: 
«Queste parole mi s’impressero così  profonda-mente che mi parvero dettate dallo Spirito Santo a mio spirituale rimedio, e ne rimasi molto confusa» (V 23,16).
  La Santa attribuirà allo Spirito il perfezionamento della fede. Nel capitolo 22 della “Autobiografia” sostiene che la fede degli apostoli divenne autentica solamente dopo la venuta della Spirito. La parola “fede” qui si riferisce in pratica al mistero dell’Incarnazione.
   Non è, quindi, strano che lo Spirito sia Colui che illumina il cristiano dalle sue prime esperienze fino alle più sublimi, giacché è l’autore della Scrittura.

L’INCONTRO CON LO SPIRITO
  Pensiamo che, come successe con Gesù Cristo, tutta una serie di avvenimenti prepararono Teresa all’incontro con lo Spirito.  Ella ricorderà sempre con nostalgia quel fatto che la portò alla scoperta del ruolo dello Spirito nel suo processo di santificazione. L’avvenimento ci è narrato da lei stessa con profusione di dettagli.  Ecco le linee principali.
Nel vespro di un giorno di Pentecoste, dopo la messa, stava leggendo in un libro i diversi segni che accompagnano i cristiani, secondo il loro grado di perfezione. Il libro si soffermava specialmente nella presenza dello Spirito Santo. Teresa era, quindi, in piena sintonia con la festa che stava per esser celebrata.
[Prima di proseguire conviene segnalare qualcosa – a nostro giudizio, rivelatore –, ed è che il giorno di Pentecoste suole essere denominato da lei “Pasqua dello Spirito Santo”].
«Mentre m’indugiavo in considerazioni, fui sorpresa da un gran rapimento senza che ne capissi il motivo. Incapace l’anima di trattenersi in sé, sembrava volesse uscire dal corpo per l’impazienza di raggiungere quel bene: era un trasporto diverso dagli altri, così impetuoso da non sapermi dominare. E la mia anima, n’era tanto alterata che non capivo cose avesse o volesse. Non potendo reggere, neppure seduta, cercai di appoggiarmi, perché le forze naturali mi stavano abbandonando».
Si tratta, quindi, di un’autentica estasi. Immediatamente dopo avvenne la visione dello Spirito:
«In questo stato mi vidi sul capo una colomba molto diversa dalle nostre, senza penne e con ali come a scaglie di madreperla che davano splendore. Era più grande delle colombe ordinarie, e mi sembrava di udirne il fruscio delle ali. Avrà volato per lo spazio di un’Ave Maria, ma io la perdetti presto di vista, perché, immersa nel rapimento, mi andavo smarrendo a poco a poco».
Il sentimento fu tanto forte e l’impatto che causò nel suo spirito tanto elevato, che Teresa parlerà di “gran pace” e “spavento”. Riassume l’esperienza di tal avvenimento così:
«Lungi dal turbarsi ed empirsi di terrore, come avrebbe dovuto, il mio spirito si raccolse in gran pace, in compagnia di quell’Ospite così amorevole; bandì ogni senso di paura e, pur rimanendo nel rapimento, cominciò a godere quiete e soavità. Non è a dire la gioia di quel rapimento: passai la maggior parte della festa così sbalordita e fuori di me da non sapere cosa facessi, incapace di persuadermi di essere stata oggetto di tanta grazia». (V 38,9-10).
  È evidente che si tratta di una grazia speciale. Teresa aveva sperimentato molte visioni. Nel porre in evidenza in tal modo quest’ultima ci sta indicando che bisogna situarla tra le più sublimi. Chi la conosce sa bene come lei stessa faccia notare notevoli differenze tra questi fenomeni mistici.
Tra gli effetti più rilevanti che questa grandiosa visione produsse nella sua anima, si enumerano i seguenti: stordimento  – la Santa dirà che restò come imbambolata –,  esperienza di un godimento interiore molto intenso ed aumento dell’amore di Dio e di tutte le virtù. Non è strano, quindi, che molti anni dopo, ricordi con nostalgia quest’avvenimento, e che, sempre allorquando parla dello Spirito, alluda ad esso.
  Si sentì amata, protetta avvolta dallo Spirito. Un giorno udrà dalla bocca di Gesù stesso: «Godi del bene che ti è dato, che è molto grande. Il Padre mio si compiace di te, e lo Spirito Santo ti ama» (R 13).

LA PRESENZA DELLO SPIRITO
  Quando parleremo dell’esperienza trinitaria, vedremo che Teresa percepiva, insieme alle altre Persone divine, lo Spirito Santo dentro il proprio io. Ricordiamo un testo ormai classico:
«Qui le tre Persone si comunicano con lei, le parlano e le fanno intendere le parole con cui il Signore disse nel Vangelo che Egli col Padre e con lo Spirito Santo scende ad abitare nell’anima che lo ama ed osserva i suoi comandamenti” (VII M. 1, 7).
  Teresa crede che allo Spirito Santo competa la trasformazione del cristiano. Utilizzando il simbolismo del fuoco, ci dirà che è Lui che lo accende per consumare i figli di Dio in ardori divini. Così che, parlando nelle Mansioni di questo (5M 2,3), seguendo il filo del suo discorso con l’immagine del “baco da seta”, scrive:
«L’anima – di cui quel verme [baco da seta] è l’immagine – comincia a prender vita quando per il calore dello Spirito Santo inizia a valersi dei soccorsi generali che Dio concede ad ognuno, ed a servirsi dei ri-medi che Egli ha lasciato alla sua Chiesa, come le frequenti confessioni, le buone letture e le prediche».
  In modo simile si pronuncia nelle “Meditazioni sul Cantico dei Cantici”:
«Credo che lo Spirito Santo faccia da mediatore tra l’anima e Dio. Egli, infatti, muove l’anima con ardenti desideri, e fa che s’accenda di quel fuoco sovrano a cui è tanto vicina» (PdA 5,5).
È lo Spirito, quindi, per Teresa, colui che realizza la santificazione del credente.
Nella tradizione era sempre stato considerato come l’agente della santità.
Da parte sua, Teresa, seguendo questa tradizione, cerca di determinare l’attuazione di questa santità nella vita soprannaturale.
Così [cfr citazione precedente] lei ci parla di chi è colui che muove i nostri desideri e li accende affinché s’elevino a Dio. Per questo gli attribuisce l’innamoramento della volontà. Parlando del caso in cui l’immaginazione [“pensiero”, dice lei] sia distratta, turbando la quiete dell’anima, per consolazione degli spirituali scrive:
«Per instabile che possa essere la vostra immaginazione, troverete sempre, tra il Padre ed il Figlio, lo Spirito Santo. Egli infiammi la vostra volontà, e se non basta ad affascinarvela la considerazione di un così grande interesse, ve la incateni Lui con il suo vivissimo amore» (Cammino. 27,7).
Il testo è prezioso, dal momento che Teresa intende l’orazione come un’immersione intra-trinitaria, dove il credente entra in comunione vitale con le Persone divine. Allo Spirito Santo tocca l’innamoramento della volontà, luogo dove la Santa situa l’essenza della santità.
   Riassumendo  potremmo dire che lo Spirito Santo è l’anima della santità.
Quando Teresa afferma ciò, sta parlando della propria esperienza.
Conviene non dimenticare che la sua conversione definitiva e totale si consumò dopo una preghiera allo Spirito Santo. In quell’istante si sentì trasformata ed interiormente divinizzata.
L’accaduto si riferisce a quel momento in cui ella, bramando d’esser tutta di Dio, notava che qualcosa in lei ancora poneva resistenza. Su proposta del suo confessore iniziò a recitare il “Veni, Creator”. Cadde in un rapimento ed udì quelle parole: «Non voglio più che conversi con gli uomini, ma soltanto con gli angeli» (V 24,5).
Teresa noterà che, da quel momento, si ritrovò interiormente incentrata in Dio; quel giorno, e grazie allo Spirito, oltrepassò l’atrio della santità.

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