PREGARE, MA COME?
Si dice a volte che pregare è prendersi del tempo per Dio...
Ma lui ha bisogno di tempo? Gli manca qualcosa? Perché avrebbe bisogno del nostro tempo?
No, Dio non ha bisogno del tempo che gli doniamo; siamo noi ad averne bisogno!
Prendersi del tempo è una questione d’amore, ed amare è pregare.
* Per sapere che cosa significhi pregare, bisogna osservare persone in preghiera. Soltanto coloro che pregano, sanno che cosa significhi.
Un breve testo di Teresa di Lisieux la dice lunga: «Per me, la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo rivolto verso il cielo, è un grido di riconoscenza e d’amore, sia nella prova, sia nella gioia».
È tutto. È come qualcosa d’incontrollato che sfugge dal cuore. Ciò che Teresa chiama "pregare" è esser rapiti da qualche cosa di bello. Quand'è che il nostro cuore sobbalza; quand'è che innalziamo gli occhi e cantiamo? Contemplando ciò che è bello.
La preghiera si fa in maniera distesa e con spirito d'infanzia: infatti solo i bambini hanno dei moti incontrollati del cuore...
Gli adulti ringraziano a voce bassa; i bambini lo fanno a voce alta. È qualcosa di così difficile porsi, come un bambino, davanti a Dio? Questo grido, questo sguardo non sono per nulla tanto difficili; ma il voler essere fanciulli...!
Il problema non è di saper come devo pregare, se con l'aiuto di che libri, o metodo. Il solo problema è d’essere umili come un fanciullo. Pregare, infatti, è assumere un atteggiamento di dipendenza, d’umiltà e disponibilità; è un lasciarsi fare: cosa che non amiamo, perché siamo attivi e produttivi. Prendiamo noi l'iniziativa. Noi "facciamo"; ma non ci “lasciamo fare”. Ecco il problema.
ALCUNI MALINTESI
1 – Questa è spesso la ns. prima reazione: come se dovessimo fare tutto noi. Come arrivare fin lassù?
In realtà, è il contrario: è Dio che discende.
Pregare è un “lasciarsi fare”, assumere un atteggiamento passivo, ricettivo.
Quando dei giovani mi domandano come devono adorare, o che cosa bisogna “fare” per adorare, in fondo rispondo che “non bisogna fare niente”. Durante l'estate, quando andate alla spiaggia per abbronzarvi forse vi domandate: «Come farò?». Niente affatto: vi mettete in costume da bagno e vi sdraiate al sole. “Adorare”, spiritualmente, è “esporsi al sole”.
2 – Un secondo malinteso è di domandarsi: Dove scoprire la preghiera in se stessi.
– Quale esercizio fare?
– E necessario che legga qualcosa, o che pensi a qualcosa?
– Bisogna risvegliare dei sentimenti, dei desideri?
No, perché la preghiera non si pone al livello dell'intelligenza, della volontà o della forza. La Bibbia ce lo ripete mille volte: la preghiera si pone al livello del cuore.
Ciò non significa che si tratta soltanto d’emozioni, o in primo luogo d’affettività.
Il cuore: è qui dove son incollato a Dio, dove sono attaccato a Lui. Il cuore: è qui dove sono impaniato in Dio. È qui, dove Dio tocca coloro che gli appartengono.
Niente di sentimentale!
Non bisogna, pertanto, cercare dove attaccarmi a Lui, poiché sono già “incollato". Prima ancora che io pensi, Egli prega già in me. Gesù ricordava: «E' lo Spirito che prega in voi, perché voi non sapete come dovete pregare».
L'organo della preghiera è già presente; l'uomo non deve costruirlo né piantarlo.
3 – Ancora un malinteso: l'uomo dovrebbe cercare Dio. È un concetto ambiguo. Dove potreste cercarlo? Non è necessaria tale indagine, poiché è Dio che vi cerca. Sant’Agostino l’aveva già detto e sperimentato: Dio ha sete di noi. Se abbiamo bisogno di bere, è perché Egli ha sete di noi.
Per pregare bisogna perciò rovesciare le cose come si fa con una clessidra...
DIVERSE FORME DI PREGHIERA
Ci sono diverse forme di preghiera.
* Il genere più profondo è l'adorazione, lo stare in ginocchio senza parola, in silenzio, con in cuore le parole: «Tu sei qui». È la forma fondamentale della preghiera umana. Questa si adatta come la pelle al nostro essere, alla nostra condizione di creature.
Adorare significa prendere coscienza di ciò che noi siamo e di ciò che Dio è: Lui è tutto; io non sono niente. E quindi si tace. Negli ultimi secoli questo modo di pregare si trova nell'adorazione eucaristica. Il silenzio è quindi la caratteristica dell'adorazione eucaristica.
* La seconda forma è la supplica.
Essa è prossima all'adorazione, poiché diciamo: «Egli può donarmi tutto; io devo ricevere tutto da Lui».
Le preghiere d’apertura dell'Eucaristia – vecchie di quindici secoli – sono delle suppliche classiche. La loro formulazione è tipica: «Signore, concedimi ciò di cui ho bisogno, e per essere sicuro che mi darai ciò di cui ho bisogno, fa che io desideri quello che ameresti di darmi».
Non c’è nessuna domanda specifica: «I miei bisogni sono totali». La colletta romana afferma, indiret-tamente: «Se ti metti a specificare, confessi d’avere tutto il resto».
La supplica è fiduciosa e sicura, ma lascia tutto aperto: «Fa' nei miei riguardi ciò che tu vuoi». Non meravigliatevi se Dio non risponde se e quando iniziate a specificare.
* La terza forma è la preghiera d’intercessione. Come quella d’Abramo a favore di Sodoma e Go-morra, o come quella che i santi della Chiesa fanno per noi.
Se volete ottenere qualcosa da Dio, la cosa migliore è di chiederla anche per qualcun altro. Se un bam-bino va dalla mamma e le chiede un pezzetto di cioccolato per la sorellina, la mamma gli dirà: «Va bene; ma prendine uno anche tu, giacché sei così gentile con la tua sorella!». Dio ve lo darà, perché glielo domandate per qualcun altro.
* Evidentemente c'è la preghiera d’azione di grazie: cioè ringraziare per un dono ricevuto. E, in primo luogo, per la grazia generale, ma profonda, di esistere, per aver ricevuto la vita. Mi meraviglio che mi capiti così poche volte di dirlo. Pensiamo che sia così normale essere qui! Le cose elementari sembra-no essere così ovvie, che noi preferiamo meschinamente ringraziare solo per dei dettagli!
* Oltre all'adorazione, la lode costituisce la più alta delle preghiere. L'azione di grazie s’incentra sul dono: «Che cosa io ho ricevuto?». La lode, invece, mira al donatore: «Chi me l'ha dato?». Nella preghiera di lode diciamo: «O Dio, sono felice che tu sia Dio!». È tutto.
ode per lodare il Donatore. ネ questa una forma di preghiera riscoperta dal Rinnovamento carismatico negli ultimi decenni.
A CHI RIVOLGERE LA PREGHIERA?
A Dio... Ma Egli non è un essere indifferenziato, come una parete bianca. Presenta dei risalti: è Padre, Figlio e Spirito.
Con quale frequenza noi ci rivolgiamo a questi Tre?
– In genere soltanto a Dio, Padre. Per farlo, abbiamo il “Padre Nostro” insegnatoci da Gesù. In esso troviamo due parti. Anzitutto si parla di Dio: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà...» Soltanto dopo preghiamo per noi stessi. … Noi vorremmo invertire l'ordine!?
– Rivolgersi al Figlio è possibile, per esempio, con i salmi: possiamo “cristologizzarli”. Dove c'è la parola “Dio” si può spesso pensare a Cristo e porre le parole sulla sua bocca. Si può, allo stesso modo, pregare i salmi rivolgendosi a Lui.
Un'altra preghiera può essere quella di pronunciare i nomi di Cristo: Gesù, Figlio di Dio, Verbo, Signore, Salvatore, figlio di Maria, re, profeta, luce, risurrezione, verità... Nominatelo, dite il suo no-me: «Tu sei Salvatore...». Ecco una preghiera molto semplice, ma bella. Inoltre potete far vostra l’in-vocazione evangelica rivolta a Gesù: «Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore!». C'è tutto: il suo nome, il suo appellativo, e ciò di cui ho più bisogno: la sua misericordia e pietà. Non manca neppure la definizione di ciò che noi siamo: un peccatore...
Da sei secoli nella preghiera si è iniziato a rivolgersi al Cuore di Gesù. Non pensate a Gesù vestito di bianco, con un cuore incollato sul petto! La vera immagine del Sacro Cuore è Gesù morto in croce per il perdono dei nostri peccati. Apparendo a Caterina da Siena: «Guarda i miei piedi» – disse Gesù. «Sì – ella rispose –: con questi piedi tu hai camminato».
«Guarda, allora, un po' più in su, fino alle mie anche».
«Su di esse tu hai sostenuto la tua croce» – replicò Caterina.
«Ancora un po' più su – continuò Gesù. – Guarda il mio costato!»
Ed ella: «Attraverso quest’apertura tu hai perdonato i nostri peccati. Tu sei misericordioso!».
– Infine, la preghiera allo Spirito Santo, che è molto semplice: «Vieni!». Egli infatti deve ancora venire per tanta gente.
Gesù è venuto ed è “partito”. Il Padre non “viene”: Egli “è”.
Ma lo Spirito ci visita, nella Pentecoste di allora, e adesso nelle piccole pentecoste. Ecco la Chiesa che prega da molti secoli: «Veni, Sancte Spiritus... Vieni!».
MA COME PREGARE?
La preghiera orale ha la sua importanza poiché, enunciando qualcosa con le labbra, la vostra con-vinzione s’accresce. Possiamo, sì, formarci nel cuore un'idea di qualcuno; ma accade qualcosa di di-verso quando lo si esprime. Parlando, articoliamo le nostre idee e, di conseguenza, esse rivestono più forza emotiva. Ciò vale, per esempio, anche per la confessione dei propri peccati: non è, certo, cosa insignificante pensare ai propri peccati; ma il manifestarli è assai più doloroso, e anche più efficace.
La preghiera orale è la sola possibile allorché si vuole pregare assieme agli altri. Non è possibile unire i pensieri; ma le parole, sì.
Spesso si sente chiedere: «A che servono le preghiere puramente orali, come il rosario? Si è sempre distratti...!». Non si può, in effetti, applicare incessantemente il proprio spirito a tutte queste parole; è impossibile.
Il rosario è una meditazione di misteri; ma nel contempo si dicono delle formule. Ciò assomiglia ad una pellicola composta da una banda sonora, stretta accanto ad una banda larga con delle immagini. Le “Ave” formano la banda sonora, ma la vera preghiera consiste nella meditazione dei misteri. ••3••
Poi c'è la meditazione.
Essa non è propriamente “preghiera”; qui si “ruminano” i testi nel proprio spirito. Ciò può esser considerato come uno sforzo previo alla preghiera.
La meditazione non si fa solo con dei testi stampati. Si può meditare su ciò che si vede, su un'icona, un'immagine... Si tratta di una “via visiva” che conduce alla preghiera.
Come punto di partenza si può prendere anche il libro inedito della propria vita quotidiana.
Ottimo, come sempre, il Vangelo.
– Dopo la lettura attenta di un testo, porsi i due seguenti interrogativi: «Che cosa mi dona Gesù, qui? E che cosa vuole esattamente da me?»... È tutto...
– O si può seguire il consiglio di sant'Ignazio: cercate di rappresentarvi la scena del Vangelo nel modo più concreto possibile. Ciò suscita delle emozioni e delle ispirazioni.
Che questo avvenga in un modo o nell'altro, non ha molta importanza. La vostra immaginazione può arricchire le scene, senza tuttavia sentirsi autorizzati a predicare ciò come fosse verità rivelata.
La meditazione agisce sull'immaginario, sulla volontà, sulle idee ed emozioni; soltanto dopo inizia la preghiera: la preghiera silenziosa, il colloquio confidenziale con Gesù. Un contadino, cui il cura-to d'Ars aveva chiesto che cosa facesse, silenzioso, su una paca in fondo alla chiesa, rispose: «Lui mi guarda ed io lo guardo». Guardarlo e lasciarsi guardare: è qui che interviene l'amore profondo.
E di questo che parla la Bibbia nel “Cantico dei cantici”: coloro che si amano, si guardano e si cercano... È un canto d'amore che può essere letto com’espressione del rapporto tra Dio e la mia anima, tra Gesù e me, tra Gesù e la Chiesa. Il “Cantico dei cantici” è come una composizione musicale che può essere eseguita sul clavicembalo, sull'organo, o da un quartetto oppure anche da un'orchestra sinfonica: la composizione resta la medesima. Ciò che l'autore ha voluto esprimere è importante per l'esegesi, ma la preghiera ha un modo tutto suo di comprendere.
LA PREGHIERA COME COMBATTIMENTO
Noi abbiamo delle difficoltà con la preghiera, perché non n’abbiamo una definizione precisa.
• Pensiamo che la preghiera sia un problema psicologico che deve infiammarci. Se questo non avvie-ne, allora crediamo che la preghiera non sia buona. Ciò, però, non è esatto. Non si tratta tanto di creare un vuoto interiore o di recitare delle formule.
• Inoltre, la preghiera è incompatibile con certi atteggiamenti assunti con il latte materno: la mentalità del “mondo” e quella dell’“uomo di preghiera” non vanno d'accordo.
L'uomo del mondo sostiene: «Ecco ciò che posso provare, toccare, verificare». Ma questo non vale per la preghiera: la sua verità non è constatabile.
L'uomo del mondo afferma: «Dobbiamo essere produttivi e redditizi». La preghiera non lo è per nulla, secondo i suoi parametri. È una cosa difficile.
• Noi, inoltre, non c'interessiamo che di ciò che si può gustare pienamente, di ciò che è confortevole. Al contrario, è Dio che deve trovare in essa il suo piacere, non noi.
Secondo l'uomo del mondo, bisogna essere attivi; ma la preghiera è un "lasciarsi fare".
La preghiera, pertanto, è ardua per tutti gli uomini di tutti i tempi. Queste tendenze erano già quel-le d’Adamo! Ma attualmente, è ancora più difficile, poiché c'è la possibilità d’essere più redditizi, produttivi, creativi...
Il verme più insidioso che rode l'albero della preghiera è quello che si chiede: «A che serve?». Se si vuole parlare d’utilità materiale, non serve a niente! •• 4••
Qual è, allora, la terapia che permette di perseverare nella preghiera?
Bisogna diventare:
• come un fanciullo, umili,
• permettere a Dio d’essere Dio;
• avere una fiducia infinita;
• saper donare il proprio tempo, anche se ciò sembra un “non far niente”. Come un animale da soma che sta là. La sobrietà del cuore ha anch'essa la sua importanza: non si può essere possessivi.
• Non lasciatevi troppo preoccupare dall'aridità: essa purifica la vostra fede. Il chicco di grano deve morire...
• Ma la cosa più importante è la fiducia infantile. Solo le persone di preghiera sperimentano che è indispensabile pregare...
La preghiera non sarà prodotta da questa conferenza, come l'acqua da un rubinetto.
Una cosa sola può favorire la vostra preghiera: il fatto di cominciare a pregare.
Padre Claudio Truzzi OCD
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