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Papa Francesco sarà in visita apostolica in Egitto dal 28 al 29 aprile prossimi. La notizia è stata ufficializzata stamani dalla Sala Stampa della Santa Sede. Il Pontefice era stato invitato dal Presidente della Repubblica, Abd al-Fattah al-Sisi, dai Vescovi della Chiesa Cattolica, da Sua Santità Papa Tawadros II e dal Grande Imam della Moschea di Al Azhar, Cheikh Ahmed Mohamed el-Tayyib. Grande la gioia nel Paese nord africano, soprattutto nella comunità copto cattolica. Lo conferma al microfono di Giancarlo La Vella, mons. Antonios Aziz Mina, vescovo emerito di Giza:
R. - La visita del Papa è una benedizione per noi, per la Chiesa e per tutto il popolo egiziano, che la accoglie con grande piacere. Siamo lieti che Francesco abbia accolto il nostro desiderio e venga per benedire la nostra terra. E’ una visita che ci ricorda quella di San Giovanni Paolo II nell’anno 2000, l’anno del Giubileo.
D. - Papa Francesco viene in un Paese che ha vissuto vicende che hanno fatto soffrire innanzitutto il popolo egiziano…
R. - Sì, tutta la zona, non solo l’Egitto, tutta la zona è provata e la presenza dei cristiani è sempre una testimonianza della croce. Noi, adesso, in questo tempo della Quaresima, viviamo con partecipazione il mistero dell’attesa, della gioia della Pasqua.
D. - Qual è la situazione dei cristiani oggi in Egitto?
R. - La situazione dei cristiani è la stessa di tutti gli egiziani. Siamo usciti adesso da una situazione difficile… Dopo le due rivoluzioni, cerchiamo di rimetterci in piedi. Abbiamo bisogno che tutto il mondo ci aiuti e ci sostenga e, come cristiani, viviamo un momento molto propizio e buono per la libertà di culto e la libertà di religione.
D. - Il rischio del terrorismo come viene avvertito oggi in Egitto?
R. - Il terrorismo va combattuto soprattutto con la forza del pensiero, con la cultura e con l’amore, la pace, la convivenza, l’uguaglianza dei diritti per ogni cittadino nella terra dove abita.
D. - Questa di Papa Francesco è una visita anche all’insegna del dialogo con l’Islam…
R. - Il dialogo con l’Islam continua e continuerà. C’è una grande voglia e volontà di proseguire in questo dialogo, perché è proprio una necessità. Non si può vivere in questo mondo senza dialogo, fra tutti i popoli, tutte le Nazioni e soprattutto fra le religioni, perché ogni religione ha i suoi dogmi, ma i credenti di ogni credo possono dialogare, parlare fra loro per trovare una via verso la convivenza, senza badare a quello che ci divide, ma per trovare quello che ci unisce.
D. - E l’Egitto è sempre stato un terreno fertile per il dialogo tra le varie religioni…
R. - Certo, perché l’Egitto di sua natura è sempre stato un incontro tra tutti i popoli: l’Asia, l’Africa, l’Europa qui si incontrano. Abbiamo sempre avuto una società cosmopolita, che raduna, che accoglie tutti i popoli di queste regioni. Siamo appena passati attraverso un periodo caratterizzato dall'estremismo, ma dobbiamo tornare alle radici della nostra natura di popolo pacifico, che vuole il dialogo e vuole la convivenza pacifica.
D. – Cosa vi aspettate che Papa Francesco venga a dire in Egitto?
R. – Il Papa è l’unica forza nel mondo che quando parla, parla per difendere i diritti dell’uomo e i diritti dei popoli in nome di Gesù, in nome di Dio. Questo è il messaggio principale che noi aspettiamo che il Papa dica quando arriva in Egitto, per cercare di instillare questa cultura di pace tra i popoli di questa zona.
D. - E che cosa l’Egitto di oggi vuol dire a Papa Francesco?
R. - Siamo molto grati e ringraziamo il Santo Padre per questo occhio di riguardo che ha verso la nostra Nazione e verso il nostro popolo.
Si è spento oggi a Praga il cardinale Miloslav Vlk: aveva 84 anni. Era malato di tumore. Il Papa - in un telegramma inviato al cardinale arcivescovo di Praga Dominik Duka – esprime il suo cordoglio ricordando “con ammirazione la sua tenace fedeltà a Cristo nonostante le privazioni e le persecuzioni contro la chiesa, come anche la sua feconda e molteplice attività apostolica animata dal desiderio di testimoniare a tutti la gioia del Vangelo, promuovendo un autentico rinnovamento ecclesiale fedele sempre docile alle ispirazioni dello Spirito Santo”. Miloslav Vlk, ordinato sacerdote nel 1968, è stato perseguitato durante il regime comunista cecoslovacco. Costretto a esercitare clandestinamente il ministero, fece il lavavetri nel centro di Praga. Con la cosiddetta Rivoluzione di velluto e la caduta del comunismo nel 1989, cambia anche la sua vita. Nel 1991 San Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo di Praga e nel 1994 lo crea cardinale. Ma resta un uomo semplice e vicino alla gente. Condivide la spiritualità del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich. Nel settembre del 2009 accoglie Benedetto XVI a Praga. Riascoltiamo le parole del card. Vlk alla vigilia di quel viaggio. L'intervista è di Sergio Centofanti:
R. – Noi siamo un Paese in cui la fede cattolica, la fede cristiana, non è molto diffusa; la Chiesa è stata emarginata e lo è tuttora: siamo al margine! Nel periodo del controllo comunista, la maggioranza della Chiesa – soprattutto i laici – è rimasta passiva. E’ evidente, quindi, che il Santo Padre viene per rafforzare i fedeli: questo è il senso della sua venuta.
D. – Quali sono le sfide principali della Chiesa ceca, oggi?
R. – La Chiesa ceca, oggi, deve evolversi, aprirsi sempre più alla società, dialogare con essa perché ci sono – soprattutto tra i politici – tanti pregiudizi contro la Chiesa. E’ necessario mostrare attraverso il dialogo che i pregiudizi non sono veri.
D. – A 20 anni dalla caduta del comunismo, come è cambiata la situazione nel Paese?
R. – Politicamente, non c’è stato un grande progresso. Si è avviata una trasformazione economica, ma questa trasformazione si è fatta senza una base di valori. C’è tanta corruzione, non c’è una democrazia vera, seria, profonda.
D. – Lei ha vissuto la persecuzione comunista; per otto anni ha fatto il lavavetri a Praga. Come ricorda quel periodo?
R. – Per me – da un punto di vista spirituale – è stato un periodo molto forte, perché all’inizio avevo perso tutto: avevo perso la possibilità di svolgere pubblicamente il ministero sacerdotale, di predicare, di amministrare i Sacramenti e questa realtà mi ha portato a capire che Gesù Cristo è diventato Sommo Sacerdote sulla Croce, quando non ha potuto più muoversi, quando non ha potuto più benedire, quando non ha potuto più parlare. E io, in quel periodo, avendo perso tutto, mi sono sentito molto vicino a Gesù crocifisso e abbandonato e mi sono sentito veramente sacerdote. Per me è stata una grande grazia, perché ho scoperto di poter ritrovare Gesù, essere in contatto con Lui anche nel dolore, nelle situazioni negative – secondo le parole di Isaia nel capitolo 53, “l’uomo dei dolori”. In secondo luogo ho sperimentato la comunione con i fratelli, con i quali ho vissuto con Gesù in mezzo a noi, Gesù risorto – secondo la spiritualità focolarina – e questo mi ha sostenuto molto. Questa esperienza è stata molto, molto forte.
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