AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

martedì 27 gennaio 2015

BUCHENWALD (Il bosco di faggi)

Per non dimenticare: Il giorno della Memoria

Vorrei aggiungere due parole: il genocidio continua, con altre popolazioni, per altre ragioni, che ragioni non saranno mai, perché nessuna valida ragione esiste per uccidere. L'uomo spesso diventa la bestia più feroce, dimenticando che la vita di ogni creatura è sacra.


Ci  fa male la vita qui a Buchenwald, umili figure cenciose accarezzate dal buio
vergognosi della fame, delle miserie dell’anima
il dolore del cuore  che si fonde con quello del corpo straziato
la mente  che si frantuma come pietra sbriciolata
erranti nel groviglio di un io che non è più

dormiamo ammucchiati nella neve qui a Buchenwald oltre il recinto di filo spinato
i calci dei fucili  che penetrano la pelle come vomeri d’aratro
e accanto al faggio,il camino, che vomita vampe rosse verso il cielo
il denso fumo della nera signora

le scarpe hanno i lacci di filo di ferro qui a Buchenwald , le suole di legno
la mitraglia sporge oltre il parapetto
ed i carnefici sono inclini alla pinguedine, le guance flosce
gli occhi sgranati di odio dentro le montature nere degli occhiali

e così stanchi, affamati, senza tregua,  l’orecchio teso da animali atterriti
le strisce rosse delle torture che si allargano, si gonfiamo
si spaccano nel sangue che scorre
aspettiamo l’appello della sera,poi la notte, tristi carovane senza stelle
in queste macerie di mondo sconvolto .

Non cantano gli usignoli qui a Buchenwald
ed i sogni  non hanno il colore dell’elicriso
la morte è un rullo di tamburo e la vita ha un lungo profilo nel suo lento passare
qui tra l’orrore e le ombre di Buchenwald.

Tiziana Monari

lunedì 26 gennaio 2015

Lettera aperta a tutti i Parroci

 Carissimi Parroci, 




ieri, domenica 25 gennaio 2015 si è svolta nelle Parrocchie la Festa della Famiglia. Una bella iniziativa, senza dubbio alcuno, ma che ha occupato gli operatori parrocchiali impegnati in quell'ambito, per l'intera giornata.
Iniziando dalla S. Messa, per poi proseguire con il pranzo comunitario e quindi con momenti di incontri pomeridiani, non ha lasciato altro spazio.
Per cosa? Beh, se la festa della famiglia è fatta per festeggiare la famiglia stessa, direi che sarebbe essenziale che la si possa viverla coi propri cari.
Se l'operatore parrocchiale non trova il tempo per far visita alla vecchia nonna, ad incontrare il fratello che arriva dall'estero e che può abbracciare solo in poche occasioni all'anno, se non riesce a portare un saluto ai genitori, qualcosa non mi torna.
Davvero non mi torna. E allora mi sa tanto, ma proprio tanto,  di avvertire odore di ipocrisia. 
Invece di organizzare festeggiamenti così impegnativi, perché non suggerire prima di tutto, di non trascurare quello che, più che dovere, dovrebbe essere un vero piacere trascorrere almeno un'ora nel far visita alla famiglia d'origine? 
Certo, la famiglia delle giovani coppie è composta dai coniugi e dai figli nati dal matrimonio, ma non per questo, deve essere trascurata la famiglia di provenienza.
Ne parlo a ragion veduta. Ho provato un profondo dispiacere, apprendere che mia figlia non ha avuto il tempo di far visita al padre sofferente, alla anziana nonna, al fratello arrivato da lontano, a me, sua madre e all'altro fratello.
Che catechesi del cavolo sarà mai, quella di predicare l'unità familiare, se poi tutto si fa in parrocchia, tralasciando il primario scopo del senso della famiglia?
Colpa di mia figlia? Non credo. Credo invece che il troppo fare in parrocchia, cancelli e annulli quel che più conta. E allora, signori Parroci, quando organizzate alcune feste parrocchiali, insistete col dire che prima di tutto, occorre rispettare la precedenza.
Se desidero partecipare ad un ritiro spirituale, del quale ne sento il bisogno, ma per accedervi non penso a preparare il pranzo ai miei cari, o ad assistere la vecchia madre, allora quel ritiro spirituale non ha alcun valore. Come direbbe Santa Teresa d'Avila, sarebbe solo una golosità spirituale, che annulla il vero bene che dovrei perseguire.
Si, sono un po' arrabbiata, perché io stessa ho sempre operato in parrocchia e ancora, per quel poco che gli impegni familiari mi consentono, offro il mio aiuto.
Ma anche quando ero subissata da molteplici impegni parrocchiali, cercavo di mettere sempre al primo posto la primaria vocazione: il matrimonio e la famiglia.
Se la Parrocchia, con le sue frequenti attività, esige la presenza degli operatori pastorali a scapito della famiglia, qualcosa non funziona. Causa divisione, non unione, e molta amarezza.
E' bello che la parrocchia diventi un centro importante per i suoi parrocchiani, ma sarebbe auspicabile che venisse sempre ribadito, da parte dei sacerdoti, che prima di ogni altra cosa, viene la Carità altrimenti, come dice San Paolo:
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.


Riassumendo: se durante la Festa della Famiglia, impegnata in attività parrocchiali, non trovassi il tempo per stare un poco con la mia famiglia, non conosco il significato di Carità ma non lo conosce neppure la Parrocchia che non mi ha concesso il tempo, prezioso,  per trascorrerlo con i miei familiari, in questo particolare giorno. 
Semplicemente tutto questo non ha senso.

L'immagine che ho sopra pubblicato, è emblematica: la famiglia non è formata solo dai coniugi con i loro figli, ma è a più largo spettro: nonni, genitori, zii e cugini. Non riduciamo il senso di famiglia a  Giovanni e Danila, e a Paola e Alberto, come ha detto il Cardinale Scola. A mio avviso si tratta di una famiglia ristretta, senza sbocchi. 
Quanto ha scritto il Cardinale, è valido per la coppia ma, ripeto, la famiglia non consiste solo nella coppia di coniugi. Qui sotto riporto il testo.

Incontro con il Cardinale Angelo Scola 21 novembre 2014
Crediamo che non esista “la famiglia”, ma esistono Giovanni e Danila, Paola e Alberto ecc, cioè uomini e donne che si incontrano nella loro specificità e individualità da rispettare e da ascoltare con rispetto. Se assunta così la famiglia è un’esperienza percorribile da tutti, è una esperienza di pienezza che sempre precede ognuno di noi, un’esperienza che ci chiama a uscire da noi per incontrare sempre più l’altro, esperienza che comprende fatiche, difficoltà e cadute, ma che tende sempre con forza alla meta, corroborata dal perdono nella coppia e dal perdono di Gesù. Un’esperienza così vale la pena viverla.
Danila Oppio ocds

1 Febbraio 2015 GIORNATA PER LA VITA


GIORNATA PER LA VITA 

Prendo il giornale e leggo che….
Se ben ricordate, almeno chi non è più tanto giovane, c’era una canzone di Celentano, che iniziava proprio così, e prosegue…di giusti al mondo non ce n’è. Come mai il mondo è così brutto? Si, siamo stati noi a rovinare questo capolavoro sospeso nel cielo.
Ho esordito con questi versi, perché capita anche e me, a tutti noi, di aprire il giornale o di ascoltare un Tiggì, e rendermi conto che i giornalisti pare provino una sadica soddisfazione a raccontarci i fatti più raccapriccianti. Ci parlano di guerre, di stermini in Africa e in altri luoghi del mondo, di attentanti (l’ultimo a Parigi), di famiglie che si auto-distruggono, ed è perfettamente inutile che debba scendere in particolari che fanno tanto male al cuore.
Di solito, per questa giornata, si parla di aborto e di come evitarlo, perché si sa, la vita inizia già allo stato embrionale.
Per una volta, desidero andare oltre questi schemi ormai ribaditi da anni. Vorrei parlare della vita a più ampio raggio, in quanto la vita comprende tutto l’arco del tempo che trascorriamo su questo nostro Pianeta.
Penso che sia inutile partecipare a raduni di piazza, fiaccolate e quant’altro, se non si cambia radicalmente il nostro modo personale di porci davanti alle problematiche esistenziali.
Ognuno di noi ha il dovere di analizzare il proprio operato. Come? Semplicemente guardando al modo in cui affronta i vari problemi.
Abbiamo un anziano che ha bisogno di assistenza, magari il nostro stesso genitore, il nonno, una zia e, per motivi di lavoro, non siamo in grado di occuparcene tutto il giorno. Allora assumiamo una badante, e sapendo che si tratta di persona fidata, le lasciamo l’impegno di prendersi cura dell’anziano. Così anche nel caso che debba essere affidato a una casa di riposo. E spesso non gli dedichiamo il tempo che merita, pensando che è già ben accudito. Non è così: l’anziano ha bisogno non solo di cure fisiche, ma soprattutto dell’amore dei propri cari. Gli necessita sentirsi ascoltato, amato, coccolato, altrimenti la sensazione che prova, è quella di una drammatica solitudine, di sentirsi accantonato come un “qualcosa” di nessuna utilità. Allora, fargli ricordare i tempi vissuti, ascoltare i suoi racconti, anche se li conosciamo a memoria, è dargli la possibilità di sentirsi parte della famiglia. A mio parere, però, il gesto più cristiano è quello di fare il possibile perché possa vivere in casa con noi.
Il medico che non vive la sua professione come vocazione e non fa il possibile per approfondire lo studio delle patologie che il paziente lamenta, non aiuta l’ammalato soprattutto se è ricoverato in un ospedale, il quale si sente trattato alla pari di un numero di letto e non di una persona.
L’insegnante che non usa un pizzico di psicologia per comprendere lo studente, ma si limita ad avere un rapporto con lui di “docente-allievo” manca anch’egli di quell’attenzione alla persona che è necessaria affinché il bambino o l’adolescente possano crescere e diventare persone mature, in grado di affrontare la vita e rispettarla. La propria e quella altrui.
E si comincia da noi, si allarga nella famiglia, nella scuola, nell’ambiente di lavoro.
Di quest’ultimo è doveroso parlarne. Se c’è il lavoro – e il dubbio è presente in questa società che non dona sicurezze – occorre che sia retribuito secondo parametri equi, perché la vita dipende soprattutto dall’ottenimento di almeno il necessario per un’esistenza dignitosa.  Per il lavoratore, operare in un ambiente che lo faccia sentire utile, che non sia a rischio salute, è un diritto che non gli deve essere negato.

Tornano alle informazioni che leggiamo sui giornali, davvero viene la voglia di stracciarli, così come di non accedere il televisore, perché è facile dire: nel mondo succede questo o quello, senza dare un’indicazione di quale strada percorrere affinché qualcosa cambi in meglio.

Lo facciamo anche noi. Quando ascoltiamo di quei fatti che attentano alla vita, non pensiamo forse: “ma io sono nessuno, per poter cambiare il mondo. Il mondo da quando c’è, e la Storia lo insegna, così pure la Bibbia ( Genesi 4,1-16 Caino e Abele) è sempre stato pieno di violenza e incapace del rispetto alla vita”. E col pensiero, deleghiamo altri a fare di meglio.

E’ vero, noi non possiamo cambiare il mondo in blocco, ma possiamo modificare il nostro modo di pensare, di agire, nel nostro piccolo. Devo impegnarmi a cambiare io stesso, come singola persona, insegno alla mia famiglia che la vita va rispettata in tutte le sue forme ed età, lo dimostro con il mio esempio nelle scuole, nell’ambiente di lavoro, nella società, tra gli amici. Perché si, se non cambiamo per primi noi, il mondo continuerà ad andare avanti come sempre: con indifferenza, con violenza, con disonestà morale, politica ed economica.

Non dimentichiamo che la vita non è soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. Prendersi cura delle necessità corporali è indispensabile, ma ancor più abbiamo bisogno di porre attenzione all’anima, poiché se il corpo è mortale, l’anima è destinata all’eternità. Per questo è importante cambiare noi stessi, avendo la dovuta attenzione verso chiunque abbia bisogno di aiuto. Per questo siamo venuti al mondo, questo è lo scopo fondamentale di ogni essere umano, tanto più se vive alla sequela di Cristo.

Articolo pubblicato sul Bollettino Parrocchiale del Santuario carmelitano di Legnano

Danila Oppio ocds



Sulla tua bianca tomba - poesia di San Giovanni Paolo II


Sulla tua tomba bianca
sbocciano i fiori bianchi della vita –
– oh, quanti anni sono gia’ passati
senza di te – spirito alato-.
Sulla tua tomba bianca
ormai chiusa da tanti anni,
la pace volteggia con forza insolita,
forza, come la morte – ineffabile.
Sulla tua tomba bianca
risplende luminosa quiete,
come se qualcosa ci sollevasse in alto,
come se confortasse la speranza
Sulla tua tomba bianca
inginocchiato con la mia tristezza –
o, quanto tempo e’ passato –
eppure oggi mi pare poco.
Sulla tua tomba bianca
o Madre – amore spento –
la mia bocca sussurrava esausta:
– Dona eterno riposo –


KAROL JÓZEF WOJTYŁA

Vatican Insider: LA PAURA DELLA GUERRA TRA I PROFUGHI DI BANGUI

La paura della guerra tra i profughi di Bangui


BANGUI. PADRE TRINCHERO FRA I "SUOI" BAMBINI
Nella capitale della Repubblica Centrafricana i carmelitani ospitano migliaia di persone che scappano dalla guerra. In una nazione martoriata dalla sete di vendetta, l’annuncio cristiano è la via per la pace
LUCIANO ZANARDINI
ROMA




La terra della Repubblica Centrafricana non ne può più di accogliere il sangue delle vittime. Nel pieno della crisi umanitaria, dal dicembre 2013 la comunità carmelitana di Bangui ha allestito un campo profughi per migliaia di persone e rilegge tutto come «un grande dono del Signore». La situazione sociale è «drammatica. Il Paese – racconta padre Federico Trinchero – era povero prima della guerra e ora lo è ancora di più. Lo Stato è avvelenato dallo scontro tra musulmani e cristiani. Prima non era così. Manca una vera società civile consapevole e attiva».

Segnali di speranza arrivano, comunque, dal dialogo interreligioso. Mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, si è attivato con i protestanti e i musulmani. «È stata creata una “piattaforma” per il dialogo delle religioni. In questa guerra, la cosa più bella è che molte chiese, molti sacerdoti (molti autoctoni) hanno accolto e salvato la vita a centinaia di musulmani. È successo a Carnot, a Boda, a Boali. Anche qui al Carmel. Lo stesso arcivescovo ha ospitato dei musulmani nella sua abitazione. Sono gesti che parlano più del dialogo».

Nella guerra si sente il bisogno della testimonianza per non lasciare il campo alla vendetta. «Si annuncia Cristo comportandosi da cristiani. Perdonando, rispettando l’altro, privilegiando chi è più debole. Il Centrafrica ha bisogno di Gesù. Il resto (scuole, strade, ospedali…) è utilissimo, ma è un palliativo».

Sacerdote carmelitano in Centrafrica dal 2009, per quattro anni è stato a Bouar, nel nord ovest, adesso padre Federico vive al Carmel di Bangui, nella capitale, in una comunità di 12 missionari tra sacerdoti, frati in formazione, prenovizi e aspiranti. Con la speranza di avere una chiesa più grande (celebrano all’aperto) e di creare un centro di spiritualità, si occupano della formazione dei giovani e cercano di aiutarli a studiare all’università. Con entusiasmo è stato applaudito l’annuncio dell’intenzione di Papa Francesco di visitare questi territori martoriati. Non ci sono, però, «segnali forti dal punto di vista politico. C’è molta tensione e si vive una fase di transizione in attesa delle elezioni. Un segnale importante è la stanchezza della gente che vuole cambiare e dice: “Mai più così!”».

La Chiesa fa «tantissimo» nella capitale ma soprattutto nella provincia «dove la presenza dello Stato è più debole o quasi inesistente. Insegna la dignità di ogni persona, indipendentemente dall’etnia o dalla religione. Proprio in questi giorni, qui tra i profughi del Carmel, è nata una discussione (con feriti) circa la dote pagata da un uomo anziano per sposare una ragazzina, che aveva deflorato, come seconda moglie. Una donna non si compra. Padre Mesmin ha passato il pomeriggio a far capire questo e a riconciliare le due famiglie implicate. Questa è evangelizzazione allo stato puro. E gli africani la sanno fare meglio di noi perché hanno assimilato il Vangelo e conoscono la loro cultura».

Certamente è necessaria una presa di coscienza del popolo per arrivare a una vera riconciliazione e imboccare la via dello sviluppo. «Il Centrafrica ha bisogno di verità e di umiltà. Deve riconoscere i suoi errori, smetterla di accusare gli altri, deporre le armi e rimboccarsi le maniche per lavorare alla ricostruzione morale e sociale; soprattutto i giovani devono prendere in mano l’avvenire del Paese che, per troppi anni, è stato governato da persone che guardavano solo al loro interesse». Al momento diventa indispensabile la presenza delle forze militari europee, perché il Paese è «nell’anarchia più totale e ogni presenza militare straniera di interposizione tra i ribelli è la benvenuta. I militari italiani – alpini della Brigata Julia – hanno anche ripulito canali e montato un ponte, battezzato “ponte dell’unità”. Le gente riserva normalmente un’accoglienza positiva: sanno che sono qui per la pace e non per conquistare il Paese».

Anche i missionari sono accolti bene, ma rischiano la vita. «La gente ama i missionari e sa che siamo qui per loro e non per i diamanti. Personalmente, spero di non scandalizzarvi, non ho nessuna particolare sete di martirio, ma penso che chiunque annunci il Vangelo metta in conto di rischiare la vita. Se no, che gusto ci sarebbe? Ma questo vale in qualsiasi parte del mondo. E poi, se penso alla Nigeria, all’Iraq, alla Siria o al Pakistan, la situazione del Centrafrica mi sembra l’anticamera del paradiso».



sabato 24 gennaio 2015

S.Messa celebrata a Maddaloni dai Carmelitani Scalzi, il 1° febbraio 2015

Chiesa dell'Annunziata 
Ho ricevuto ieri questa comunicazione da parte della Provincia Campana dei Carmelitani Scalzi e penso di farvi cosa gradita, informando anche voi lettori.


Un cordiale saluto a tutti, con l'invito a seguire domenica 1 febbraio la S. Messa di Rete 4 ore 10 che sarà trasmessa dalla Chiesa dei Padri Carmelitani di Maddaloni (poi andate a Messa come tutte le domeniche).

Stefania De Bonis


venerdì 23 gennaio 2015

Futuro giardino a Kanazawa (GIAPPONE)

Ciclo sul Giardino futuro di Kanazawa nell’area del Castello 

LA MAPPA DEL GIARDINO CHE SI INAUGURERA’
A META’ MARZO DEL 2015
IN COINCIDENZA COL TRENO DELL’ALTA VELOCITA’


Voglio salire fino al Castello prendendolo alle spalle,
soltanto per godermi “di sfroso” lo spettacolo di questo nuovo Giardino
ancora in costruzione. Allora l’ingresso sarà sicuramente a pagamento:
da questo piccolo belvedere invece me lo sorbisco gratis.
Debbo ringraziare il teleobiettivo della digitale...

UNO SCORCIO DELLA PARTE DESTRA DEL GIARDINO


UN IMMANCABILE PONTICELLO






LAGHETTO E PONTICELLO


LA FASTOSA VILLA PER LE CERIMONIE UFFICIALI


CON VISTA SUL LAGHETTO ARTIFICIALE




PONTICELLO IN FASE DI COMPLETAMENTO



LO STESSO DA UN’ALTRA ANGOLATURA

VILLA E PONTICELLI VISTI DALLA SALITA VERSO IL CASTELLO



GIARDINO    58177

Giardino cesellato con bravura,
non reggi alcun confronto con la mano
divina che si plasma un’alma bella.

(Kanazawa 16-10-2014), Padre Nicola Galeno


LA PIANTA CHE AMA SPECCHIARSI SEMPRE NEL LAGHETTO


I GRATTACIELI GUARDANO CON INVIDIA LA SIGNORA VILLA


FORSE L’ANGOLO PIU’ SUGGESTIVO



IL PONTE PIU’ SIGNORILE


(Kanazawa 3-11-2014), Padre Nicola Galeno


EFFETTO NEVE

EFFETTO NEVE




EFFETTO NEVE
 
.....................................................................
 (Kanazawa 23-1-2015), Padre Nicola Galeno

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi