Sono due immagini che appaiono diverse: luoghi differenti, stagione differente. Ma entrambe rappresentano paesaggi che ammiriamo su questa terra. Pur rappresentando la primavera e l'autunno, sono mesi che appartengono allo stesso anno.
L'introduzione al commento della liturgia odierna, vuole esemplificare il commento stesso: il nostro prossimo appartiene al genere umano, non importa la sua origine, il suo stato sociale, la sua tradizione, il suo carattere, la linea politica alla quale aderisce, e non ultimo, neppure il suo credo religioso.
Il Signore ci ha detto di amare il prossimo, non ci ha specificato quale, o se dobbiamo selezionarlo suddividendolo per categorie: EGLI HA DETTO
AMA IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO!
È con gioia che Gesù è ritornato a casa sua, nel suo villaggio. In quella sinagoga dove ha così spesso ascoltato commentare le Scritture, egli, a sua volta, le spiega. Lo fa con semplicità e profondità, con “autorità”. Ma coloro che lo ascoltano sono sbalorditi. Non capiscono come il bambino, il giovane uomo, l’operaio che hanno conosciuto durante gli anni della vita comune, possa essere un profeta. È uno di loro, dunque non è possibile.
Gesù “si stupisce” della loro mancanza di fede e non può compiere miracoli.
Vi è nell’essere umano, colpito dal peccato, una strana cecità e, nello stesso tempo, una forte tendenza alla gelosia, spesso camuffata in zelo per la giustizia e in ricerca dell’uguaglianza.
Noi accettiamo la diversità con difficoltà. Il diverso, soprattutto se ci è vicino, ci fa paura. Quando è lontano, viene accettato. Colui che ci assomiglia ed è nostro vicino non può essere migliore di noi.
La nostra epoca vive di astrazioni e di dichiarazioni formali che tranquillizzano la coscienza: i diritti dell’uomo, l’uguaglianza per tutti, la giustizia per gli oppressi, la negazione solenne di ogni razzismo... Perché, allora, le esplosioni di razzismo, di odio, di violenza, che scaturiscono dove e quando meno ci si aspetterebbe? Perché vi è in ogni cuore un razzista potenziale. Le belle dichiarazioni che escono dalle nostre labbra, che traducono le nostre convinzioni intellettuali nascondono sempre qualche eccezione concreta nel nostro cuore. Amiamo tutti, certamente; rispettiamo tutti, certamente... tranne due, tre o quattro eccezioni molto vicine a noi che non “meritano” la nostra simpatia. Queste eccezioni sono la bomba a scoppio ritardato che rischia un giorno di far saltare le nostre convinzioni così mobili.
Ecco perché il Signore non ha mai detto: “Amate tutti”. Egli ha detto: “Ama il tuo prossimo”. Cioè il tuo vicino, chi è di fianco a te, chi incroci per la strada, chi incontri in metropolitana... Colui che ti sembra diverso, colui che non pensa come te, colui che ti dà fastidio... Riconosciamo umilmente che il nostro cuore ha tendenza a fare delle discriminazioni, e lottiamo contro l’apartheid che lo tenta. Quando noi amiamo uno dopo l’altro, uno a uno, coloro che ci sono vicini, il nostro cuore si dilata e prende a poco a poco le dimensioni del mondo.www.lachiesa.it/liturgia
Sai cara, di questo commento alla liturgia mi è piaciuto il modo in cui è stato impostato il guardare al diverso. A volte il concetto di diverso implica uno sguardo al lontano, ma in verità chiunque ci è vicino è diverso! Lo è per concezioni -anche religiose a volte-, per abitudini, per psicologia....ed anche avere a che fare col vicino diverso, non per forza straniero, è difficile. Ci costa fatica. A me costa fatica! Quindi grazie per questo post, che può essere letto anche come una testimonianza dal respiro piu' ampio di quello che possa sembrare inizialmente :)
RispondiEliminaTutti facciamo fatica, cara, non solo tu! Magari fosse facile applicare il Vangelo nella nostra vita, immediatamente. E' un cammino, a volte impervio, ma stimolante, elettrizzante!! Riuscire a cambiare il nostro modo di vedere, e allargare la visuale, è una conquista!! A me è piaciuto il commento tratto dal sito della Chiesa.it, e l'ho voluto condividere con chi mi legge. Un abbraccio
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