Nel grande dolore per la scomparsa di suo padre. Ecco la comunicazione ricevuta dal Parroco della Pieve di Lubaco, nel Comune di Pontassieve, provincia di Firenze.
Ciao Danila,
stamani il mio papà è salito al cielo. Ci tenevo a dirtelo, ti chiedo una preghiera.
Grazie.
Un abbraccio formato paradiso.
Chiedo a tutti i lettori di questo blog, una preghiera per colui che è tornato alla Casa del Padre, e per Don Maurizio, affinché il Signore gli dia la forza di affrontare con serenità il dolore della perdita del papà.
Caro don Maurizio,
sappi che ti sono vicina in questo momento di grande dolore, con la certezza che ora il tuo caro si trova tra le braccia del Signore.
Salmo 90 - La caducità della vita
Tu, o Signore,
fai ritornare l'uomo in polvere
e dici: "Ritornate, figli dell'uomo".
Ai tuoi occhi, mille anni
sono come il giorno di ieri che è passato
come un turno di veglia nella notte
Li annienti: li sommergi nel sonno
sono come l'erba che germoglia al mattino
al mattino fiorisce, germoglia
alla sera è falciata e dissecca
Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira
finiamo i nostri anni come un soffio
Gli anni della nostra vita sono settanta
ottanta per i più robusti
ma quasi tutti sono fatica, dolore
passano presto e noi ci dileguiamo
Insegnaci a contare i nostri giorni
e giungeremo alla sapienza del cuore
Volgiti, Signore, fino a quando?
Muoviti a pietà dei tuoi servi.
(90, 3-6. 9-10. 12-13)
Dolce e intensa preghiera che medita sulla caducità della vita, simile all'erba dei campi, germogliata al mattino e dissecata già a sera, dopo essere stata falciata dal contadino. Siamo creature fragili,sospese ad un filo e a quell'ordine divino che improvvisamente squarcia la nostra vita; "Ritorna,figlio dell'uomo,alla polvere da cui sei stato tratto!" Giobbe affermava: " Dio ha in mano il respiro di ogni vivente, l'alito di ogni creatura umana": Anche il grande poeta Omero raffrontava le creature mortali alle foglie che cadono a terra in autunno per marcirvi. E Dante nel "Purgatorio" osservava che la nostra fama "è color dell'erba, che viene e va" e la fa scolorire Colui "per cui ella esce dalla terra acerba" (XI 115-117)
Quando la malattia ci colpisce, questa sensazione diventa ancor più acuta, Sentiamo di essere come un soffio che svanisce, colpito dalla mano del Creatore che ormai ha tagliato quel filo che egli reggeva con le sue mani. Guardiamo, allora, indietro nei giorni passati, a quei settant'anni - o agli ottanta , se siamo più robusti - che abbiamo vissuto. Ed ecco la coperta amara: sono stati un nulla, soprattutto se confrontati all'eternità. Ma anche sono stati tutti segnati dal dolore e dalla fatica. Tra le mani, perciò, stringiamo ben poco e tutte le illusioni si dissolvono facilmente.
Scatta,allora, l'invocazione rivolta a Dio: "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore": Se si avesse maggiormente il senso del proprio limite, della provvisorietà, se si stesse più attenti al sibilo della falce del contadino che taglia l'erba della vita, cioè se meditassimo più spesso sulla morte, conquisteremmo la vera sapienza che ci fa distinguere ciò che vale dalle cose futili, il bene dal male, il vero dal falso, la realtà dalle illusioni. La malattia può essere, perciò, una grande lezione di vita, capace di spezzare l'orgoglio che ci fa immaginare di essere potenti, eterni, sicuri, indistruttibili.
In quel momento ci dobbiamo rivolgere all'unico potente, eterno ed indistruttibile, il Signore, perché si chini sulla nostra debolezza fisica e spirituale e dia forza al nostro corpo e alle nostre opere così che possiamo continuare a vivere e a prosperare ma anche perché sappiamo varcare la soglia della morte per essere da Lui accolti nella Sua comunione. Infatti, il Salmo, di cui abbiamo letto solo alcuni versetti, finisce così: " Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rafforza": (v. 17)
"Signore del tempo, ai cui occhi mille anni sono come un giorno, ricordaci sempre, sopratutto quando siamo sano e nel successo, che noi siamo come l'erba che spunta all'alba e a sera è falciata e riarsa. Insegnaci a contare, a usare, a non disperdere ogni ora, ogni giorno, ogni mese, ogni anno di vita che tu ci doni. Fa che accumuliamo tesori non consumati dalla ruggine ma destinati a sopravvivere alla morte. Nel momento della malattia, dà forza al nostro corpo e alle nostre opere, ma anche illuminaci sul nostro destino che è la morte,soglia aperta all'incontro con te."
Quanto sopra, è tratto dal libro del Vescovo Gianfranco Ravasi, dal titolo "Perché il cuore possa cantare - I salmi della consolazione", che mi è stato donato da Padre Cristoforo Colombo, OCD, che era stato Primo Confessore al Duomo di Milano, ed esorcista, l'11 novembre 2001, giorno in cui venni accolta nel Carmelo Secolare. Padre Cris, come affettuosamente lo chiamavo, che è tornato molti anni fa alla Casa del Padre, era il confessore di Ravasi.
Ho pubblicato questo Salmo con commento, che prepara il credente alla morte, perché rimaniamo sempre stupiti che la morte ci "rubi" i nostri cari, fatichiamo a credere che la nostra vita sia breve come un prato d'erba...e allora dobbiamo non solo prepararci al nostro "strappo del velo", quel velo che altro non è che una sottile separazione tra la vita e la morte, secondo Santa Teresa, ma anche a quello che lacerano i nostri cari, "trapassandolo" da una vita limitata, ad una vita illimitata: eterna! Dovremo essere sereni,quando un nostro caro, che ha vissuto la sua fede nel Signore con costanza, torni al Padre...anche se, egoisticamente...la scomparsa da questa terra di una persona che ci è cara, ci lascia nello sconforto.
Per chi non conoscesse la Pieve di Lubaco e il suo parroco, prego di cliccare sui link a destra della home page, denominati rispettivamente "blog Pieve di Lubaco" e "Pieve di Lubaco".
Danila Oppio